Il Padre ha rivelato e continua a mostrare a noi il suo volto attraverso Gesù. Nel volto di Gesù noi possiamo cogliere la luce che genera la speranza.

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Transcript della presentazione:

Il Padre ha rivelato e continua a mostrare a noi il suo volto attraverso Gesù. Nel volto di Gesù noi possiamo cogliere la luce che genera la speranza. Abbiamo bisogno di essere continuamente rafforzati in questo cammino di fede e di sequela, per poter seguire le sue orme e trasfigurare così la nostra esistenza, conformandola a Lui.

prima lettura La prima lettura ci propone l’esempio di Abramo, una vita di fede vissuta sulla propria pelle e su quella dell’amato figlio Isacco. Vangelo A una vita di fede, di ascolto e di sequela sono chiamati anche i discepoli di Gesù, nell’episodio della trasfigurazione, narrata dal Vangelo. Questa, infatti, non elimina difficoltà e sofferenza, ma pone i veri discepoli (noi?) di fronte alla capacità di essere fedeli a una gloria, quella di Gesù, che passa attraverso la passione e la croce. seconda lettura La seconda lettura ribadisce che il sacrificio sulla croce di Gesù, del figlio amato, è garanzia di salvezza e speranza per coloro che si affidano a lui.

Come in Matteo e Luca, l’episodio della trasfigurazione occupa una posizione di rilievo nel vangelo di Marco. È un evento cruciale per Gesù e soprattutto per i discepoli. Discepoli che faticano a digerire la paradossale logica di Dio. La precedente confessione di Pietro e l’immediato, duro, rimprovero a Gesù per l’annuncio della passione dimostrano la grande difficoltà dei discepoli a entrare nei disegni di Dio.

L’autentica sequela di Gesù esige una radicale conversione, sulle orme di quella compiuta da Gesù stesso (vangelo di Domenica scorsa). Esige un serio rovesciamento del proprio modo di pensare: Altro è pensare secondo gli uomini e altro è pensare secondo Dio. Con queste lapidarie parole Gesù impone a Pietro di tornare… “DIETRO” di lui. Cioè nella sua posizione di discepolo, per riprendere l’arduo cammino della sequela.

Dopo questo episodio, che segna una vera e propria cerniera nel vangelo di Marco… È riportata la scena della cosiddetta Trasfigurazione. Collegata alla dichiarazione di Pietro su Gesù a Cesarea di Filippo… Essa richiama intenzionalmente alla teofania del battesimo di Gesù (1,9-11).

In tale quadro si apprezza ancor di più e meglio l’importanza della Trasfigurazione. È un’intensa esperienza per i discepoli. È a loro che la voce dalla nube impone di ascoltare il Figlio amato. Una voce che rompe ancora la loro sordità, la loro ignoranza, la loro incomprensione.

La missione del Servo del Signore (Isaia 42,1) accolta da Gesù durante il battesimo e confermata dalla conversione di Gesù nel deserto… È la stessa via che i discepoli sono chiamati ora ad accogliere nel cuore e a percorrere in comunione con Gesù, il figlio (Salmo 2,7), il figlio amato (Genesi 22,1 s). A questa verità portano dunque testimonianza tutte le antiche Scritture di Israele. Anche Mosè ed Elia, entrambi beneficiati da una teofania sul Sinai, confermano la centralità di Gesù in questo episodio

La conversazione che essi trattengono con Gesù è un dettaglio di grande rilievo. L’argomento del dialogo non interessa a Marco. È più interessante il fatto in sé: Per la comunità di Marco il Primo Testamento è sacro perché vi è prefigurata la missione di Gesù. A Lui sono orientate e da Lui ricevono pienezza di senso.

Su questo sfondo spicca con estrema efficacia il contrasto creato dall’ignoranza dei discepoli, come sempre rappresentati da Pietro. “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè, una per Elia”. Marco annota che Pietro non sapeva che cosa rispondere per lo spavento suo e degli altri due discepoli.

Al di là del comprensibile turbamento e della paura, la reazione di Pietro è entusiasta. La sua felicità contrasta però con la sua reazione in 8,32, dove ha rimproverato Gesù. Questo testimonia la realtà del discepolo di Gesù, teso tra entusiasmi e slanci e debolezze, testardaggini, incomprensioni. Ora, il suo solo pensiero è quello che tale sconvolgente e coinvolgente esperienza possa durare. Anche se Marco squalifica l’uscita di Pietro, la sua frase risuonerà in tutta la letteratura spirituale nel corso dei secoli.

Il cenno quasi improvviso di Pietro che parla di tre capanne, di tre tende, è stato molto studiato. Forse, semplicemente, Pietro vuole costruire una casa per ospitare la grandezza che lo sormonta e per racchiuderla. Questo ricorda il progetto di Davide (2 Samuele 7,2) o anche quello di Giacobbe a Betel (Genesi 28,16-19). Progetti per costruire una casa a Dio, in realtà però è Dio che costruisce per l’uomo una casa.

Infatti, come risposta alla frase di Pietro, ecco… Una nube! Si dice che essa “li prende sotto la sua ombra”. Il verbo, unica volta in Marco, richiama la nube che dimora nella Tenda in Esodo 40. La nube che copre i discepoli svolge dunque la funzione di una tenda divina. Una risposta decisiva riguardo la pretesa di Pietro di farsi tre fragili capanne o tende!

Dopo la nube, la voce. E la voce indica Gesù, la Parola da ascoltare (Deuteronomio 18,15) La Parola che ha preso dimora in Gesù È Gesù è la Parola vivente del Padre. Una Parola forte, decisa, paradossale. Una Parola che chiama a una sequela difficile, a prendere una croce, a rinnegare se stessi…

“E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro”. La storia finisce, deve finire. La luce si spegne, il sipario cala su questa manifestazione. Marco chiude in modo brusco, secondo il suo stile, ma tutto si concentra su Gesù. Mosè ed Elia si defilano. Tutto il peso sta in quel… “SOLO CON LORO” Frase che richiama il programma originario della loro chiamata (ESSERE CON LUI) e in qualche modo vi è un’allusione al modo di essere Dio di Gesù:

Il tema dell’ignoranza torna alla fine dell’episodio. I discepoli si chiedono cosa significhi risuscitare dai morti. Alla lettera: chiedendosi quando sarebbe risorto dai morti. C’è evidentemente una profonda relazione tra l’episodio appena raccontato e la Risurrezione L’una cosa è dicibile solo se l’altra è avvenuta. Ora il fatto che la prima ci venga raccontata significa che la seconda nel frattempo è avvenuta. Sottilmente, il lettore, di fronte al racconto non dicibile, apprende che la risurrezione è già avvenuta.