Giornata della Statistica Venerdì 24 ottobre 2014 – Ravenna

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Giornata della Statistica Venerdì 24 ottobre 2014 – Ravenna Cibo, spreco e ambiente Luca Falasconi Giornata della Statistica Venerdì 24 ottobre 2014 – Ravenna

L’abbonadanza alimentare La disponibilità calorica in Italia è di circa 3.700 Kcal al giorno, equivalente a circa una volta e mezzo il fabbisogno energetico quotidiano. 50 % degli uomini, il 34% delle donne e il 24% dei bambini in età compresa tra i 6 e gli 11 anni è in sovrappeso. LA TERRA, L’UOMO E LA TERRA – ACCADEMIA DI AGLICOLTURA SCIENZE E LETTERE DI VERONA

L’abbonadanza alimentare Negli Stati Uniti, il cibo disponibile ogni giorno tocca le 3.900 kcal per persona, ovvero equivale a circa il 200% del fabbisogno energetico della popolazione. In Gran Bretagna, Irlanda, Belgio, Francia e Canada, si attestano su livelli compresi tra il 170 e il 190%; seguiti poi da Nuova Zelanda, Finlandia, Paesi Bassi e Islanda le cui percentuali si aggirano tra il 160 e il 170%. Somalia, Zambia, si attestano su livelli compresi tra il 90 e il 98% Afghanistan, Chad, Congo, Etiopia, Haiti, Kenya, Madagascar, Tajikistan, Tanzania si attestano su livelli compresi tra il 104 e il 112% LA TERRA, L’UOMO E LA TERRA – ACCADEMIA DI AGLICOLTURA SCIENZE E LETTERE DI VERONA

Sprechi alimentari Lo spreco alimentare riguarda tutti i passaggi che portano gli alimenti dal campo alla tavola e colpisce tutti i Paesi del mondo. La FAO stima che 1/3 del cibo prodotto al mondo viene sprecato. (basterebbe mantenere in salute 4 volte il numero di malnutriti) Nei paesi in via di sviluppo lo spreco si localizza a monte della filiera agroalimentare (a livello domestico 6-11 kg pro-capite) Nei paesi sviluppati lo spreco si localizza a valle: distribuzione, ristorazione e consumo domestico (a livello domestico 95-115 kg pro-capite). L’Unione Europea con 179 kg pro-capite e l’Italia con 149 kg pro-capite risultano sopra la media dei Paesi sviluppati

Cos’è Lo spreco alimentare Con l’espressione spreco alimentare intendiamo l’insieme di quei prodotti scartati o perduti lungo tutta la filiera agroalimentare, prodotti che pur avendo perso il loro valore commerciale, non hanno però perso la loro caratteristica di alimento per cui potrebbero essere ancora destinati al consumo umano. Sono, quindi, prodotti perfettamente utilizzabili, ma non più vendibili, e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati ad essere eliminati e smaltiti. I prodotti alimentari che formano lo spreco perdono le caratteristiche di “merce”, ma non quelle di “alimento”, quindi sono prodotti invenduti e non invendibili.

Cause sprechi alimentari - Perdita percezione del valore - Multinazionali - Assenza di consapevolezza - Sindrome della buona madre - Straordinaria abbondanza - Straordinaria accessibilità - Straordinaria economicità - Possiamo permettercelo

Sprechi alimentari in Europa SETTORE % kg / pro capite / anno Industria 39 70 Distribuzione 4 8 Ristorazione 14 25 Consumo domestico 43 76 TOTALE 100 179

Sprechi alimentari in Italia SETTORE QUANTITA’ (t) VALORE (€) Agricoltura 1.547.261 874.865.964 Industria 1.786.137 1.110.917.876 Distribuzione 379.087 1.542.790.205 Consumo 4.000.000 8.700.000.000 TOTALE 7.712.485 12.228.574.045

Spreco domestico in Italia A livello domestico in Italia si sono sprecati nel 2013 circa 6 milioni di tonnellate di cibo ancora perfettamente consumabile, frutta e verdura, pesce, carne, pasta, uova, latticini, biscotti e tanto altro ancora. Si sono letteralmente “bruciati” 8,7 miliardi di € di prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili. Lo 0,5% del PIL nazionale.

Spreco domestico in Italia Nel Sud d’Italia la principale ragione dello spreco domestico è legata all’eccesso di cibo cucinato e quindi non consumato. Nel Centro e Nord Italia le ragioni dello spreco sono riconducibili a due cause principali le dimensioni troppo grandi delle confezioni, e la veloce deperibilità dei prodotti acquistati.

Spreco domestico in Italia Fra gli alimenti “freschi” o non cotti gettati dagli italiani primeggiano frutta (51,2%) e verdura (41,2%), formaggi (30,3%) seguiti da pane fresco (27,8%), latte (25,2%), yogurt (24,5%) e salumi (24,4%), Le percentuali calano considerevolmente quando si tratta di cibi cotti: in questo caso gli italiani buttano soprattutto la pasta (9,1%) i cibi pronti (7,9%) e precotti (7,7%).

Spreco domestico in Italia VIRTUOSI questo gruppo raccoglie la parte più sensibilizzata al tema dello spreco alimentare; lo vede sia come una immoralità sia come un danno ambientale. Con queste motivazioni forti alle spalle riesce a sprecare veramente pochissimo: in valore economico settimanalmente sprecano circa la metà rispetto alla media nazionale. 22% ATTENTI il loro atteggiamento è attento allo spreco ma con qualche licenza. Anche questo gruppo è caratterizzato sia dalla sensibilità ai temi ambientali che dalla valutazione morale sullo spreco; ma con un’ intensità leggermente minore. La differenza sostanziale è che in questo cluster vi sono più coppie con figli. Sprecano poco: in valore economico settimanalmente sprecano circa un 25% in meno rispetto alla media nazionale. 27% INDIFFERENTI quelli che formano questo gruppo hanno una attenzione marginale ai temi della salvaguardia dell’ambiente e non ritengono che lo spreco alimentare produca danni. Nonostante ciò queste famiglie sprecano relativamente poco. La causa del loro comportamento corretto è di origine economica; è un gruppo che ha dei redditi limitati ed è il contenimento della spesa a motivarli. Sprecano comunque più dei gruppi precedenti: in valore economico settimanalmente sprecano circa un 20% in meno rispetto alla media nazionale. 10%

Spreco domestico in Italia INCOERENTI accade spesso, nella società, che “si predichi bene e si razzoli male”. Questo gruppo si muove proprio così: segnala l’importanza dell’ambiente, percepisce il danno dello spreco e la sua immoralità, condivide i provvedimenti utili alla riduzione di questo fenomeno; però spreca. E non poco: in valore economico settimanalmente sprecano circa un 25% in più rispetto alla media nazionale. 26% SPRECONI si tratta di un piccolo cluster ma è significativo di un atteggiamento sociale, relativo non solo a questo tema; io non ho responsabilità è la società che deve pensarci. Questo gruppo ha scarso interesse per l’ambiente e non ritiene che vi siano conseguenze più generali dovute allo spreco; per di più avendo anche una media capacità economica non vive neanche questo deterrente rispetto allo spreco alimentare domestico. Le dimensioni sono: in valore economico settimanalmente sprecano circa un 140% in più rispetto alla media nazionale. 11% INCURANTI questo gruppo mostra di cogliere abbastanza la problematicità dello spreco ma come tema a se stante; non si scalda troppo per l’ambiente e, soprattutto, non ha interesse per approfondire le conseguenze e le interdipendenze dello spreco alimentare. Nella realtà butta via il cibo più di tutti. E senza mezzi termini: in valore economico settimanalmente sprecano circa un 66% in più, rispetto alla media nazionale. 4%

Impatto ambientale dello spreco Parlare di impatto ambientale dello spreco vuol dire tenere conto di tutte le risorse che terminano nel cassonetto insieme ai rifiuti. Prendendo come esempio una mela, è necessario considerare che per produrla si utilizzano terra, acqua, energia, lavoro, concimi, antiparassitari ecc. risorse che verranno sprecate nel momento in cui la mela finirà nel cassonetto. Non solo, infatti se consideriamo le diverse fasi che portano una mela dal campo alla tavola, ossia la fase di produzione, di trasformazione e di distribuzione, bisogna anche tenere conto degli impatti ambientali legati a ognuno di questi passaggi. Si considera tutto il ciclo di vita “dalla culla alla tomba”.

Impatto ambientale dello spreco Nel 2011 in Gran Bretagna uno studio del WRAP quantifica l’emissione di CO2 equivalente all’anno, attraverso il Carbon Footprint, in 25,7 milioni di tonnellate, di cui il 78% è imputabile a sprechi sempre evitabili, mentre il 22% è legata a quelli che talvolta sono evitabili. In merito al Water Footprint il WRAP stima che l’impatto legato al cibo sprecato a casa ammonti a 6.262 milioni di m3 d’acqua virtuale all’anno. Di questi 5.368 milioni derivano da sprechi di cibo evitabili e 894 milioni da sprechi talvolta evitabili (che rappresentano il 5 e l’1% del Water Footprint inglese totale).

Impatto ambientale dello spreco In merito agli USA uno studio condotto nel 2011, evidenzia che le emissioni di CO2 equivalente durante le fasi di produzione, trasformazione, confezionamento, distribuzione e smaltimento del cibo sprecato corrispondono annualmente a circa 112,9 milioni di tonnellate. La carne di manzo è la principale responsabile delle emissioni di gas effetto serra con più di 18 milioni di t di CO2 equivalente all’anno (16% sul totale delle emissioni), anche se per quantità sprecata è pari solo al 2% del totale.

Impatto ambientale dello spreco Per quanto riguarda l’Italia considerando le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione, e ai rifiuti, nel caso del consumo finale le emissioni di CO2 equivalenti associate alle perdite corrispondono a una quantità di gas serra che varia da 10,1 a 13,6 Mt di CO2eq, a seconda che si includa o meno lo smaltimento. Confrontandoli con le emissioni nazionali rilevate dall’Ispra (2012) riportate nella tabella, è possibile affermare che sprechi e rifiuti agroalimentari siano responsabili di una quota di emissioni compresa fra il 2,02 e il 2,73% del totale.

Impatto ambientale dello spreco Emissioni di gas serra associate alle perdite e ai rifiuti agroalimentari prodotti in Italia Fonte: elaborazione dell’autore su dati LMM, Eurostat, EC, 2010 Filiera Rifiuti agroalimentari in Italia (t/anno) Emissioni di gas serra escluso smaltimento (Mt CO2 eq/anno) Emissioni di gas serra incluso smaltimento Produzione agricola 1.547.260 0,57 1,27 Trasformazione 1.786.137 2,25 3,05 Distribuzione 379.087 0,58 0,75 Consumi domestici 4.154.330 6,73 8,60 Totale 7.866.814 10,13 13,67

Impatto ambientale dello spreco In Italia passando all’impatto idrico dello spreco nei campi, misurato attraverso il water footprint, lasciare in campo 12,5 milioni di quintali di prodotti agricoli ha significato che nel 2012 poco meno di 1,1 miliardi di metri cubi di acqua virtuale sono stati sprecati (che potremmo stimare pari all’acqua contenuta nel bacino del Lago d’Iseo). Quindi è stata impiegata della risorsa acqua, che hanno portato alla produzione di un bene che non ha raggiunto mai il mercato e che è rimasto a marcire in campo. In pratica, in altre parole, abbiamo utilizzato una risorse naturale limitate, per produrre rifiuti.

Impatto economico dello spreco Il calcolo dell’impatto economico dello spreco dal campo allo scaffale, mette in evidenza come in Itali nel 2012 si siano letteralmente “bruciati” 3.554.969.445 € di prodotti alimentari ancora perfettamente consumabili. Secondo i dati elaborati da Last Minute Market e dal suo osservatorio Waste Watcher lo spreco alimentare rappresenta l’0,81% del PIL (circa 12,2 miliardi riferiti al 2012) così ripartito: “soltanto” lo 0,23% si colloca nella filiera di produzione (agricoltura), trasformazione (industria alimentare), distribuzione (grande e piccola) e ristorazione (collettiva), il resto è a livello domestico: 0,56% del PIL (circa 8,7 milioni di euro).

Impatto economico dello spreco È quindi evidente che in un mondo in cui gran parte della popolazione ha un accesso limitato alle risorse, dove le stesse sono sempre più scarsa e inquinate, uno spreco del genere non è tollerabile né dal punto di vista economico, né tanto meno da quello ambientale ed etico. Ciò evidenzia in modo inequivocabile come una maggiore attenzione nei consumi e una maggiore consapevolezza sulle conseguenze dello spreco alimentare possano generare benefici anche di grande rilevanza, e in questo caso senza alcuno sforzo per chi li compie.

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) Luca Falasconi Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) luca.falasconi@unibo.it www.unibo.it