Le teorie dell’integrazione. Il neofunzionalismo Giorgio Giraudi Le teorie dell’integrazione. Il neofunzionalismo Inserire testo Inserire testo Inserire testo
Il neofunzionalismo (1) Il primo tentativo di produrre una grand theory dell'integrazione europea è stato fatto quando ancora l'inchiostro dei Trattati del 1957 non era completamente asciugato. Già nel 1958, infatti, Ernst Haas dava alle stampe il suo volume The Uniting of Europe: Political, Social and Economic Forces 1950-1957 destinato a diventare un classico della letteratura relativa agli studi europei. In questo ponderoso volume Haas poneva le basi concettuali per una interpretazione neofunzionalista del processo di integrazione che sarebbe poi stata sviluppata nei decenni successivi dallo stesso Haas e dai suoi collaboratori, primo fra tutti Philippe Schmitter. La teoria neofunzionalista nasce entro l'ambito delle teorie delle relazioni internazionali e ha l'ambizione di fornire una spiegazione generale di tutti i processi di integrazione regionale, cioè dei processi di cooperazione istituzionalizzata che interessano gli stati ma anche un numero crescente di altri soggetti economici e politici.
Il neofunzionalismo (2) Fin dalle origini il neofunzionalismo si oppone alle spiegazioni offerte dalle teorie realiste che spiegano le relazioni interstatali a partire dai concetti di anarchia delle relazioni internazionali, di sovranità assoluta e potere relativo degli stati e di conflitto come situazione peculiare dei rapporti tra gli stessi stati. A questa interpretazione il neofunzionalismo ne oppone una che concepisce i processi di integrazione regionale come processi integrativi caratterizzati dal venire meno della piena sovranità ed indipendenza degli stati nazionali. Entro un contesto globale caratterizzato dallo sviluppo del commercio internazionale e dal sistema istituzionale mondiale derivato da Bretton Woods, l'aumento dell'interdipendenza economica spingerebbe gli stati a sperimentare nuove forme di cooperazione ad alto grado di istituzionalizzazione per risolvere i problemi di cooperazione derivanti dall'incremento delle attività (economiche) transfrontaliere.
Le fasi dell’integrazione Nella fase iniziale dell'integrazione, che Haas identifica come priming, i governi nazionali, in un contesto di crescente porosità dei confini funzionali e sotto la spinta dei principali gruppi economici interessati all'ampliamento del commercio internazionale e all'espansione dei mercati, decidono di creare delle istituzioni (trattati internazionali e organizzazioni internazionali ad essi dedicate) per risolvere alcuni problemi di cooperazione economica. Nella seconda fase dell'integrazione le élites economiche, amministrative e politiche iniziano a decidere congiuntamente e in maniera continuativa entro le istituzioni comuni create nella fase di priming. Così facendo esse si sottopongono ad un processo di apprendimento collettivo e reciproco e di socializzazione progressivo che produrrebbe gradualmente la sostituzione dell'identità nazionale con una nuova identità comune.
Il neofunzionalismo (3) Durante la seconda fase i processi di coordinamento e di socializzazione transanzionale delle élite sarebbero sostenuti e favoriti dalle istituzioni sovranazionali secondo uno schema di integrazione progressiva denominato spill-over. Il concetto di spill-over è centrale nella teoria neofunzionalista che prevede che la decisione iniziale di integrare per via istituzionale parti del sistema economico metta in moto un processo di 'tracimazione' dell'integrazione stessa dal campo di policy iniziale a quelli collegati. In pratica, essendo i sistemi economici sistemi integrati, anche le politiche pubbliche presenterebbero ampi spazi di sovrapposizione. La volontà di integrare un certo campo di policy genererebbe quindi una catena di decisioni collegate, previste e impreviste, ma necessarie per raggiungere gli scopi prefissati, che porterebbero ad una espansione progressiva dell'integrazione (technical/functional spill-over) e a una necessità di estendere l'area della cooperazione aprendo spazi per un'azione, inizialmente informale e successivamente formale, di enterpreneurship da parte delle burocrazie sovranazionali.
Il neofunzionalismo (4) Nelle fasi più mature dell'integrazione Haas prevedeva che i valori, le credenze, le identità e gli interessi dei gruppi che avevano costituito il pluralismo sociale trasnazionale alla base di tutto il processo di integrazione sarebbero mutati passando da un livello locale/nazionale ad un livello regionale. Come ebbe a scrivere, infatti, “as the process of integration proceeds, it is assumed that values will undergo change, the interests will be redefined in terms of regional rather that purely national orientation as that the erstwhile set of separate national group values will gradually be superseded by a new and geographically larger set of beliefs” (Haas, 1958: 13). A mano a mano che questa trasformazione prende corpo per gli attori coinvolti diventerebbe sempre più difficile scegliere di abbandonare il processo di integrazione e risponderebbero alle nuove sfide con l'ampliamento delle aree soggette a integrazione. Il processo di integrazione genererebbe così le condizioni per diventare progressivo e autosostenuto.
Il neofunzionalismo (5) Le fasi più mature dell'integrazione regionale sarebbero caratterizzate dall'instaurarsi dell'integrazione politica tout-court, definita da Haas come “the process whereby political actors in several distinct national settings are persuaded to shift their loyalties, expectations and political activities to a new centre, whose institutions possess or demand jurisdiction over pre-existing national states. The result is a new political community, superimposed over the existing ones” (Haas 1958: 16). In pratica si tratterebbe della formazione di una nuova comunità politica con un nuovo centro politico-istituzionale; tuttavia sarebbe sbagliato concepire questa nuova comunità come una replica su vasta scala delle comunità nazionali precedenti perché secondo Haas la progressiva socializzazione delle élite nel contesto comunitario dovrebbe generare una situazione nella quale l'orientamento al problem solving prevale sul bargaining, legato ai vecchi interessi nazionali e da vita a ampi processi di depoliticizzazione-tecnicizzazione-burocratizzazione delle decisioni comuni.
Il neofunzionalismo. Concetti chiave Il sistema delle relazioni internazionali non è dato dall'insieme delle relazioni di potere a somma zero tra gli stati; Il sistema internazionale presenta un pluralismo sociale ed economico, formato da élites ,crescente; Il sistema internazionale è caratterizzato dalla crescente interdipendenza economica degli stati; Le élites socio-economiche svolgono un ruolo chiave nei processi di integrazione sovranazionale e agiscono in condizioni di permissive consensus; L'intero processo è guidato dalla razionalità limitata (attori autointeressati + effetti imprevisti delle decisioni) e dallo spill-over; Le identità degli attori razionali sono in parte endogene all'azione sociale e possono essere modificate nel tempo da interazioni ripetute (socializzazione transnazionale delle élites); L'integrazione politica è la creazione di una nuova comunità politica che si sostituisce progressivamente a quelle preesistenti
POSSIBILI CRITICHE AL NEOFUNZIONALISMO COMUNITARIO Nel corso degli anni molte critiche sono state avanzate nei confronti della teoria neofunzionalista dell'integrazione europea. Vediamo insieme le principali: A) L'intera spiegazione, con il suo concetto di spill-over, è stata tacciata di essere 'meccanicista' e 'unidirezionale' mentre il processo di integrazione ha avuto fasi alterne di espansione e di stasi; B) I fattori esterni di mutamento dell'UE non sono presi in considerazione e l'intero processo è spiegato solo sulla base dell'evoluzione dei fattori interni; C) Gli autori intergovernamentalisti hanno messo in forte dubbio l'affermazione che le istituzioni internazionali (e segnatamente la Commissione) siano in grado di svolgere un'azione di entrepreneurship che possa davvero influenzare il percorso dell'integrazione anche contro il volere degli stati membri; D) Il processo di depoliticizzazione delle decisioni e quello di trasformazione delle identità non sembrano essersi verificati in maniera significativa; E) Il funzionalismo rischia di accreditare una idea di integrazione 'élitista'