LUIGI PIRANDELLO La vita.

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Transcript della presentazione:

LUIGI PIRANDELLO La vita

Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 presso Girgenti (ribattezzata poi Agrigento sotto il fascismo) da una famiglia di agiata condizione borghese (il padre dirigeva alcune miniere di zolfo prese in affitto) e di tradizioni risorgimentali e garibaldine.

Studi Dopo gli studi liceali si trasferì all'Università di Bonn, dove si laureò nel 1891 Nel frattempo aveva già iniziato la produzione letteraria, scrivendo poesie e una tragedia. L'esperienza degli studi in Germania fu importante perché lo mise in contatto con gli autori romantici tedeschi, che ebbero profonda influenza sulla sua opera e sulle sue teorie riguardanti l'umorismo.

Dal 1892 si stabilì a Roma, dedicandosi interamente alla letteratura. Nel '93 scrisse il suo primo romanzo, L'esclusa (pubblicato solo nel 1901). Nello stesso anno aveva sposato Maria Antonietta Portulano

La declassazione Nel 1903 un allagamento della miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto il suo patrimonio e la dote stessa della nuora provocò il dissesto economico della famiglia. Il fatto ebbe conseguenze drammatiche nella vita dello scrittore: alla notizia del disastro la moglie, il cui equilibrio psichico era già fragile, ebbe una crisi che la sprofondò irreversibilmente nella follia.

Dal 1910 Pirandello ebbe il primo contatto con il mondo teatrale Dal 1915 Pirandello divenne soprattutto scrittore per il teatro, anche se non abbandonò mai la narrativa. Tra 1916 e il 1918 scrisse e fece rappresentare una serie di drammi che modificavano profondamente il linguaggio della scena del tempo Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli, Il piacere dell'onestà (1917), Il giuoco delle parti (1918), che suscitarono nel pubblico e nella critica reazioni sconcertate.

Dal 1920 il teatro di Pirandello cominciò a conoscere il successo di pubblico. Del 1921 sono i Sei personaggi in cerca d'autore, che rivoluzionavano radicalmente il linguaggio drammatico La condizione dello scrittore ne fu profondamente modificata: abbandonò la vita sedentaria e piccolo borghese del professore e si dedicò interamente al teatro

La scelta politica Pirandello, nel 1924, subito dopo il delitto Matteotti, si era iscritto al partito fascista, e questo gli servì per ottenere appoggi da parte del regime.

La sua adesione al fascismo ebbe però caratteri ambigui e difficilmente definibili. Ben presto però dovette rendersi conto, col suo acuto senso critico, del carattere del regime, pur evitando ogni forma di rottura o anche solo di dissenso accentuò il suo distacco. D'altronde la critica corrosiva delle istituzioni sociali e delle maschere da esse imposte, che era propria della visione pirandelliana, non poteva certo risparmiare il regime

OPERE Romanzi (vedi seguito) le Novelle per un anno( la sua produzione novellistica,) Maschere nude( i testi drammatici). Nel 1934 gli venne assegnato il Premio Nobel per la letteratura, a consacrazione della sua fama mondiale.

morì il 10 dicembre 1936.

La visione del mondo e la poetica > Il sistema delle idee

vitalismo Alla base della visione del mondo pirandelliana vi è una concezione vitalistica, che è affine a quella di varie filosofie contemporanee : la realtà tutta è «vita», «perpetuo movimento vitale», inteso come eterno divenire, «flusso continuo, incandescente, indistinto», come lo scorrere di un magma vulcanico.

Tutto ciò che assume «forma» distinta e individuale, si irrigidisce, comincia, secondo Pirandello, a «morire». Così avviene dell'uomo. noi non siamo che parte indistinta nell'«universale ed eterno fluire» della «vita». Ma tendiamo a cristallizzarci in forme individuali, a fissarci in una personalità che vogliamo coerente e unitaria.

Lanterninosofia L’unità, la coerenza è un'illusione, e scaturisce solo dal sentimento soggettivo che noi abbiamo del mondo, che proietta intorno a noi come un cerchio di luce e ci separa fittiziamente dal resto della vita, che resta al buio .

i ruoli sociali-maschere gli altri vedendoci secondo una prospettiva particolare, ci danno determinate «forme». Noi crediamo di essere «uno» per noi stessi e per gli altri, mentre siamo tanti individui diversi, a seconda della visione di chi ci guarda.

Pirandello fu influenzato dalle teorie dello psicologo Alfred Binet sulle alterazioni della personalità, ed era convinto che nell'uomo coesistano più persone, ignote a lui stesso, che possono emergere inaspettatamente

La crisi dell’identità teoria della frantumazione dell'io in una congerie di stati incoerenti, in continua trasformazione, senza un vero centro e senza un punto di riferimento fisso La crisi dell'idea di identità risente evidentemente dei grandi processi in atto nella realtà contemporanea, dove si muovono forze che tendono proprio alla frantumazione e alla negazione dell'individuo.

crisi : l'idea di una realtà Oggettiva, organica, definita, ordinata, univocamente interpretabile con gli schemi della ragione l’idea di un Soggetto "forte", unitario, coerente, punto di riferimento sicuro di ogni rapporto con la realtà. L'io si disgrega, si smarrisce, si perde, la sua consistenza si sfalda, nel naufragio di tutte le certezze.

tendenze spersonalizzanti nella società l'instaurarsi del capitale monopolistico, che annulla l'iniziativa individuale e nega la persona in grandi apparati produttivi anonimi; l'espandersi della grande industria e dell'uso delle macchine, che meccanizzano l'esistenza dell'uomo la creazione di sterminati apparati burocratici, che, annullando l'individuo in quanto tale, cancellano la sua interiorità e riducendolo alla sua pura funzione esteriore; il formarsi delle grandi metropoli moderne, in cui l'uomo smarrisce il legame personale cogli altri e diviene una particella isolata e alienata nella folla anonima.

L'idea classica dell'individuo creatore del proprio destino alla base della cultura della borghesia ora tramonta La presa di coscienza di questa inconsistenza dell'io suscita nei personaggi pirandelliani smarrimento e dolore. L'avvertire di non essere «nessuno», l'impossibilità di consistere in un'identità, provoca angoscia ed orrore, genera un senso di solitudine.

l'individuo soffre anche ad essere fissato dagli altri in «forme» in cui non può riconoscersi. Queste «forme» sono sentite come una «trappola», come un «carcere» in cui l'individuo si dibatte, lottando invano per liberarsi.

Alla base di tutta l'opera pirandelliana si può scorgere un rifiuto delle forme della vita sociale, dei suoi istituti, dei ruoli che essa impone La società gli appare come un'«enorme pupazzata», una costruzione artificiosa e fittizia, che isola irreparabilmente l'uomo dalla «vita», lo impoverisce e lo irrigidisce, lo conduce alla morte anche se egli apparentemente continua a vivere.

L'istituto in cui si manifesta per eccellenza la «trappola» della «forma» è la famiglia. Pirandello è acutissimo nel coglierne il carattere opprimente il suo grigiore avvilente, le tensioni segrete, gli odi, i rancori, le ipocrisie, le menzogne

L'altra «trappola» è quella economica, la condizione sociale e il lavoro lavori monotoni e frustranti, di un'organizzazione gerarchica oppressiva. Da questa «trappola» non si dà per Pirandello una via d'uscita storica: il suo pessimismo è totale, non gli consente di vedere altre forme di società diverse. Per lui è la società in quanto tale, in assoluto, che è condannabile

Un pessimismo ontologico Pirandello non ricerca le cause storiche per cui la società è una «trappola» mortificante la società borghese del suo tempo che egli indaga non è per lui che la forma particolare di una condizione metafisica, universale.

Lo scampo? la fuga nell'irrazionale: nell'immaginazione che trasporta verso un "altrove" fantastico come per l'impiegato Belluca di Il treno ha fischiato, che sogna paesi lontani e attraverso questa evasione può sopportare l'oppressione del suo lavoro di contabile e della famiglia, composta di tre cieche, due figlie vedove con sette nipoti da mantenere; oppure nella follia, che è lo strumento di contestazione per eccellenza delle forme fasulle della vita sociale

il «forestiere dalla vita» colui che «ha capito il giuoco », ha preso coscienza del carattere del tutto fittizio del meccanismo sociale e si esclude, si isola, guardando vivere gli altri dall'esterno della vita e dall'alto della sua superiore consapevolezza, rifiutando di assumere la sua «parte», osservando gli uomini imprigionati dalla «trappola» con un atteggiamento «umoristico», di irrisione e pietà

in questa figura di eroe estraniato dalla realtà si proietta la condizione stessa di Pirandello come intellettuale, che rifiuta il ruolo politico attivo perseguito dagli altri intellettuali del primo Novecento

Il relativismo gnoseologico. Se la realtà è magmatica, in perpetuo divenire, essa non si può fissare in schemi . Il reale è multiforme, polivalente; non esiste una prospettiva privilegiata da cui osservarlo: al contrario le prospettive possibili sono infinite e tutte equivalenti. non si dà una verità oggettiva fissata a priori, una volta per tutte. Ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le cose.

un'inevitabile incomunicabilità fra gli uomini essi non possono intendersi, perché ciascuno fa riferimento alla realtà com'è per lui, e non sa né può sapere come sia per gli altri proietta nelle parole che pronuncia il suo mondo soggettivo, che gli altri non possono indovinare.

La perdita di fiducia nella possibilità di sistemare il reale, il relativismo conoscitivo, collegano Pirandello a quel clima culturale europeo del primo Novecento in cui si consuma la crisi dei fondamenti, della fiducia in una conoscenza oggettiva della realtà mediante gli strumenti della razionalità scientifica.

La posizione di Pirandello viene abitualmente fatta rientrare nell'ambito del Decadentismo. Se prendiamo la categoria nell'accezione più rigorosa e ristretta e consideriamo fondamentalmente il Decadentismo come una seconda fase del clima culturale romantico,per vari aspetti Pirandello appare già al di fuori di esso.

Alla base del Decadentismo vi è una condizione spirituale sostanzialmente mistica, basata sulla fiducia in un ordine misterioso che unisce tutta la realtà, compreso il soggetto umano, in una fitta rete di «Corrispondenze », sistema di analogie universali che collegano io e mondo in una totalità univocamente interpretabile; per cui si può dare l'«epifania» dell'assoluto: in momenti privilegiati l'Essere può rivelare, in forme ineffabili, il suo senso riposto; uno slancio di partecipazione mistica può portare il soggetto nel cuore della realtà a cogliere la sua essenza ultima.

Per Pirandello invece un'essenza ultima non si dà più per cui non sono più possibili miracolose epifanie, rivelatrici di un nucleo nascosto dell'Essere.

La realtà non è più una totalità organica ma una pluralità di frammenti che non hanno un senso complessivo. Il particolare è semplicemente una particella isolata, perché un Tutto non esiste.

non resta che prendere atto dell'incoerenza e della mancanza di senso del reale questa crisi della totalità colloca già Pirandello oltre il Decadentismo, in un clima tipicamente novecentesco.

la crisi dell'io. Il Decadentismo, come già il Romanticismo, nella sua fuga da una realtà storica negativa poneva l'io al centro del mondo, o identificava sostanzialmente il mondo con l'io.

Per Pirandello questa assolutizzazione del soggetto è impossibile l'io si frantuma in una serie di frammenti incoerenti. il soggetto da entità assoluta diviene «nessuno» -o centomila.