Agostino, De vera religione

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Agostino, De vera religione Agostino di Ippona: la radicale interiorizzazione della ricerca filosofica La ricerca filosofica di Agostino trova nella ragione la sua disciplina e il suo rigore, ma non è esigenza di pura ragione: tutte le dimensioni della persona sono impegnate nella ricerca «Non andare fuori di te, ritorna in te stesso. La verità dimora nell’uomo interiore. E se scoprirai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso. Ma ricorda, quando trascendi te stesso, tu trascendi l’anima razionale. Tendi pertanto là donde s’accende il lume stesso della ragione. Dove giunge infatti, ogni buon ragionatore, se non alla verità?» Agostino, De vera religione

Aspetti biografici e opere più significative Aurelio Agostino (354-430) , nativo di Tagaste (nell’Africa romana),apparteneva a una famiglia disomogenea, con un padre pagano e la madre (Monica) cristiana, che esercitò sul figlio una profonda e duratura influenza. Condusse una vita intensa e inquieta, ricevendo una prima formazione improntata allo studio dei classici, della grammatica, dell’eloquenza e della retorica. Verso I 19 anni la lettura dell’Ortensio di Cicerone, lo orientò in modo decisivo verso la filosofia. Aderì allora al manicheismo, dottrina di origine persiana secondo la quale l’intero universo è dominato dal dualismo ontologico ed etico tra il Bene e il Male. La ricerca di successo e il tentativo di ottenere un prestigioso insegnamento di retorica lo condussero prima a Roma e poi a Milano, dove l’esempio e la parola del vescovo Ambrogio lo persuasero della verità del cristianesimo e divenne catecumeno in attesa di ricevere il battesimo (nel 387). La lettura degli scritti di Plotino nella traduzione di Mario Vittorino fornisce ad Agostino le solide basi metafisiche anti-materialistiche della sua prospettiva filosofica (incorporeità e incorruttibilità di Dio). Divenuto vescovo di Ippona 4 anni dopo l’ordinazione sacerdotale, Agostino si impegnò a difendere e a chiarire i principi della fede, combattendo tra l’altro dottrine contrarie all’insegnamento della Chiesa (manicheismo, donatismo e pelagianesimo). Tra le opere principali e più significative ricordiamo: De libero arbitrio, Confessioni, Contra accademicos, De Trinitate, De civitate Dei

Coordinate del pensiero agostiniano Metafisica dell’interiorità: la matrice del pensiero agostiniano è prevalentemente socratico- platonica. La verità delle cose secondo Agostino non è creata dall’intelligenza umana ma dall’intelletto divino (il Lògos). Da quel momento la verità abita nell’intimo dell’uomo (innatismo latente = in interiore homine habitat veritas) e il redire in se ipsum è lo strumento per portarla alla luce della coscienza. prospettiva gnoseologica caratterizzata dalla premessa ontologica della presenza della verità nella mente umana: conoscere=apprendere col pensiero un oggetto che non cambia.

Coordinate del pensiero agostiniano Una verità è tutt’altra cosa dalla constatazione empirica di un fatto: è la scoperta di una regola da parte del pensiero che vi si sottomette (ad esempio, se io vedo che 2+2=4, o che bisogna fare il bene ed evitare il male, apprendo delle verità non sensibili ma puramente intellegibili, il cui carattere fondamentale è la loro necessità. Necessarie, immutabili, eterne: questi tre attributi si sintetizzano nell’aggettivo “vero”. La loro verità dipende dal fatto che esse possiedono l’essere, perché soltanto ciò che veramente è, è vero. La presenza nell’anima di conoscenze vere pone un notevole problema: come spiegarle? Sarei io stesso, la fonte delle mie conoscenze vere? Ma io non sono meno contingente e mutevole delle cose, ed è proprio per questo che per la ragione, la necessità del vero non è che il segno della sua trascendenza su di lei. La verità è, nella ragione, al di sopra della ragione. C’è dunque nell’uomo qualcosa che supera l’uomo (Blaise Pascal, molti secoli più tardi, riprendendo Agostino userà l’espressione l’homme passe l’homme). E poiché è verità, questo qualcosa è una realtà puramente intellegibile, necessaria, immutabile, eterna (cioè Dio). Passaggio Passaggio Passaggio Alla verità teologica Dalla verità logica Alla verità ontologica

Coordinate del pensiero agostiniano Passaggio dalla teoria gnoseologica improntata ad un radicale e ben argomentato realismo e corrispondentismo ad una metafisica essenzialistica. Agostino comprende che la verità logica (quella cioè che l’intelletto può esprimere con i suoi giudizi) dipende totalmente dalla verità ontologica (il Lògos o intelligibilità delle cose, create dall’Intelletto divino). L’uomo dunque non crea la verità ma la scopre e tenta di esprimerla con l’intelletto e con le parole, cercando sempre di conformarsi alla realtà delle cose (adaequatio intellectus ad rem). Scrive Agostino a tale riguardo: «Se la verità (delle cose) fosse sullo stesso piano della nostra mente, sarebbe anch’essa soggetta al divenire: infatti la nostra mente intuisce la verità a volte di più e a volte di meno, il che dimostra che la nostra mente è soggetta al divenire, mentre la verità permane sempre uguale a se stessa, e non aumenta quando ci si manifesta di più, né diminuisce quando ci si manifesta di meno […]». La mente dunque riesce a capire la realtà nella misura in cui si adegua alla verità delle cose la quale è immutabile. Riflettendo su di sé e avvertendo acutamente l’esigenza della piena verità l’intelletto scopre la causa prima del suo essere, sorgente e forza per cercare e per raggiungere gradualmente la verità.

La dottrina dell’illuminazione Dio = il Maestro interiore, il sole intellegibile alla cui luce la ragione vede la verità. Questa realtà divina è vita della nostra vita, più interiore a noi stessi di quanto non lo sia il nostro proprio intimo. Dio si presenta anche come una verità contemporaneamente intima al pensiero e trascendente il pensiero. La sua presenza è attestata da ogni giudizio vero, sia nella scienza, sia in estetica o in morale, ma la sua natura stessa ci sfugge. Poiché Dio è Intelligenza pura (Lògos), deve possedere in sé tutti gli intellegibili, cioè le forme che saranno più tardi quelle delle cose, ma che non esistono ancora altro che nel suo pensiero. Queste forme delle cose (che noi chiamiamo le Idee) preesistono in Dio stesso come i modelli delle cose che saranno create e come gli oggetti della conoscenza divina. Tutte le vie agostiniane verso Dio seguono itinerari analoghi:

Dio come pienezza di essere Sebbene Dio sia ineffabile, tra tutti i nomi che gli si possono dare, ce n’è uno che meglio degli altri lo designa, quello sotto il quale Egli stesso ha voluto farsi conoscere dagli uomini, quando ha detto a Mosé Egli è l’essere stesso (ipsum esse), la realtà piena e totale (essentia) a tal punto che, strettamente parlando, questo titolo di essentia conviene solo a Lui. Essere veramente, infatti, secondo Agostino, sulla scia di Platone, significa essere sempre nello stesso modo: Dio solo è sempre lo stesso: Egli è l’essere perché è immutabilità. Inoltre il Supremo Bene e il Supremo Essere in Dio sono una cosa sola. Agostino, sulla scia del platonismo, identifica bene ed essere. Dio infatti, essendo immutabilità, è la pienezza dell’essere, il bene assoluto e immutabile. Ego sum qui sum

Il problema del male e il libero arbitrio Il bene è proporzionale all’essere: questo rapporto di proporzionalità lo porta a negare qualsiasi realtà di pienezza ontologica al male e quindi a negare l’esistenza di un principio maligno contrapposto a Dio (come sostenuto dai Manichei). Il male è una sorta di deficit metafisico, (mancanza di qualche qualità positiva richiesta dalla natura di un ente) e non come un’entità in sé. Ciò permette di evitare lo smarrimento della ragione di fronte al male. Agostino cioè capisce che il male non è all’origine del mondo, non ha un potere illimitato, non può avere mai l’ultima parola, perché la prima e l’ultima parola spettano a Dio creatore e provvidente. La creazione di Dio cioè può essere deformata ma non distrutta dal male morale, che è il peccato della creatura libera e responsabile. Le colpe morali derivano quindi dal cattivo uso che l’uomo fa del suo libero arbitrio: è lui ad esserne responsabile, non Dio.

Omogeneità tra ragione filosofica e ragione credente Qual è in Agostino il compito della filosofia nei confronti della Rivelazione? La filosofia viene configurata come una sapienza propedeutica alla fede. Agostino è il primo ad enunciare in modo chiaro la dottrina circa i rapporti che intercorrono tra la ragione filosofica e la fede nella rivelazione cristiana (esemplificata dal celebre motto: Questa dialettica viene precisata da Agostino in modo mirabile: Si tratta di un atto della ragione che scopre in primo luogo nella ragione (il mondo esterno e l’interiorità personale) la traccia del Dio trascendente e creatore, e poi riconosce negli eventi dell’Incarnazione la credibilità di una rivelazione divina, riguardante i misteri soprannaturali. La ragione meramente “naturale” e la ragione credente sono forme di razionalità entrambe e non avrebbe senso separarle o metterle l’una in opposizione con l’altra. credo ut intelligam, intelligo ut credam

Note conclusive sulla metafisica dell’interiorità Punto di partenza dell’itinerario verso Dio → riconquista dell’interiorità personale (“anima”): la predilezione di Agostino per l’analisi dei dati della vita interiore è senz’altro la nota distintiva del suo grande genio: gli dobbiamo le Confessioni, questo libro unico che sintetizza tutta la sua sapienza filosofica, dove ogni pagina ha la freschezza e il fascino della vita. Nella percezione intellettuale del proprio mondo interiore – contraddistinto dal libero arbitrio e dalla permanenza della verità – l’uomo coglie la differenza ontologica col mondo esteriore (il mondo della materia, caratterizzato da una mutevolezza inconsapevole e necessaria); ma questa differenza ontologica non porta Agostino a ritenere (come facevano i neoplatonici, gli gnostici e i manichei) che la materia sia il male: egli, fedelmente alla concezione antropologica cristiana riconosce che tutti gli enti materiali, in quanto partecipi dell’essere, sono buoni, poiché l’esistenza (avere l’essere) è già di per sé il bene fondamentale. Se percepisco il mondo delle cose materiali come imperfetto è perché la loro bontà ontologica è limitata dalla mutevolezza e dal loro carattere partecipato. Soltanto l’anima umana è capace di scienza e di coscienza e ritornando in se stessa può avere coscienza anche della sua superiorità rispetto alla materia e della sua dipendenza metafisica dall’Assoluto.