II dom. di avvento - B Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate.

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Transcript della presentazione:

II dom. di avvento - B Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri… Mc 1,1-8

[1] Inizio del lieto annuncio di Gesù Cristo, Figlio di Dio [1] Inizio del lieto annuncio di Gesù Cristo, Figlio di Dio. [2] Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti al tuo volto (Es 23,20), che preparerà la tua strada (Ml 3,1). [3] Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, rendete piani i suoi sentieri (Is 40,3), [4] sorse (greco: avvenne) Giovanni che battezzava nel deserto, e proclamava un battesimo di conversione per un perdono dei peccati. [5] E usciva verso di lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. [6] E Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico [7] e proclamava dicendo: "Dopo di me viene chi è più forte di me, al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. [8] Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con Spirito Santo".

CONTESTO esistenziale Negli anni 70, epoca in cui Marco scrive il suo vangelo, le comunità vivevano una situazione difficile. Erano perseguitate, dal di fuori, dall'Impero Romano. Dal di dentro, si vivevano dubbi e tensioni. Alcuni affermavano che Giovanni Battista era uguale a Gesù. (At 18,26; 19,3). Altri volevano sapere come dovevano iniziare l'annuncio della Buona Notizia di Gesù. In questi pochi versetti, Marco comincia a rispondere, raccontando come iniziò la Buona Notizia di Dio che Gesù ci annuncia e qual è il posto che Giovanni Battista occupa nel progetto di Dio.

Scenario del brano liturgico Il lieto annuncio (v.1), per tutti, è urlato (v.3) in un luogo inospitale, immerso nel silenzio e nell’austerità di vita: nel deserto. Il deserto è il luogo della vigilanza perché è il luogo in cui, ascoltando la Parola e facendo i conti con noi stessi, possiamo smantellare il nostro pantheon e, senza cedere alla tentazione di ricostruirne le macerie, anzi proprio in mezzo a quelle macerie, discernere chi è veramente Dio per noi. Tutto ciò può essere proclamato nel luogo in cui i profeti amavano collocare la pedagogia di Dio (Os 2,16b: “…la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore”).

DIVISIONE del TESTO  1,1: Apertura e titolo del Vangelo di Marco.  1,2-3: Citazione dei profeti Malachia ed Isaia.  1,4-5: Contenuto e ripercussione della predicazione di Giovanni Battista.  1,6-8: Significato della predicazione di Giovanni Battista.

TESTO v. 1a: « Inizio …» Marco vuole indicare subito quello che per lui è ormai il principio, il fondamento di tutto: Gesù. San Paolo non si esprime in maniera dissimile e dice in Colossesi 1, 18: “Gesù è il principio”; ciò da cui ha preso l’avvio ogni cosa creata come si esprime l’Apocalisse 3, 14. Per cui, non è fuori luogo tradurre il primo versetto di Marco, così: Gesù Cristo, il Figlio di Dio è il principio, il fondamento di tutto. Egli è la buona notizia, l’evangelo che va annunziato ad ogni creatura.

 v. 1b: « …Vangelo di Gesù Cristo» La parola vangelo (euanghélion), al tempo in cui scrive Marco, si riferisce a tutte le cose belle e importanti che l’imperatore romano compiva. Secondo la mentalità di allora, lui era il salvatore, era dio, era il benefattore. Per cui, l’evangelista Marco usando la parola vangelo intende dire che tra i tanti vangeli che nel suo tempo circolavano circa l’imperatore romano, tra le tante buone notizia; solo quella riguardante Gesù il Messia, il Figlio di Dio risulta essere il fondamento, il principio, la base e perciò la gioia suprema per ogni essere vivente. Le altre buone notizie che circolavano allora, si oscuravano davanti alla sua che è l’arché, il fondamento e la ragione di essere di tutto. La parola “Vangelo” non va intesa come libro scritto, bensì come persona, come Gesù il Messia, il Figlio di Dio il quale dà inizio, è fondamento di tutto ciò che esiste. Senza Gesù tutto è senza senso, tutto è privo di fondamento.

v. 1c: « Figlio di Dio» “Figlio di Dio” non apparirà più nel vangelo di Marco se non alla conclusione, cioè nel capitolo 15,39 dove il centurione romano, sotto la croce di Gesù, afferma: “Questi è veramente il Figlio di Dio”. Queste due frasi poste una all’inizio e una alla fine, vogliono dire che tutto il vangelo di Marco ha un solo intento: parlare del Figlio di Dio, Gesù di Nazareth.

vv. 2-3: «Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada. Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri». Nei testi di questi due profeti appare la speranza, che abitava nei cuori della gente ai tempi di Gesù. La gente sperava che il messaggero, annunciato da Malachia, venisse a preparare il cammino del Signore (Ml 3,1), secondo quanto proclamato dal profeta Isaia che disse: Voce di colui che grida: Preparate il cammino al Signore, raddrizzate i suoi sentieri (Is 40,3).

v. 4a: «sorse (greco: avvenne) Giovanni che battezzava nel deserto» Giovanni è presentato come colui che battezza, cioè immerge nell’acqua; che, detto in maniera forte, equivale ad annega nell’acqua: infatti questo è il senso racchiuso nel verbo greco baptìzo. Equivale, a far morire nell’acqua la persona perché essa possa di nuovo vivere in maniera diversa. E’ strano che Marco dica che Giovanni battezza “nel deserto”: il deserto è ciò che per natura non ha acqua. Esso però ha la forza di fare morire di fame, di sete, di solitudine; per cui il deserto, infine, ha la stessa funzione dell’acqua.

v. 4b: …e proclamava un battesimo di conversione per un perdono dei peccati. Ma oltre a battezzare, Giovanni “predica” è scritto nel versetto. Il verbo usato in greco è kerìsso che indica il compito dell’araldo che legge ad alta voce, proclama, ciò che il proprio padrone ha scritto. L’araldo non dice cose sue, ma riferisce ciò che un altro ha detto. Marco per conversione usa la parola metànoia (=cambiamento di mente). Da questo si deduce che Giovanni non invita a ripercorrere nuovamente il deserto per tornare in patria; bensì a compiere un’operazione morale da farsi dentro il proprio cuore, riorentandolo verso il Signore che sta per venire. Il Signore allora “perdonerà i peccati”; egli userà misericordia e grazia a chi ha peccato, cioè, come dice il termine greco amartìa o ebraico attàh, Dio perdonerà chi “ha fallito il bersaglio”, chi ha orientato male la propria vita. Il battesimo dato da Giovanni è il segno della volontà di cambiare rotta, di andare nella direzione giusta, cioè incontro al Signore che viene.

v. 5: «Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati». Con la venuta di Giovanni Battista la speranza del popolo ha cominciato ad incontrare una risposta, a realizzarsi. Il seme della Buona Notizia comincia a spuntare, a crescere. La sua radicalità ha un effetto dirompente su tutti (v.5) i giudei, che non esitano ad uscire dai propri luoghi (da se stessi?) per accogliere l’invito alla conversione, a quella che in greco viene indicata come metànoia, cambio di mentalità, di direzione, di atteggiamento interiore.

v.6: «Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico». Viene presentato il sistema di vita condotto dal Battista, il quale anche nel modo di comportarsi mostra una rottura col passato e un’apertura alla novità assoluta del Cristo. Egli vive come i beduini del deserto, abbandonandosi totalmente alla Provvidenza di Dio: il vestito rozzo, la cintura di pelle, il cibo proprio di chi tenta di spegnere la propria fame, mangiando cavallette e miele selvatico. Il Battista, così comportandosi dimostra di non voler ricevere nulla dagli uomini, ma tutto da Dio. Del profeta Elia si diceva che veniva a preparare il cammino del Messia "riconducendo il cuore dei padri verso i figli ed il cuore dei figli verso i padri" (Mal 3,24; cf Lc 1,17), ossia, speravano che Elia venisse a ricostruire la vita comunitaria. Elia era conosciuto come "uomo peloso che portava una cintura di cuoio attorno ai fianchi" (2 Re 1,8). %

% Dicendo che Giovanni si vestiva di peli di cammello, Marco indica con chiarezza che Giovanni Battista è venuto a svolgere la missione del Profeta Elia (Mc 9,11-13). Negli anni 70, epoca in cui Marco scrive, molta gente pensava che Giovanni Battista fosse il messia (cf. At 19,1-3). Per aiutarli a discernere Marco riporta le parole di Giovanni stesso: “Dopo di me viene colui che è più forte di me e di cui non sono degno di sciogliere i sandali. Io ho battezzato con acqua. Lui battezzerà con lo Spirito Santo”. Marco ci dice che Giovanni indica il cammino verso Gesù. Fa sapere alle Comunità che Giovanni non è il Messia, bensì il suo precursore.

v. 7: «… e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali». L’araldo, ad alta voce, dice (kerisso) questo: “Dopo di me viene il più forte di me”. Colui che viene, l’atteso, è il Messia: tutta la vita di Giovanni è orientata verso di lui, è posta al suo servizio. Giovanni è il modello del vero uomo, il quale dev’essere “attesa” e “servizio” del più forte, del Messia. In sostanza, Giovanni è il primo discepolo di Gesù. La vita del Battista non avrebbe senso senza Gesù. Egli non si sente neppur degno di chinarsi “per sciogliere i legacci dei sandali del Messia”. Vorrebbe “chinarsi” fino a terra per fare questo servizio, ma non si sente degno di fare questo che pure è un lavoro tipico degli schiavi. Il Battista, davanti al Messia, si sente al di sotto di uno schiavo. Il Messia è troppo al di sopra della sua statura umana: egli è il forte cui bisogna cedere il passo e lasciare che vada avanti per poi seguirlo mettendo i passi dove li mette lui, il Messia.

“…viene uno che è più forte di me…” v. 7: «… e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali». “…viene uno che è più forte di me…” Mc afferma che con Gv si giunge al limite, dopo di lui comincia una storia totalmente nuova. In questa storia nuova, Gv non è degno di «sciogliere i legacci dei suoi sandali» = * è meno di un servo (v. slide precedente) * chiara allusione alla legge del levirato (Dt25, 5-10; Rt 4,6-7): … un altro poteva occupare il posto di chi, pur avendo il diritto (e l’obbligo) di sposare la vedova, si rifiutava. La cerimonia per dichiarare la perdita del diritto consisteva nello slacciare il sandalo. Affermando di «non essere degno di sciogliere il legaccio del sandalo», Gv annuncia Gesù come lo SPOSO.

v. 8: «Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».   Calca ancora di più la abissale differenza che c’è tra Gesù e il Battista. Il Battista immerge il penitente nell’acqua; mentre Gesù, il Messia, lo affonda non nell’acqua ma nella stessa vita divina, nello Spirito Santo. Ecco, quindi, fatte apparire tutte le caratteristiche di Giovanni Battista, le quali, secondo l’evangelista Marco, devono essere quelle di qualsiasi uomo davanti a Dio. Dio è qui presente in mezzo a noi, come colui che è il più forte, come colui che è il veniente per eccellenza e che si aspetta con desiderio: verso di lui bisogna muovere i nostri passi, in un nuovo esodo. In questo esodo, non si tratta di raggiungere una terra, una patria anche se promesse; bensì una persona: Gesù, il Messia, il Figlio di Dio.

Preghiamo con Mc 1,1-8 Tu ci parli ,Signore, attraverso profeti pienamente inseriti nelle vicende del loro popolo e del loro tempo e insieme capaci di restare in salva, nel parlare al cuore di chi dispera. Donaci, Signore di essere mediatori della tua consolazione nel momento stesso in cui denunciamo le nostre e le altrui ipocrisie. Ancora una volta, Signore, ci offri l’occasione, sempre la penultima, per il tuo cuore di Padre, per sistemare le vie di accesso al nostro cuore indurito e indifferente: confessare i peccati, abbassare i monti dell’orgoglio, dell’autosufficienza, del prestigio, colmare le valli della disperazione della sfiducia, della rassegnazione, dello scoraggiamento..., raddrizzare i sentieri tortuosi della falsità, della menzogna, dell’ipocrisia… solitudine o di andare nel deserto per far riascoltare la tua Parola a coloro che li seguono. Tu ci parli, Signore, attraverso testimoni in grado di condividere le angosce dei loro fratelli e insieme pieni di fede nell’indicare la tua presenza già operante, la tua promessa suscitatrice di vita. Tu ci parli, Signore, attraverso uomini che sanno contestare coraggiosamente le mode, le abitudini, i pregiudizi, i luoghi comuni e insieme profondamente solidali con loro nel cercare il tuo volto che