LE TRINCEE.

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Transcript della presentazione:

LE TRINCEE

INTRODUZIONE Le trincee, lunghi corridoi, profondi poco meno di due metri: sono state uno dei simboli della Prima Guerra Mondiale; sono le tracce più significative di quanto successe tra il 1915 ed il 1918; furono la "casa" dei soldati, il luogo dove i militari impegnati al fronte vissero per settimane (se non addirittura mesi) tra una battaglia e l'altra. I vari governi europei, compreso quello italiano di Salandra insieme al generale Luigi Cadorna, erano convinti che si sarebbe trattata di una guerra veloce in cui era essenziale sfruttare il fattore temporale. Invece, i diversi fronti europei si stabilizzarono ed iniziarono ad essere scavate centinaia di chilometri di trincee, dal nord della Francia fino all'Europa orientale, nell'attuale Polonia e nei Balcani. Comparvero anche sul fronte italiano, in pianura, sull'altopiano carsico e in alta montagna, in mezzo alla neve.

STRUTTURA Le trincee seguivano una linea a zig zag, che divideva la trincea in settori. Non esistevano tratti rettilinei di lunghezza maggiore di 10 metri, per essere più protetti in caso di conquista da parte del nemico. Il lato della trincea rivolto al nemico era chiamato parapetto → munito di un gradino per sporgersi oltre il bordo della trincea. I fianchi erano rinforzati con sacchi di sabbia, tavole, filo di ferro; il fondo era ricoperto di tavole in legno. Feritoie: nel parapetto, per osservare la linea nemica, talvolta protette da una lastra d'acciaio. I tiratori scelti impiegavano munizioni speciali per forare queste piastre. A Gallipoli i soldati alleati svilupparono un particolare "fucile a periscopio" → per colpire il nemico senza esporsi al fuoco avversario. Tre metodi per lo scavo delle trincee: scavare la trincea, contemporaneamente, in tutta la sua lunghezza: era un metodo veloce perché si impiegavano molti uomini che erano però lasciati allo scoperto di fronte al fuoco nemico; veniva impiegato solo lontano dalla prima linea o di notte. allungare una trincea già esistente: solo 1 o 2 uomini a scavare, ad un estremo della trincea e chi scavava era sufficientemente coperto, ma si procedeva con lentezza. scavare una sorta di tunnel, di cui alla fine si faceva crollare la copertura. La trincea necessitava di una continua manutenzione → per rimediare ai danni provocati dalle intemperie e dal fuoco nemico.

LA VITA DENTRO LA TRINCEA Vita difficile → molti gli appostamenti in alta montagna, a oltre 3000 metri d’altezza, anche nei pressi dei ghiacciai. Molti uomini svilupparono malattie mentali durante la guerra o appena tornati nelle proprie case (in Italia si usava l’espressione “scemo di guerra”). La preparazione dell'esercito fu assolutamente insufficiente. Nessuno, all'inizio, spiegò ai soldati italiani di restare accovacciati nelle trincee e di non sporgersi. Certi che Trieste sarebbe stata conquistata nel giro di poche settimane, i soldati si ritrovarono con le sole dotazioni estive e con strumenti tutt'altro che moderni.  Imbarazzante fu la mancanza di pinze tagliafili in grado di creare velocemente dei varchi tra i reticolati nemici. Molti soldati, nel primo anno di guerra, combatterono con in testa dei semplici berretti, certamente insufficienti a fermare le pallottole sparate dalle trincee nemiche o dai cecchini. I vestiti di lana erano pochi e molti dovettero costruirsi degli occhiali da sole (utilizzando dell'alluminio) per prevenire i danni dei raggi solari. Le scarpe erano inadatte per resistere al fango o al terreno pietroso del Carso o delle montagne.

Inoltre per tutto il 1915 i soldati combatterono con le loro uniformi grigio-verdi → in mezzo al manto nevoso, erano facilmente individuabili dai nemici. Solamente l'anno successivo nuove dotazioni contribuirono a rendere meno dura la vita sul fronte: furono distribuite le prime tute bianche → una maggiore mimetizzazione; apparvero i primi elmetti, consegnati inizialmente ai reparti addetti a tagliare i fili dei reticolati e poi anche alle sentinelle; le calzature furono più moderne e robuste ed i reparti impegnati in montagna ricevettero scarponi chiodati → molto più adatti per gli spostamenti. Entro l'inverno comparvero anche i primi sovrascarpe pesanti ed i primi cappotti.  Le ferite e i congelamenti erano molto frequenti, curati con lo stesso grasso che doveva servire per lucidare le calzature. Le borracce per l'acqua erano di legno (assolutamente anti-igieniche). Le tende per dormire (quando c'erano) erano inutilizzabili con la pioggia. Molto spesso i soldati dormivano in buche coperte da un semplice telo, gli uni attaccati agli altri per disperdere il meno calore possibile.  La sola fonte di riscaldamento erano i piccoli fornelletti per le vivande. Oltre ai soldati in prima linea, la guerra in montagna ebbe anche come protagonisti i cosiddetti portatori, che si arruolavano volontariamente per trasportare (su pesanti ceste) armi, munizioni, materiale e cibo ai soldati in cima alle montagne. Poiché la maggior parte degli uomini erano impegnati in guerra, spesso questo ruolo fu ricoperto dalle donne.

LA CUCINA IN TRINCEA L’alimentazione: uno dei grandi problemi sia per la popolazione civile che per i militari, perché le battaglie, la militarizzazione dei territori e le razzie (specie nel Friuli e Veneto orientale dopo Caporetto) → devastazioni nei raccolti e svuotamento dei magazzini. Le famiglie furono vittime di carestie e di malattie dovute a carenze alimentari gravi (come la pellagra), mentre il rancio dei soldati diventava ogni giorno più esiguo e scadente. I pasti venivano cucinati nelle retrovie e trasportati durante la notte verso le linee avanzate. La pasta o il riso, contenuti nelle grandi casseruole, arrivavano in trincea come blocchi collosi; il brodo si raffreddava e spesso si trasformava in gelatina mentre la carne ed il pane erano duri come pietre. La qualità era scarsa, ma, a differenza del rancio austro-ungarico (molto più scarso), l'esercito italiano forniva ogni giorno ai suoi soldati 600 grammi di pane, 100 grammi di carne e pasta (o riso), frutta e verdura (a volte), un quarto di vino e del caffè. L'acqua potabile invece era un problema e raramente superava il mezzo litro al giorno. In prima linea la quantità era leggermente superiore. Prima degli assalti inoltre le dosi erano più consistenti con l'aggiunta di gallette, scatole di carne, cioccolato e liquori.

FUGGIRE DALLA TRINCEA Guerra ebbe disertori e renitenti → coloro che, pur di non entrare nell'esercito e combattere, scelsero di scappare.  La maggior parte dei renitenti dovette fuggire all'estero, possibilmente oltreoceano, dove le possibilità di essere catturati erano minori. In Meridione, invece, dove le zone rurali erano più abbondanti e lo Stato era meno presente, i ragazzi sfuggiti alla leva si organizzarono nelle campagne sopravvivendo tramite degli espedienti. Disertare invece spesso coincideva col consegnarsi al nemico, sperando di trovare nei campi di prigionia austro-ungarici (e poi tedeschi) delle condizioni di vita migliori rispetto a quelle in trincea.  Altri modi per cercare di fuggire era fingere di essere malati, pazzi oppure autoinfliggersi delle ferite da arma da fuoco su un piede o su una mano in modo da ottenere almeno una licenza dalla prima linea di alcune settimane. Ci furono casi più gravi come bruciature, lesioni agli occhi e alle orecchie, gonfiori provocati da iniezioni sottopelle e l'assunzione di medicinali che potevano provocare delle reazioni allergiche. Le commissioni mediche si fecero più severe negando le licenze e quindi la malattia mentale diventò lo strumento più facile per ingannare i medici.

IL DURO TRATTAMENTO DI CADORNA Gli uomini di comando decidevano con crudeltà della sorte dei propri uomini. Cadorna: convinto che l'unico modo per condurre una guerra fosse l'attacco ad ogni costo, senza badare alle conseguenze. Esigeva la massima severità per il mantenimento della disciplina e il rispetto dell'autorità fino a raggiungere una spietata crudeltà. I soldati dovevano uscire dalle trincee appena giungeva l'ordine. Chi esitava o si rifiutava, veniva colpito dagli spari dei carabinieri posizionati alle loro spalle.  All'interno dell'esercito c’era la censura: i soldati potevano leggere solo giornali autorizzati → non far pervenire le opinioni critiche. Le lettere scritte ai propri familiari venivano controllate: → per evitare che si diffondesse l'idea che la guerra non stesse andando secondo i piani; → si doveva trasmettere entusiasmo per la guerra. Venivano ridotti al minimo anche i periodi di licenza.  Chi non rispettava le indicazioni rischiava la condanna al carcere militare.  Inizialmente furono condannati a morte solo i disertori o le spie, poi si estese la pena per motivi molto meno gravi. Un soldato poteva essere fucilato per essere ritornato in ritardo dopo una licenza oppure per essere stato sorpreso a riferire o scrivere una frase ingiuriosa contro un suo superiore o per aver dubitato della tattica imposta dal Comando Supremo. Nei casi di un reato commesso da un gruppo di soldati (come una brigata), la strada prescelta era quella della decimazione.

LA MORTE IN TRINCEA Per un soldato della prima linea la possibilità di superare la guerra senza rimediare una ferita o essere ucciso era molto bassa. Particolarmente temute erano le ferite al volto, che sfiguravano per sempre chi ne fosse colpito. L'assistenza medica era rudimentale. Non esistevano antibiotici e anche ferite relativamente leggere potevano essere mortali. Le condizioni sanitarie nelle trincee erano catastrofiche. Molte erano le malattie infettive come dissenteria, tifo e colera e numerose erano quelle provocate da parassiti. I cadaveri spesso rimanevano insepolti e ancora oggi, in occasione di scavi lungo le linee del fronte della prima Guerra Mondiale, vengono rinvenuti dei corpi.

LA RELIGIONE IN TRINCEA La vita sul fronte costrinse gli uomini a convivere con la presenza della morte, perché in qualsiasi momento del giorno e della notte, all'improvviso, un proiettile o una scheggia di granata avrebbero potuto togliere la vita. La fede, diventata una necessità nella vita dei soldati, fu risolta con la presenza dei cappellani militari nell'esercito e la massiccia distribuzione di santini e materiale vario. In tutto le presenze religiose sul fronte ammontarono a circa 20000 uomini. I più scaramantici appendevano, all'altezza del cuore, un cartoncino con scritto "Fermati!". Si trattava di una sorta di supplica (e speranza) rivolta all'eventuale pallottola nemica.

Ho scelto questo argomento perché sono stato incuriosito da come si potesse vivere in una trincea, simbolo della prima Guerra Mondiale. FONTI: - Internet (www.itinerarigrandeguerra.it e Wikipedia )

THE END