LA NORMATIVA PER LA DIFESA DALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO La normativa italiana sulla protezione dall’inquinamento atmosferico è stata la prima in ordine di tempo ad essere emanata, in quanto risale alla legge 13 luglio 1966, n. 615, nota anche come legge antismog. Ad essa sono seguiti i regolamenti di esecuzione riguardanti: gli impianti termici (DPR 22.12.1970, n. 1391); il settore delle industrie (DPR 15.04.1971 n. 322); i veicoli con motore diesel (DPR 22.02.1971 n. 323).
Il successivo trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni e agli enti locali ha portato ad una prima serie di interferenze nelle attribuzioni di compiti, che sono state ulteriormente complicate dall’entrata in vigore della Legge n. 833/1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (al quale era stata demandata in modo esplicito la tutela dell’ambiente) e della Legge n. 349/1986 con la quale era istituito il Ministero dell’ambiente che attribuiva a questa nuova struttura le competenze generali in materia di inquinamento atmosferico. Sembrano essere proprio l’eccessiva proliferazione di norme e la frammentazione di competenze gli ostacoli per una corretta applicazione delle normative fino ad allora vigenti.
La Legge 615/1966, non completamente abrogata anche se in gran parte modificata da interventi successivi, aveva come obiettivo il controllo delle “emissioni in atmosfera di fumi, gas e odori di qualsiasi tipo atti ad alterare le normali condizioni di salubrità dell’aria e di costituire pertanto pregiudizio diretto o indiretto alla salute dei cittadini e danno ai beni pubblici o privati”. La Legge 615/1966 è stata in seguito modificata da numerosi provvedimenti, tra cui uno relativo al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi ed altri in cui sono stati fissati gli standard di qualità dell’aria definiti come limiti massimi di accettabilità delle concentrazioni di inquinanti.
Legge n. 615/1966: Provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico Legge n. 615/1966: Provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico. Aggiornamenti: DM 20/05/1991 Criteri per l’elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell’aria. DM del 27/03/1998 Mobilità sostenibile nelle aree urbane. DL n. 351 del 04/08/1999 Attuazione della Direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente.
DPR 10/05/1982 N. 485 Attuazione della Direttiva (CEE) n DPR 10/05/1982 N. 485 Attuazione della Direttiva (CEE) n. 78/611 relativa al contenuto di piombo nella benzina per i motori ad accensione comandata destinati alla propulsione degli autoveicoli. Aggiornamenti: DM del 14/11/1997 Attuazione della Direttiva 96/69/CEE dell’8 ottobre 1996 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri relative alle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico da emissioni di veicoli a motore. DM del 21.12.1999 Attuazione della Direttiva 98/69/CE del 13 ottobre 1998 relativa alle misure da adottare contro l’inquinamento atmosferico da emissioni di veicoli a motore.
DL n. 372 del 04/08/1999 Attuazione della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC Integrated Pollution Prevention and Control). Il decreto disciplina la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente da attività industriali (Attività energetiche, Produzione e trasformazione dei metalli, Industria dei prodotti minerali, Industria chimica, Gestione dei rifiuti, Altre attività) e prevede misure intese ad evitare o ridurre le emissioni di tali attività nell’aria, nell’acqua e nel suolo per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso.
Direttiva 98/70/CE del 13 ottobre 1998 relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel. La Direttiva definisce i seguenti termini tecnici: 1) “benzina”: gli oli minerali volatili destinati al funzionamento dei motori a combustione interna e ad accensione comandata 2) “combustibile diesel” i gasoli utilizzati per i veicoli a propulsione autonoma ad accensione per compressione.
Direttiva 98/70/CE del 13 ottobre 1998 relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (segue) La Direttiva, all’art. 3, stabilisce che a decorrere al più tardi dal 1° gennaio 2000 gli Stati membri provvedono affinchè sul loro territorio venga commercializzata soltanto benzina senza piombo. La stessa Direttiva tuttavia stabilisce anche che, in deroga a quanto sopra, ad uno stato membro può essere consentito, su richiesta dello stesso, continuare a permettere la commercializzazione di benzina contenente piombo, comunque non oltre il 1° gennaio 2005, qualora possa provare che l’introduzione di un divieto provocherebbe gravi difficoltà socioeconomiche …..
LA NORMATIVA PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI Il primo provvedimento legislativo contro l’inquinamento da rifiuti è costituito dal DPR 10 settembre 1982, n. 915 e dalla deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 che concerne la normativa tecnica di attuazione dello stesso decreto. A questi provvedimenti sono seguite la Legge 29 ottobre 1987, n. 441 recante disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti e la Legge 9 novembre 1988, n. 475 recante disposizioni urgenti in materia di smaltimento di rifiuti industriali. Come si può notare dai titoli dei provvedimenti elencati, la normativa sui rifiuti è sempre stata improntata ai criteri di “urgenza” stanti i ritardi con cui la materia è stata affrontata e la necessità di rincorrere continuamente gli effetti causati dalla produzione di rifiuti e dalle difficoltà di gestione dei sistemi di corretto smaltimento.
Questi provvedimenti legislativi, ad eccezione della deliberazione del Comitato Interministeriale 27 luglio 1984 e di alcuni articoli delle leggi 441/87 e 475/88, sono stati abrogati dal Decreto Legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22, conosciuto anche come decreto Ronchi dal nome del Ministro dell’Ambiente da cui è stato emanato. Fino alla entrata in vigore del D. Lgs. 22/97 sono stati emanati numerosi altri decreti a parziale modificazione e/o integrazione di quelli precedenti. Anche la maggior parte di questi è stata abrogata. Merita di essere ricordato il Decreto Ministeriale del 19/07/1989 con il quale sono stati approvati gli schemi di statuto dei consorzi nazionali obbligatori per il riciclaggio dei contenitori ed imballaggi in vetro, metallo e plastica.
Merita di essere ricordato anche il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n° 377 del 10/08/1988 relativo alla regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale (Valutazione di Impatto Ambientale o VIA). Successivamente al D.lgs 22/1997 sono stati emanati nel nostro paese i seguenti altri provvedimenti: Il D.lgs 13/01/2001 n. 36 e il D.M 13/03/2003, che introducono nell’ordinamento nazionale la nuova disciplina in materia di Il D.lgs 24/06/2003 n. 209 (attuazione della Direttiva 2000/53/CE) relativo ai veicoli fuori uso. Il Decreto 08/05/2003 n.203 e altre disposizioni in materia di “Green Public Procurement”
Il DPR 15/09/2003 n. 254 sulla gestione dei rifiuti sanitari Schema di Decreto di recepimento della Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento di rifiuti Il D.lgs del 29/12/2003 n. 387 sulla promozione dell’elettricità da fonti rinnovabili
LA NORMATIVA PER LA DIFESA DALL’INQUINAMENTO IDRICO La prima legge specifica sulla tutela delle acque dall’inquinamento è stata la Legge 10 maggio 1976, n. 319, conosciuta anche come Legge Merli dal nome del Presidente del Comitato interparlamentare da cui è stata elaborata. Il provvedimento, più volte modificato ed integrato, è stato definitivamente abrogato dal Decreto Legislativo 152/1999. La finalità della legge riguardava, tra l’altro, la disciplina degli scarichi di qualsiasi tipo, pubblici e privati, diretti e indiretti, in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, sia pubbliche che private, nonché in fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
La legge prevedeva il censimento su tutto il territorio nazionale dei corpi idrici e la predisposizione dei piani regionali per il risanamento delle acque. La regolamentazione degli scarichi era basata su limiti di accettabilità indicati in tabelle che comprendevano i valori massimi tollerati o gli intervalli consentiti di numerosi parametri fisici, chimici e microbiologici. Le competenze di carattere generale erano attribuite allo Stato mentre altre competenze specifiche erano attribuite alle Regioni, alle Province, ai Comuni e loro consorzi, alle comunità montane.
Art. 1. Tutela e uso delle risorse idriche Art. 1. Tutela e uso delle risorse idriche. Tutte le acque superficiali sono pubbliche. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative e i diritti delle generazioni future. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse. Art. 8. Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato. I servizi idrici sono riorganizzati sulla base di Ambiti Territoriali Ottimali (ATO).
Decreto Legislativo del Governo n° 152 del 11/05/1999 Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Modificato dal D.Lgs. 258/00.
Art. 1 - Finalità. 1. Il presente decreto definisce la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo gli obiettivi seguenti: a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati; b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi; c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili; d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti: a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici; b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di sanzioni; c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del corpo recettore; d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici; e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili; f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
Art. 2 - Definizioni. Ai fini del presente decreto si intende per: "abitante equivalente": il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno. Vengono date inoltre le altre definizioni tecniche che seguono: "acque dolci“; "acque reflue domestiche“; "acque reflue industriali“; "acque reflue urbane“; "acque sotterranee“; "eutrofizzazione“ Art. 3 - Competenze.
Art. 4 - Disposizioni generali. 1 Art. 4 - Disposizioni generali. 1. Al fine della tutela e risanamento delle acque superficiali e sotterranee, il presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici da garantirsi su tutto il territorio nazionale. 2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate. 4. In attuazione del presente decreto sono adottate, mediante il piano di tutela delle acque misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 31 dicembre 2016: a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono" b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale "elevato" come definito nell'Allegato 1;
Art. 5 - Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale. 1. Entro il 30 aprile 2003, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli. 42 e 43, le regioni identificano per ciascun corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità corrispondente a una di quelle indicate nell'Allegato 1. 2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale. 3. Al fine di assicurare entro il 31 dicembre 2016 il raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo stato "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato "sufficiente" di cui all'allegato 1.
Art. 58 - Danno ambientale, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati. Chi con il proprio comportamento omissivo o commissivo in violazione delle disposizioni del presente decreto provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo e alle altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento
Art. 59 - Sanzioni penali. 1. Chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione, ovvero continua ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da lire due milioni a lire quindici milioni.
GLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE DELLE ACQUE REFLUE I sistemi di depurazione possono essere classificati in base al livello di trattamento dei reflui, cioè in base a quanto è "spinta" la depurazione delle acque. Nella generalità dei casi il trattamento dei reflui prevede le fasi seguenti. a) Trattamenti preliminari: Hanno lo scopo di separare dal liquame le sostanze solide estranee, che potrebbero creare problemi agli impianti di depurazione (detriti, rifiuti solidi, oli, sabbie), attraverso griglie grossolane e fini, dissabbiatori e disoleatori. b)Trattamenti primari: Hanno l'obiettivo di rimuovere gli SST (solidi sospesi totali) prevalentemente di natura organica, presenti nel liquame influente. Il processo può essere agevolato attraverso l'impiego di particolari sostanze flocculanti che aumentano il grado di aggregazione delle particelle e quindi la loro sedimentabilità.
c) Trattamenti secondari: Sono finalizzati all'abbattimento della sostanza organica biodegradabile e alla rimozione dei solidi in forma colloidale, non sedimentabili e, quindi, non separabili con trattamenti di tipo fisico. d) Trattamenti terziari: Hanno lo scopo di perfezionare la depurazione riducendo il carico di elementi nutrienti (fosforo e azoto) presenti nell'effluente secondario. In certi casi il trattamento terziario elimina sostanze poco biodegradabili che non sono state eliminate attraverso il metabolismo batterico.
Delle quattro fasi previste in un impianto di depurazione delle acque reflue urbane (fase preliminare meccanica, trattamento biologico a fanghi attivi, trattamento chimico quando si renda necessaria una depurazione spinta, trattamento dei fanghi di risulta) l’ultima fase rappresenta il problema più grave della depurazione delle acque. Per avere una dimensione di tale problema si consideri che per un Comune come quello di Verona di medie dimensioni (popolazione residente poco superiore a 250.000 abitanti) ogni giorno vengono trattati oltre 90.000 metri cubi di reflui che generano circa 50 tonnellate di fanghi di risulta. Una soluzione efficace per il trattamento dei fanghi è costituita dalla digestione anaerobica.
Si tratta di un processo biologico complesso, che ha luogo in assenza di ossigeno, per mezzo del quale la sostanza organica viene trasformata in biogas, costituito principalmente da metano e anidride carbonica (la percentuale di metano può arrivare, nelle migliori condizioni, fino al 75-80 %). La trasformazione della sostanza organica in biogas avviene per opera di particolari microrganismi anaerobi (batteri metanigeni) all’interno di digestori a silo di dimensioni variabili. La produzione di biogas è notevolmente condizionata dalla temperatura all’interno del digestore, dal tipo di inoculo batterico, dalla natura del liquame da trattare e da altri fattori di esercizio dell’impianto.
Il biogas recuperato, dopo essere stato opportunamente depurato, può essere utilizzato per la combustione diretta e la sola produzione di calore o, in alternativa, in sistemi di cogenerazione per la produzione contemporanea di energia elettrica e calore. Si stima che in Europa siano operativi circa 2.000 digestori associati ad impianti di trattamento di fanghi di depurazione delle acque reflue urbane e circa 2.500 digestori per il trattamento di liquami zootecnici.
Tecnologie a ridotto impatto ambientale I sistemi di fitodepurazione e lagunaggio sono definiti dalla normativa sistemi depurativi "naturali". Essi sono in realtà impianti artificiali appositamente progettati e costruiti secondo regole ingegneristiche, per riprodurre i processi autodepurativi caratteristici delle aree umide naturali. Secondo la pratica comune, il termine "naturale" o "a ridotto impatto ambientale" è usato per distinguere questi sistemi dalle tecnologie convenzionalmente applicate ai reflui urbani (sistemi a fanghi attivi o a biomassa sospesa).