Bisogni e identità usurpati?

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Transcript della presentazione:

Bisogni e identità usurpati? PERDITA DEL LAVORO E PRECARIATO IN ETA’ MATURA: UN DRAMMA PERSONALE E FAMILIARE Atdal e Lavoro-Over 40: venerdì 3 novembre 2006, Casa Bonus Pastor, Roma PERDITA DEL LAVORO E PRECARIATO IN ETA’ MATURA: Bisogni e identità usurpati? Dott. E. Lozupone - Università Tor Vergata

PARLIAMO DI IDENTITA’

L’IDENTITA’ RAPPRESENTA CIO’ CHE SIAMO PERSONALE DI GENERE SOCIALE LAVORATIVA/PROFESSIONALE

Abbiamo anche dei bisogni

La teoria dello sviluppo psicosociale di Erickson Sesta fase: inizio dell'età adulta. Mentre nell'infanzia e nell'adolescenza l'amore è un bisogno indifferenziato, nell'età adulta la ricerca di amore e di relazione è di tipo più maturo. In questa fase le relazioni appaiono come delle scelte di legare la propria individualità a quella di un'altra persona. E' l'amore, inteso come impegno nella relazione, che caratterizza tale fase, quindi la tendenza affiliativa, intesa come compartecipazione a diverse attività, oltre l'amore, quali l'amicizia ed il lavoro. Età Adulta (comprende la vecchiaia) Settima fase: periodo della generatività. E' in questa fase che si esplicherebbe la propria capacità produttiva (persino creativa) nei campi lavorativo, dell'impegno sociale, della famiglia compresa la nascita dei figli. Nel caso in cui la possibilità di generare venisse inibita in nessuno di questi ambiti, c'è il rischio che la personalità regredisca, sopravvivendo un senso di vuoto, di impoverimento. E' la sollecitudine, definita come "la dilatante preoccupazione per ciò che è stato generato dall'amore, dalla necessità o dal caso..." e intesa come tendenza ad occuparsi del proprio simile (cura, assistenza, allevamento dei figli, trasmissione della cultura, ecc.) la virtù emergente in questa fase.

Su quali di queste dimensioni viene colpita la persona che perde il lavoro? Sulla sua identità personale (specialmente quando l’identità personale coincide con quella professionale) Sui suoi bisogni di sicurezza,appartenenza stima e autorealizzazione

L’importanza del lavoro L’attività lavorativa e l’importanza che questa ricopre nell’ambito della vita di un individuo, influenzano notevolmente la salute ed il benessere della persona. Il lavoro può diventare un valore aggiunto per la nostra esistenza, assegnandole una struttura, uno scopo ed un significato, divenendo fonte di gratificazione e sede privilegiata per l’espressione di sé

L’importanza dei rapporti nel lavoro Le relazioni sociali intrattenute sul posto di lavoro con i colleghi e superiori, il modo in cui siamo trattati da questi, esercitano una forte influenza sull’immagine di sé, sul senso di identità, di dignità e di appartenenza ad un gruppo. Il gruppo formato dai colleghi di lavoro costituisce infatti una delle reti sociali più importanti della vita adulta, e la scarsa qualità di queste relazioni depriva la persona di un importante fattore antistress

Se l’ambiente di lavoro non è ok Se l’ambiente di lavoro viene riconosciuto come insicuro ed ostile, ecco che l’esperienza lavorativa viene a perdere la sua funzione di integrazione sociale e realizzazione del sé,divenendo un importante fattore di rischio per la qualità della vita dei lavoratori

Effetti della perdita del lavoro: nel ciclo di vita personale e famigliare Per la persona disoccupata la gravità percepita rispetto alla situazione è in relazione con la propria traiettoria sociale e professionale (gli obiettivi professionali precedentemente perseguiti, gli studi effettuati, le mete raggiunte, il percorso di carriera, ecc.) e con la traiettoria intergenerazionale (professione del padre, gruppo economico di appartenenza, aspettative). Il momento in cui si produce la disoccupazione nel ciclo di vita di una persona e quando essa si inscrive nel ciclo di vita di una famiglia non sono aspetti indifferenziati (i vissuti e le conseguenze che si producono infatti non sono identici anche se presentano alcune analogie la disoccupazione di un giovane, quella di un padre di famiglia di mezza età, quella di una persona a fine carriera). Anche la durata della disoccupazione sembra produrre degli schemi di comportamento specifici, dalle reazioni del periodo iniziale, a quelle, di segni diversi, legate anche alle conseguenze effettive, della disoccupazione di lunga durata.

Effetti della perdita del lavoro: nel ciclo di vita personale e famigliare Sul piano individuale, giocano un ruolo anche le personalità dei membri della famiglia in particolare dei genitori, e le risorse psicologiche (ossia le capacità personali di affrontare i problemi, le abilità sociali, la flessibilità, l'assenza di disturbi e malattie), le risorse culturali (la formazione generale e professionale, gli interessi) ed economiche (beni ed altri redditi) di cui la persona e la famiglia dispongono. Tutti questi fattori influenzano la definizione che lo stesso disoccupato dà della propria situazione e la gravità percepita, e quindi, dato che i genitori sono un veicolo importante di trasmissione di opinioni e valori ai figli, essi influenzano la definizione e la gravità che sarà percepita da tutto il nucleo famigliare. Questi fattori sono legati anche alle modalità in cui il disoccupato farà fronte alla situazione, in particolare quando essa perdura nel tempo, che sono prevalentemente un adeguamento passivo e rassegnato alle nuove condizioni, o reazioni costruttive attive della ricerca di nuove soluzioni

Effetti della perdita del lavoro: nel ciclo di vita personale… Ma la mancanza di lavoro significa anche, per la persona che ne è colpita, un cambiamento importante nel proprio modo di essere attivi, di misurarsi con le proprie capacità, di acquisire conoscenze. La strutturazione del tempo cambia, i contatti sociali possono risultarne ridotti (soprattutto per molti uomini, i cui contatti sociali passano quasi esclusivamente attraverso i canali professionali), il riconoscimento sociale viene meno e l'immagine di sé (che è una costruzione mentale che scaturisce da dinamiche interne ma che necessita di conferme dall'esterno per mantenersi al livello raggiunto o per accrescerlo) può essere più o meno gravemente intaccata.

…e su coppia e famiglia Per quanto riguarda l'impatto sulla coppia e sul nucleo famigliare diversi studi pervengono a conclusioni simili: innanzitutto la famiglia, soprattutto con il tempo, tende a chiudersi su se stessa, rispondendo così al bisogno di innalzare una barriera a protezione del proprio nucleo verso le condizioni avverse del contesto esterno. Vari studi hanno esaminato l'effetto della disoccupazione sullo stato psichico delle persone coinvolte: sono stati descritti soprattutto sintomi tipici correlati allo stress, sintomi depressivi, disturbi psicosomatici, insonnia, a volte aumento di disturbi alcolici. Questi disagi sembrano comparire più frequentemente negli uomini che nelle donne, probabilmente a causa del diverso valore attribuito alla situazione professionale da parte dei due sessi. Per quanto riguarda le modalità della coppia dei genitori di far fronte alla situazione, essa appare largamente influenzata dalla qualità della relazione precedente alla disoccupazione e dalla capacità di diventare flessibili rispetto alla suddivisione dei ruoli all'interno della famiglia, soprattutto quando il disoccupato è uomo. Un aumento di stress viene segnalato come una costante, mentre le ricerche non sono unanimi nel rilevare un aumento di divorzi dovuto alla disoccupazione

Effetti della perdita del lavoro sui figli Per quanto riguarda lo sviluppo dei bambini diverse conseguenze sono state rilevate dalle ricerche effettuate in quest'ambito. I figli infatti sembrano risentire a diversi livelli della situazione creatasi nella famiglia, sia dal profilo del clima emozionale e delle tensioni che risentono nei genitori che devono affrontare preoccupazioni e riduzioni di reddito, sia perché sono portatori dei valori espressi dai genitori, valori che come abbiamo visto spesso si assestano su atteggiamenti di rinuncia rispetto alle aspettative precedentemente prospettate. I genitori tentano più a lungo possibile di proteggere i loro figli dagli effetti della disoccupazione, ma con il perdurare della situazione, soprattutto nelle classi meno abbienti, le conseguenze negative del restringimento delle risorse economiche e sociali appaiono inevitabili.

La persona che perde il lavoro è una persona disorientata E’ una persona che si trova in una situazione di choc dovuta al tipo di transizione psicosociale che si trova a vivere: ha perso i suoi punti di riferimento, si trova smarrita, ha ricevuto una ferita al senso di identità personale: i propri bisogni sono insoddisfatti, le aspettative disattese, si è infranto in una parola il contratto psicologico, che riguarda la fiducia nella propria organizzazione e il senso di appartenenza

L’importanza di inserirsi in una rete E’ fondamentale in questa circostanza così dolorosa non rimanere soli: inserirsi in una rete fatta di specialisti con professionalità diverse che aiutino ad affrontare la situazione sia da un punto di vista psicologico (sostegno) che legale e di job hunting: è molto importante non vergognarsi di dover chiedere aiuto anche ai propri cari: non è detto infatti che ci voltino le spalle;

Per riorientarsi… Diventare consapevoli che se si è chiusa una fase della vita non è detto che la vita sia finita Evitare di assumere un atteggiamento passivo di attesa o di delega Canalizzare i propri sforzi rispetto ad obiettivi concreti e perseguibili Recuperare una rimotivazione personale al lavoro come esperienza in sé stessa e non solo come valore strumentale Ristrutturare un’esperienza quotidiana mantenendosi impegnati mentalmente e nell’azione, anche nel recupero del valore dei rapporti famigliari

Per riorientarsi… Aumentare la possibilità di pensarsi ancora positivamente in una nuova situazione lavorativa (il nostro bagaglio di esperienze non è un fardello inutile, ma un bagaglio prezioso che possiamo ancora utilizzare e valorizzare) anche se ci viene richiesta una riconversione cioè imparare cose nuove (non è semplicemente rimettersi sui banchi di scuola…!)

Per un lavoro più umano Un ultimo aspetto di importanza fondamentale per chi vive l’esperienza di disoccupazione in età matura. Essere non solo vittime, ma anche costruttori del nuovo, di una nuova generazione lavorativa che non vuole più schiavi (anche un manager può essere schiavo del proprio esaltante lavoro…!), ma persone che santificano il proprio lavoro attraverso il servizio a Dio e alle persone; che non fanno più vittime attraverso il modo di vivere il proprio lavoro (i famigliari troppo spesso vengono sacrificati da un’attività lavorativa non intesa come vocazione, ma come puramente strumentale al successo e al guadagno). Quello che la persona che ha perso il lavoro si trova a vivere è il risultato di una visione secolarizzata del lavoro, dove la disoccupazione e la precarietà sono viste come il risultato di un gioco di utilità. In una visione umanistica la disoccupazione e la precarietà sono viste come il sintomo di una distorsione morale della società.

Per un lavoro più umano Una società è decente se non umilia l’uomo che – nel suo lavoro- dipende da un altro uomo. Affinché il lavoratore non sia umiliato deve essere riconosciuto come persona. In una società eticamente civile tra chi dà e chi riceve c’è promozione reciproca. Allora il ruolo e il senso di persone che si trovano a vivere questo dramma personale e famigliare sta nel farsi portatori del fatto che l’autorealizzazione di una persona (cioè il dispiegamento della sua identità) si svela nell’integrazione tra natura e sovranatura, attraverso la ricomposizione di equilibri di solidarietà fra ambiti differenti (famiglia scuola attività professionale, comunità locale) in maniera da superare le lacerazioni dovute all’aver creato poli distinti fra vita famigliare e organizzazione politica ed economica.