I profili processuali della legge sulla filiazione, dopo la legge n

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I profili processuali della legge sulla filiazione, dopo la legge n I profili processuali della legge sulla filiazione, dopo la legge n. 219 del 2012 e il d.lgs. n. 154 del 2013 di Claudio Cecchella

1. Introduzione

L’unificazione dello status, sul piano sostanziale Sul piano sostanziale, a seguito degli interventi dell’art. 1 della legge n. 219 del 2012 sulle disposizioni del codice civile e del d. lgs. n. 154 del 2013, sul riordino della disciplina vigente, può dirsi finalmente raggiunta l’unificazione dello stato di figlio, sia esso nato durante il matrimonio, sia fuori dal matrimonio.

2. I limiti della riforma sul piano processuale

La diversificazione processuale Al contrario il legislatore propende ancora per un intervento frammentario sul piano processuale, che presuppone la ripartizione delle competenze e la diversificazione dei riti non offre un quadro unitario sul piano processuale alla disciplina del processo cognitivo ed esecutivo nelle controversie di famiglia, nonostante l’alto livello di specializzazione della materia nel suo complesso, cui dovrebbe seguire per necessità un rito speciale generalizzato e una competenza unitaria rivolta al lo status unico di figlio.

La tutela differenziata di famiglia In realtà la materia necessita generalmente di un unico rito celebrato innanzi ad un solo giudice: 1. con una regola al conflitto pronunciata con immediatezza, adeguata, una tutela anticipatoria (es. 708 cpc) munita di altrettanto adeguati rimedi; 2. un adattamento alle evoluzioni temporali della fattispecie con la stessa immediatezza (es. 709 u.c. e 710 cpc); 3. necessità che il giudice del merito sia anche giudice della esecuzione (art. 709 – ter c.p.c.); 4. necessità di un adeguata tutela mediante misure coercitive civili alla infungibilità della prestazione e di una tutela esecutiva anche del diritto inesegibile (art. 709 – ter e 156 c.c., ecc.).

La soluzione Un processo razionale nelle controversie di famiglia necessita in modo indilazionabile: a) di una competenza unificata in un sezione specializzate del tribunale ordinario; b) di un rito unico, sul modello della separazione e divorzio, che tenga conto delle esigenze evidenziate

La frantumazione del processo Al contrario il legislatore propone sul piano cognitivo il rito camerale come modello, privo di una effettiva tutela anticipatoria anche in funzione delle evoluzione della fattispecie e introduce un sistema di tutele esecutive frammentarie e non coerenti.

3. La competenza

La sopravvivenza del riparto di competenze Sopravvive all’intervento della riforma la ripartizione delle competenze, avendo il legislatore riproposto – nonostante la presenza di numerosi disegni di legge verso l’unificazione delle competenze con la creazione di una competenza unica per materia funzionale del tribunale ordinario sezione specializzata della famiglia – l’applicazione dell’art. 38 delle disp. att. cod. civ.

La sopravvivenza dell’art. 38 disp. att. cod. civ La sopravvivenza dell’art. 38 disp. att. cod. civ., sulla competenza del tribunale per i minorenni Con la salvezza dell’art. 38 cit., resta salva l’istituzione del tribunale per i minorenni, anche se significativamente erosa con un intervento anche in evidente polemica a recenti orientamenti del giudice di legittimità, volti ad estendere la competenza del tribunale per i minorenni proprio nell’ambito delle controversie di cui sono parti i figli nati fuori dal matrimonio, risultandone accentuato il discrimine processuale con i figli nati nel matrimonio (in termini di adeguata tecnica di anticipazione degli effetti della decisione di merito in particolare modo).

Le controversie sulla responsabilità genitoriale Sono in particolare rimaste nella competenza del tribunale per i minorenni le controversie sulla responsabilità genitoriale, sulla sua decadenza (artt. 330 e 332 c.c.); sui provvedimenti convenienti meno gravosi della decadenza, come l’allontanamento (art. 333 c.c.); sulla rimozione e riammissione nell’esercizio dell’amministrazione (art. 334 e 335).

Le altre controversie residue di volontaria giurisdizione in senso stretto Restano, inoltre, di competenza del tribunale per i minorenni i procedimenti che autorizzazione per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto 16 anni (art. 84) ; i procedimenti che autorizzano al minore la continuazione dell’esercizio dell’impresa; i procedimenti per la nomina di un curatore speciale del minore nella stipula delle convenzioni matrimoniali (art. 90).

la novità dell’art. 251 c.c. L’art. 251, 2° comma, c.c. affida al tribunale per i minorenni l’autorizzazione “avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare qualsiasi pregiudizio” al riconoscimento del figlio incestuoso.

L’azione degli ascendenti L’azione degli ascendenti a tutela del diritto di mantenere rapporti significativi con nipoti minorenni, ai sensi dell’art. 317-bis, introdotto dal d.lgs. n. 154 del 2013, è “incomprensibilmente” affidato alla competenza del tribunale per i minorenni, in forza della modifica apportata all’art. 38 delle disp.att. c.c.”.

Natura delle controversie devolute alla competenza del tribunale per i minorenni Le controversie sulla responsabilità genitoriale, poiché implicano intensamente un diritto a cui corrispondono interessi del minore e del genitore, hanno natura contenziosa e necessitano perciò di tutte le garanzie del “giusto processo” ex art. 111 c.p.c. Le altre competenze residue concernono i procedimenti di volontaria giurisdizione in senso stretto, per i quali tali garanzie appaiono meno rilevanti.

L’incremento della competenza del tribunale ordinario Poiché l’art. 38, al secondo comma, ripropone la regola di chiusura secondo la quale ogni altra controversia è attribuita alla competenza del tribunale ordinario, ne risulta significativamente incrementata la competenza di questo organo.

I casi dell’incremento Si tratta: Dei procedimenti per l’amministrazione dei beni del fondo patrimoniale in caso di annullamento del matrimonio o di divorzio in presenza di figli minori (art. 171); Dei procedimenti in tema di costituzione di usufrutto su una parte dei beni spettanti ad un coniuge nella divisione della comunione legale in relazione alla necessità della prole (art. 194, 2° comma c.p.c.); Delle controversie sulla opposizione al riconoscimento da parte del genitore che abbia riconosciuto per primo il figlio (art. 250 c.p.c.); Delle controversie sull’inserimento del figlio riconosciuto nella famiglia legittima di uno dei genitori (art. 252 c.p.c.); Delle controversie in ordine all’assunzione del cognome del padre che riconosca il figlio (art. 262); Dell’autorizzazione all’impugnazione del riconoscimento e della nomina del curatore speciale del minore (art. 264)

Segue. Controversie sulla responsabilità genitoriale Sono affidate alla competenza del tribunale ordinario, alcune controversie sulla responsabilità genitoriale: art. 316, risoluzione dei contrasti sull’esercizio della responsabilità genitoriale dei figli nati nel matrimonio e fuori dal matrimonio; la disciplina separata per i figli nati fuori dal matrimonio è stata abrogata con la novellazione dell’art. 317-bis, oggi tutto è ricompreso nell’art. 316.

Art. 269 c.c. Ai sensi della citata disposizione, sono attribuite al tribunale ordinario la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità naturale.

4. La connessione

La competenza attrattiva per connessione del tribunale ordinario All’attribuzione di affidamento e mantenimento integralmente al tribunale ordinario, la legge n. 219 pone l’ulteriore competenza per attrazione, dovuta alla pendenza del procedimento per separazione e divorzio o del giudizio sulla controversia inerente l’esercizio della responsabilità genitoriale ex art. 316 c.c., delle controversie sulla responsabilità genitoriale.

Conseguenza interpretativa,i procedimenti di modifica e revisione Per l’identità di oggetto deve ritenersi che la vis attrattiva vale anche in caso di pendenza dei procedimenti di modifica e di revisione delle condizioni di separazione e divorzio.

I figli nati fuori dal matrimonio La unificazione dei procedimenti sulle controversie relative all’esercizio della responsabilità genitoriale dei figli nati nel matrimonio e fuori dal matrimonio sotto la disciplina dell’art. 316, dovuto al d.lgs n. 154 del 2013, esclude oggi il problema della attrazione per connessione con le controversie di cui all’art. 317-bis c.c. che non regolano più le controversie relative ai figli nati fuori dal matrimonio.

I problemi implicati dalla competenza per territorio dei procedimenti dell’art. 316 Di un certo interesse, tanto da meritare una segnalazione, il profilo della competenza per territorio nel procedimento ex art. 316, legato alla collocazione del minore sul territorio (arg. ex artt. 710 e 709 – ter c.p.c.). Il criterio viene individuato sul luogo di abituale dimora del minore, non interpretato in termini di "prospettiva", ma verificando quale sia stato l'effettivo luogo di abituale dimora maturato del minore (Trib. Milano 1 ottobre 2010).

Conseguenze in ordine ai figli nati fuori dal matrimonio: affidamento e mantenimento cumulati innanzi al tribunale ordinario Il riparto di competenze, nonostante la persistente frantumazione e biforcazione, ha il pregio di superare definitivamente la giurisprudenza di legittimità (a partire da Cass., 3 aprile 2007, n. 8362, in Foro it., 2007, I, 2049), che in caso di domanda congiunta di affidamento del figlio nato fuori dal matrimonio e di mantenimento, quest’ultima in via autonoma attribuita alla competenza del tribunale ordinario, affidava l’intera controversia al tribunale per i minorenni, derogando alle regole sulla competenza per ragioni di connessione.

….sulle controversie ex art. 709 – ter c.p.c. L’art. 709 – ter c.p.c., il suo radicarsi sulla competenza per il merito e la possibilità che il giudice in questa sede possa modificare i provvedimenti di affidamento e potestà, offre ragione di una vis attrattiva della controversia sulla responsabilità genitoriale pendente innanzi al tribunale per i minori.

Il problema, i legittimati diversi delle azioni sulla responsabilità genitoriale Resta da capire cosa accada nell’eventualità che il legittimato di cui all’art. 336, nelle controversie sulla responsabilità genitoriale , sia un soggetto diverso dai genitori, pur legittimato sulla base di quella disposizione: in pendenza della separazione o del divorzio, resta ferma la competenza del tribunale per i minorenni? Oppure deve ritenersi ampliato soggettivamente il procedimento per separazione e divorzio in virtù della vis attrattiva? Propende per la prima Tribunale Milano 07 maggio 2013 - Pres. Servetti - Est. Buffone, in www.ilcaso.it

Inapplicabilità dell’art. 5 c.p.c. La vis actrattiva non deve applicarsi soltanto nel caso in cui già penda anticipatamente il procedimento per separazione e divorzio al momento della presentazione della domanda sulla controversia affidata al tribunale per i minorenni, ma per l’ampiezza della formula (“resta esclusa la competenza”) deve ritenersi che la vis attrattiva operi anche quando sia introdotta anteriormente la controversia innanzi al tribunale per i minorenni

Tribunale Milano 03 ottobre 2013 “L’innovativo criterio della competenza funzionale per attrazione opera (o può operare) nel senso di ricondurre al giudice ordinario la cognizione anche dei profili inerenti alla limitazione e/o ablazione della responsabilità genitoriale, che in via generale sono attribuiti alla competenza del Tribunale minorile, solo in presenza di una precedente pendenza di un procedimento c.d. ordinario”

Alcune riflessioni sulla litispendenza I procedimenti in questione pendono tutti dal deposito del ricorso essendo introdotti in quella forma (art. 39, 4° comma, c.p.c.) e deve ritenersi pendente anche il processo sospeso o interrotto.

4. Il rito

Carattere contenzioso della lite su affidamento e mantenimento e rito camerale Nonostante il carattere contenzioso delle controversie su affidamento, in considerazione dei diritti implicati, il legislatore affida al secondo comma dell’art. 38 cit., il rito dei relativi procedimenti alle forme camerali degli artt. 737 e ss.

Le garanzie Come Andrea Proto Pisani ha evidenziato (“La giurisdizionalizzazione dei processi minorili c.d. de potestate”, in Foro it., 2013, V….. ) il carattere giurisdizionale dei procedimenti sulla responsabilità genitoriale , come anche delle controversie sull’ affidamento, non tollera l’applicazione di norme inesistenti come quelle del rito camerale (per l’incostituzionalità: ordinanza Dogliotti, App. Genova, 4 gennaio 2001, e ordinanza Pazzè , App. Torino, 3 gennaio 2001) per violazione dell’art. 111 Cost. sulla riserva di legge e sulle regole del giusto processo.

La risposta della Corte Costituzionale La sentenza n. 1 del 2002 della Corte cost. ha risolto salomonicamente con una declaratoria di inammissibilità che lascia aperto il contrasto, ma anche incidentalmente ha suggerito l’applicazione al procedimento di cui all’art. 336 c.c.: - del principio del contraddittorio, anche quando la misura viene data inaudita altera parte, e di alcuni fondamentali garanzie previste dal processo cautelare uniforme, particolarmente in ordine al reclamo, come adeguamento costituzionale della normativa.

La risposta del tribunale per i minorenni Purtroppo in molti tribunale per i minorenni si è continuata la prassi di procedere per segnalazione dei servizi sociali con misure emesse in assenza di contraddittorio e senza convalida, con il contraddittorio di entrambi i genitori. Il legislatore nel richiamare il rito camerale non si è forse avveduto di tale grave deviazione dai principi costituzionali.

La non disciplina del rito camerale familiare A differenza della parallela esperienza del rito camerale fallimentare (interamente riscritto e ibrido, in realtà corrispondente ad un processo a cognizione piena di rito speciale), ridisciplinato dal legislatore, nell’ambito familiare si fa rinvio tout court alle scarne norme del codice di rito: artt. 737 e ss. c.p.c.

Il problema di una tutela provvisoria Oltre alla mancanza di regole del rito, che apre la prospettiva del processo al baratro della violazione dei più elementari principi del giusto processo, resta la lacuna della mancanza di un provvedimento provvisorio, di natura anticipatoria che costituisce invero indefettibile misura dovuta alla differenziazione della tutela giurisdizionale dei diritti essendo endemicamente implicato dalla controversia familiare il profilo dell’urgenza della tutela.

Mancanza di una soluzione Il richiamo al rito camerale, per il carattere autosufficiente ed intollerante a forme di tutela alternativa, come quella ordinaria a cognizione piena, anche quella anticipatoria a cognizione sommaria rende insolubile il problema. Non è risolto neppure dal terzo comma dell’art. 38 il quale sancisce solo l’immediata esecutività dei provvedimenti terminali e non si esprime sui provvedimenti provvisori ed urgenti, sul modello dei provvedimenti presidenziali in sede di separazione e divorzio.

L’analogia L’interprete deve, per dovere costituzionale, dare un’interpretazione della grave lacuna. Applicazione analogica dell’art. 710, 3° comma, c.p.c. il quale introdotto in un caso di rito camerale familiare, potrebbe essere di generale valenza, oppure l’art. 336, 3° comma.

L’impugnativa dei provvedimenti provvisori Ammettere anche in via analogica provvedimenti provvisori pone al centro dell’attenzione il tema della loro reclamabilità, solubile: o con l’applicazione analogica del reclamo cautelare; o con l’applicazione del reclamo camerale ex art. 739 c.p.c.

La giurisprudenza La reclamabilità è stata ritenuta da App. Catania 14 novembre 2012: “E’ ammissibile la autonoma reclamabilità ex art. 739 c.p.c. dei provvedimenti provvisori adottati nel procedimento ex art. 317 bis c.c, anche se non è esplicitamente prevista nel processo camerale minorile una forma di reclamo analoga a quella prevista dal comma IV dell’art. 708 c.p.c. e che i provvedimenti provvisori sono modificabili dal giudice che li ha emessi”

L’immediata efficacia Il terzo comma dell’art. 38 pone una sola regola, quella, in deroga all’art. 741, 2° comma, della immediata efficacia del provvedimento che conclude il rito camerale, almeno in questo riconoscendo una anticipazione al provvedimento conclusivo della prima fase del rito camerale.

L’impugnativa dei decreti del tribunale per i minorenni La norma si esprime invece in modo esplicito per la reclamabilità (da intendersi in sede camerale) alla sezione della Corte di appello per i minorenni. In tal modo, almeno nella disciplina dell’appello le controversie di famiglia si unificano tutte in un rito che segue le regole della camera di consiglio (art. 709-bis c.p.c. e art. 4, 15° comma, l. n. 898/1970)

L’appello camerale Il richiamo generalizzato al rito camerale per l’appello, apre la prospettiva di un gravame più garantistico, per la inapplicabilità al rito camerale dell’art. 342 sul motivo specifico in appello e dell’art. 348-bis sulla necessità a pena di inammissibilità dell’appello di una ragionevole probabilità di accoglimento; dell’art. 345 sui limiti alla deducibilità di nuove difese in appello.

5. Il processo sul riconoscimento del figlio

La ratio L’ambito più ampio e diffuso di riconoscimento della filiazione sancito dalla riforma sul piano sostanziale, si traduce in alcune importanti conseguenze processuali.

Mancato consenso del genitore che ha riconosciuto In difetto di consenso, nei casi in cui è necessario, del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, l’altro genitore che intende riconoscere il figlio propone ricorso al tribunale (ordinario), che fissa un termine per la notifica del ricorso al genitore dissenziente che ha già riconosciuto.

Opposizione Il mancato consenso ha modo così di emergere processualmente: il coniuge dissenziente può, entro 30 giorni dalla notifica, introdurre opposizione (con modalità formali rimaste incerte), la quale sarà decisa dal giudice con sentenza (nelle forme ordinarie o camerali?), che prenderà il posto del consenso mancante e può essere preceduta da provvedimenti provvisori urgenti fondati sul fumus (“salvo che l’opposizione non sia palesemente fondata”).

L’audizione del minore Nonostante la chiara previsione dell’art. 336 bis, il legislatore ha voluto sancire la stessa regola anche nel rito su opposizione: l’audizione necessaria del figlio minore che abbia compiuto 12 anni o anche di età inferiore, ove capace di discernimento.

Mancata opposizione Anche in caso di mancata opposizione il giudice decide con sentenza, ma deve ritenersi senza particolari formalità di assunzione di ogni opportuna informazione, di audizione del figlio, pur dovendosi ritenere necessaria la valutazione dell’interesse del minore, come condizione del riconoscimento, nonostante il mancato consenso dell’altro genitore.

I contenuti della sentenza Oltre a tener luogo del consenso mancante, nella sentenza il giudice provvede su affidamento e mantenimento del minore e in relazione al suo cognome

Ulteriore intervento giudiziale Nell’ultimo comma dell’art. 250 c.c. si consente al giudice di autorizzare il genitore infrasedicenne al riconoscimento del figlio concepito “valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio”. Tale istanza è di competenza del tribunale ordinario, con il rito in camera di consiglio.

6. L’ascolto del minore

Art. 336-bis, ex art. 315-bis Dopo la stagione dettata dall’art. 4, 8° comma, l. n. 898 del 1970, e dell’art. 155, sexies c.c., senza che il legislatore si esprimesse espressamente per l’ abrogazione delle disposizioni precedenti, si introduce l’art. 315-bis (oggi 336-bis) il quale sancisce: “il figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal Presidente del tribunale o dal giudice delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano”

L’evoluzione L’art. 4, 8 comma, legge n. 898 del 1970: “Il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori…” L’eccezionalità dell’audizione era dettata dal riferimento allo “strettamente necessario”.

La sua novellazione Il nuovo art. 4, 8° comma: “se la conciliazione non riesce il Presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove capace di discernimento…”

Segue Già l’art. 155 sexies c.c. (“Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni 12 e anche di età inferiore ove capace di discernimento”), sanciva la doverosità dell’audizione e ciò in linea con le convenzioni internazionali, convertite in legge nel nostro ordinamento (convenzione di New York del 1989 e convenzione di Strasburgo sui diritti del fanciullo del 1996). L’art. 155 sexies c.c. è stato abrogato dal d.lgs n. 154 del 2013.

La nuova ratio della doverosità Il ruolo dell’audizione ha particolare importanza nel regolamento europeo n. 2201 del 2003 ove l’art. 23 sancisce che la mancata audizione del minore, salvo i casi di urgenza è motivo che esclude l’esecuzione in uno stato membro della decisione.

Il passaggio dall’art. 315-bis all’art. 336-bis La doverosità risulta tuttavia attenuata nel passaggio della regola da un articolo ad un altro, poiché la norma consente di derogare all’ascolto: “se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo il giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato”.

Le modalità dell’ascolto Il nuovo art. 336-bis, stabilisce altresì le modalità dell’ascolto: - è condotto dal giudice, il quale può essere solo coadiuvato da esperti e ausiliari; - le parti e i difensori sono ammessi all’ascolto solo se autorizzati dal giudice; - le parti e i difensori possono proporre argomenti e temi di approfondimento al giudice; - prima dell’ascolto il giudice informa il minore sulla natura del procedimento e gli effetti dell’ascolto: - è redatto processo verbale o effettuata registrazione audio video.

Art. 38-bis disp.att.cod.civ. La nuova disposizione, dovuta al d.lgs n. 154 del 2013 stabilisce che se la salvaguardia del minore è assicurata con mezzi tecnici (uso di vetro specchio unitamente ad impianto citofonico) le parti, i difensori e il p.m. possono seguire l’ascolto, in luogo diverso in cui il minore si trova, anche senza autorizzazione del giudice.

Il giudice di legittimità Con la sentenza n. 22238 del 21 ottobre 2009, in Fam. e dir. 2010, 1, le Sezioni Unite hanno riconosciuto il potere vincolato del giudice di effettuare l’ascolto, sancendone come conseguenza la nullità del provvedimento assunto in difetto di audizione.

Ratio dell’audizione La sentenza della S.C. citata esclude ogni rilievo istruttorio all’ascolto del minore, ma ne esprime il ruolo, secondo la disciplina convenzionale a cui ha aderito l’Italia, di espressione del minore e dei suoi interessi, senza che assuma necessariamente la posizione di parte formale, necessitante di un difensore tecnico

La discrezionalità dell’art.336 - bis L’attuale discrezionalità colloca sul piano della circostanziata e precisa motivazione la superfluità dell’ascolto o la sua contrarietà agli interessi del minore.

Il mancato passaggio del minore da parte sostanziale a parte formale Si riconosce in tal modo al minore il ruolo di parte sostanziale dei provvedimenti che lo riguardano, ma nonostante la previsione di un obbligo di rappresentanza tecnica del minore come parte formale nei procedimenti di adozione e nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale (art. 336 c.c.), la S.C. ha negato la qualità di parte formale al minore, non ritenendo necessaria la sua rappresentanza tecnica (Cass. 14 luglio 2010 n. 10653; contra App. Milano 16 ottobre 2008)

l’art. 337 – octies c.c. Art. 337 - octies, 1° comma. “Nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto di un accordo dei genitori, relativo alle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo”

Trib. Milano 30 aprile 2013, discrezionalità Diritto del minore all’audizione e Dovere del giudice di dargli voce non sono, tuttavia, enunciati assoluti su cui non possa innestarsi una valutazione del giudicante: e, infatti, in linea di principio, certamente l’audizione va esclusa dove essa non sia utile risultando superflua (es. separazioni consensuali) oppure dove l’incombente rischi di pregiudicare l’equilibrio psico-fisico del fanciullo.

Altre disposizioni sull’ascolto Il legislatore del d. lgs. n. 154 del 2013, noncurante della norma generale sull’ascolto, ha ritenuto di riproporre singoli richiami in norme particolari: - art. 316 sui contrasti nell’esercizio della responsabilità genitoriale; - art. 336 sui procedimenti sulla responsabilità genitoriale; - art. 348 sulla scelta del tutore; - art. 371 sul luogo dove il minore deve essere cresciuto ed educato in caso di tutela.

7. L’attuazione delle misure in materia di famiglia

Lo stato della normativa Il processo esecutivo in materia di famiglia non può essere retto dalle regole del libro terzo del codice di rito: per la continua interazione tra cognizione ed esecuzione, che rende necessaria la unificazione del giudice dell’esecuzione con il giudice del merito; per l’inidoneità delle forme dell’esecuzione specifica; per la generale infungibilità della prestazione obbligata, sia in ordine ai diritti personali che ai diritti patrimoniali, che rende necessaria la introduzione di adeguate misure coercitive; - infine per la necessità di proiettare la tutela esecutiva nel futuro, anche quando il diritto non è esigibile.

L’occasione L’occasione della riforma era ghiotta per una razionalizzazione delle esigenze mediante soluzioni generalizzate per tutte le controversie e per tutti i diritti. Al contrario: 1. diversificazione per diritto- resta la diversificazione tra diritti personali e diritti patrimoniali (i primi destinatari delle efficaci misure coercitive dell’art. 709-ter, ma mancanti di una tutela esecutiva proiettata nel futuro; i secondi privi di una efficace tutela mediante misure esecutive abbandonata al rilievo penale dell’inottemperanza, ma dotata di un’ efficace tutela proiettata nel futuro mediante l’assegnazione per via giudiziale o stragiudiziale dei crediti che l’obbligato vanta nei confronti di terzi); 2. diversificazione per rito- resta la diversificazione tra attuazione di misure in sede di separazione e divorzio e attuazione di misure in sede di procedimenti camerali.

L’intervento della legge n. 219 del 2012 L’intervento della legge sulla filiazione è tutto nella disposizione dell’art. 3, 2° comma della stessa legge, che sancisce l’adozione di idonee misure personali o reali a garanzia dei provvedimenti patrimoniali, sino alla previsione di una misura di sequestro dei beni dell’obbligato e sino all’estensione dell’ordine ai terzi tenuti a corrispondere somme di denaro all’obbligato, di versare dette somme direttamente agli aventi diritto

Lacune persistenti Resta ancora la mancata unificazione delle misure coercitive destinate ad imporre l’attuazione spontanea, sia per i diritti personali che per i diritti patrimoniali e la mancata previsione, nei diritti personali, di una proiezione per il futuro della tutela esecutiva (a cui può sopperire un’interpretazione che estenda l’applicazione ad essi dell’art. 614-bis c.p.c., laddove consente al giudice di fissare una misura pecuniaria per ogni futuro adempimento)

art. 614 – bis cpc “Con il provvedimento di condanna il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento …”

Carattere delle misure Le misure a tutela dei provvedimenti patrimoniali, oggi estesa ad ogni provvedimento di mantenimento dei minori, riproducono le misure regolate nel codice civile all’art. 156, benché sia richiamato espressamente l’art. 8 della legge n. 898 del 1970, ma la norma riferisce di ordine del giudice: le idonee garanzie reali o personali offerte dall’obbligato o in difetto il sequestro del patrimonio (da non confondersi con la misura cautelare). Viene pure richiamata l’efficacia di titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale del provvedimento, con l’unico limite della necessità di una definitività del provvedimento (non prevista nell’art. 156, 5 comma)

Recente sentenza della S.C. sulle misure dell’art. 156 c.c. Se segnala per completezza di analisi e qualificazione dei vari mezzi regolati nell’art. 156 c.c., la recente sentenza della S.C. Cassazione civile, sez. I 22 aprile 2013, n. 9671 - Pres. Salmè - Est. Dogliotti, in www.ilcaso.it

La tutela proiettata nel futuro Dei modelli, quello stragiudiziale della legge sul divorzio e quello giudiziale delle norme sulla separazione, il legislatore sembra – pur con formula equivoca nel richiamo alla legge n. 898 del 1970 – preferire le prime “Il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto”.

Par conditio creditorum Sarebbe stato utile invece il richiamo all’art. 8, 5° comma, laddove consente una partecipazione dei creditori concorrenti, nel caso di crediti già pignorati prima dell’iniziativa esecutiva del coniuge e/o figlio avente diritto, in modo di soddisfare la par conditio creditorum, previsione che manca del tutto nelle regole applicabili alla separazione personale o nelle regole dell’art. 38 cit.

7. La disciplina transitoria

Art. 4 La nuova disciplina si applica alle controversie instaurate con ricorso depositato dopo il 1 gennaio 2013. Tuttavia ai procedimenti pendenti innanzi al tribunale per i minorenni sull’affidamento e mantenimento dei figli dei genitori non coniugati, si applicano le regole garantistiche del comma 2, dell’art. 3 della legge, ovvero l’applicazione delle misure in ordine all’attuazione dei provvedimenti. Il legislatore avrebbe avuto l’occasione di prevedere anche l’applicazione della immediata efficacia dei provvedimenti di cui al 3 comma dell’art. 38 novellato dallo stesso articolo 3.

Cass., n. 10064/2013 La legge n. 129 del 2012 sulla filiazione aveva sancito la esecutività immediata dei decreti camerali in materia di controversie familiari, ma con un regime transitorio che apriva alla nuova norma solo i processi introdotti dopo la sua entrata in vigore, La S.C. (sentenza 26 aprile 2013, n. 10064) mette in ordine le cose, reinterpretando la vecchia disposizione e sancendo la esecutività immediata ex lege anche per il passato...