ROSA FRESCA AULENTISSIMA

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Transcript della presentazione:

ROSA FRESCA AULENTISSIMA DI Cielo d’alcamo

Cielo d’Alcamo Attivo nella metà del XIII secolo. Si presume ormai che Ciullo sia il presunto diminutivo di Vincenzullo, richiamo volgare e grottesco tipico nei nomi giullareschi, Per altri il nome deriverebbe da Cheli diminutivo di Michele, nome molto diffuso in Sicilia, da cui sarebbe poi derivato Celi e in seguito, in Toscana, Cielo. Incerto anche il secondo nome, d'Alcamo. In ogni caso il poeta fu molto probabilmente vicino alla Magna Curia di Federico II. La città di origine del poeta potrebbe essere Alcamo (ma il cognome, derivato dal toponimo, è attestato anche a Palermo alla fine del Duecento). Dal tono burlesco e dai personaggi dell'opera, gli studiosi hanno ipotizzato che si tratti di un giullare.

PARAFRASI Rosa fresca aulentissima ch’apari inver’ la state, Le donne ti disiano, pulzell’ e maritate: Tràgemi d’este focora, se t’ este a bolontate; Per te non ajo abento notte e dia, Penzando pur di voi, madonna mia Poi tanto trabagliàstiti, faccioti meo pregheri Che tu vadi adomànnimi a mia mare e mon peri. Se dare mi ti degnano, menami a lo mosteri, E sposami davanti da la jente; E poi farò le tue comannamente. Meo sire, poi juràstimi, eo tutta quanta incenno. Sono a la tua presenzïa, da voi non mi difenno. S’ eo minespreso àjoti, merzé, a voi m’ arenno . A lo letto ne gimo a la bon’ ora, Chè chissa cosa n’è data in ventura. Rosa fresca profumatissima che appari verso l’estate, le donne ti desiderano, nubili e sposate: tòglimi da questi fuochi, se è la tua volontà; per causa tua non ho pace notte e giorno, pensando sempre a voi, mia signora. Poiché ti sei tormentato tanto, ti prego di andare a richiedermi in sposa a mia madre e a mio padre. Se degnano di darmi in moglie a te, conducimi in chiesa, e sposami davanti alla gente; e poi obbedirò ai tuoi desideri. Mio signore, poiché mi hai fatto giuramento, io prendo fuoco tutta quanta. Mi offro a te, non mi difendo più da voi. Se io ti ho disprezzato, chiedo perdono, mi arrendo a voi. Andiamocene subito a letto, dato che questo fatto ci è assegnato in sorte.

ANALISI Rosa fresca e aulentissima è un componimento dialogato (contrasto) composto tra il 1231 e il 1250, è composto da 32 strofe dove ogni strofa costituisce una battuta di uno dei due protagonisti, un uomo (si presume il poeta stesso) e una donna (forse una contadina) da lui corteggiata, che intervengono in ordine alterno. Per tutta la prima parte del contrasto la situazione appare conflittuale: la donna non intende cedere al suo corteggiatore, ribattendo con durezza alle dichiarazioni dell’uomo, nei versi 66-70 avviene una svolta: dopo tante insistenze, la donna è disposta a sposare il corteggiatore ma il definitivo cedimento femminile avviene nella strofa di chiusura.

IL RAPPORTO FRA UOMO E DONNA Durante il corteggiamento la donna parla per esprimere in prima persona il suo rifiuto oppure il suo assenso. Inoltre, dimostra di avere anche lei desideri erotici, come si desume dall’ ultima strofa; ma il cedimento avviene in modo graduale, nel Medioevo le donne non potevano esprimere la loro indole sessuale. Infatti si tutelavano attraverso il legame di matrimonio per legittimare il loro desiderio (vv. 66-70). Il rapporto uomo-donna era inteso in termini asimmetrici, segnato dal potere della parte maschile.

METRICA E RIME Rosa fresca aulentissima ch’apari inver’ la state, Le donne ti disiano, pulzell’ e maritate: tre versi composti da doppi Tràgemi d’este focora, se t’ este a bolontate; settenari e due versi Per te non ajo abento notte e dia, composti da endecasillabi Penzando pur di voi, madonna mia Poi tanto trabagliàstiti, faccioti meo pregheri Che tu vadi adomànnimi a mia mare e mon peri. Se dare mi ti degnano, menami a lo mosteri, rima baciata AAA BB E sposami davanti da la jente; E poi farò le tue comannamente. Meo sire, poi juràstimi, eo tutta quanta incenno. Dialefe Sono a la tua presenzïa, da voi non mi difenno. Sinalefe S’ eo minespreso àjoti, merzé, a voi m’ arenno . Dieresi A lo letto ne gimo a la bon’ ora, Sineresi Chè chissa cosa n’è data in ventura.