Disability Studies, femminismo e donne con disabilità

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Disability Studies, femminismo e donne con disabilità Maria Giulia Bernardini

Disabilità in cifre: 650 milioni, il 10% della popolazione globale secondo le ultime stime ONU (ca. 2007) 80 milioni di persone nell’UE Primo Rapporto Mondiale sulla Disabilità del 2011 (Oms e Banca Centrale):oltre un miliardo di persone, nel mondo, vive con qualche forma di disabilità(circa il 15 % della popolazione mondiale)

Dal Report: I bisogni di questi cittadini sono spesso inascoltati o vi viene fatto fronte in modo inadeguato, soprattutto per quanto concerne accessibilità degli edifici, adeguatezza dei mezzi di comunicazione, efficienza dei servizi sanitari ed adeguatezza delle cure riabilitative. Le persone disabili hanno quindi in genere una salute peggiore, sono scarsamente incluse a livello sociale, sono svantaggiate sia per ragioni fisiche sia per ragioni di pregiudizio, trovano grandi ostacoli nell’accesso al mercato del lavoro, ed hanno (conseguentemente) più alti tassi di povertà rispetto alla restante parte della popolazione.

La disabilità riguarda maggiormente i Paesi a reddito più basso, colpisce soprattutto donne, bambini, anziani, adulti in condizione di povertà; Le persone con disabilità hanno il doppio di probabilità di trovare competenze inadeguate in chi presta assistenza sanitaria rispetto alle persone non disabili, sono 4 volte più a rischio di essere maltrattate (il tasso aumenta se si parla di donne disabili) e rischiano tre volte di più che siano loro negate le cure sanitarie; forte sperequazione tra i livelli di istruzione e di disoccupazione di persone disabili e non; le percentuali di lavoro sono più basse per uomini (53%) e donne disabili (20%), rispetto a uomini  (65%) e donne normodotati (30%). Nei Paesi dell’area Ocse, la percentuale di lavoro di persone disabili del 44%, rispetto al 75% dei normodotati

Numeri in Italia Le persone con gravi forme di disabilità sono circa 3 milioni; se consideriamo anche forme di invalidità più lievi arriviamo a 6 milioni di persone, oltre il 10% degli italiani. Considerando l’invecchiamento della popolazione, il verificarsi di infortuni sul lavoro (ogni anno tra i 20.000 ed i 30.000) e di incidenti stradali invalidanti (circa 20.000 nuove persone con disabilità ogni anno), approssimativamente in Italia la disabilità coinvolge direttamente oltre 40.000 nuovi soggetti all’anno.

Rapporto Istat 2010 (relativo ai dati del 2004): sono evidenti i progressi che le politiche hanno introdotto in un’ottica di inclusione delle persone con disabilità: ne sono un esempio la legge 104/1992 sull’assistenza, l’integrazione sociale ed i dirittidelle persone disabili, la legge 68/1999 in materia di inserimento lavorativo e la 328/2000 in tema di integrazione socio sanitaria  l’Italia è considerata tra i paesi all’avanguardia in tema di politiche sulla disabilità… …ma la prassi è interessata da lentezze delle amministrazioni nel loro recepimento ed alla scarsità di risorse finanziarie a disposizione dei governi locali competenti in materia sociale (in Italia il principale strumento di supporto alle persone con disabilità ed alle loro famiglie è rappresentato dal sistema dei trasferimenti monetari di tipo pensionistico o assistenziale. Permane quindi la carenza di servizi e assistenza formale da parte del sistema sociale, e questo deficit ricade inevitabilmente sulle famiglie)

Alcune differenze: - Il 66,2 % delle persone con disabilità è rappresentato da donne, che secondo i dati del 2008 forniti dal Disabled People International sono 1.721.000, pari al 6,1 % delle donne italiane - La percentuale di uomini disabili rispetto a quelli normodotati è del 3,3 %, quindi quasi la metà rispetto alle percentuali femminili Disabilità più diffusa nell’Italia insulare (5,7 %) e nel Sud (5,2 %) mentre al Nord si supera di poco il 4 % Le donne con disabilità sono il 7,3 % nelle Isole,il 6,6 % nel Su ed, il 5,6 % nel Nord ovest ed il 5,4 % nel Nord est Il 72 % delle persone disabili in istituto sono donne e l’83 % ha più di 65 anni il 2% delle donne disabili è occupato, contro il 7,7% degli uomini; solo il 2% delle donne disabili dispone di redditi da lavoro, contro il 6,4% degli uomini

…nel 2012 ci aspetta… - I tagli alle politiche sociali a partire dal 2012 priveranno di assistenza il 20% delle persone con disabilità al nord, il 30% al centro e il 50% al sud (famiglie penalizzate) - Cancellazione del Fondo per le politiche sociali (nulla arriverà alle Regioni); mancato ripristino del Fondo per la non autosufficienza (abrogato dal 2011); il Fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (L. 68/99) sarà tagliato del 75% e si avrà un’ulteriore riduzione delle risorse per la scuola. - Nei confronti dei “falsi invalidi”: quotidiane revoche immotivate da parte dell’INPS (400 mila cause giacenti)

Chi è disabile? Esistono varie definizioni, non pienamente sovrapponibili → per i DS le definizioni sono ideologiche, in quanto frutto della convergenza di pratiche di esclusione sul piano culturale, economico, sociale. La medicina legittima il potere.

Una storia di esclusioni e di integrazioni: Foucault privilegia l’indagine dei rapporti di potere che si articolano tra chi ha la possibilità di dare e togliere la parola, di descrivere, di controllare, decidere la vita altrui, e di chi invece è oggetto di questo potere di parola Sticker considera gli elementi culturali di integrazione della disabilità. Religione. Nell’AT la persona disabile è tarata e quindi impura, ma ci sono anche altri legami: impurità-peccato, felicità-infelicità →sofferenza disabile, pietà e compassione. Responsabilità sociale di cura della disabilità→ ospedali, istituti di carità a partire dal ME (Gesù) XIX secolo. Assistenza sotto forma di istituzionalizzazione; idea “ortopedica” della disabilità; Asylum (dicotomia pubblica/privato, nascondere)

La medicina e l’educazione di questo periodo puntano a ristabilire condizioni di norma ideali, puntando l’attenzione sul deficit in sé. Le condizioni sociali ed il contesto di vita non sono intesi come elementi disabilitanti, l’obiettivo è quello di restituire l’individuo alla normalità attraverso un’azione ortopedica correttiva. In questo secolo l’handicap viene posto come problema etico e sociale, ma allo stesso tempo deve fare i conti con l’emarginazione, la sterilizzazione e lo sterminio (si pensi all’eugenetica nazista)

Un passato ancora presente: Peter Singer NON-PERSONE feti, persone disabili, neonati, bambini e anziani "privi di reale coscienza" possono essere considerati esseri viventi, "membri della specie homo sapiens", ma non persone PERSONE alcuni animali non-umani: scimpanzé, balene, delfini, scimmie non antropomorfe, cani, gatti, maiali, foche, orsi, e forse le galline (autocoscienza e capacità di provare desiderio)

"Alcuni esseri appartenenti a specie diverse dalla nostra sono persone, alcuni esseri umani non lo sono. Nessuna valutazione oggettiva può attribuire alla vita di esseri umani che non sono persone maggior valore che alla vita di esseri di altre specie che lo sono. Al contrario, abbiamo ragioni molto forti per dare più valore alla vita delle persone che a quella delle non-persone. E così, sembra che sia più grave uccidere, per esempio, uno scimpanzé, piuttosto che un essere umano gravemente menomato che non è una persona". "Pensare che le vite dei bambini abbiano un valore speciale perché i bambini sono piccoli e carini è lo stesso che pensare che un cucciolo di foca, con la sua morbida pelliccia bianca e grandi occhi espressivi, sia meritevole di maggior protezione di una balena che manca di questi attributi“ “Analogamente l'eutanasia - semplice soppressione di un individuo a cui manca l'integrità della persona - può e anzi deve essere ammessa per bambini deformi o gravemente ritardati e per persone che, a causa di incidenti, malattie o vecchiaia, sono giudicati inadatti a vivere”

I Disability Studies Hunt: le persone disabili, “sfortunate, inutili, indifferenti, oppresse e malate” sfidano i valori della società occidentale L’UPIAS produce il Fundamental Principles of Disability, dove per la prima volta le persone disabili prendono la parola (→ 1976 Mod. Sociale) “Dal nostro punto di vista è la società che disabilita le persone con invalidità fisiche. La disabilità è qualcosa che viene imposto sulle nostre menomazioni attraverso il modo in cui siamo senza necessità isolati ed esclusi dalla piena partecipazione alla vita sociale. Le persone disabili sono pertanto un gruppo sociale oppresso” (oppressione sociale) Si contestano che la causa della disabilità sia (unicamente) la menomazione individuale → obiettivo: identificare i meccanismi disabilitanti, e critica al concetto di “normalità”

Modello Medico Comunemente associato alla “Classificazione Internazionale di Menomazioni, Disabilità ed Handicap” (ICIDH) dell’OMS, aa. ’70. • Menomazione: qualsiasi perdita, o anormalità, di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche • Disabilità: limitazione o perdita (conseguente a una menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. Riflette disturbi a livello della persona. • Handicap: condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona, conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona (in relazione all’età, al sesso e ai fattori socio-culturali). Esso rappresenta la socializzazione di una menomazione o di una disabilità Lo svantaggio deriva dalla diminuzione o dalla perdita delle capacità di conformarsi alle aspettative o alle norme proprie dell’universo che circonda l’individuo.

Menomazione --> Disabilità --> Handicap La classificazione ICIDH si presta ad essere criticata a diversi livelli. * Si fonda esclusivamente su definizioni mediche e su assunti bio-fisici di "normalità". Ma la "normalità" è un concetto altamente controverso e influenzato da fattori storici e culturali e da circostanze contingenti. * La menomazione è definita come la causa sia della disabilità sia dell’handicap, presentato come fatto neutro. Ma non tutte le menomazioni colpiscono la capacità fisica o intellettuale dell'individuo. L’ICIDH pone in una posizione di dipendenza le persone che hanno una menomazione, reale o presunta. La loro condizione è analizzata da un punto di vista solo edesclusivamente medico, e si basa sull’assunto che queste persone siano dipendenti da professionisti del campo medico per ogni tipo di supporto terapeutico e sociale La disabilità – intesa come problema individuale – va quindi curata, ed attiene esclusivamente al campo medico

Modello Sociale "Principi Fondamentali della Disabilità" dell’UPIAS (1976): contiene una reinterpretazione socio-politica della disabilità che delinea una distinzione cruciale tra il biologico ed il sociale, sicché: "Menomazione" è la mancanza di una parte di un arto o di un intero arto, ovvero la circostanza di avere un arto o un meccanismo del corpo difettosi "Disabilità" è lo svantaggio o la restrizione di attività causati da una organizzazione sociale contemporanea che tiene in conto poco o per nulla le persone che hanno impedimenti fisici e perciò le esclude dalla partecipazione alle normali attività sociali Per mettere in pratica l'idea, Mike Oliver coniò l’espressione "modello sociale della disabilità" nel 1981

1) Non si nega l'importanza di interventi appropriati nella vita delle persone con disabilità basati sulla condizione individuale del soggetto basati su medicina, riabilitazione, istruzione o lavoro, ma sottolineano i limiti di questi interventi, tesi a favorire l’inclusione in una società comunque costruita da “soggetti non-disabili” per “soggetti non-disabili”. 2) Nel modello sociale c’è il deliberato tentativo di spostare l'attenzione dalle limitazioni funzionali delle persone disabili ai problemi causati dagli ambienti disabilitanti, da barriere e da culture che rendono disabili. 3) è un approccio olistico che spiega quali problemi specifici vengono vissuti dalle persone con disabilità, avendo riguardo alla totalità dei fattori ambientali e culturali che rendono disabili: istruzione non accessibile, sistemi di comunicazione e informatici, ambienti di lavoro, sussidi di invalidità inadeguati, servizi sanitari e di solidarietà sociale discriminatori, trasporti inaccessibili, edifici pubblici ed alloggi con barriere, immagine negativa delle persone con disabilità trasmessa dai media N.B.: sebbene originariamente limitata agli impedimenti fisici, poco dopo la sua introduzione la definizione dell'U.P.I.A.S. venne adattata ed adottata per includere tutti tipi di impedimento: fisico, sensoriale, intellettivo.

Una prospettiva aderente al modello sociale della disabilità è stata presente in vari documenti delle Nazioni Unite. In termini di politiche dell‘UE un recente piano d'azione europeo afferma chiaramente che oggi esiste un modello sociale della disabilità europeo: “l'Unione Europea vede la disabilità come una costruzione sociale. Il modello sociale della disabilità dell'Unione pone in rilievo le barriere ambientali della società che impediscono la piena partecipazione delle persone con disabilità nella società. Queste barriere devono essere rimosse”. Una prospettiva orientata al modello sociale ha giocato un ruolo chiave nella recente iniziativa “Ripensare l'Assistenza partendo dalle Prospettive delle Persone con Disabilità”, lanciata dal Disability and Rehabilitation Team dell’OMS; un progetto biennale che ha coinvolto professionisti, persone con disabilità e loro familiari da tutto il mondo. Inoltre, anche l'ICF, recentemente sviluppato dall’OMS per sostituire la vecchia classificazione ICIHD di cui si è parlato molto male, (anche noto come ICIHD-2) dichiara di incorporare in sé anche il modello sociale della disabilità

1948-2011: Verso il riconoscimento dei diritti 1950: Risoluzione sulla riabilitazione dei minorati fisici (rif.to specifico) 1959: Dichiarazione sui diritti del fanciullo e 1969: Dichiarazione sul progresso e lo sviluppo sociale (carattere programmatico, rif.ti indiretti) 1971:Dichiarazione sui diritti delle persone con ritardo mentale 1975: Dichiarazione sui diritti dei portatori di handicap Dicembre 1976: l’Assemblea NU dichiara il 1981 “Anno internazionale delle persone handicappate” 1982: Programma di azione mondiale per i disabili. Si dichiara anche il “Decennio mondiale delle persone con disabilità” (1983-1992) 1991: Principles 1993: Standard Rules Conferenze delle Nazioni Unite che tengono conto anche delle persone con disabilità 28 agosto 2006: progetto di Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità e suo protocollo

Quindi di chi parliamo? Conv. ONU sulla disabilità (2006), art. 1 par. 2: “Le persone con disabilità includono quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”

Elementi importanti nella Convenzione Modello sociale: svantaggio sistemico Promozione di nuovi modelli culturali Disabilità come stato di differenza Modello sociale ed affermazione dei diritti Impairment come dimensione positiva della diversità umana Eguaglianza formale e sostanziale Sostegno alla disabilità come parte dello sviluppo sostenibile Principi che emergono dalla Convenzione Rispetto per l’intrinseca dignità della persona Non-discriminazione Garanzia della piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società Rispetto della differenza delle persone con disabilità come parte della diversità umana Rispetto delle capacità evolutive dei bambini con disabilità e della loro identità

Rapporto tra donne e disabilità Può essere inteso principalmente in due modi: Indagine sull’attenzione che il femminismo ha – o non ha – rivolto nei confronti della disabilità globalmente considerata (Etica della cura) Attenzione ai Feminist Disability Studies, che si pongono l’obiettivo di fare emergere l’esperienza peculiare delle donne con disabilità, vittime di un’almeno duplice forma di discriminazione

Donne e Disabilità Per interrogare le teorie tradizionali e quelle critiche da un nuovo punto di vista, che permetta di scorgere come spesso la cecità nei confronti della disabilità sia comune sia alle une sia alle altre. Destino comune delle donne e delle persone disabili in relazione al potere del soggetto antropologico dominante (associati alle metafore del corpo; corpi invisibili o devianti, stravaganti, ingombranti; condanna della natura, complicità della medicina) Ma molto spesso le stesse teoriche femministe non hanno tenuto in adeguato conto la prospettiva della disabilità o le hanno attribuito una posizione deteriore. Ne sono conseguiti: - Perpetrazione degli stereotipi associati a donne e persone disabili (Barbie, Disability Hero) - Posizione di ulteriore subordinazione soprattutto delle donne disabili (estranee al femminismo perché la loro specifica esperienza veniva sistematicamente banalizzata, ignorata o negata)

Perché il femminismo ha perpetrato un’immagine negativa della disabilità? Donne “disabili per natura”: fragili, deboli, vulnerabili, umorali, instabili, meno intelligenti ↓ Storicamente: Potestà paterna prima e maritale poi all’interno della casa Autorizzazione per poter ereditare ed acquistare Diniego dell’accesso agli incarichi di responsabilità Diniego della custodia dei figli Diniego del diritto di voto →protezione della e dalla donna all’interno della società. La donna disabile non è né donna né disabile, ma invisibile.

Etica della cura (Kittay, Nussbaum) e contrattualismo: mettere in crisi una tradizione Elementi centrali del contrattualismo (Rawls): - eguale valore delle persone - reciprocità - eguaglianza approssimativa in forza fisica - attività economica produttiva - individui liberi, eguali, indipendenti, razionali - relazioni simmetriche tra gli individui

Kittay e la critica della dipendenza Per Kittay la descrizione rawlsiana di una società intesa come impresa cooperativa di eguali è falsa e mistificatoria, poiché nasconde i soggetti più vulnerabili e non autosufficienti e, di conseguenza, tutti coloro che sono variamente legati alla pratica di cura ed alle relazioni asimmetriche, come bambini, anziani, malati, persone con disabilità fisica e soprattutto mentale, nonché i caregivers: «Il punto nodale della critica della dipendenza è mostrare che, finché i confini di giustizia verranno tracciati all’interno di relazioni reciproche tra persone libere e uguali, chi dipenderà continuerà a essere privato di diritti e chi si occupa di loro, che invece è un membro della società pienamente capace e cooperante, continuerà a condividere – in gradi diversi – l’esclusione di chi dipende» «a ognuno, a seconda del suo bisogno proprio di assistenza, e da parte di ognuno, secondo la sua capacità propria di prestare assistenza, e con un supporto delle istituzioni tale da rendere disponibili risorse e opportunità a chi provvede all’assistenza, in modo che tutti siano accuditi adeguatamente in relazioni supportive» (principio di responsabilità sociale di cura)

Cura e Giustizia sono allora complementari, e necessarie l’una all’altra, in quanto una società che voglia realizzare la giustizia andando incontro alle esigenze di fioritura umana di ciascun cittadino richiede strutture di cura efficienti e funzionanti, e facendo della cura la sua cifra caratterizzante deve necessariamente distribuire equamente le risorse ed i frutti della cooperazione sociale

Nussbaum e l’approccio delle capacità “Da chi sono progettati i principi fondamentali?” e “Per chi sono progettati i principi fondamentali?” sono immotivatamente fusi Asimmetria nelle relazioni Lista di 10 capacità umane fondamentali(vita; salute fisica; integrità fisica; sensi immaginazione e pensiero; sentimenti; appartenenza; gioco; controllo del proprio ambiente politico e materiale;…) come possibilità di attività Individuo aristotelico Modello alternativo rispetto a quello contrattualistico In scritti successivi Nussbaum specifica il contenuto di queste capacità: diritto di voto alle persone con disabilità mentale, possibilità di partecipazione alle giurie (piena cittadinanza)

Giustizia: un problema per due Equo trattamento di persone con disabilità sia fisiche sia mentali Caregiver: questi sconosciuti Il compito degli Stati Abbandono della tradizione (indicatori di benessere: reddito e ricchezza) Promozione di tutte le capacità ad un livello almeno decente Cura come diritto sociale primario: è necessario mettere le persone in grado di “essere” Israele, Svezia e Germania

Il Caso Ashley X somministrazione di ormoni per inibirela crescita, isterectomia ed asportazione del seno ad una bambina gravemente disabile Ragioni: Mantenere Ashley bambina per accudirla più facilmente Prevenzione dell’insorgere di gravi patologie (che colpiscono persone con gravi disabilità cognitive) Evitare che Ashley diventasse sessualmente desiderabile (abusi)

Feminist Disability Studies Gli interessi d’indagine sono molteplici, ma tutti hanno, come fine più immediato e generale, quello di combattere gli stereotipi associati alle donne con disabilità, che nell’immaginario comune sono: Dipendenti, ma sufficientemente forti da non lamentarsene Autonome, mentalmente e il più possibile fisicamente, ma non abbastanza per sconfinare nel mondo di tutti Capaci di autostima, ma tacendo il desiderio, l’amore, la sessualità, la maternità, la ricerca di legami Curate e piacevoli, ma senza uscire troppo dall’immagine della “brava bambina”

“Scollamento” tra riflessione teorica e prassi Riflessione teorica: “compulsory ablebodiedness”, “tyrannies of perfection” o “dittatura del corpo sano” ; “abnormal”, “misfit”, “freak”, “staring” Vs Esperienza quotidiana delle donne disabili: incredulità delle commesse davanti a clienti che acquistano biancheria intima sexy piuttosto che prodotti di bellezza per il corpo o per il viso; perplessità dei professionisti del bisturi estetico, quando si sentono richiedere interventi da donne disabili che vogliono migliorare il proprio aspetto fisico; Invisibilità delle donne disabili, che in quanto “disabili” perdono ogni connotazione di genere

Aborto: Rimane una scelta individuale che spetta solo alla donna compiere, ma si riflette sul fatto che: Il ricorrere automaticamente all’aborto in caso di presenza della disabilità del feto può essere visto come una forma di eugenetica Permane ancora forte la pressione sociale e soprattutto del potere medico circa l’irresponsabilità del mettere al mondo un bambino disabile Spesso si ricorre ad argomenti come: “condannerai un bambino all’infelicità”, ma chi è in grado di stabilire – tanto più a priori – quando la vita di un altro è o no felice? Le strutture sociali non supportano adeguatamente le donne, inducendole indirettamente ad abortire in caso di difficoltà

Sessualità e Maternità: Stereotipo imperante: presunzione di asessualità ed inadeguatezza nel rivestire il ruolo materno Conseguenze: In caso di divorzio le donne disabili perdono spesso la custodia dei figli Stupore dei ginecologi nel caso in cui donne disabili chiedano di poter fare uso di anticoncezionali In caso di gravidanza, alcuni ginecologi non hanno mai visitato la paziente disabile Sterilizzazione coatta nei confronti delle donne con disabilità mentale Nella letteratura italiana ci si riferisce in genere a genitori normodotati di figli disabili, e non a genitori disabili

Dai racconti delle donne disabili emergono tre tipi di fattori che influenzano la loro maternità: Fisico: possono compromettere la gravidanza sia problemi di salute (conformazione fisica o mallattie genetiche) sia barriere architettoniche (solitamente ospedali, sale parto, ambulatori di ginecologia etc. non sono accessibili a persone con disabilità motorie, ed il personale medico e paramedico non è preparato ad accogliere donne con disabilità. Anche lettini, fasciatoi etc. sono pensati per genitori normodotati, e devono quindi essere adattati perché siano fruibili anche da genitori disabili). 2) Psicologico: la donna con disabilità può vivere profondi tabù sul proprio corpo e la propria sessualità, e la nascita di un figlio può mettere in crisi l’autonomia che ha conquistato. 3) Sociale: sfiducia sociale circa la capacità di essere madri, delusione della famiglia di origine. In GB, Canada, Francia e USA esistono gruppi che accolgono in toto la donna disabile, e gruppi ed istituzioni cercano di rispondere alle esigenze dei genitori disabili per quanto attiene all’informazione sui propri diritti, sulla propria salute e sulle prospettive che si possono adottare (9 milioni di genitori disabili negli USA nel 2007, 2 milioni in Gran Bretagna).

Essere Mogli: Le donne con disabilità si sposano molto meno e molto più tardi rispetto alle altre donne ed agli uomini con disabilità. Se la disabilità è acquisita, è spesso causa della fine del matrimonio, mentre nel caso sia il marito a diventare disabile difficilmente la donna pone fine al matrimonio, ma svolge il tradizionale ruolo di cura cui è “naturalmente” deputata. Se già normalmente molte donne rimangono intrappolate in relazioni difficili a causa delle difficoltà economiche in cui versano, ciò è tanto più vero per le donne con disabilità, perché l’unica alternativa potrebbe essere l’istituto. Inoltre, per molte donne disabili la relazione che vivono, per quanto complicata, è l’unica da loro vissuta nella propria vita, e quindi è vista quasi come un premio, o come l’unica possibile. Nella Convenzione Onu sulla disabilità viene riconosciuto il diritto a contrarre matrimonio e ad avere una famiglia.

Violenza di genere: Nonostante nell’immaginario collettivo la donna disabile sia vista come asessuata, ciò non la rende immune dalla violenza di genere: secondo una ricerca condotta da Sobsey nel 1994, dal 39 al 68% di ragazze e dal 16 al 30% di ragazzi con ritardo nello sviluppo mentale saranno sessualmente abusati prima del loro diciottesimo compleanno. La violenza nei confronti delle donne disabili ha connotati peculiari: la disabilità limita la possibilità di difesa in caso di aggressione; il fatto di avere bisogno di aiuto nello svolgimento di talune attività quotidiane rende queste donne più esposte al rischio della violazione della propria identità, della loro riservatezza nonché di altri diritti In senso generale, al tema della violenza si riconnettono anche pratiche di sterilizzazione forzata, aborti selettivi ed infanticidi. Inoltre, anche le donne disabili sono vittime di abusi e violenze sessuali, anche all’interno dei centri residenziali in cui spesso sono ricoverate, da parte del personale addetto; si tratta di esercizio del potere oppressivo nei confronti degli individui più vulnerabili, non tanto di esercizio di libido.

La voce dell’EDP: Alla luce degli artt.16 (Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti) e 23 (Rispetto del domicilio e della famiglia) della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità, l'European Disability Forum sottolinea che la sterilizzazione forzata è «una forma di violenza che nega i diritti delle persone con disabilità a formare una famiglia, a decidere sul numero di figli che eventualmente vogliano avere, ad avere accesso a informazioni corrette sulla pianificazione familiare e riproduttiva e a vivere la propria fecondità su basi uguali a quella delle altre persone». «In molti Paesi d'Europa è sotto gli occhi di tutti che continua ad essere praticata la sterilizzazione forzata su molte persone con disabilità e soprattutto su ragazze e donne per lo più con disabilità intellettive o psicosociali, senza il loro consenso o la consapevolezza dello scopo specifico di tali interventi, attuati con il pretesto che essi vengono fatti "per il loro bene".

Il Forum chiede quindi che Si tratta del mancato rispetto dei loro diritti umani fondamentali, incluso il diritto all'integrità del proprio corpo e al controllo della propria salute riproduttiva, violati senza che le persone se ne rendano conto. Il Forum chiede quindi che «tutte le Istituzioni Pubbliche continentali rivedano innanzitutto le strutture legali che regolano la sterilizzazione forzata, orientandosi verso istituti quali il "consenso informato" e la "capacità legale", in pieno accordo con lo spirito e i princìpi della Convenzione ONU, che obbliga i Paesi sottoscrittori di essa a introdurre riforme per far sì che da una parte la casa e la famiglia, dall'altra la dignità e l'integrità delle persone con disabilità siano considerati diritti fondamentali che non possono più essere violati».

Per cercare di rimediare a tali abusi: Si è cercato di implementare il protagonismo delle donne disabili nella propria vita attraverso: un lavoro di auto-rafforzamento della personalità delle donne disabili la promozione dell’autoconsapevolezza, dell'autoresponsabilità e dell’autodeterminazione la costruzione di una valutazione positiva di sé e della propria autoefficacia (empowerment) La sensibilizzazione circa la rivendicazione dei propri diritti (advocacy). Gli strumenti utilizzati sono stati la consulenza alla pari ed i corsi di autodifesa

Istruzione e lavoro: nel mondo solo l’1% delle donne disabili sa leggere e scrivere, contro il 3% degli uomini. In Europa, secondo una ricerca commissionata dal Coe nel 2003, soltanto il 25% delle donne con disabilità lavorava contro il 35% degli uomini. Tradizionalmente i bambini con disabilità venivano istruiti in istituti speciali, o in classi differenziali all’interno delle scuole ordinarie. In questo quadro, la situazione delle bambine disabili è stata doppiamente penalizzante, in quanto era invalso (e tarda ad essere sconfitto) il pregiudizio diffuso in base al quale le donne con disabilità sono dipendenti, emotivamente instabili e bisognose di cura, e quindi non solo è difficile istruirle, ma è anche inutile. Ancora oggi le donne con disabilità sono quindi orientate a studi che le porteranno a ricoprire ruoli subalterni (e quindi scarsamente remunerativi) in ambito lavorativo. Proprio l’inserimento nel mondo del lavoro si presenta particolarmente complicato per le donne con disabilità, che sono spesso prive delle competenze necessarie. A ciò si aggiungano i pregiudizi tradizionalmente presenti nei confronti delle persone disabili e delle donne: soggetti passivi, dipendenti e fallimentari.