Che cos’è il discorso?.

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Che cos’è il discorso?

Maingueneau (1976) individua sei significati del termine discorso: I termini “discorso” e “analisi del discorso” sono usati in una grande varietà di discipline accademiche, spesso in modo vago. Maingueneau (1976) individua sei significati del termine discorso: 1. discorso come parole (linguistica strutturale): uso della lingua soggettivamente caratterizzato 2. discorso come enunciato, unità linguistica di dimensione superiore alla frase (dimensione transfrastica) 3. insieme di meccanismi di incatenamento della frase (Harris) ****** 4. condizioni di produzione di un enunciato: riferimento alla ideologia e all’essere sociale di chi lo produce 5. discorso come enunciazione. L’enunciazione opera la conversione della lingua in discorso, attraverso questa conversione scatta l’interazione tra chi parla e chi ascolta. Ovviamente è di massimo rilievo l’intenzione del destinatore di fare del suo discorso uno strumento di influenza sul destinatario. Da questo punto di vista la teoria della enunciazione confina con quella degli atti linguistici (Benveniste) 6. discorso come luogo della creatività linguistica, che conferisce al testo un effetto contestuale inprevedibile.

Analisi del discorso A partire dagli anni Ottanta si assiste a una proliferazione del termine discorso nelle scienze del linguaggio, tanto al singolare (dominio del discorso, analisi del discorso) quanto al plurale (i discorsi), a seconda che ci si riferisca alla attività verbale in generale oppure a particolari eventi discorsivi. La diffusione di questo termine è il sintomo di una modificazione nel modo di concepire il linguaggio. Parlando di discorso si prende posizione a favore di una particolare concezione del linguaggio e della semantica, che dipende dalla influenza di diverse correnti pragmatiche che hanno sottolineato un certo numero di idee forza. L’analisi del discorso è dunque un campo di studi eterogeneo, in cui confluiscono discipline e tradizioni relativamente autonome: Pragmatica, Retorica, Semiotica, Argomentazione.

Il discorso assume una organizzazione transfrastica: mobilita strutture che appartengono a un ordine diverso da quello della frase. Il discorso è orientato, si costruisce in funzione di un fine: Ducrot radicalizza questa idea, iscrivendo un orientamento o una funzione argomentativa nelle unità stesse della lingua. Il discorso è una forma di azione (Austin). Ad un livello superiore gli atti linguistici si integrano nelle attività linguistiche di un genere determinato anche in relazione ad attività non verbali Il discorso è interattivo È contestualizzato È preso in carico: esiste solo se riferito a una istanza che al tempo stesso si pone come riferimento personale, temporale, spaziale e modalizzante: la riflessione sulle forme di soggettività che sottendono il discorso è uno dei grandi assi dell’analisi del discorso È regolato da norme È sempre preso in un interdiscorso. Il discorso è il prodotto ma anche l’elemento unificante di una comunità discorsiva (per es. dei giornalisti, degli economisti, dei pubblicitari, dei linguisti, dei medici, ecc.) (sotto insieme della società caratterizzato dalla produzione di discorsi (Maingueneau, 2009)

Fairclough (Media Discours, London, 1995) distingue 2 accezioni principali: discorso come azione sociale e interazione (accezione dominante negli studi linguistici) discorso come costruzione sociale della realtà, forma di conoscenza (accezione usata principalmente nella teoria sociale post-strutturalista, cioè nel lavoro di Foucault). Antelmi, Comunicazione e analisi del discorso, 2012: «pratica che forma oggetti di conoscenza e determina precise configurazioni interpersonali e sociali».

L’Analisi del Discorso assume un punto di vista vicino ai media studies per quanto riguarda l’attenzione al contesto, produttivo e sociale, in cui i media operano. Ma, diversamente dalla linea socio-antropologica, che privilegia le ricerche sul pubblico e l’industria dei media, adotta come punto di vista privilegiato il testo e si riferisce alla tradizione linguistica e semiologica. La specificità di questo indirizzo consiste nella metodologia di indagine che si serve di strumenti “fini”, in grado di individuare nei testi gli elementi significativi che agiscono nel e sul contesto.

Orientamento qualitativo L’Analisi del discorso ha una vocazione qualitativa, il che implica che l’analisi non sia limitata al piano semantico manifesto del testo ma comprenda, anzi privilegi, contenuti impliciti e sensi che si determinano nelle relazioni tra testo e contesto. La grammatica è importante per l’analisi del discorso: la realtà non viene costruita solo con le parole ma anche con la posizione delle parole all’interno della frase, per esempio forma attiva o passiva (che consente di non menzionare il responsabile di un’azione) (vedi oltre: Halliday).

Il problema del contesto Contesto interno Per Aristotele (Retorica 1358a 37-b 1) il discorso è l’insieme di tre fattori: colui che parla, ciò di cui si parla, colui a cui si parla. I parlanti-ascoltatori sono dentro e non fuori il discorso, sono suoi elementi costitutivi e non utenti esterni (contesto interno) (Piazza, L’arte retorica: antenata o sorella della pragmatica?, «Esercizi filosofici», n. 6). Contesto esterno Il discorso, diversamente dal testo, comprende non solo il contesto interno ma anche le condizioni extralinguistiche della sua produzione (il contesto esterno) e ricezione (cfr. Adam 1999): attori, istituzioni, luoghi di produzione (discorso politico, discorso religioso, discorso scientifico, ecc.) Nel contesto sono coinvolti tanto gli elementi della situazione pragmatica ed enunciativa relativa sia alla produzione che alla interpretazione, quanto le relazioni e i rimandi impliciti ed espliciti che ogni testo intrattiene nei confronti di altri (intertesto) o di se stesso (cotesto) > interdiscorso. Il testo è parte del contesto e contribuisce a determinarlo; ogni testo modifica l’universo discorsivo nel suo insieme.

L’analista del discorso non si limita ad una operazione descrittiva, che consiste nel dire come funziona un testo, ma pone un’altra domanda, più vicina all’analisi sociologica e soprattutto al concetto foucaultiano di potere/sapere: chi ha interesse a che il testo funzioni in questo modo? Nella società contemporanea un tipo significativo di potere è il potere di rappresentare la realtà in un particolare modo e il potere di fare accettare la propria rappresentazione non come una tra le altre ma come quella vera: la versione naturale, ovvia, neutrale della realtà.

Analisi critica del discorso Critical Discourse Analysis (CDA)

Adotta il termine discorso nell’accezione di uso del linguaggio in quanto parte della vita sociale e in quanto costruzione della realtà sociale Pone al centro della ricerca la relazione tra potere e discorso Si occupa del discorso pubblico e in particolare dei media: testi non letterari ma di rilevanza sociale Studia come i media costruiscono le espressioni, le argomentazioni, la gerarchia degli argomenti che vanno a costruire i giudizi diffusi sul mondo Analizza i rapporti tra le pratiche linguistiche (in particolare di categorizzazione) e le pratiche di esclusione all’opera nei Paesi occidentali: distribuzione non equa fra i diversi gruppi sociali delle opportunità di dare senso.

Matrice filosofica Foucault (1926-1984) L’archeologia del sapere (1969) L’ordine del discorso (1971: 39) “Quale civiltà ha avuto più della nostra rispetto per il discorso? Dove lo si è meglio e più onorato? Dove lo si è, pare, più radicalmente liberato dalle sue costrizioni e più universalizzato? Ora mi sembra che dietro questa apparente venerazione del discorso, dietro questa apparente logofilia, si celi una sorta di timore […]. C’è sicuramente nella nostra società, e immagino in tutte le altre, per quanto con un profilo e scansioni diverse, una profonda logofobia, una sorta di sordo timore contro questi eventi, contro questa massa di cose dette, contro il sorgere di tutti questi enunciati, contro tutto ciò che ci può essere, in questo, di violento, di discontinuo, di battagliero, di disordinato e di periglioso, contro questo brusio incessante e confuso del discorso.”

Prospettiva post-strutturalista Critica dell’idea denotativo-referenziale del linguaggio Critica dell’idea del soggetto parlante Il discorso è una costruzione della realtà (non è uno specchio di ideologie e conoscenze) Il linguaggio è l’insieme dei discorsi che vengono pronunciati e scritti in un determinato momento storico Legame tra discorso e potere: l’ordine del discorso, in quanto delimita lo spazio del dicibile, non è solo espressione del potere ma generatore di potere: “Come per la magia, le parole non hanno un senso, hanno un potere; un potere che è inversamente proporzionale al loro senso”. (Reboul, Langage et idéologie, 1980) La questione alla quale l’analisi del discorso deve rispondere è la seguente: in che modo, nelle società occidentali moderne, la produzione di discorsi cui si è attribuito un valore di verità è legata ai vari meccanismi e istituzioni di potere? (Foucault 1976, p. 8)

Discorso e potere “Con potere non voglio dire il ‘Potere’, come insieme di istituzioni e di apparati che garantiscono la sottomissione dei cittadini in uno Stato determinato. Con potere non intendo nemmeno un tipo di assoggettamento, che in opposizione alla violenza avrebbe la forma della regola. […] Con il termine potere mi sembra si debba intendere innanzitutto la molteplicità dei rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione; il gioco che attraversa scontri e lotte incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte; gli appoggi che questi rapporti di forza trovano gli uni negli altri […], le strategie infine in cui realizzano i loro effetti, ed il cui disegno generale o la cui cristallizzazione istituzionale prendono corpo negli apparati statali, nella formulazione della legge, nelle egemonie sociali […] il potere è dappertutto; non perché inglobi tutto ma perché viene da ogni dove” (Foucault, La volontà di sapere (1976), Feltrinelli, 1996:81-82)

Scuola di Londra approccio socioculturale N. Fairclough rinvia al modello di Foucault. Ogni evento discorsivo è al tempo stesso testo (contenuto, struttura e significato), pratica discorsiva (forma di interazione discorsiva) e pratica sociale (contesto in cui l’evento discorsivo ha luogo). Le pratiche discorsive sono forme specifiche di pratica sociale, che si legano ad altre forme di attività sociali. Fairclough, N., Critical Discourse Analysis, London, 1995 Fairclough, Language and Power, London, 2001 Fairclough, Language and Globalization, London 2006

Esercizio del potere attraverso il discorso Fairclough 2001 riprende la distinzione tra il potere che agisce per via coercitiva (in maniera esplicita o subdola) e il potere che opera attraverso il consenso, cioè un’acquiescenza più o meno generalizzata (distinzione formulata da Gramsci). Nell’esercizio del potere attraverso il consenso i discorsi e il linguaggio sono determinanti (rilevanza della ripetizione). I meccanismi di esercizio del potere sono essenzialmente tre: Adozione di pratiche e discorsi universalmente accettati e seguiti perché nessuna alternativa sembra possibile Imposizione di pratiche attraverso un esercizio del potere nascosto Adozione di pratiche che vengono adottate attraverso un processo di comunicazione razionale. Esempi di discorsi orientati dal potere: discorso del primario con gli specializzandi, del dirigente di azienda con i suoi dipendenti, del politico con i giornalisti in una conferenza stampa; colloqui di lavoro o per ottenere la cittadinanza.

Oggetto dell’analisi socioculturale Rapporto tra gli atti comunicativi dei singoli attori sociali e strutture sociali più ampie come le classi e le organizzazioni Livelli d’analisi «Ordini del discorso»: pratiche comunicative proprie di una istituzione (scuola, azienda ecc.), generi (pratiche comunicative proprie di una certa attività, p. es. colloqui di selezione), intertestualità (posizione di un testo in una rete di testi a cui reagisce e che nello stesso tempo trasforma) (Fairclough e Wodak, Critical Discourse Analysis, in T.A.van Dijk, ed., Discourse as social interaction, Sage, 1997: 262)

Scuola di Amsterdam (Teo van Dijk) approccio sociocognitivo Le interazioni tra individui all’interno delle strutture sociali si presentano in forma di testi-discorsi che ricevono una interpretazione da parte dei soggetti attraverso un sistema cognitivo individuale. In ogni discorso si riflettono i modelli mentali dell’individuo (di qui la centralità assegnata al concetto di intenzionalità e alla teoria degli atti linguistici) e le rappresentazioni sociali (atteggiamenti e ideologie) del gruppo di riferimento. Ogni discorso è compenetrato dalla ideologia, intesa come struttura dei valori e degli interessi che danno forma alle nostre rappresentazioni della realtà. (T. A. van Dijk, Ideologie. Discorso e costruzione sociale del pregiudizio, Carocci, 2004) Diversamente dalla prospettiva socio-culturale, centrata sulla interazione, l’approccio cognitivo è centrato sulla mente.

Scuola di Vienna (Ruth Wodak) approccio storico-discorsivo Sguardo illuminista sulle pratiche discorsive nelle società contemporanee Rifiuta esplicitamente “le teorie foucaultiane e postmoderne del discorso e del potere, in quanto reificano o personificano la lingua e il discorso come attori autonomi, collusivi, che guidano i parlanti e tengono le redini” (2003: 262). Rifiuta anche l’impostazione sociocognitivista di van Dijk, in quanto inconciliabile con l’impostazione ermeneutica. Il riferimento teorico è alla teoria critica della scuola di Francoforte e di Habermas. Altre matrici: tradizione della linguistica sistemica funzionale di Halliday, retorica classica e moderna, teoria dell’argomentazione (Toulmin e Perelman). Orientamento etico-pratico finalizzato alla formulazione di proposte di intervento concreto per il miglioramento della comunicazione istituzionale e pubblica. Oggetto di indagine: problematiche di identità e di genere, costruzione di soggetti colletttivi (immagine dello straniero, etnia, nazione), ecc.

Presupposti epistemologici del modello storico-discorsivo a) Il linguaggio è il medium centrale della organizzazione democratica e il libero scambio discorsivo pubblico di interessi, desideri e punti di vista è vitale in una società democratica moderna a struttura decentrata; b) La qualità del potere legislativo e amministrativo è fortemente condizionata dal tipo di processi discorsivi e comunicativi pubblici, con cui si informa il cittadino e se ne creano o orientano le opinioni e la volontà (Habermas, L’inclusione dell’altro. Studi di teoria politica, Feltrinelli 1998 [ed.or.1996]) c) Rilevanza della teoria dell’argomentazione razionale e della risoluzione discorsiva del conflitto (S. Benhabib), che si fonda sui concetti di deliberazione e di discorso.

Linguaggio come semiotica sociale (Halliday) Duplice funzione del linguaggio Riflettere sulle cose Agire simbolicamente (sulle persone) L’individuo membro di una società è una persona che significa, esprime significati e attraverso questi atti di significazione la realtà sociale viene creata, mantenuta in buon ordine e continuamente rimodellata (realismo mediato o realismo critico).

Modello di Halliday Funzione ideativa* Funzione interpersonale Rappresentazione del mondo Sistema della transitività (forme attive e passive del verbo, nominalizzazioni) Funzione interpersonale Interazione verbale, relazioni di ruolo, di potere, obbedienza ecc. Sistema semantico della forza illocutoria (affermazione, domanda, ipotesi, per convincere, minacciare, chiedere) e del modo (certezza, probabilità) Funzione testuale Organizzazione del messaggio dal punto di vista della informazione, della tematizzazione e della identificazione Sistema semantico del tema: distinzione tra informazione data o condivisa (tema) e informazione nuova (rema) Brown-Yule (Analisi del discorso (1983), il Mulino 1986, riprendendo il modello di Halliday, parlano a questo proposito di funzione transazionale, mentre per la funzione definita da Halliday interpersonale adottano l’espressione interazionale).

Definizione di «discorso» in Wodak e Reisigl «fascio complesso di atti linguistici simultanei e sequenziali interrelati, che si manifestano all’interno e attraverso i campi d’azione sociali sotto forma di occorrenze semiotiche, scritte e orali, interrelate, molto spesso sotto forma di testi, che appartengono a tipi semiotici specifici, ad esempio i generi» (Retorica del razzismo e dell’antisemitismo, in Giannini-Scaglione [a cura di], Introduzione alla sociolinguistica, Carocci, 2003:268).

Livelli di analisi del modello storico-discorsivo Campi d’azione Generi Testi

Campi d’azione cornici di perimetro esterno e di contesto, segmenti della specifica realtà della società (es.formazione dell’opinione pubblica, emanazione delle leggi, macchina pubblicitaria, ecc.) Genere modo socialmente ratificato di utilizzare il linguaggio in connessione con un particolare tipo di attività sociale (livello immediatamente superiore a quello del testo, prima cornice testuale); governa le modalità di codificazione del testo, secondo criteri di adeguatezza pragmatica. Testo «Risultato concreto di pratiche discorsive istituzionalizzate» (Antelmi, Comunicazione e analisi del discorso) interpretato nel significato corrente della linguistica pragmatica come il prodotto materialmente durevole di un’azione linguistica (atto individuale in cui il discorso si manifesta) e ricondotto nel contempo alla accezione transduttiva della pratica semiotica (il testo è anche prodotto dalla ricezione che il pubblico esercita attivamente ogni volta che legge, ascolta o osserva un insieme di enunciati).

Esempio1 Campo d’azione: formazione della pubblica opinione e autopresentazione Generi Comunicati stampa Conferenze stampa Interviste Talk show Tavole rotonde Articoli Libri Discorsi istituzionali Ecc.

Esempio2 Campo d’azione della propaganda politica Generi: programmi elettorali, slogan, discorsi in campagna elettorale, manifesti, opuscoli, propaganda a mezzo posta, dibattiti televisivi, ecc.

Genere Secondo Halliday (Il linguaggio come semiotica sociale, p. 153) una caratterizzazione completa della testualità non può prescindere dal riferimento al genere I generi sono forme dell’enunciazione, legate a particolari pratiche sociali, che sono date all’individuo (anche se mutevoli, elastiche, storicamente e culturalmente formate). Corrispondono a situazioni tipiche della comunicazione verbale, a temi tipici e a contatti tipici tra i significati delle parole e la concreta realtà effettiva in circostanze tipiche. Nell’analisi letteraria (Poetica) il genere accomuna un insieme di opere omogenee per contenuto, stile e struttura compositiva (Corti, La comunicazione letteraria, 1976: 156). Due categorie di genere: una astratta, atemporale (lirico, fantastico, epico, drammatico ecc.); l’altra storica (romantico, realista, naturalista, ecc.) Il genere determina fattori come la lunghezza, i partecipanti ecc. e soprattutto determina un orizzonte di attese nel destinatario (es. favola di La Fontaine; dialogo di Galileo Galilei): è un dispositivo di decodifica.

I generi del discorso nella retorica classica Ogni discorso è il risultato di tre elementi: Chi parla Ciò di cui parla A chi si rivolge (problema dell’uditorio) Tre tipi di ascoltatori nella polis greca: Membri di un’assemblea politica Giudice nei processi Spettatori

Funzioni dell’uditorio e generi del discorso Genere Scopo dell’oratore Funzione dell’uditorio deliberativo Consigliare l’utile Prendere decisioni (su azioni future) sillogismo giudiziario Difendere il giusto Esprimere un verdetto (su azioni passate) esempio epidittico Potenziare l’adesione ai valori Disporsi all’azione amplificazione

Bachtin (1929) «Ogni sfera d’uso del linguaggio elabora propri tipi relativamente stabili di enunciazioni, tipi che chiameremo generi del discorso […]. Il problema generale dei generi non è mai stato posto veramente. Si sono studiati per lo più i generi letterari. Ma dall’antichità classica ai nostri giorni essi sono stati studiati dal punto di vista della loro specificità artistica, nelle loro specifiche distinzioni differenziali (nell’ambito della letteratura) e non come tipi particolari di enunciazione […]. Sul piano della linguistica generale il problema della enunciazione e dei suoi tipi non è stato quasi tenuto in nessun conto. A partire dalla antichità classica si sono studiati i generi retorici […] ma anche qui la specificità dei generi retorici (giuridici, politici epidittici) offuscava la loro natura linguistica. Si sono studiati infine anche i generi del discorso quotidiano […]. Ma neppure questo studio poteva portare a una corretta definizione della natura linguistica della enunciazione, perché si limitava alla specificità del discorso quotidiano orale […]. Di particolare importanza è qui rilevare la differenza essenziale tra generi del discorso primari (semplici) e secondari (complessi)» (L’autore e l’eroe, Einaudi, 1979: 40)

generi primari: conversazione quotidiana, lettera, racconto familiare, sorgono all’interno della comunicazione verbale immediata. generi secondari: dramma, romanzo, lavori scientifici, generi pubblicistici di ampie dimensioni, sorgono all’interno di una più complessa e relativamente sviluppata comunicazione culturale (soprattutto scritta). «Per parlare noi ci serviamo sempre di determinati generi del discorso, cioè tutte le nostre enunciazioni dispongono di determinate forme tipiche di costruzione del tutto, relativamente stabili. Praticamente ci serviamo di un ricco repertorio di generi orali e scritti, ma teoricamente ne possiamo anche ignorare l’esistenza: noi parliamo in svariati generi senza sospettarlo. Questi generi ci sono dati quasi come ci è data la lingua materna». I generi del discorso sono «le cinghie di trasmissione dalla storia della società alla storia del linguaggio» (Bachtin, 1979:251). Rapporto tra componenti interne (contenuto e stile) ed esterne (luogo, momento, protagonisti = situazione comunicativa) Problema del rapporto tra stile e genere, libertà individuale d’espressione e forme codificate dell’uso.

Generi del discorso per Maingueneau (2004) Generi di conversazione Generi istituzionali, legati a specifiche istituzioni (scuola, partito, chiesa, giornale), associati ad attanti con ruoli specifici o ad attività relativamente standardizzate (Antelmi, p. 55) Routinari, caratterizzati da modelli stabili (perché qui le scelte comunicative sono strettamente dipendenti dalla situazione storico-sociale): articoli giornalistici, verbali, lettere aziendali, comunicati stampa, contratti, fatture commerciali, leggi, guide turistiche ecc. D’autore, produzioni più personali interne a una tradizione letteraria, filosofica, religiosa (memoria, trattato, romanzo ecc.).

Problema della ibridità e della mescolanza dei generi (Fairclough). La nozione di genere occupa un posto speciale nell’Analisi del discorso: in quanto legato a una specifica pratica sociale, il genere diventa una marca caratterizzante diverse attività comunicative umane. Si considerano generi anche la conversazione e la telefonata, le lettere agli azionisti e le conferenze stampa. Lo spostamento di attenzione verso le attività e gli scopi della interazione umana determina uno slittamento dei generi classici in funzione del raggiungimento di un determinato scopo. Ad esempio l’adozione del genere conversazione in trasmissioni televisive trasforma il rapporto istituzione-cittadino (asimmetrico e sbilanciato per autorità e potere) in un rapporto tra privati e pari, con l’effetto di naturalizzare la rappresentazione del reale (Antelmi, 2006). Problema della ibridità e della mescolanza dei generi (Fairclough).