I titoli cristologici.

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Transcript della presentazione:

I titoli cristologici

I titoli cristologici Quanto abbiamo detto finora tratteggia a grandi linee la straordinaria ricchezza, complessità e provocatorietà che proviene da Gesù di Nazaret il quale: - è più di un profeta; - compie segni e opere che attestano la venuta del regno; - vincola tale venuta alla sua persona; - parla di Dio come di suo padre (“chi vede me vede il Padre”, Gv 10,15); - lega la salvezza alla fede e alla sequela di lui; - parla con un’autorità senza pari; - addirittura rimette i peccati: accogliendo i peccatori si arroga il diritto di inserirli nella comunione con Dio. Gesù ha una pretesa inaudita; egli è al di là di qualunque definizione o personaggio e proprio per questo è riservato e restio nell’accettare titoli di sovranità perché questi esprimono troppo poco della sua persona Quanti però lo incontrano cercano di identificare Gesù attribuendogli molteplici titoli, i titoli cristologici, tra i quali hanno maggior rilievo e importanza quelli di Cristo (Messia), figlio dell’uomo e figlio di Dio.

Cristo (Messia) Il titolo di messia o Cristo riveste un ruolo talmente centrale nel NT da diventare il nome proprio di Gesù Al tempo di Gesù vi era l’attesa del messia ma alla certezza della sua venuta si univa, una indeterminatezza e varietà di posizioni circa la sua funzione e la sua identità Per alcuni (gli zeloti), il messia sarebbe stato un capo politico, il nuovo re per Israele (messianismo regale, quello più tipico) per i farisei un nuovo maestro della legge che ne avrebbe data l’interpretazione giusta e definitiva

Cristo (Messia) Due aspetti del titolo a proposito di Gesù sono assenti nel giudaismo il messia per il giudaismo resta soltanto un uomo (è piuttosto il “figlio dell’uomo” ad avere un’origine celeste) per il messia non vengono ammesse la sofferenza e la morte Per la sua equivocità, il titolo non si trova mai sulle labbra di Gesù

Cristo (Messia) In diversi hanno considerato Gesù il messia perché egli ne aveva dato motivo Nella confessione di Pietro a Cesarea di Filippo Gesù viene proclamato Cristo (cf Mc 8,29; Lc 9,20); È messianico l’omaggio che la folla rende a Gesù al momento del suo ingresso trionfale a Gerusalemme; nell’interrogatorio da parte di Caifa (cf Mc 14,61; Mt 26,63; Lc 22,67) emerge che Gesù aveva destato un interesse messianico Il titulus apposto sulla croce come motivo della sua condanna a morte: «Il re dei Giudei» (Mc 15,26). Ma Gesù pensava a sé come al Messia?

Cristo (Messia) L’episodio della confessione di Pietro (cf Mc 8,27-30): Gesù impone il silenzio ai discepoli sulla sua identità, probabilmente per evitare fraintendimenti e di essere identificato come un messia glorioso e politico; inoltre Gesù corregge la confessione di Pietro spostando l’accento sul suo destino di sofferenza (cf Mc 8,31-33), l’aspetto che più gli stava a cuore, a giudicare dal duro rimprovero rivolto a Pietro Gesù, evidentemente, intendeva la sua messianicità in termini diversi dai suoi contemporanei e dal momento che le aspettative giudaiche escludevano qualunque umiliazione e sofferenza per il messia L’episodio è la dichiarazione di Gesù davanti a Caifa durante il processo (cf Mc 14,62/Mt 26,64/Lc 22,67-70): Gesù non nega di essere il Cristo. Gesù ha certamente ritenuto possibile di essere qualificato come Messia, anche se è presente in lui una reticenza dovuta al fatto che il suo messianismo è stato inteso da lui in modo del tutto originale rispetto ai moduli culturali dell’ambiente

Figlio dell’uomo mentre il titolo di “Cristo-messia” è sempre in bocca agli altri, l’espressione “figlio dell’uomo” (= fdu) si trova sempre e solo sulla bocca di Gesù, che però lo usa in terza persona e quindi non come esplicita autodesignazione il significato semitico di fdu al tempo di Gesù a) nel libro di Ezechiele il profeta viene interpellato come fdu e dunque il titolo significa semplicemente uomo, per sottolineare sia la solidarietà con gli uomini a cui il profeta è mandato, sia la distanza che lo separa da Dio; b) un secondo significato proviene dall’apocalittica con riferimento al passo di Daniele 7,13, in cui però il fdu non ha una dimensione individuale ma collettiva, costituendo l’allegoria del popolo santo d’Israele, opposto alle quattro bestie persecutrici. Ai tempi di Gesù, pur se molto usato, fdu non aveva un significato univoco, ma enigmatico di cui Gesù poteva quindi servirsi per esprimere e celare la sua pretesa messianica

Figlio dell’uomo Nei vangeli fdu ha tre ambiti di ricorrenza: a) detti sul futuro escatologico e la sua venuta alla fine dei tempi (cf Mc 8,38; Mc 14,62) b) detti concernenti il particolare destino di sofferenza-morte con accenno alla conseguente risurrezione: il triplice annuncio della passione in Marco (cf 8,31; 9,31; 10,33ss). Gesù equipara il fdu alla figura del giusto sofferente che verrà esaltato da Dio (soprattutto in Giovanni) c) detti con riferimento alla vita storica e terrena di Gesù nei suoi gesti, ad esempio, il rimettere i peccati (cf Mc 2,10) e l’infrangere il precetto del sabato (cf Mc 2,28) Gesù ha corretto la concezione corrente del suo tempo di fdu integrando l’idea del personaggio escatologico e glorioso con aspetti nuovi riguardanti la sua umiltà storica e persino la sua sofferenza non esiste una coincidenza personale fra il Gesù terreno e il fdu, anche se di sicuro si deve parlare di coincidenza funzionale

Figlio di Dio “Figlio” (di Dio, o dell’Altissimo) è il titolo che più di tutti il NT e la cristologia primitiva hanno usato per caratterizzare la persona di Gesù. “Figlio” viene impiegato in rapporto a Gesù ma nei sinottici non si designa mai apertamente come figlio di Dio Nella cultura greca figli di Dio erano gli eroi nati dall’unione tra un Dio olimpico e una donna mortale; i cosiddetti “uomini divini” come alcuni filosofi (Empedocle, Pitagora, Platone); “dio da dio” erano i sovrani che si attribuivano volentieri attributi divini Nella cultura semitica la qualifica di “figlio di Dio” si constata a quattro livelli: - figlio di Dio per eccellenza è il popolo d’Israele nel suo insieme (cf ad esempio Es 4,22; Os 11,1), di conseguenza tutti gli israeliti sono in qualche modo figli di Dio (cf Dt 14,1; 32,19; Is 43,6; ecc.); - figli di Dio sono gli angeli e gli esseri celesti che formano la corte di Dio; - tardivamente fdu è la figura del “giusto” al singolare come figlio di Dio; - di interesse più diretto per il nostro ambito, figlio di Dio è il Messia. La figliolanza da Dio non poggia su una derivazione fisica ma sull’elezione; per questo figlio di Dio è Israele, è il re, è il Messia

Figlio di Dio Gesù può ben essere stato designato “figlio” di Dio Che cosa Gesù pensava personalmente di sé. Tre testi dei sinottici la parabola dei vignaioli omicidi (cf Mc 12,6ss e paralleli): la qualifica di figlio come “diletto” esprime bene la relazione unica di questo figlio con il Padre. Mc 13,32/Mt 24,36 che fa parte del cosiddetto discorso escatologico; qui si parla del figlio, ma se ne afferma la limitatezza della conoscenza poiché non conosce l’ora dell’ultimo giorno Mt 11,27/Lc 10,22, il cosiddetto inno di giubilo