Fisiopatologia delle Sindromi Coronariche Acute

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Fisiopatologia delle Sindromi Coronariche Acute Pistoia, 11 Gennaio 2014 Stefano Stroppa Cardiologo, Ospedale “San Jacopo”, Pistoia

Cardiopatia ischemica Rappresenta la causa più frequente di morbilità e mortalità nei paesi occidentali (Italia: oltre 135.000 nuovi casi/anno). L’incidenza e la prevalenza della malattia sono in aumento per il progressivo incremento dell’aspettativa di vita ed il miglioramento della prognosi dopo eventi coronarici acuti.

1950 - 2010 AUMENTO POPOLAZIONE 141 % AUMENTO > 65 aa 218 %

Andamento decessi insufficienza cardiaca versus cardiopatia ischemica: U.S.A. Scompenso Cardiaco Decessi cardiopatia ischemica (migliaia) Decessi scompenso cardiaco (migliaia) Cardiopatia Ischemica

Cardiopatia ischemica La cardiopatia ischemica è una patologia cronica che può andare incontro a manifestazioni cliniche acute che spesso coincidono con l’esordio della malattia.

Cardiopatia ischemica L’ischemia miocardica è il risultato di una discrepanza tra domanda di O2 da parte del tessuto miocardico ed offerta dello stesso attraverso il circolo coronarico. DOMANDA DI O2 OFFERTA

Ischemia miocardica Fisiopatologia Due sono i fattori che intervengono nella genesi dell’ischemia miocardica: la riduzione del flusso coronarico l’aumento del consumo miocardico di O2

Ischemia miocardica Fisiopatologia (2) • Contrattilità Il cuore è un organo aerobio, dunque il fabbisogno miocardico di O2 fornisce un indice accurato del suo metabolismo Principali determinanti del consumo miocardico di O2: • Frequenza cardiaca • Contrattilità • Stress parietale (postcarico), dipendente a sua volta da due fattori: • Pressione sviluppata all’interno • Raggio medio cavità

Ischemia miocardica Fisiopatologia (3) La discrepanza tra fabbisogno ed apporto di ossigeno al miocardio è quasi sempre (> 90% dei casi) secondaria alla presenza di placche aterosclerotiche, determinanti una significativa riduzione del flusso ematico a livello coronarico.

associata a vasospasmo Ischemia miocardica Fisiopatologia (4) Placca ateromasica associata a vasospasmo

Cardiopatia ischemica Manifestazioni cliniche Sindromi coronariche acute Infarto miocardico acuto: STEMI; NSTEMI Angina instabile Angina pectoris cronica stabile Ischemia miocardica silente Morte improvvisa coronarica Insufficienza cardiaca

Aterosclerosi e malattia coronarica A questo punto potremmo già concludere dicendo che le statine vanno usate nei soggetti a rischio di malattia aterosclerotica e che la riduzione o meno dell’ictus dipende dalla popolazione studiata, dalla durata del follow-up, dalla statine usata, dalla sua dose. In parole povere, dobbiamo identificare meglio i pazienti che possono beneficiare dal trattamento onde potenziare i risultati senza disperdere le risorse. Per fare questo bisogno chiedersi:perché le statine riducono l’incidenza dell’ictus ischemico? E inoltre: esistono differenze d’azione tra le diverse statine? Escludendo gli studi che non hanno dimostrato una riduzione dell’ictus, negli altri si è visto che la riduzione degli eventi cardiovascolari e cerebrovascolari legato all’uso delle statine è risultato essere più marcato di quanto atteso. In particolare, si è visto che, a parità di colesterolemia, i pazienti in trattamento avevano una riduzione degli eventi rispetto ai pazienti placebo. Questo a portato alla scoperta degli effetti pleiotropici delle statine e ad una estensione del loro uso. Vediamo però di procedere con ordine. Questa diapositiva arcinota ci ricorda la storia naturale della malattia aterosclerotica, dalla formazione delle strie lipidiche alla rottura della placca con conseguente trombosi e/o embolizzazione del materiale contenuto nella placca. Libby P. Circulation, 2001;104:365-72 12

Aterosclerosi e malattia coronarica (3) Cardiopatia ischemica Fattori di rischio Disordini generalizzati Età Obesità Stile di vita Fumo Dieta Sedentarietà Tratti genetici Sesso PlA2 Condizioni sistemiche Ipertensione Iperlipidemia Diabete Stati di ipercoagulabilità Omocisteinemia Cardiopatia ischemica (SCA, angina) Infiammazione PCR elevata CD40, IL-6 Fattori protrombotici (I e II) Fibrinogeno L’aterosclerosi è una condizione che si sviluppa nel corso di diversi decenni. I fattori di rischio che possono promuoverla sono: il fumo, l’ipertensione, l’iperlipemia, l’iperglicemia, con o senza obesità. Alcuni fattori di rischio come l’età, il sesso, la razza o l’etnia non sono modificabili, ma comunque importanti. L’incidenza di ictus raddoppia ad ogni decade dopo i 55 anni di età e l’età è il fattore di rischio singolo più importante per l’ictus. Il rischio relativo è maggiore se uno dei genitori ha un’anamnesi positiva per ictus o TIA e la familiarità da parte paterna comporta un rischio maggiore rispetto a quella materna. Bibliografia Yusuf S, Reddy S, Ounpuu S, et al. Global burden of cardiovascular diseases: part I: general considerations, the epidemiologic transition, risk factors, and impact of urbanization. Circulation. 2001;104:2746-2753. Drouet L. Atherothrombosis as a systemic disease. Cerebrovasc Dis. 2002;13(suppl 1):1-6. Fattori locali Flusso sanguigno Stress di parete Diametro del vaso Struttura della parete % di stenosi Yusuf S, et al. Circulation. 2001;104:2746-3 Drouet L. Cerebrovasc Dis. 2002;13(suppl 1):1-6 13

Aterosclerosi e malattia coronarica (3) L’aterosclerosi è un lungo processo che inizia molto precocemente Nei pazienti che sviluppano una sindrome coronarica acuta questa evoluzione subisce degli improvvisi cambiamenti che si traducono in eventi clinici

Placca aterosclerotica Caratteristiche: placca stabile/instabile Instabile Stabile Cellule infiammatorie Mancanza di cellule infiammatorie Cappuccio fibroso sottile Numerose cellule muscolari lisce Cappuccio fibroso spesso Poche cellule muscolari lisce Falk ha analizzato i lavori di altri ricercatori sulla gravità delle stenosi e sulla correlazione col rischio di sviluppare IMA. I suoi risultati hanno dimostrato che più dell’86% degli infarti si sono verificati in soggetti con placche che causavano una stenosi <70% del lume vasale. Molti esperti prima di questo studio sostenevano che gli infarti derivassero dalla crescita sempre maggiore del volume delle placche sino a giungere ad ostruire completamente il lume del vaso. Basandosi sui dati di Falk ora sappiamo che la prima causa di IMA è la rottura di un placca instabile causa di una stenosi <70% e quindi clinicamente silente prima dell’evento acuto. Endotelio eroso Endotelio intatto Macrofagi attivati Cellule schiumose Referenze 1 Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation. 1995;92:657-671. Libby P. Circulation. 1995;91:2844-50 15

Placca aterosclerotica (2) La presenza di una lesione stenosante di un ramo epicardico determina a valle della stenosi una caduta di pressione che è proporzionale alla riduzione del calibro vasale; il gradiente pressorio che si crea stimola la dilatazione dei vasi di resistenza allo scopo di mantenere un flusso adeguato in condizioni basali. Questo spiega l’assenza di segni clinici ed elettrocardiografici di ischemia a riposo.

Placca aterosclerotica (3) Quando la stenosi riduce la sezione del vaso coronarico epicardico oltre l’80%, si ha una riduzione del flusso anche in condizioni basali. In tale situazione l’albero coronarico è costretto ad impiegare gran parte della sua riserva per mantenere un apporto metabolico adeguato. A questo punto possono comparire segni clinici ed elettrocardiografici di ischemia anche in condizioni di riposo.

Placca aterosclerotica stabile La presenza di una placca stabile (con cappuccio fibroso “integro”) determina una riduzione della soglia ischemica che rende la patologia sintomatica sotto sforzo o in circostanze in cui aumenta il lavoro cardiaco (crisi ipertensiva, infezioni, tireotossicosi, tachiaritmie) o in caso di scarsa perfusione (tachiaritmie, stenosi aortica) o per una ridotta ossigenazione (anemia; ipossiemia).

Placca aterosclerotica instabile La presenza di una placca instabile (con cappuccio fibroso “eroso”) su cui, quindi, in caso di “rottura”, si sovrappone una trombosi intraluminale, può dare luogo, anche con un eventuale vasospasmo associato, ad una stenosi occlusiva o sub-occlusiva acuta, sintomatica sia in condizione di riposo, sia in conseguenza di sforzi di intensità variabile, per l’azione di vari fattori.

Patogenesi dell’aterosclerosi

Fattori di rischio per la rottura Placca aterosclerotica Fattori di rischio per la rottura Fattori locali Fattori sistemici Fragilità del cappuccio Fumo Colesterolo Core ateromatoso (volume/consistenza) Diabete mellito Fibrinogeno Spessore del cappuccio/consistenza Omocisteina Infiammazione del cappuccio Aumentata fibrinolisi Sono stati identificati molti fattori di rischio per la rottura delle placche. I fattori includono la dimensione e la consistenza del core ateromatoso, lo spessore e la quantità di collagene del cappuccio fibroso, l’infiammazione del cappuccio e la sua fragilità. Un volume e una consistenza aumentati del core ateromatoso sono associati ad alto rischio di rottura. Le placche a livello aortico con un core che occupa più del 40% del volume della placca sono particolarmente vulnerabili. Anche la consistenza dei lipidi extracellulari e, in particolare, del colesterolo all’interno del core caratterizza la vulnerabilità della placca. Il colesterolo esterificato rende la placca più debole e meno stabile, quindi altamente trombogenica. La rottura della placca si verifica nelle zone in cui il cappuccio è più sottile, contiene meno collagene ed è maggiormente infiltrato di macrofagi. Al contrario un aumento del numero di cellule muscolari lisce stabilizza la placca e la rende meno suscettibile alle rotture. Infine, quando ci si riferisce alla ‘fragilità del cappuccio’ si intende tutta quella serie di meccanismi emodinamici, quali l’elevata velocità del sangue o l’elevata pressione che sono causa di uno stress sul cappuccio e che ne aumentano il rischio di rottura. Vi sono numerose evidenze che una serie di fattori come fumo, valori elevati di colesterolo plasmatico, diabete, iperomocisteinemia e lo stress di parete possano aumentare il rischio di rottura della placca e la tendenza alla trombogenesi. Questi fattori possono essere tutti correlati all’attivazione piastrinica. Bibliografia Falk E, Shah PK, Fuster V. Coronary plaque disruption. Circulation. 1995;92:657-671. Fuster V, Badimon L, Badimon JJ, et al. The pathogenesis of coronary artery disease and the acute coronary syndromes. N Engl J Med. 1992;326:310-318. Rottura della placca Fuster V, et al. N Engl J Med. 1992;326:310-8 Falk E, et al. Circulation. 1995:92:657-71 21

Placca aterosclerotica (2) Entità stenosi coronarica prima di IMA 14% 18% 68% Stenosi 50-70% Stenosi < 50% Pooled data from 4 studies: Ambrose, 1988; Little, 1988; Nobuyoshi, 1991; Giroud, 1992. (Adapted from Falk)

Placca aterosclerotica e S.C.A. La maggior parte degli infarti è provocata da stenosi coronariche di ridotta entità. La placca vulnerabile o ad alto rischio è qualunque placca che è ad aumentato rischio di portare alla formazione di trombosi. Schaar JA et al. Eur Heart J 2004

Placca aterosclerotica e S.C.A. (2) Microanatomia della trombosi coronarica e dell’occlusione acuta Rottura della placca 70% Erosione della placca 20% Erosione di un nodulo calcifico Altri meccanismi (emorragia) Le plkacche riche di proteoglicani sono un secondo tipo di placca vulnerabile 10% Schaar JA et al. Eur Heart J 2004

Placca aterosclerotica e S.C.A. (3) Le lesioni coronariche che determinano le SCA sono molto spesso di scarso significato prima dell’evento. Affinchè si determini una SCA occorre la presenza di una o più placche predisposte a complicazioni e dunque “vulnerabili”. Le SCA sono dovute alla complicazione di una o più placche “vulnerabili” in un paziente con aterosclerosi coronarica a qualunque livello di severità della malattia.

Sindromi Coronariche Acute Cascata ischemica 1 - Occlusione coronarica 2 - Alterazioni diastoliche 3 - Alterazioni sistoliche 4 - Modificazioni emodinamiche 5 - Alterazioni ECGrafiche 6 - Angina 6 5 4 ISCHEMIA 3 2 1 Tempo (sec) 10 20 30

Sindromi Coronariche Acute Cascata ischemica (2) Discrepanza Flusso coronarico Richeste metaboliche miocardiche Marker metabolico (ischemia metabolica) Marker metabolico e meccanico (ischemia supersilente) Marker metabolico, meccanico ed elettrico (ischemia silente) Marker metabolico, meccanico, elettrico e clinico (dolore anginoso)

Sindromi Coronariche Acute Marker meccanico: ecocardiogramma E’ un’alterazione della contrattilità miocardica, reversibile o permanente, secondaria ad ischemia acuta. Il marker clinico, elettrico e biochimico devono integrarsi tra loro, per divenire markers certi di ischemia. Il marker meccanico rappresenta, di per sè, il solo segno specifico di ischemia, peraltro da valutare nel contesto evolutivo della sindrome.

Sindromi coronariche acute Marker elettrico: ECG Tratto ST: sopraslivellato sottoslivellato Onda T: invertita piatta difasica Onda Q Ischemia Necrosi

Sindromi coronariche acute Marker elettrico: tratto ST sopraslivellato

Sindromi coronariche acute Marker elettrico: tratto ST sopraslivellato (2)

Sindromi coronariche acute Marker elettrico: tratto ST sottoslivellato

Sindromi coronariche acute Marker elettrico: onda T invertita

Sindromi coronariche acute Marker elettrico: onda T difasica

Sindromi coronariche acute Marker clinico: dolore toracico Considerazioni: elevata frequenza di causa di presentazione in PS • notevole coinvolgimento psicologico • correlato a un vastissimo spettro di patologie, alcune delle quali associate ad un alto tasso morbilità e mortalità Rischi: sovrastima/sottostima del caso in esame Obiettivi: Diagnosi precoce Identificazione dei pazienti ad alto rischio

Sindromi coronariche acute Marker clinico: dolore toracico (2) E’ il sintomo per il quale si presenta in P.S. il 5-8% dei pazienti e anche se, spesso, la causa risulta essere non secondaria ad ischemica coronarica. • Molti sono ancora i ricoveri impropri per sindrome coronarica acuta. • Molte dimissioni si rivelano, in seguito, come sindromi coronariche acute misconosciute. La difficoltà di una corretta quanto rapida diagnosi di sindrome coronarica acuta emerge chiaramente da un altro dato: negli USA il mancato riconoscimento di un IMA è la più frequente motivazione delle cause giudiziarie di “malpractice” intentate contro i medici in generale e d’urgenza, in particolare

Sindromi coronariche acute Marker clinico: dolore toracico (3) Caratteristiche Qualità Intensità Sede Irradiazione Durata Modulazione farmacologica (FANS, morfina, nitrati) Rapporto con tosse, atti respiratori, pasti, postura, digitopressione

Usuale localizzazione del dolore miocardico ischemico Mascella Lato destro Epigastrio Dorso Sedi meno frequenti del dolore miocardico ischemico

Sindromi Coronariche Acute Diagnosi ECGrafica In presenza di un quadro clinico suggestivo di ischemia miocardica acuta, i pazienti, in base all’ECG, vengono distinti in due gruppi: presenza di sopraslivellamento persistente del tratto ST (o di BBSx di nuova insorgenza) = STEMI; assenza di sopraslivellamento del tratto ST (sottoslivellamento del tratto ST, onda T invertita, onda T piatta; tratto ST-T normale) = SCA/NSTE (NSTEMI/Angina instabile).

ECG nelle SCA Dolore toracico ST sopraslivellato/BBSx ST NON sopraslivellato + - STEMI NSTEMI Ang. instab. +/- indici di necrosi miocardica

STEMI NECROSI DI CARDIOMIOCITI Trombosi intracoronarica Occlusione completa ed improvvisa di una coronaria Ischemia transmurale prolungata NECROSI DI CARDIOMIOCITI I pazienti con STEMI devono essere avviati, quanto più rapidamente possibile, a terapia di riperfusione coronarica, meccanica (PCI) o farmacologica (trombolisi).

SCA-NSTE EVENTUALE NECROSI DI CARDIOMIOCITI Riduzione marcata (non completa) del flusso coronarico Ischemia subendocardica più o meno prolungata EVENTUALE NECROSI DI CARDIOMIOCITI I pazienti con SCA-NSTE devono essere sottoposti a terapia antitrombotica ed antiischemica ed avviati alla coronarografia (per eventuale PCI/BPAC) in tempi diversi, in base alla loro instabilità clinica ed emodinamica.