La zingarella ritrovata

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Transcript della presentazione:

La zingarella ritrovata Antonio Allegri detto Correggio   Che bella zingara!

Come è nata l’idea La Zingarella Dipinto su tavola che raffigura la Madonna con il Bambino durante la fuga in Egitto, un episodio tratto dal Cantico dei Cantici. Tale soggetto fu a suo tempo dipinto da Antonio Allegri, detto il Correggio, poi fu trattato anche dal Caravaggio e da Dosso Dossi. Il quadro del Correggio è oggi esposto al Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, dipinto a olio su tavola con misure 46,5X37,5. Il quadro fu drasticamente manomesso o meglio corrotto da un intervento censorio nel 1934. Grazie ad una riproduzione in bianco e nero del fotografo Anderson di Roma del 1932 (Vedi libro Massimo Mussini) è possibile verificare tale manomissione, che toglie ogni riferimento al Cantico dei Cantici. Vergine e bambino attraversando il deserto assolato si trovano letteralmente disidratati. Due angeli scendono dall’alto e piegano i rami di una palma in modo che i frutti tocchino il terreno e la madre possa raccoglierne i datteri di cui sono colmi i rami. Tutto questo viene eliminato. Anche il coniglietto simbolo di fecondità è stato rimosso. La datazione della scheda tecnica del museo da post 1600- ante 1624, lo colloca nel XVII secolo, primo quarto. Proviene dalla raccolta Farnese.

Il sigillo Due dipinti, due sigilli: La Zingarella di Napoli reca sul retro il sigillo della famiglia Farnese poiché apparteneva al Guardaroba di Ranuccio Farnese ed è così ricordata nell’inventario del 1587 (n.8): “ un ritratto della Madona in habito di Cingana di mano del Correggio, incornisato di noce et cortina di cendalo verde”. La nostra Zingarella che porta sul retro un sigillo della famiglia Carafa. Due papi, Paolo III, Alessandro Farnese e Paolo IV, Giovanpietro Carafa: durante il suo papato il primo nominò il secondo cardinale nel 1536 per poi affidargli la cura del Tribunale dell’Inquisizione. Morto il Farnese nel 1549 dopo sei anni, nel 1555 venne eletto papa il Carafa. Il fatto che delle copie oggi esistenti nessuna riporta sul retro sigilli di appartenenza ci deve far pensare. Il sigillo di una famiglia nobiliare viene apposto a oggetti del patrimonio che hanno un valore. Se i Farnese ritengono di catalogare l’opera del Correggio certo anche i Carafa non possono fare da meno.

Marina Santucci L’avventurosa storia della Zingarella del Correggio

La zingarella ritrovata Presentazione di

Due inediti del correggio Testo dal francese di Raffaele Causa

Testo De Rinaldis

Testo del Ricci tradotto dall’inglese Corrado Ricci/ Heinemann Londra 1896 Capitolo VII Nella vita di ogni uomo c’è un periodo di transizione, un tremendo interludio di depressione e inquietudine da cui non c’è via di scampo. Vi si entra quando cessa di essere un ragazzo e ancora difficilmente può essere definito un uomo. Un maniacale bisogno di felicità lo tiene in uno stato di continua tensione. Il sangue pare scorrere veloce, caldo e tumultuoso attraverso le sue vene. In strano contrasto con l’ancora infantile insieme dei suoi pensieri in generale, visioni d’arte e poesia si formano nella sua anima. Inizia ad amare la solitudine del paesaggio e del mare, nelle nuvole sulla sua testa vede figure di mostri bestiali o fiumi e montagne coperte di neve. Il mondo spiega le sue bellezze e piaceri davanti a lui : ma egli è triste, tormentato da una inesplicabile malinconia, un irragionevole risentimento. Bene, questa strana fase di transizione fisica e spirituale ha la sua controparte nello sviluppo estetico di un grande artista. Corrisponde al periodo in cui dall’imitazione passa alla capacità individuale. In Correggio questo periodo di transizione si esplica dal 1515 al 1518 quando dipinge la Madonna di San Francesco e gli affreschi della camera di San Paolo, il periodo in cui produsse le sue opere più memorabili. Stava gradualmente abbandonando il colore forte e vigoroso, la tradizionale semplicità dei piani, la sobrietà dei tessuti, tutte caratteristiche dei maestri che aveva ammirato e studiato, per cercare un mezzo espressivo più personale. Ma questo non può essere ottenuto all’istante. Cercando di ottenere colori più caldi e trasparenti solo lui raggiunse i toni rossi di Dosso; tentando di unire alla quieta tranquillità delle figure e dei tessuti una vita ed animazione più grandi, non fu sempre pari alle difficoltà evocate e spesso confuso ed imbarazzato .E desiderando sostituire al misticismo contemplativo degli antichi maestri una geniale umanità, gli capitò talvolta di non aggiungere la vivacità d’espressione alla poesia della concezione. Attenti da una parte ad evitare panegirici, non abbiamo bisogno di nascondere che l’arte del Correggio toccò il suo nadir in questo periodo. Non avesse mai pitturato così bene, né prima né dopo, lo conosceremmo solo come uno dei tanti pittori emiliani del ‘600. Possiamo illustrare le nostre opinioni analizzando alcuni casi. La povera qualità del riposo in Egitto agli Uffizi, specialmente nel colore, per lungo tempo lo fece considerare una copia, attribuita al Barocci o a Francesco Vanni e ancora,strano da dire, al Tiarini. Il quadro è del tutto autentico e, pace a Meyer, la sua storia è francamente chiara. La nostra convinzione sulla sua autenticità è sostenuta non solo dalla familiarità dovuta a molti anni di lavoro sui capolavori del Correggio ma dalla convinzione di molti critici eminenti. Il trattamento dei capelli e delle mani, la tinta viola scolorita della veste di san Giuseppe, il modo in cui il colore è dato, come se fosse nelle pieghe della sua cinta bianca, la vaghezza di alcuni contorni ( una qualità al di sopra della capacità di riproduzione di un copista), la spontaneità dell’espressione, che nessuna copia può rendere, tutto combina per convincerci che questo dipinto è di mano del Correggio. Se mai restasse altro dubbio questo viene fugato da uno interessante studio di Meyer della tecnica usata nella Zingarella, che egli suppose erroneamente essere stata dipinta nel 1520. E’ curioso notare come i tratti peculiari in questo momento dello sviluppo pittorico dell’artista appaiono in ciascuno dei quadri dipinti all’epoca. Non solo troviamo lo stesso caldo tono di colore, la stessa nebulosità del paesaggio, lo stesso trattamento del fogliame, le stesse come dire turgide estremità ma in ogni caso riconosciamo lo stesso tipo di viso e la stessa idea dei tessuti. Il viso ovale della Vergine con una bocca larga ed un naso

Testo del Ricci tradotto dall’inglese

Testo del Ricci tradotto dall’inglese Corrado Ricci/ Heinemann Londra 1896 Capitolo VII Nella vita di ogni uomo c’è un periodo di transizione, un tremendo interludio di depressione e inquietudine da cui non c’è via di scampo. Vi si entra quando cessa di essere un ragazzo e ancora difficilmente può essere definito un uomo. Un maniacale bisogno di felicità lo tiene in uno stato di continua tensione. Il sangue pare scorrere veloce, caldo e tumultuoso attraverso le sue vene. In strano contrasto con l’ancora infantile insieme dei suoi pensieri in generale, visioni d’arte e poesia si formano nella sua anima. Inizia ad amare la solitudine del paesaggio e del mare, nelle nuvole sulla sua testa vede figure di mostri bestiali o fiumi e montagne coperte di neve. Il mondo spiega le sue bellezze e piaceri davanti a lui : ma egli è triste, tormentato da una inesplicabile malinconia, un irragionevole risentimento. Bene, questa strana fase di transizione fisica e spirituale ha la sua controparte nello sviluppo estetico di un grande artista. Corrisponde al periodo in cui dall’imitazione passa alla capacità individuale. In Correggio questo periodo di transizione si esplica dal 1515 al 1518 quando dipinge la Madonna di San Francesco e gli affreschi della camera di San Paolo, il periodo in cui produsse le sue opere più memorabili. Stava gradualmente abbandonando il colore forte e vigoroso, la tradizionale semplicità dei piani, la sobrietà dei tessuti, tutte caratteristiche dei maestri che aveva ammirato e studiato, per cercare un mezzo espressivo più personale. Ma questo non può essere ottenuto all’istante. Cercando di ottenere colori più caldi e trasparenti solo lui raggiunse i toni rossi di Dosso; tentando di unire alla quieta tranquillità delle figure e dei tessuti una vita ed animazione più grandi, non fu sempre pari alle difficoltà evocate e spesso confuso ed imbarazzato .E desiderando sostituire al misticismo contemplativo degli antichi maestri una geniale umanità, gli capitò talvolta di non aggiungere la vivacità d’espressione alla poesia della concezione. Attenti da una parte ad evitare panegirici, non abbiamo bisogno di nascondere che l’arte del Correggio toccò il suo nadir in questo periodo. Non avesse mai pitturato così bene, né prima né dopo, lo conosceremmo solo come uno dei tanti pittori emiliani del ‘600. Possiamo illustrare le nostre opinioni analizzando alcuni casi. La povera qualità del riposo in Egitto agli Uffizi, specialmente nel colore, per lungo tempo lo fece considerare una copia, attribuita al Barocci o a Francesco Vanni e ancora,strano da dire, al Tiarini. Il quadro è del tutto autentico e, pace a Meyer, la sua storia è francamente chiara. La nostra convinzione sulla sua autenticità è sostenuta non solo dalla familiarità dovuta a molti anni di lavoro sui capolavori del Correggio ma dalla convinzione di molti critici eminenti. Il trattamento dei capelli e delle mani, la tinta viola scolorita della veste di san Giuseppe, il modo in cui il colore è dato, come se fosse nelle pieghe della sua cinta bianca, la vaghezza di alcuni contorni ( una qualità al di sopra della capacità di riproduzione di un copista), la spontaneità dell’espressione, che nessuna copia può rendere, tutto combina per convincerci che questo dipinto è di mano del Correggio. Se mai restasse altro dubbio questo viene fugato da uno interessante studio di Meyer della tecnica usata nella Zingarella, che egli suppose erroneamente essere stata dipinta nel 1520. E’ curioso notare come i tratti peculiari in questo momento dello sviluppo pittorico dell’artista appaiono in ciascuno dei quadri dipinti all’epoca. Non solo troviamo lo stesso caldo tono di colore, la stessa nebulosità del paesaggio, lo stesso trattamento del fogliame, le stesse come dire turgide estremità ma in ogni caso riconosciamo lo stesso tipo di viso e la stessa idea dei tessuti. Il viso ovale della Vergine con una bocca larga ed un naso

Testo di Fabbri

Testo Elisabetta Margini

Racconto fantastico di defendente Sacchi