ANALISI DELLA SENTENZA CIVILE DI PRIMO GRADO

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Transcript della presentazione:

ANALISI DELLA SENTENZA CIVILE DI PRIMO GRADO Relatore dott.ssa Maria Rosaria Acagnino Presentazione powerpoint a cura di: Avv. Pizzuto Sergio Avv. Scuto Antonio

STRUTTURA DELLA SENTENZA INDICAZIONE DELL’ORGANO GIUDICANTE INDICAZIONE DEL GIUDICE ESTENSORE E/O DEL COLLEGIO GIUDICANTE INDICAZIONE DELLE PARTI ED EVENTUALI DIFENSORI INDICAZIONE DELLE CONCLUSIONI DELLE PARTI CONCISA ESPOSIZIONE DELLO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DISPOSITIVO DATA E FIRMA

LE TIPOLOGIE DI SENTENZA Sentenza emessa a seguito di trattazione orale (art. 281 – sexies c.p.c.) Sentenza non definitiva Sentenza definitiva

CONTENUTO DELLA SENTENZA ACCERTAMENTO CONDANNA REGOLAMENTO DELLE SPESE DI LITE

IMPUGNAZIONE E ART. 283 C.P.C. Art. 283 c.p.c. Provvedimenti sull'esecuzione provvisoria in appello. «Il giudice dell'appello, su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione. Se l'istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l'ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000. L'ordinanza è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio» Norma così modificata dall’art. 27 lett. a) L. 12/11/2011 n. 183

La ratio della riforma del 2011 deve essere individuata nell’intento manifesto di disincentivare le istanze di sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione della sentenza di primo grado con l'irrogazione di una pena pecuniaria non inferiore a 250 euro e non superiore a 10.000 euro per la parte che abbia proposto la relativa istanza, quando questa sia inammissibile o manifestamente infondata Si tratta di una sanzione pecuniaria assimilabile a quella prevista dall'art. 408 c.p.c., tuttavia l’art. 283 c.p.c. non precisa se l'infligenda sanzione pecuniaria sia a favore della Cassa delle Ammende o della controparte

L’istanza di inibitoria deve essere proposta con l'impugnazione principale o incidentale: ragion per cui una prima ipotesi di inammissibilità ricorre allorquando l'istanza non sia stata proposta nelle forme e nei tempi previsti dal codice di rito Ulteriore ipotesi di inammissibilità concerne quelle istanze di inibitoria avanzate per l'esecutività di statuizioni insuscettibili di esecuzione La sanzione pecuniaria di cui al secondo comma dell'art. 283 viene inoltre irrogata in caso di manifesta infondatezza dell'istanza. L'ordinanza che applica la sanzione è revocabile con la sentenza che definisce il giudizio, prevedendosi così uno strumento di controllo volto a compensare la espressa non impugnabilità di tale ordinanza

GLI ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Al di fuori delle statuizioni di condanna consequenziali, le sentenze di accertamento (e quelle costitutive) non hanno, ai sensi dell'art. 282 cod. proc. civ., efficacia anticipata rispetto al momento del passaggio in giudicato, atteso che la norma citata, nel prevedere la provvisoria esecuzione delle sentenze di primo grado, intende necessariamente riferirsi soltanto a quelle sentenze (di condanna) suscettibili del procedimento disciplinato dal terzo libro codice di procedura civile (Cass. Civ. n. 7369 del 26-03-2009) L'ordinanza, emessa ai sensi dell'art. 283 cod. proc. civ., con la quale venga accolta l'istanza di sospensione dell'efficacia della sentenza di primo grado, ha carattere provvisorio e cautelare e, pertanto, non pregiudica in nessun caso la decisione definitiva sull'appello, fondata sulla piena cognizione di tutte le acquisizioni processuali dalla quale è destinata ad essere assorbita, con la sua conseguente inidoneità ad incidere su diritti soggettivi con efficacia di giudicato. (Cass. Civ. Sez. II, sent. n. 4024 del 21-02-2007)

In materia di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza appellata, l'istanza ex art. 283 c.p.c. va rigettata qualora trattasi di sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro - peraltro non di ingente entità e già incassata dall'appellante - e, quindi di un bene fungibile che, per sua stessa natura, in linea generale non può mai integrare una situazione di danno irreparabile. (App. Venezia, 14-01-2013) I gravi motivi idonei a determinare la sospensione della esecutività della sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 282 c.p.c., debbono consistere nella concorrenza di un rilevante "fumus boni juris" nei motivi di appello e del pregiudizio che la parte soccombente potrebbe subire dall'esecuzione iniziata; la valutazione relativa al "fumus boni iuris" può tradursi in una valutazione anticipata e sommaria della fondatezza dei motivi di appello, mentre il pregiudizio non può consistere nel subire i meri effetti della condanna pronunciata, ma deve rappresentare un pregiudizio secondario alla esecuzione e tale da incidere sulla parte esecutata con effetti ulteriori rispetto a quelli propri della esecuzione. (App. Genova, 14-03-2012)

SPECIFICITA’ DEI MOTIVI DI APPELLO Art. 342 c.p.c. Forma dell'appello. L'appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall'articolo 163. L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata

RAPPORTO MOTIVAZIONE - DISPOSITIVO Il dispositivo è quella parte della sentenza «in cui si concreta l’essenza volitiva della sentenza», cioè quella parte che esprime la risposta alle domande delle parti e la statuizione giudiziale in ordine alle stesse; il dispositivo enuncia, in buona sostanza, la regola che presiederà da questo momento in poi ai rapporti tra le parti con riguardo al rapporto dedotto in giudizio, il comando che determina l’effetto di accertamento, condanna o costituivo nonché ogni altro effetto processuale che la sentenza è idonea a produrre Il dispositivo costituisce elemento imprescindibile e finale della deliberazione del giudice, anche formalmente distinto dagli altri requisiti della sentenza stessa, perchè ne costituisce il “dictum” e racchiude l’ordine formale con cui viene data concreta attuazione al precetto normativo, il quale può essere poi eventualmente soltanto interpretato o integrato con la motivazione, ma non sostituito da questa ( cfr. Cass. sez. 2 sent. 643 del 17.1.2003)

CONNOTATI ESSENZIALI DEL DISPOSITIVO Completezza rispondere puntualmente a tutte le domande svolte dalle parti, senza dimenticarne alcuna ancorché, in ipotesi, ritenuta infondata Determinatezza da intendersi come contenuto determinato o determinabile anche sulla scorta della motivazione

Nell'ordinario giudizio di cognizione, l'esatto contenuto della pronuncia va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela l'effettiva volontà del giudice. Ne consegue che, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, è da ritenere prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento che va, quindi, interpretato in base all'unica statuizione che, in realtà, esso contiene (Cass. Civ. n. 15585 del 11/07/2007) Il principio secondo il quale la portata precettiva di una pronunzia giurisdizionale va individuata tenendo conto non soltanto del dispositivo, ma anche della motivazione, trova applicazione soltanto quando il dispositivo contenga comunque una pronuncia di accertamento o di condanna e, in quanto di contenuto precettivo indeterminato o incompleto, si presti ad integrazione, ma non quando il dispositivo manchi del tutto, giacché in tal caso ricorre un irrimediabile vizio di omessa pronuncia su una domanda o un capo di domanda denunciabile ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., non potendo la relativa decisione, con il conseguente giudicato, desumersi da affermazioni contenute nella sola parte motiva (Cass. Civ. n. 16152 del 8.7.2010; Cass. Civ. n. 9244 del 18/04/2007)

Nel rito del lavoro il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo, che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza stabilmente la disposizione emanata. Ne consegue che, in tale evenienza, resta esclusa l'applicabilità del principio dell'integrazione del dispositivo con la motivazione nonchè del procedimento di correzione degli errori materiali, il cui ambito è limitato alle ipotesi di contrasto solo apparente tra dispositivo e motivazione (n. 8894 del 14/04/2010 ) Nell'ipotesi in cui vi sia insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo e la sentenza sia ancora impugnabile, prospettandosi la possibilità non tanto della sentenza inesistente (che radicherebbe nell'attore l'interesse all'impugnazione), quanto del passaggio in giudicato della pronunzia sulla base del dispositivo, interessata ad impugnare la decisione è unicamente la parte la cui domanda sia stata rigettata, la quale dovrebbe lamentare il vizio logico della sentenza costituito dalla mancanza di una motivazione idonea a sorreggerla. Per contro, la parte alla quale il dispositivo risulti favorevole non ha onere di impugnarla incidentalmente, stante la mancanza di una decisione a lei contraria, potendo limitarsi a chiedere che la causa sia decisa ancora con il rigetto della domanda, richiamando le tesi sostenute in primo grado (Cass. Civ. n. 13325 del 21/06/2005)

Sussiste un contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, che determina la nullità della sentenza, ai sensi degli artt. 156 e 360 n. 4 cod. proc. civ., nel caso in cui il provvedimento risulti inidoneo a consentire l'individuazione del concreto comando giudiziale, non essendo possibile ricostruire la statuizione del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo, mercé valutazioni di prevalenza di una delle affermazioni contenute nella prima su altre di segno opposto presenti nel secondo (Cass. Civ. n. 14966 del 02/07/2007) Nel rito del lavoro solo il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo. Tuttavia, la predetta insanabilità deve escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l'ipotesi di un ripensamento del giudice); in tal caso è configurabile l'ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l'esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall'altro, deve qualificarsi come inammissibile l'eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione. (Cass. Civ. n. 18090 del 27/08/2007)

ANALISI DELLA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA Valutazione delle fonti di prova Argomentazioni giuridiche Rapporto con gli atti di parte