Contesto, cause e strategie d’uscita 1929: la grande crisi Contesto, cause e strategie d’uscita
Un difficile dopoguerra La prima guerra mondiale porta con sé la fine dell’eurocentrismo Decadenza economica dell’Europa: danni materiali e perdite umane economie stremate pace punitiva revanscismo tedesco Ascesa del Giappone Stati Uniti guida del capitalismo mondiale
Un difficile dopoguerra Iniziale ripresa produttiva legata alla ricostruzione 1921: sovrapproduzione, disoccupazione, chiusura di fabbriche, fallimento di banche Povertà diffusa 1922-25: segnali di ripresa
Il dopoguerra negli Stati Uniti Presidenza repubblicana: Harding (1921-23) e Coolidge (1923-1928): Isolazionismo dall’Europa Sviluppo produttivo interno Liberismo, impulso all’iniziativa privata Protezionismo doganale Sviluppo dei grandi gruppi industriali Limitazione dell’immigrazione (1924)
Il dopoguerra negli Stati Uniti L’isolazionismo Usa accresce il nazionalismo conservatore e reazionario: Campagna contro il comunismo utilizzata in chiave antisindacale e antioperaia Campagna contro l’immigrazione di italiani, polacchi, irlandesi e asiatici Aumento delle discriminazioni razziali e sociali: il Ku Klux KLan (4 milioni di aderenti) si mobilita contro gli elementi “antiamericani”: negri, cattolici, ebrei, stranieri, socialisti, comunisti, sindacalisti.
Il dopoguerra negli Stati Uniti 1922-1929: Predominio del capitale monopolistico Crescita delle concentrazioni (trust) Assorbimento delle piccole e medie imprese Boom per l’industria automobilistica
Il Taylorismo Frederick Taylor studia un’organizzazione del lavoro atta ad aumentarne la produttività: parcellizzare il lavoro affidare ad ogni lavoratore operazioni semplici e ripetitive massimizzare la produzione per addetto selezione del personale incentivi economici
La fabbrica fordista Henry Ford applica i principi del taylorismo alla fabbrica automobilistica. Catena di montaggio
La catena di montaggio Processo di assemblaggio che ottimizza il lavoro degli operai e riduce i tempi di produzione: un nastro scorre portando con sé i pezzi da assemblare ogni operaio assembla un unico pezzo, tramite movimenti ripetitivi e meccanici negli stabilimenti della Ford i tempi necessari a produrre una singola autovettura si ridussero da 12 ore ad un'ora sola.
LA CATENA DI MONTAGGIO
Il presidente Hoover, nel novembre 1928, annuncia: “Il mondo ha davanti a sé oggi la più grande era di espansione commerciale della nostra storia” Un anno dopo, il crollo di Wall Street
Verso il crollo 1929: Aumento dei salari ma soprattutto dei profitti: progressiva concentrazione della ricchezza il 59% della popolazione ha un reddito al limite della soglia di povertà il 5% della popolazione percepisce un terzo dell’intero reddito nazionale 500 magnati americani hanno ciascuno un reddito pari a quello 60.000 operai Divario insanabile tra la produzione industriale e le limitate capacità di assorbimento del mercato interno
Verso il crollo L’aumento dei salari operai riguarda quelli delle grandi fabbriche meccaniche Basso reddito degli agricoltori, dei lavoratori edili, di quelli tessili, dei minatori Alto livello di disoccupazione Commercio estero bloccato dal protezionismo
La grande crisi La più catastrofica mai conosciuta dal capitalismo, legata alle difficoltà di garantire uno sbocco di mercato ai livello produttivi sempre più alti, in un regime di protezionismo generalizzato Il mondo agricolo, in un periodo i bassi prezzi dei prodotti agricoli, non garantisce l’assorbimento dei prodotti dell’industria
La grande crisi La ripresa economica degli anni precedenti aveva sviluppato la fiducia nel mercato azionario delle imprese industriali Crescita eccessiva ed artificiosa del valore delle azioni delle industrie: fiducia “drogata” e speculazione Aumenti anche del 250% dal 1927 al 1929
La grande crisi 24 ottobre 1929: il crollo della borsa di New York interrompe i progressi registrati dall’economia nei paesi capitalistici: Drastica diminuzione della produzione Usa Cessazione dei prestiti all’Europa Riduzione del commercio internazionale del 70% tra il 1929 e il 1933
La grande crisi Nel periodo più acuto della depressione (1932-33) si registra ovunque un aumento verticale della disoccupazione: 13 milioni in Usa 5 in Germania 3 in Gran Bretagna 700 mila in Italia 400 mila in Austria 31 mila in Francia grazie al reimpatrio dei lavoratori stranieri
Le vie d’uscita dalla crisi Nessuna rivoluzione socialista nei paesi capitalistici Crescita del ruolo dello Stato nella vita economica: unione organica tra grande capitale e classe dirigente statale Ulteriore crescita del capitale monopolistico: i trust pianificano e controllano le economie nazionali
Le vie d’uscita dalla crisi Lo stato assume una funzione di regolatore dell’economia: Investimenti pubblici in banche e imprese industriali Finanziamento di opere pubbliche Erogazione di sussidi di disoccupazione Dalla crisi la borghesia finanziaria e industriale esce rafforzata, il movimento operaio fortemente indebolito
Le vie d’uscita dalla crisi Protezionismo Inflazione combattuta comprimendo i salari Disoccupazione contrastata con sussidi e opere pubbliche Produzione industriale rilanciata con una politica generalizzata di riarmo
La recessione La risposta degli industriali attiva una spirale perversa: Riduzione della produzione Riduzione dei salari Riduzione del potere di acquisto Aumento della disoccupazione
La recessione 1929-1932: Crollo della produzione industriale del 50% Fallimento di 6 mila banche Riduzione del reddito agricolo del 50% Riduzione dei salari del 45%
La recessione Masse di contadini, operai, piccolo e medio borghesi piombano nella miseria Si diffondono le mense dei poveri, le marce per il pane
La recessione Hoover, convinto liberista rifiuta la logica dei sussidi finanzia opere pubbliche e il salvataggio di imprese e banche inasprisce il protezionismo reprime le proteste
La svolta di Roosevelt: il New deal F. D. Roosevelt viene eletto presidente nel novembre 1932: Potenziamento dei lavori pubblici Sostegno dei prezzi agricoli Sviluppo delle attività assistenziali Controllo governativo sugli istituti finanziari, sui trasporti e sui servizi pubblici
La svolta di Roosevelt: il New deal Rialzo controllato dei prezzi per incrementare i profitti Aumento del valore reale dei salari per favorire i consumi e la ripresa produttiva Rapporto più equilibrato tra reddito agricolo e reddito industriale Garanzie statali per i diritti dei lavoratori: lo stato diventa mediatore dei rapporti tra le classi sociali Alla fine del 1938 la ripresa economica indotta dal New deal segna la fine della grande depressione in Usa
La ricetta Keynesiana Maynard Keynes, nel 1936, teorizza: Razionalizzazione dello sviluppo economico Regime di alti salari per rilanciare i consumi e combattere la sovrapproduzione Basso livello di tassi di interesse per favorire il credito alle imprese Maggiore tassazione sul reddito per garantire allo Stato il gettito necessario a finanziare le opere pubbliche Creazione di una serie di ammortizzatori sociali per combattere gli effetti sociali della disoccupazione di massa
La grande crisi: il caso tedesco Inflazione (1921-23): 1 kg di burro costa 5.600 miliardi di marchi 1 dollaro vale 160 mila marchi nel luglio 1923, vale 4 miliardi e 200 milioni di marchi nel novembre 1923 Piano Dawes (1924): La Germania può pagare i debiti di guerra se rilancia l’economia Per rilanciare l’economia sono necessari aiuti finanziari esterni e il ritorno della Ruhr ai tedeschi I finanziamenti americani vengono usati per pagare i debiti di guerra
La grande crisi: il caso tedesco 1924-1928: gli Stati Uniti finanziano la ricostruzione della Germania per timore di un’espansione a ovest della rivoluzione: la ripresa economica tedesca favorisce la stabilizzazione politica interna
La grande crisi: il caso tedesco La ripresa economica tedesca dipende dai prestiti esterni La loro progressiva riduzione annuncia già nel 1928 la crisi La cancellazione di ogni controllo straniero sull’economia tedesca (1928-29) non basta a frenarne le conseguenze
La grande crisi: il caso tedesco Mancanza di crediti, crollo delle esportazioni Crollo della piccola e media impresa Aumento della disoccupazione (da 1.5 a 6 milioni in 4 anni) Crollo della produzione industriale (-50%) Fuga di capitali all’estero La conseguente grave instabilità politica apre le porte all’ascesa del nazismo
La grande crisi: il caso italiano Politica economica del fascismo (1925-1927): aumento dell’intervento statale riduzione delle importazioni mobilitazione delle risorse interne (battaglia del grano) rivalutazione della lira (“quota 90”): rincaro dei prodotti nazionali calo delle esportazioni salvaguardia del reddito piccolo borghese concentrazione industriale (aumento della produzione del 60% tra il 1920 e il 1929)
La grande crisi: il caso italiano 1927: Carta del lavoro Economia e società corporativa come terza via tra capitalismo e collettivismo le classi sociali devono cooperare per il bene comune Il benessere dei produttori si realizza solo nell’ambito di una unità sociale garantita dallo stato Lo Stato è il regolatore dei rapporti tra le classi
La grande crisi: il caso italiano Crisi del sistema bancario Riduzione della produzione Aumento della disoccupazione (da 300 mila a 1 milione in tre anni) Opere pubbliche (strade, autostrade, acquedotto pugliese, ferrovie, edilizia pubblica, bonifica)
La grande crisi: il caso italiano Nel 1933 nasce l’Iri (Istituto ricostruzione industriale): ente bancario-industriale a carattere misto, in parte statale e in parte privato. Lo stato con l’Iri controlla le più grandi banche italiane e settori industriali strategici (siderurgia, cantieristica, meccanica): privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite
La grande crisi: il caso italiano Contenimento produttivo in un mercato garantito e ad alti prezzi: autarchia campagna demografica riarmo
Il modello sovietico L’unico paese a passare immune attraverso la crisi è l’Urss, impegnata in un processo di rapidissima industrializzazione forzata: Tra il 1924 ed il 1928 la lotta per la successione a Lenin, vinta da Stalin, si è intrecciata con scelte economiche opposte
Il modello sovietico 1927: progetto di pianificazione economica 1929: primo piano quinquennale: priorità: industria pesante il problema agrario: kolkoz e kulaki +300% produzione industriale dal 1929 al 1940 niente disoccupazione modello studiato da economisti occidentali
Il modello sovietico trasformazione radicale dell’Urss in meno di vent’anni: da paese semifeduale a grande potenza mondiale contrasto tra indici di crescita economica e costi sociali
1929: una svolta epocale “La grande crisi distrusse per mezzo secolo il liberismo economico” E. Hobsbawn La politica di riarmo avviata da Germania, Giappone e Italia dimostra l’incapacità del capitalismo di trovare un proprio equilibrio interno durevole e avvia il mondo verso un nuovo conflitto mondiale