4^ DOMENICA DI AVVENTO - ANNO B Samuele 7,1-5. 8-12. 14-16 Romani 16,25-27 Luca 1,26-38 ECCO CONCEPIRAI UN FIGLIO, LO DARAI ALLA LUCE E LO CHIAMERAI GESU’

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4^ DOMENICA DI AVVENTO - ANNO B Samuele 7, Romani 16,25-27 Luca 1,26-38 ECCO CONCEPIRAI UN FIGLIO, LO DARAI ALLA LUCE E LO CHIAMERAI GESU’ Luca 1, 31 Si avanza sempre cliccando

INSIEME Un titolo strano, ma ci vuole introdurre al problema della “casa”, cui ci richiamano le letture di questa domenica.

Che senso ha avere una casa, se poi ci vivo solo e abbandonato?

Che senso ha avere una famiglia in casa, se ognuno ci vive dentro ignorando l’altro?

Le domande ci riportano ai vari significati della casa, luogo di riparo, ma anche della famiglia, della discendenza, della intimità, della comunicazione, del dialogo, e delle relazioni forti.

si vede sorprendentemente bocciare la proposta di erigere una casa per Dio. Il Re Davide

Il tempio era, come la chiesa ai nostri giorni, un punto centrale di riferimento, una specie di carta di identità di una religione,

un richiamo alla preghiera in mezzo alle case e nel cuore della vita quotidiana, un segno anche per gli stranieri, per chi viene da lontano, per chi non fosse della nostra religione per chi viene da lontano, per chi non fosse della nostra religione.

Perché allora Dio ha fermato il re nel suo progetto di edificare il tempio? Forse la risposta l’abbiamo già data nel concreto della vita. Soprattutto oggi vedendo tante chiese chiuse o vuote, e alcune particolarmente artistiche ridotte a meta di turismo, sentiamo una stretta al cuore: dove abbiamo messo Dio? Che spazio gli diamo nella nostra vita?

Al Re Davide, Dio blocca l’idea del tempio di pietra, per far balenare che non vuole stare da solo, ma vuole stare in compagnia, con la gente, e con un popolo cosciente della sua presenza, che dialoghi e lo interpelli per le decisioni importanti della vita...

Dio vuole vivere in casa-famiglia. Perciò prende un nome “Emmanuel”, che significa “Dio insieme con noi”, e proclama la sua casa la famiglia di Davide, il suo popolo, la sua discendenza, la casa di Israele.

Avvicinandoci al Natale, dove ci sia un’intesa straordinaria con Dio e i suoi progetti di salvezza. uno dei segni che noi cristiani dobbiamo dare è che siamo “casa di Dio”, famiglia di Dio,

Certamente ogni giorno e non solo a Natale sentiamo anche quanto è grande il peso della vita per chi è senza casa, Come è grande l’opera di alleviare questo peso, se Dio stesso ci ha fatto capire che non vuole essere un estraneo. se Dio stesso ci ha fatto capire che non vuole essere un estraneo. senza famiglia, o è straniero, lontano dai suoi, estraneo a tutti...

FIGLIA DI SION Abbiamo un canto, nel nostro libretto liturgico, con cui ci rivolgiamo a Maria chiamandola “Figlia di Sion”, ci ricorda la cittadella di Davide, il luogo del tempio, il cuore della vita del popolo di Israele.

L’Angelo spiegando a Maria la sua sorprendente maternità rievoca il linguaggio del profeta Natan rivolto a Davide, Caravaggio per cui Maria è presentata come “casa di Dio”, Cittadella di Sion, al cui interno è ospitata la “Santa Presenza di Dio”.

Andiamo con il nostro pensiero al Tempio di Gerusalemme. Nei tempi normali, anche da lontano, si vedeva sopra il tempio aleggiare una nube prodotta dal fumo degli incensi e degli olocausti; questa nube era simbolo dell’ ombra di Dio, e della sua presenza nel tempio.

Anche l’Angelo per spiegare a Maria che diventerà dimora di Dio, userà questo richiamo: Su di te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo.

Diventando Madre del Signore, Maria è casa di Dio nel senso più completo, di comunicazione intima e di vita strettamente insieme: niente lo è tanto come per una madre incinta e la sua creatura.

Dicono gli studiosi che l’utero materno è un luogo di comunicazioni continue tra la madre e la sua creatura, di emozioni e informazioni che filtrano dall’uno all’altro dei due esseri (e che purtroppo si perdono nella fecondazione in vitro).

In queste espressioni troviamo ancora una volta l’esaltazione della maternità in tutte le sue “caratteristiche umane” e il rispetto che ne consegue;

e ancora una volta scopriamo la grandezza della persona chiamata a vivere una straordinaria comunicazione e intimità con Dio della persona chiamata a vivere una straordinaria comunicazione e intimità con Dio.

L’Incarnazione del Signore che si fa uomo per abitare in mezzo a noi,

ci fa ripensare la fede come la presenza viva di Dio che incrocia la nostra strada, che entra dentro a ognuno di noi per trovare casa, e attraverso di noi per dare senso alla storia e destino eterno all’umanità. e attraverso di noi per dare senso alla storia e destino eterno all’umanità..

Sunto dell’omelia di Padre Natalino ex missionario in Uruguay F I N E F I N E