IL REALISMO Il Realismo si sviluppa in Francia dagli anni ’30, e si diffonde in tutta Europa intorno alla metà dell’800. La Rivoluzione Industriale provoca profondi cambiamenti dal punto di vista sociale: i contadini abbandonano le campagne e si trasferiscono nelle città per lavorare nelle industrie. Gli operai generalmente sono sfruttati, sottopagati e costretti a lavorare in ambienti malsani. L’arte abbandona i soggetti storici e letterari e si dedica all’approfondimento degli aspetti sociali, alle tematiche legate al lavoro, ai fatti del suo tempo (1848: Marx e Engels pubblicano il “Manifesto del Partito Comunista”). Alla cultura romantica si sostituisce quella positivista, che dà enorme fiducia alle possibilità della scienza. Il Realismo pittorico riproduce oggettivamente la realtà, senza alcuna aggiunta emotiva da parte del pittore e senza interpretazioni personali particolari, così come avviene contemporaneamente nella letteratura realista di Zola, Balzac e Flaubert e in quella verista di Verga. La pittura si libera da ogni forma di morale o di sentimentalismi, aderisce pienamente alla realtà senza veli o trasfigurazioni allegoriche. All’Esposizione Universale di Parigi del 1855, alcuni quadri del pittore Gustave Courbet vengono rifiutati perché esprimono una realtà giudicata troppo brutale o volgare. Courbet risponde a questo rifiuto facendo costruire nei pressi dell’Esposizione un grande capannone, il “Padiglione del Realismo”, nel quale espone quaranta dei propri dipinti: è l’atto di nascita “ufficiale” del Realismo, un movimento che si proponeva di dare un contenuto sociale e umanitario all’opera d’arte mediante la raffigurazione degli aspetti più umili della vita quotidiana, privata di ogni idealizzazione romantica, secondo un fondamentale impegno di verità. Gustave Courbet, Gli Spaccapietre, 1849. Olio su tela, cm 159 x 259 L’opera è andata distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale.
Altre opere di Courbet: IL REALISMO Altre opere di Courbet: Gustave Courbet, Funerali a Ornans, 1849. Olio su tela, cm 315 x 668 Parigi, Musée du Louvre I personaggi di Courbet non sono idealizzati o abbelliti, ma vengono raffigurati come realmente sono, in modo obiettivo. I suoi dipinti vengono considerati dalla critica volgari e rozzi, perché privi di decoro. Gustave Courbet, Lo studio dell’artista, 1854-55 Olio su tela, cm 359 x 598 - Parigi, Musée d’Orsay
IL REALISMO Negli stessi anni il pittore Théodore Rousseau inaugura nel villaggio di Barbizon, vicino alla foresta di Fontainebleau, una scuola che vede l’arte a contatto con la natura, col paesaggio naturale osservato dal vero. Jean-Baptiste-Camille Corot realizza paesaggi che danno un senso di armonia diffusa, con una luce che illumina le forme diversamente a seconda delle ore del giorno. Al gruppo Barbizonniers si avvicina François Millet, il quale ci offre un’interpretazione morale e sociale dei soggetti rappresentati, per lo più lavoratori dei campi. Il colore è steso in maniera pacata, a rappresentare la dignitosa umanità dei contadini. François Millet, Le Spigolatrici, 1848 Olio su tela, cm 54 x 66 - Parigi, Musée du Louvre François Millet, L’Angelus, 1858-59 Olio su tela, cm 55 x 66 - Parigi, Musée du Louvre Un altro grande artista appartenente al Realismo è Honoré Daumier, che fa dell’arte uno strumento di denuncia della povertà e dell’ingiustizia sociale, utilizzando talvolta anche la satira giornalistica, rivolta contro la borghesia. Ne Il Vagone di terza classe (1862), il pittore mette in evidenza la miseria e la povertà dei ceti sociali più disagiati, utilizzando un segno deciso e una pennellata rapida, che arriva a deformare i soggetti per dare maggiore forza al messaggio.
I MACCHIAIOLI Intorno alla metà del secolo un gruppo di artisti italiani si riunisce, assieme a letterati e uomini politici, al Caffè Michelangelo a Firenze, per discutere della situazione italiana, della pittura realista e del nascente movimento socialista anarchico. Vi si riuniscono, fra gli altri, i pittori Nino Costa, Telemaco Signorini, Silvestro Lega, Domenico Induno e il critico Diego Martelli. Essi realizzano una pittura fatta di macchie, di campiture di colore chiaro su fondo scuro, senza contorno. Si ispirano al Realismo francese e ai pittori della scuola di Barbizon. Le forme ci sono restituite dalla luce come colore, che deve essere puro, compatto e contrastato. I contorni vengono sfuocati, il disegno perde importanza. Dal punto di vista tematico, i Macchiaioli abbandonano la rappresentazione storica, per mostrarci la vita quotidiana, la vita dei campi o delle periferie. Anche la natura viene vista senza filtri deformanti di ordine sentimentale o idealizzante. Silvestro Lega, Un dopo pranzo (o Il pergolato), 1868 Olio su tela, cm 74 x 93 – Milano, Pinacoteca di Brera Telemaco Signorini, Sala delle agitate al San Bonifazio a Firenze, 1865 Olio su tavola, cm 66 x 59 Venezia, Galleria d’Arte Moderna Giovanni Fattori, La Rotonda dei Bagni Palmieri, 1866 Olio su tavola, cm 12 x 35 – Firenze, Galleria d’Arte Moderna