Il Mobbing Dr.ssa Daniela Borleri Dr. Davide Ramenghi Unità Operativa Medicina del Lavoro - Ospedali Riuniti di Bergamo Il Mobbing Dr.ssa Daniela Borleri Dr. Davide Ramenghi
Definizione: Mobbing: Parola derivante dal verbo del vocabolario anglosassone “to mob”, che significa assalire, malmenare, attaccare. Il termine mobbing si riferisce pertanto ad un comportamento che ha lo scopo di allontanare il singolo dalla comunità. È un fenomeno di frequente osservazione in “etologia” (scienza che studia il comportamento animale).
Definizione: Mobbing: Dal momento che si tratta di un comportamento strategico, non è difficile intuire che questo possa verificarsi anche sul luogo di lavoro. Viene utilizzato per allontanare soggetti indesiderati per varie ragioni (ad esempio perché non si adattano alle regole imposte dalla dirigenza o dal “gruppo” o perché si pongono di ostacolo al progredire della carriera di qualcuno).
Definizione: Mobbing: Il mobber, ovvero l’autore del mobbing, può essere sia un singolo soggetto, sia un gruppo di individui; sia un pari grado (mobbing orizzontale) sia un superiore (mobbing verticale). Esistono anche forme di mobbing esercitate dal basso verso l’alto.
Definizione: Mobbing: Il soggetto “mobbizzato” (= vittima del mobbing) vive una prima fase caratterizzata da ansia reattiva nel tentativo di impostare una strategia difensiva Qualora questa risultasse infruttuosa l’ansia reattiva lascia il posto ad una sensazione di inadeguatezza ed alla tendenza all’auto-isolamento, fino ad arrivare alla franca depressione.
Definizione: Mobbing: È di fondamentale importanza non confondere il fattore di rischio (azione vessatoria) con la patologia ad esso conseguente (disturbi psichici). Per essere ritenuti affetti da disturbi psichici da da costrittività lavorativa non è sufficiente essere vittime di una situazione vessatoria ingiustificata, occorre anche avere sviluppato la patologia conseguente.
Definizione: Mobbing: È quindi necessario tracciare una netta distinzione tra il semplice disagio lavorativo ed i veri e propri fattori patogeni. Il disagio lavorativo è la percezione negativa, puramente soggettiva, che un lavoratore può avere di alcune situazioni presenti sul luogo di lavoro, senza per questo sviluppare patologie suscettibili di inquadramento nosologico.
Mobbing: In una recente pubblicazione l’OMS ha indicato la prevalenza delle molestie morali sui luoghi di lavoro nel 2000 in Europa pari al 10%. In altre parole 1 persona su 10 sarebbe vittima di azioni potenzialmente mobbizzanti. Tra i settori lavorativi più interessati dal problema vi sarebbero la pubblica amministrazione, la difesa, la sanità, la scuola etc.
Mobbing: Benché non sia un fenomeno nuovo, l’attenzione dei mass-media verso il mobbing sembra essersi risvegliata proprio negli ultimi anni. Studi professionali di medici ed avvocati sono al giorno d’oggi presi d’assalto da presunti mobbizzati con pretese risarcitorie. Chiunque si senta per qualsivoglia ragione emarginato, privato di incarichi o riconoscimenti di prestigio, a prescindere dalle proprie capacità o rendimento, si ritiene mobbizzato.
Mobbing: A tal proposito si vuole provocatoriamente ricordare che il Parlamento Europeo, nel punto 5 della risoluzione in tema di mobbing del 20/09/2001, “richiama l’attenzione sul fatto che false accuse di mobbing possono trasformarsi a loro volta in un temibile strumento di mobbing ”
Legislazione: Occorre precisare che attualmente in Italia non vi è una specifica legislazione in materia di mobbing. Fondamentale nella tutela contro qualsiasi condotta persecutoria è l’articolo 2087 del codice penale: L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro…
Legislazione: Altre norme a cui solitamente si fa riferimento quando si parla di mobbing sono: L’articolo 32 della Costituzione (diritto alla salute); L’articolo 41 della Costituzione (che limita la libertà di iniziativa economica privata, vietandone l’esercizio con modalità tali da pregiudicare la sicurezza e la dignità umana)
Legislazione: Nel Decreto 27 Aprile 2004 (Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia) le malattie psichiche e psicosomatiche da disfunzione dell’organizzazione del lavoro figurano nella lista II, ovvero quella contenente malattie la cui origine lavorativa è di “limitata probabilità”. L’onere della prova risulta essere a carico del ricorrente (sia per la sussistenza della patologia stessa che per la sua correlazione con l’attività lavorativa).
Patologie: Le due patologie riconosciute come possibile conseguenza di costrittività organizzativa sui luoghi di lavoro sono: Il disturbo dell’adattamento cronico Il disturbo post traumatico cronico da stress.
Disturbo dell’Adattamento: Secondo il DSM IV°, siamo di fronte ad un Disturbo dell’Adattamento quando una persona presenta le seguenti condizioni: lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti identificabili che si manifestano entro 3 mesi dall’insorgenza degli stessi; tali sintomi debbono essere clinicamente significativi (marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore; compromissione del funzionamento sociale o lavorativo);
Disturbo dell’Adattamento: Secondo il DSM IV°, siamo di fronte ad un Disturbo dell’Adattamento quando una persona presenta le seguenti condizioni: l’anomalia legata allo stress non soddisfa i criteri per un altro disturbo specifico e non rappresenta solamente un aggravamento di una preesistente condizione; i sintomi non corrispondono ad un lutto; una volta cessata la persistenza del fattore stressante (o delle sue conseguenze) i sintomi non persistono per oltre 6 mesi.
Disturbo dell’Adattamento: I Disturbi dell’Adattamento sono codificati in base al sottotipo che è scelto secondo i sintomi predominanti: Con umore depresso Con ansia Con ansia ed umore depresso misti Con alterazione della condotta Non specificato
Disturbo dell’Adattamento: Se l’alterazione dura meno di 6 mesi il disturbo viene definito “acuto” Se l’alterazione dura più di 6 mesi il disturbo viene definito “cronico”
Disturbo Post Traumatico da Stress: La diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress si pone nel momento in cui: la persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano presenti le seguenti caratteristiche: la persona ha vissuto, assistito o si è confrontata con un evento/i che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimento di impotenza o di orrore.
Disturbo Post Traumatico da Stress: La diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress si pone nel momento in cui: l’evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei seguenti modi: ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento (immagini, pensieri e percezioni); sogni spiacevoli dell’evento ricorrenti; agire o sentire come se l’evento traumatico si stesse ripresentando; disagio psicologico di fronte a fattori che assomigliano o simbolizzano l’evento.
Disturbo Post Traumatico da Stress: La diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress si pone nel momento in cui: Viene praticata una condotta di evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e vi è una attenuazione della reattività generale (almeno tre dei seguenti elementi): evitamento di pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma; evitamento di attività, luoghi o persone che evochino ricordi inerenti al trauma; incapacità di ricordare qualche aspetto del trauma;
Disturbo Post Traumatico da Stress: La diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress si pone nel momento in cui: Viene praticata una condotta di evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma e vi è una attenuazione della reattività generale (almeno tre dei seguenti elementi): riduzione di interesse e partecipazione in attività; distacco ed estraneità verso gli altri; affettività ridotta (incapacità di provare sentimenti); pessimismo per le prospettive future (carriera, matrimonio, figli, durata della vita).
Disturbo Post Traumatico da Stress: La diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress si pone nel momento in cui: Sintomi persistenti tra cui almeno due dei seguenti: difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno; irritabilità o scoppi di collera; difficoltà a concentrarsi; ipervigilanza; esagerate risposte d’allarme.
Disturbo Post Traumatico da Stress: La diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress si pone nel momento in cui: La durata del disturbo è superiore a 1 mese. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.
Disturbo Post Traumatico da Stress: Se l’alterazione dura meno di 3 mesi il disturbo viene definito “acuto” Se l’alterazione dura più di 3 mesi il disturbo viene definito “cronico” Se l’esordio dei sintomi avviene almeno 6 mesi dopo l’evento stressante il disturbo viene definito “ad esordio ritardato”.
Il Medico del Lavoro: Primo compito del Medico del Lavoro è accertarsi che vi sia stato effettivamente mobbing nei confronti di un soggetto. Passo successivo è dimostrare il nesso di causalità fra le eventuali patologie riportate e le azioni mobbizzanti subite. Qualora fosse dimostrato il nesso causale tra fattori di rischio e patologia sviluppata si potrà parlare di patologia professionale.
Il Medico del Lavoro: Il parametro fondamentale per la determinazione di una patologia di origine professionale è pertanto la ricerca dei “fattori di rischio”. A differenza degli altri fattori di rischio professionale (fisici, chimici, biologici), individuabili e quantificabili oggettivamente, per i fattori di rischio da costrittività organizzativa non esiste uno strumento di misura. Risultano pertanto sfuggenti e non quantificabili.
Il Medico del Lavoro: Il Medico del Lavoro deve partire da una diagnosi clinica formulata da personale specializzato (psichiatra e psicologo). Devono pertanto essere rigettate (o comunque considerate con le dovute cautele) le diagnosi formulate da medici non specialisti di patologie psichiche.
Il Medico del Lavoro: Tra gli scopi del Medico del Lavoro vi è anche quello di contribuire alla valutazione del danno biologico definendo quale sia la capacità lavorativa residua del malato.
Circolare INAIL 71/2003: Con questa circolare l’INAIL afferma la possibilità di riconoscimento di patologie psichiche professionali derivanti da situazioni di costrittività organizzativa. L’inquadramento nosologico delle patologie deve rientrare, come previsto anche dal Decreto Ministeriale del 27 Aprile 2004, nelle categorie “disturbo post traumatico cronico da stress” e “disturbo dell’adattamento cronico”.
Circolare INAIL 71/2003: Le situazioni di costrittività organizzativa (fattori di rischio) più frequenti individuate sono: marginalizzazione dell’attività lavorativa; svuotamento delle mansioni; mancata assegnazione di compiti lavorativi con inattività forzata; mancata assegnazione degli strumenti di lavoro; ripetuti trasferimenti ingiustificati; prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto;
Circolare INAIL 71/2003: Le situazioni di costrittività organizzativa (fattori di rischio) più frequenti individuate sono: prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici; impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie; inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti all’ordinaria attività di lavoro;
Circolare INAIL 71/2003: Le situazioni di costrittività organizzativa (fattori di rischio) più frequenti individuate sono: esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione ed aggiornamento personale; esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo.
Circolare INAIL 71/2003: Sono invece esclusi dal rischio tutelato: i fattori organizzativo-gestionali legati al normale svolgimento del rapporto di lavoro (nuova assegnazione, trasferimento, licenziamento); le situazioni indotte dalle dinamiche psicologico-relazionali comuni sia agli ambienti di lavoro che a quelli di vita (conflittualità interpersonali, difficoltà relazionali etc.) Come per tutte le altre malattie non tabellate l’onere della prova risulta a carico del ricorrente.
Circolare INAIL 71/2003: Non sempre sono producibili dall’assicurato o acquisibili dall’istituto prove sufficienti, pertanto risulta necessaria l’indagine ispettiva: al fine di acquisire riscontri oggettivi di quanto dichiarato dal Paziente; al fine di integrare gli elementi probandi già forniti dallo stesso.
Circolare INAIL 71/2003: L’iter diagnostico da seguire ai fini di una uniforme trattazione medico-legale prevede: anamnesi lavorativa pregressa ed attuale; anamnesi fisiologica; anamnesi patologica remota; anamnesi patologica prossima; esame obiettivo completo; indagini neuropsichiatriche; test psicodiagnostici; diagnosi medico-legale.
Circolare INAIL 71/2003: Occorre inoltre escludere ai fini della diagnosi differenziale la presenza di: sindromi e disturbi psichici riconducibili a patologie d’organo, all’abuso di farmaci e all’uso di sostanze stupefacenti; sindromi psicotiche di natura schizofrenica, sindrome affettiva bipolare, maniacale, gravi disturbi della personalità.
Circolare INAIL 71/2003: Le denunce di disturbi psichici da costrittività organizzativa sono definite direttamente a cura delle sedi INAIL senza il parere preventivo della Direzione Generale.
Il Protocollo della UOOML: La nostra proposta, in accordo con quanto previsto dal protocollo INAIL, è che le figure del team di lavoro che debbano partecipare alla diagnosi siano: Medico del lavoro Psicologo del lavoro Psichiatra Medico del servizio di medicina del lavoro dell’ASL di competenza (Organo di vigilanza)
Il Protocollo della UOOML: Ruolo del Medico del Lavoro: Anamnesi lavorativa pregressa e attuale: in particolare deve essere descritta la situazione lavorativa ritenuta causa della malattia, individuando le specifiche condizioni di costrittività organizzativa ed i rischi riconducibili all’organizzazione aziendale delle attività lavorative. Anamnesi fisiologica Anamnesi patologica remota
Il Protocollo della UOOML: Ruolo del Medico del Lavoro: Anamnesi patologica prossima (anche con segnalazione della presenza di disturbi psicosomatici) Esame obiettivo completo
Il Protocollo della UOOML: Ruolo dello Psicologo: Il compito è sostanzialmente quello di effettuare un’analisi ed una valutazione dei fattori di rischio cosiddetti trasversali, in particolare sociali e psicologici. Con l’eventuale collaborazione di uno psicologo clinico verrà effettuata l’analisi e la valutazione delle manifestazioni psicopatologiche attuali e/o pregresse attraverso la somministrazione di batterie di test mirati.
Il Protocollo della UOOML: Ruolo dello Psichiatra: Il compito dello Psichiatra è quello di formulare una diagnosi. Deve escludere, ai fini della diagnosi differenziale, la presenza di: a) sindromi e disturbi psichici riconducibili a patologie d’organo e/o sistemiche, all’abuso di farmaci e all’uso di sostanze stupefacenti; b) sindromi psicotiche di natura schizofrenica, sindrome affettiva bipolare, maniacale, gravi disturbi della personalità.
Il Protocollo della UOOML: Ruolo dello Psichiatra: Lo specialista Psichiatra consiglierà inoltre l’idonea terapia.
Il Protocollo della UOOML: A livello assistenziale, il ruolo del Medico del Lavoro, dello Psichiatra e dello Psicologo sono interdipendenti e devono pertanto essere integrati in una struttura funzionale unitaria: è questa la condizione ottimale per la gestione di un fenomeno di tale complessità.
Il Protocollo della UOOML: Ruolo dell’organo di vigilanza: L’organo di vigilanza può svolgere indagini, accedere ai luoghi di lavoro, assumere informazioni da testimoni, dall’Azienda e dallo stesso interessato, analizzare le modalità organizzative, procedurali ed ergonimiche. Verranno disposte, se non già agli atti, le necessarie indagini ispettive con la conseguente acquisizione di dichiarazioni del datore di lavoro, testimonianze dei colleghi di lavoro, eventuali atti giudiziari, ecc..
Il Protocollo della UOOML: A conclusione del lavoro effettuato verrà rilasciato un unico certificato da parte del Medico del Lavoro con la dichiarazione della condizione di mobbing, cui allegare le certificazioni degli altri specialisti. Come già indicato, nei casi di patologie riconducibili a situazioni di mobbing, il Medico del Lavoro inoltrerà certificazione all’INAIL, all’Organo di Vigilanza ed alla Magistratura.