Il demansionamento al di fuori dei casi in cui se ne ammette la legittimità Comporta la lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della.

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Il demansionamento al di fuori dei casi in cui se ne ammette la legittimità Comporta la lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore ed è causa di un pregiudizio che incide sulla vita professionale e di relazione dell’interessato, con una indubbia dimensione patrimoniale

Il danno da demansionamento la figura «danno da demansionamento non ha origine normativa, ma è frutto di elaborazione giurisprudenziale. Con essa si intende descrivere il pregiudizio sofferto dal lavoratore per effetto dello spostamento a mansioni inferiori, in violazione della norma contenuta nell’art. 2103 C.C. E’, in altre parole, il danno prodotto dall’inadempimento del datore di lavoro rispetto al dovere di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto o ad altre equivalenti

Il danno da demansionamento Cass. civ., 18 ottobre 1999, n. 11727 Il demansionamento professionale di un lavoratore non solo viola lo specifico divieto di cui all’art. 2103 C.C. ma ridonda in lesione del diritto fondamentale, da riconoscere al lavoratore anche in quanto cittadino, alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro con la conseguenza che il pregiudizio correlato a siffatta lesione, spiegandosi nella vita professionale e di relazione dell ’interessato ha una indubbia dimensione patrimoniale che lo rende suscettibile di risarcimento e di valutazione anche equitativa, secondo quanto previsto dall’art. 1226 c.c..

Danno da inadempimento. Secondo una giurisprudenza consolidato in ambiti estranei al rapporto di lavoro, insieme alla responsabilità contrattuale può concorrere una responsabilità extracontrattuale, allorquando il medesimo fatto illecito violi non solo i diritti specifici derivanti dal contratto, ma anche diritti che alla persona offesa spettano indipendentemente da un rapporto contrattuale anche nella prassi giurisprudenziale lavoristica , si rinvengono casi nei quali è stata connessa alla violazione dell’art. 2103 C.C. un’ulteriore valenza di illecito extracontrattuale

Il caso Santoro L‘assegnazione del direttore di testata, che svolga la sua attività di realizzatore e conduttore di programmi di approfondimento, ad altro tipo di programma, diverso per visibilità, e quantità di impegno, integra gli estremi della violazione del disposto di cui all‘art. 2103 c.c., trattandosi, altresì, di mansione non equivalente. TRIBUNALE DI ROMA, sez. lavoro - Ordinanza del 9 dicembre 2002

Dalla motivazione Il danno da demansionamento professionale di un lavoratore - demansionamento, peraltro, come nel caso di specie, di notevole spessore - non si identifica con un pregiudizio unico ed immediato, come potrebbe essere, ad es., per quella parte relativa alla maggior sofferenza nell’espletamento delle inferiori mansioni, ma si risolve in un effettivo, concreto e inevitabile ridimensionamento dei vari aspetti della vita professionale, che costituisce a sua volta un bagaglio peggiorativo diretto ad interferire negativamente nelle infinite espressioni future dell’attività lavorativa.

lavoratore di rendere la Il demansionamento al di fuori dei casi in cui se ne ammette la legittimità Risarcimento del danno Possibile rifiuto del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa in forza dell’eccezione di inadempimento (art.1460) Cass.26.6.1999, n. 6663 conseguenze

Demansionamento e criteri di liquidazione del danno: determinazione anche equitativa: Cass. 12.11.2002, n. 15868 In materia di risarcimento del danno per attribuzione al lavoratore di mansioni inferiori, l’ammontare di tale risarcimento può essere determinato dal giudice facendo ricorso ad una valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., anche in mancanza di uno specifico elemento di prova da parte del danneggiato, in quanto la liquidazione può essere operata in base all’apprezzamento degli elementi presuntivi acquisiti al giudizio e relativi alla natura, all’entità e alla durata del demansionamento, nonché alle altre circostanze del caso concreto Conf. Cass. 2.1.2002, n. 10

..ma come può essere valutato il danno risarcibile? 1°) Il danno costituito dal trattamento retributivo inferiore (danno patrimoniale) 2°) il danno ulteriore per lesione del diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore ex artt. 2 e 3 Cost. (danno alla persona del lavoratore suscettibile di valutazione economica) (danno non patrimoniale)

Com’è qualificato dalla giurisprudenza il danno ulteriore? come: danno biologico (art. 13 d. lgs. n. 38/2000) danno da perdita di chances danno alla vita di relazione il “danno esistenziale”- differenze con il danno biologico (rinvio)

..ma la Cassazione non seguiva un indirizzo costante relativamente al profilo della prova del danno, affermando, da una parte, che: l’assegnazione a mansioni inferiori “non determina di per sé un danno risarcibile ulteriore rispetto a quello costituito dal trattamento retributivo inferiore (…) giacché deve escludersi che ogni modificazione delle mansioni in senso riduttivo comporti una automatica dequalificazione professionale (…); ne consegue che grava sul lavoratore l’onere di fornire la prova, anche attraverso presunzioni, dell’ulteriore danno risarcibile, mentre resta affidato al giudice di merito il compito di verificare di volta in volta se , in concreto, il suddetto danno sussista” Cass. 8.11.2003 16792; Cass. 28.5.2004, n.10361

...dall’altra che : la quantificazione del danno conseguente al pregiudizio risentito nella vita professionale e di relazione può avvenire anche in via equitativa, “anche in mancanza di uno specifico elemento di prova da parte del danneggiato in quanto la liquidazione può essere operata in base all’apprezzamento degli elementi presuntivi acquisiti al giudizio e relativi alla natura, all’entità e alla durata del demansionamento, nonché alle altre circostanze del caso concreto” Cass. 27.8.2003, n. 12553; Cass. 26.5.2004, n.10157

aderisce al primo dei due indirizzi: Cass. S.U. 24 marzo 2006, n. 6572 aderisce al primo dei due indirizzi: Il danno non si pone “quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo (…), cosicchè non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo al lavoratore che denunzi il danno subito di fornire la prova in base alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c”

Demansionamento e tutela cautelare (art. 700 c.p.c.) è ammissibile se ne ricorrono i presupposti (periculum in mora e fumus boni iuris) …ma il contenuto del provvedimento d’urgenza deve fare i conti con la incoercibilità degli obblighi di fare La tutela cautelare nel “caso Santoro”: Trib Roma, ord. 3.6.2003 (provvedimento che ha ordinato la reintegra nelle mansioni precedenti)

II - La disciplina delle mansioni nel pubblico impiego Art. 52, d. lgs. n. 165 del 2001: Disciplina delle mansioni comma 1: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione” Artt 2, comma 2, d. lgs. n. 165 del 2001: “I rapporti di lavoro dei dipendenti della amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto” la regola l’eccezione

manca il riferimento alle ultime mansioni effettivamente svolte a differenza che nel settore privato ove è preminente la considerazione della effettività dei compiti attribuiti al lavoratore Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti

La mobilità orizzontale e il giudizio di equivalenza differisce rispetto al settore privato (dove l’equivalenza va apprezzata in concreto, indipendentemente dalla valutazione contrattuale)… … nel pubblico impiego sono considerate equivalenti le mansioni comprese nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi potenziamento del ruolo della contrattazione collettiva a scapito di quello del giudice- interprete

La mobilità verticale (verso l’alto) a) nel caso di vacanza di posto in organico (per un periodo massimo di 6 mesi prorogabili sino a 12 in caso di avvenuto avvio delle procedure di copertura dei posti vacanti). Entro 90 gg. dalla data di assegnazione l’amministrazione deve, inoltre, avviare le procedure per la copertura dei posti vacanti b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto (esclusione dell’assenza per ferie) è ammessa solo in 2 ipotesi tassative: …e soltanto con spostamento alle mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore

…inoltre, diversamente che nel settore privato: non esiste il diritto all’inquadramento nella categoria superiore “…in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore” la mobilità verticale è esclusivamente agganciata al sistema dei concorsi pubblici

La mobilità verticale (verso l’alto) attribuisce al pubblico dipendente soltanto il diritto al trattamento retributivo corrispondente alla qualifica superiore mentre si impediscono le conseguenze più gravi (l’inquadramento nel livello superiore) in termini di dilatazione dell’organico e spesa pubblica

…ma cosa accade se l’assegnazione a mansioni superiori viene disposta contra legem? 1) l’assegnazione delle mansioni superiori è nulla 2) al dipendente viene comunque corrisposta la differenza di trattamento economico 3) “Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave” (art. 52, comma 5)

delle mansioni superiori …inoltre deve considerarsi svolgimento di mansioni superiori soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni occorre verificare la prevalenza delle mansioni superiori