La Cardiopatia Ischemica
Definizione Spettro di malattie a diversa eziologia, in cui il fattore fisiopatologico unificante è rappresentato da uno squilibrio tra la richiesta metabolica e l’apporto di ossigeno al miocardio. Questo squilibrio causa un alterazione dell’attività elettrica e della capacità contrattile delle zone colpite
Cenni di Anatomia e Fisiologia del distretto coronarico
Aorta Coronaria sn Coronaria dx Discendente anteriore Circonflessa
Metabolismo miocardico In condizioni basali il cuore consuma circa 6,5-10 ml/min/100 gr di tessuto. Tale dispendio serve: 3-5% per l’attività elettrica 20% per il mantenimento dell’integrità cellulare 72-75% per l’attività contrattile
La capacità massima di vasodilatazione A livello miocardico per l’elevata l’estrazione di O2 (circa il 70%) l’unico meccanismo di compenso in caso di aumentato fabbisogno di O2 è rappresentato da un proporzionale aumento del flusso coronarico, determinato da una vasodilatazione del distretto coronarico arteriolare. La capacità massima di vasodilatazione secondaria a uno stimolo metabolico è definita Riserva Coronarica
Fattori che regolano il circolo coronarico Anatomici (origine dei seni di Valsalva, spessore parietale del ventricolo sn, presenza di circoli collaterali) Meccanici (portata sistemica, resistenze vascolari, compressione sistolica, riflesso miogeno, viscosità ematica) Neurogeni (Alfa recettori, Beta2 recettori, azione vagale) Metabolici (pO2, pH, K+, adenosina, prostaglandine)
Fattori anatomici I vasi coronarici possono essere suddivisi in: vasi di conduttanza (grossi rami epicardici e loro diramazioni) vasi di resistenza (rami intramiocardici e arteriole). Le resistenze coronariche sono regolate da fattori estrinseci (azione compressiva del miocardio ventricolare) e da fattori intrinseci (di natura neuroormonale, miogena e metabolica)
Fattori metabolici L’aumento della richiesta metabolica del miocardio determina idrolisi di ATP e conseguente liberazione di adenosina nell’interstizio. L’adenosina induce una vasodilatazione (antagonizzando l’ingresso dello ione Calcio all’interno delle cellule muscolari lisce) soprattutto a livello dei vasi di resistenza, con un conseguente aumento del flusso coronarico proporzionale all’aumento delle richieste metaboliche. L’adenosina non è la sola sostanza implicata nel processo, (il sistema degli eicosanoidi, l’attività nitrossido sintetetasica) ma è verosimilmente la principale.
Fattori meccanici Il flusso coronarico si attua soprattutto in diastole poiché in sistole i rami intramurali vengono virtualmente occlusi dalla contrazione ventricolare. Ne consegue che la tachicardia predispone allo sviluppo di ischemia, poiché, accorcia il tempo di diastole Gli strati subendocardici sono generalmente i più esposti all’ischemia, soprattutto perché maggiormente esposti alla pressione diastolica endocavitaria
Fattori neurogeni Le arterie coronarie sono innervate dal S.N.A. La stimolazione dal ganglio stellato (ortosimpatico) vasodilatazione (mediata dai recettori Beta) ma al contempo aumento della contrattilità e della frequenza cardiaca. Il blocco recettoriale Beta induce la comparsa di effetti alfa-mediati (vasocostrizione)
Fisiopatologia Due sono i fattori che intervengono nella genesi dell’ischemia miocardica: La riduzione del flusso coronarico L’aumento del consumo miocardico di ossigeno (MVO2)
Riduzione del flusso coronarico Una lesione aterosclerotica di un ramo epicardico determina a valle della stenosi una caduta di pressione proporzionale alla riduzione del calibro vasale. Il gradiente pressorio che si crea stimola la dilatazione dei vasi di resistenza, allo scopo di mantenere un flusso adeguato in condizioni basali. (Tale meccanismo è, ad esempio, alla base del quadro clinico dell’Angina Stabile) Se la stenosi riduce la sezione del ramo epicardico di oltre l’80%, si ha una riduzione del flusso anche in condizioni basali; in questa situazione l’albero coronarico impegna gran parte della sua “riserva” per mantenere un apporto metabolico adeguato. Coronaria normale Placca ateromasica subocclusiva (>75%) Placca stenosante (< 50%) Placca ateromasica associata a vasospasmo
Riduzione del flusso coronarico In caso di aumento delle richieste metaboliche, il circolo coronarico non è più in grado di far fronte alle richieste con comparsa di ischemia. L’ischemia interessa inizialmente gli strati subendocardici Una modulazione del tono coronarico legato a fattori neuroumorali può modificare temporaneamente la riserva coronarica; questo spiega la variabilità della soglia ischemica che abitualmente si osserva in clinica anche nello stesso soggetto.
Determinanti del consumo miocardico di O2 Il cuore è un organo aerobio e, fisiologicamente, la determinazione del fabbisogno miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo metabolismo complessivo. I principali determinanti del consumo miocardico di O2 sono: • frequenza cardiaca, • contrattilità, • tensione di parete. L’aumento della frequenza cardiaca aumenta il consumo di O2; inoltre la tachicardia agisce riducendo il flusso coronarico. Quanto essa è maggiore, tanto più alto è il consumo di O2. Tensione di parete della cavità cardiaca (= postcarico) Dipendente da tre fattori: la pressione sviluppata al suo interno il raggio medio della cavità Lo spessore parietale
Determinanti del consumo miocardico di O2 Tensione di parete della cavità cardiaca (postcarico) ovvero Pressione di distensione x raggio della cavità/(2xspessore parietale) La pressione sviluppata è determinata dalle resistenze all’eiezione del sangue. Il raggio medio è determinato dal riempimento della cavità, sarà tanto maggiore quanto più alto è il ritorno venoso (=precarico). L’ aumento della tensione della parete di una cavità cardiaca (postcarico) determina la sua ipertrofia e quindi l’aumento della massa miocardica, a cui consegue un incremento del consumo di O2. In clinica è possibile rilevare alcune variabili, come la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa sistolica. Il prodotto tra queste due variabili (FC × PA sistolica) × 10–3 si chiama doppio prodotto ed è l’indice di MOV2 utilizzato nella pratica clinica.
Condizioni critiche per l’instaurarsi dell’ischemia per aumento delle richieste metaboliche Stenosi aortica, ipertensione arteriosa, ridotta compliace aortica Postcarico Contrattilità Frequenza Precarico Volume Sindrome ipercinetica, ipertiroidismo, attività fisica, tachicardia, farmaci inotropi Stenosi aortica, ipertensione arteriosa, ridotta compliace aortica Insufficienza cardiaca, aumentato ritorno venoso Cardiomiopatia congestizia
Condizioni critiche per l’instaurarsi dell’ischemia per riduzione del flusso coronarico Trombossano, prostaglandine, meccanismi neurogeni Spasmo coronarico Trombi piastrinici Fattori emoreologici Iperaggregabilità, iperlipidemie, emolisi Aumento della viscosità ematica
Le manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica Angina pectoris: essa è legata a uno squilibrio transitorio tra domanda e apporto metabolico al miocardio. L’ischemia è reversibile e non provoca danno anatomico permanente. Nel caso non infrequente in cui l’ischemia miocardica non si associ a sintomi, si parla di ischemia silente. Infarto miocardico: consegue a un’ischemia miocardica protratta, che porta a danno cellulare irreversibile o necrosi miocardica. Arresto cardiaco primario: esso evolve rapidamente verso la morte improvvisa, in assenza di manovre rianimatorie o quando la rianimazione è inefficace. Scompenso cardiaco: esso può manifestarsi come complicanza di un infarto acuto o pregresso, oppure può essere precipitato da episodi di ischemia miocardica transitoria o da aritmie. Nei casi senza segni clinici e/o elettrocardiografici di cardiopatia ischemica, la diagnosi è sempre presuntiva. Aritmie: esse possono essere l’unico segno di una cardiopatia ischemica. In questo caso la diagnosi è solo presuntiva, a meno che con esami strumentali non si dimostri una sicura ischemia miocardica oppure una coronarografia non evidenzi una coronaropatia ostruttiva.
Cenni epidemiologici In Italia le malattie cardiovascolari sono causa del 45-50% della mortalità globale. La cardiopatia ischemica da sola è a sua volta responsabile del 35% dei decessi dovuti a malattie cardiovascolari. Si stima che la mortalità annuale per le forme tipiche della cardiopatia ischemica (angina, infarto e morte improvvisa) sia tra 70.000 e 80.000 casi. In Italia quindi vivono circa un milione di soggetti affettida cardiopatia ischemica nelle sue forme più tipiche.
Eziologia L’aterosclerosi coronarica è di gran lunga la causa più frequente di cardiopatia ischemica e da un punto di vista pratico essa può esserne considerata la causa esclusiva. Numerosi studi epidemiologici, condotti negli ultimi venticinque anni, hanno consentito di individuare alcune variabili individuali che si associano a un maggior rischio di malattia; queste variabili sono state definite fattori di rischio coronarico.
Fattori di rischio coronarico FATTORI DI RISCHIO NON MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO PARZIALMENTE MODIFICABILI FATTORI DI RISCHIO MODIFICABILI Età Ipertensione arteriosa Fumo Sesso Diabete Mellito Abuso di alcool Fattori genetici e familiarità per C.I. Ipercolesterolemia Basso colesterolo HDL Storia personale di malattie cardiovascolari Obesità
Il dolore toracico
Dermatomeria TRONCO: corrispondenza EVIDENTE fra segmenti nervosi e somatici ARTI: Distribuzione segmentale MASCHERATA
Innervazione del cuore
Decorso delle fibre afferenti cardio-toraciche Nervi cardiaci Gangli del Gran Simpatico Rami comunicanti bianchi Radici posteriori Midollo spinale Fascio spino-talamico
Patogenesi del dolore radicolare riferito al dermatomero T1 nell’angina pectoris
Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico Usuale localizzazione del dolore miocardico ischemico Mascella Lato destro Epigastrio Dorso Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico
Manifestazioni cliniche della cardiopatia ischemica Sindromi coronariche stabili: Angina da sforzo Angina a riposo Sindromi coronariche acute (instabili): Angina instabile Angina di nuova insorgenza Angina postinfartuale Angina variante (vasospastica) di Prinzmetal
Angina STABILE o Angina CRONICA Ischemia miocardica ACUTA TRANSITORIA Associata a SFORZO FISICO o EMOZIONE Si produce in condizioni OMOGENEE, STABILI NEL TEMPO (Costante e Ripetibile discrepanza fra domanda di O2 da parte del miocardio e insufficiente disponibilità di flusso coronarico)
Le caratteristiche dell’angina Fattori precipitanti: Attacco provocato da uno sforzo, in particolare può innescarsi con un lavoro che comporta l’utilizzo delle braccia al di sopra del livello della spalla. Ambiente freddo, camminare contro vento, camminare dopo un pasto abbondante Crisi ipertensiva, Paura, rabbia, stati d’ansia, tensione emotiva, Rapporti sessuali Sintomi associati: Respiro corto, vertigini, palpitazioni, debolezza.
Angina da sforzo Dolore tipico durante lo sforzo Breve durata (in genere 5 min, comunque < 20 min) Regressione del dolore con il riposo Sensibilità ai nitroderivati (Carvasin)
Sequenza diagnostica nell’A. stabile QUADRO CLINICO Anamnesi Dolore: costrizione, oppressione, peso, bruciore associazione con malessere generale ed ansia sede tipica retrosternale irradiazione lungo l'avambraccio e mano sinistra, dorso, mandibola, collo, entrambe le braccia altre sedi: epigastrio, emitorace e avambraccio destro insorgenza graduale, massima intensità entro 1’, remissione dopo 2-10 minuti (riposo, cessazione del fattore scatenante o somministrazione s.l. di nitrati)
Classificazione funzionale dell’A. P. STABILE (Società CV Canadese) Classe I: la normale attività fisica non induce A. Classe II: modesta limitazione dell’attività ordinaria. L’A. insorge camminando in fretta, dopo i pasti, al freddo, al vento Classe III: forte limitazione dell’attività ordinaria. L’A. insorge camminando per 2 isolati o salendo 1 piano di scale Classe IV: impossibilità di compiere qualsiasi attività. L’A. insorge anche a riposo
Angina a riposo Dolore tipico spontaneo Regressione spontanea Sensibilità ai nitroderivati N.B. Dovuta al sovrapporsi di una componente funzionale (SPASMO) su una lesione preesistente
associata a vasospasmo Placca ateromasica associata a vasospasmo
Angina instabile Il dolore toracico è simile per qualità a quello dell’angina da sforzo, sebbene spesso sia più intenso, possa persistere fino a 30 min e possa svegliare il paziente dal sonno. Il riposo e i nitrati per via sub-linguale, che controllano l’angina cronica, spesso danno un sollievo solo temporaneo ed incompleto.
Angina instabile (evolutiva) Angina di nuova insorgenza (entro gli ultimi 2 mesi) per sforzi minimi o a riposo Angina ingravescente (entro gli ultimi 2 mesi); aggravamento di una angina preesistente per la comparsa di episodi anginosi: più intensi più prolungati più frequenti causati da sforzi meno intensi o a riposo Angina post-infartuale
Angina mista Comparsa nello stesso individuo di angina da sforzo e a riposo
Angina variante (vasospastica) A differenza dell’angina pectoris classica che si manifesta durante sforzo e si accompagna a ST, l’a. vasospastica si presenta quasi sempre a riposo, per lo più di notte, e si accompagna, in genere, a sopralivellamento di ST. E’ dovuta a spasmo di una arteria coronaria
Sindromi coronariche acute Dolore > 20-30 min Complicazione della placca Enzimi ECG Angina instabile -/+ T Infarto non Q + T, ST, non Q Infarto Q ++ T, ST, Q Angina variante - ST
DIAGNOSTICA DI LABORATORIO MARKERS DI DANNO MIOCARDICO MIOGLOBINA TROPONINA I CPK-MB Altri esami: EMOGASANALISI D-DIMERO
INDAGINI STRUMENTALI ECG RX TORACE ECOCARDIOGRAMMA TAC SPIRALE CON E SENZA CONTRASTO
ECG
Cascata Ischemica 6 5 4 ISCHEMIA 3 2 1 10 20 30 1 - Occlusione coronarica 2 - Alterazioni diastoliche 3 - Alterazioni sistoliche 4 - Modificazioni emodinamiche 5 - Alterazioni ECG 6 - Angina 6 5 4 ISCHEMIA 3 2 1 Tempo (sec) 10 20 30
P Q R S T ECG NORMALE ISCHEMIA
Sequenza diagnostica nell’Angina ANGINA PECTORIS STABILE TEST ERGOMETRICO (ECG) TEST ERGOMETRICO (Scintig. miocardica con Tallio) TEST ERGOMETRICO (ECO) TEST ALLA DOBUTAMINA TEST AL DIPIRIDAMOLO
Sequenza diagnostica nell’Angina ANGINA PECTORIS STABILE TEST PROVOCATIVI: DOBUTAMINA (stimola b-1-2 e a-1) ECG Scintigrafia miocardica Ecocardiogramma DIPIRIDAMOLO (dilataz. piccoli vasi coronarici)
Sequenza diagnostica nell’Angina ANGINA PECTORIS STABILE TEST EVOCANTI LO SPASMO: IPERVENTILAZIONE ERGOTAMINA
Sequenza diagnostica nell’Angina ANGINA PECTORIS STABILE L’ELETTROCARDIOGRAMMA CONTINUO: CARICO ISCHEMICO TOTALE QUOTIDIANO ISCHEMIA SILENTE A. P. DI PRINZMETAL
Infarto miocardico Il dolore è il sintomo con cui l’infarto si manifesta più frequentemente al suo esordio; è presente nell’85% dei casi e ha le caratteristiche tipiche del dolore anginoso, ma più intenso e prolungato, spesso accompagnato da irrequietezza, sudorazione, astenia, nausea, più raramente vomito e dispnea. La durata del dolore di solito è superiore a 20-30 min.
IMA non Q Quadro clinico: dolore anginoso >20-30 min ECG iniziale: infarto miocardico tipico (dolore, aumento degli enzimi di necrosi CPKmb, Troponina I,T) con assenza di onde Q di durata > 30 ms. Quadro clinico: dolore anginoso >20-30 min ECG iniziale: T negativa ST sopraslivellato (> 1 mm) non Q > 30 ms
IMA non Q Enzimi aumento degli enzimi sierici (Troponina I, CPK-MB) prelievi per curva enzimatica (ogni 3 ore nelle prime 24 ore, ogni 6-8 ore per 48-72 ore)
ECG NORMALE ISCHEMIA LESIONE P Q R S T ECG NORMALE ISCHEMIA LESIONE
IMA Q (Transmurale) Quadro clinico: Enzimi: dolore anginoso >20-30 min ECG : onda Q > 30 ms ST sopraslivellato (> 1 mm) Enzimi: aumento degli enzimi di necrosi
ISCHEMIA LESIONE INFARTO
Onde Q con valore patologico 1 mm di ampiezza ( >30 ms ) 1/3 in altezza del QRS