LA FISICA DEI QUANTI E L’ATOMO Liceo Romano Bruni, 7 marzo 2014

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Transcript della presentazione:

LA FISICA DEI QUANTI E L’ATOMO Liceo Romano Bruni, 7 marzo 2014 Lezioni di Meccanica Quantistica LA FISICA DEI QUANTI E L’ATOMO Liceo Romano Bruni, 7 marzo 2014 Marco Ostili Corso di approfondimento in Fisica Moderna A.S. 2006-2007

Lezioni di Meccanica Quantistica “E’ proprio tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX secolo che alcune osservazioni sperimentali pongono in crisi le concezioni classiche del mondo fisico: da un lato il comportamento della luce rispetto a diversi sistemi di riferimento in moto fra loro, dall’altro i primi indizi sulla struttura granulare dell’energia emessa od assorbita dai vari corpi sotto forma di radiazione. E’ nel secolo XX che questi primi quesiti, e molti altri da essi derivati, trovano la loro risposta, gli uni nella teoria della relatività, gli altri nella teoria quantistica della materia e della radiazione.” E.Amaldi, 1955

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I fenomeni che hanno messo in crisi la fisica classica. Lezioni di Meccanica Quantistica I fenomeni che hanno messo in crisi la fisica classica. La radiazione di corpo nero. L’effetto fotoelettrico. I raggi X. L’effetto Compton.

Lezioni di Meccanica Quantistica Il corpo nero Corpo in grado di assorbire tutte le radiazioni em che lo investono (IR, UV, visibile, X). Assorbitore ideale => emettitore ideale 1

Lezioni di Meccanica Quantistica Il corpo nero CLASSICO Secondo le teorie accreditate sino alla fine dell’’800, la radiazione elettromagnetica (e quindi anche la luce come parte di essa) si propaga come un’onda nello spazio alla velocità costante c (300000 Km/s), è dotata di una lunghezza d’onda  e di una frequenza; queste ultime sono legate f dalla semplice relazione: c = ·f L’energia che un’onda trasporta cresce al crescere della frequenza, quindi l’E emessa dovrebbe crescere all’∞ all’aumentare della frequenza nella regione dell’UV (catastrofe ultravioletta) 2

Il corpo nero QUANTISTICO La distribuzione della radiazione del corpo nero è in disaccordo con i dati sperimentali che attestano che per una data temperatura la radianza spettrale (potenza per Δf da ΔS) ha un picco massimo per un frequenza media e poi tende a zero all’aumentare di f. Lo scienziato tedesco Max Planck, ipotizzò nell’anno 1900 un particolare meccanismo, basato sulle seguenti ipotesi: la distribuzione statistica dell’energia; l’energia E assorbita dal corpo NON VARIA CON CONTINUITA’, ma è distribuita in pacchetti, ed è proporzionale alla frequenza f secondo la costante di Planck h: Con , quanto d’azione. 5

La distribuzione spettrale di Planck 6

Conseguenze dell’ipotesi di Planck Gli oscillatori (cariche elettriche oscillanti a causa della radiazione) a bassa energia contribuiscono poco, anche se sono tutti eccitati. Gli oscillatori ad alta energia eccitati sono pochissimi, quindi anch’essi non danno un grosso contributo all’economia generale. La maggior parte dell’energia (per una data temperatura) si concentra intorno a una lunghezza d’onda media. L’energia si distribuisce perciò statisticamente. Per irradiare, un oscillatore deve possedere un’energia quantizzata, esatta, né minore né maggiore di E=hf, altrimenti o non irradia affatto, oppure, se già è stato eccitato, non irradia con frequenza maggiore di quella propria. 11

L’effetto fotoelettrico Illuminando una lastra di metallo sotto determinate condizioni, si può generare una corrente elettrica, sia pur debole, ossia è possibile rilevare elettroni in movimento sulla superficie del metallo. (scoperto da Hertz nel 1887) La spiegazione fu data da A. Einstein in una pubblicazione del 1905, grazie alla quale lo scienziato ottenne il premio Nobel (quindi non per la teoria della relatività pubblicata tra l’altro nello stesso anno). Einstein dimostrò che l’energia luminosa veniva assorbita dal materiale “a pacchetti” sotto forma di FOTONI, assimilabili a vere e proprie particelle, prive di massa in quanto viaggiano alla velocità della luce e dotate di energia cinetica E=hf. 1

La spiegazione quantistica dell’effetto fotoelettrico Gli elettroni dell’atomo sono disposti, in quiete, su livelli ben definiti, e interagiscono con il fotone incidente hf è l’energia del fotone incidente che si divide in due parti: hfs è l’energia di estrazione, cioè la minima energia di soglia per poter estrarre il fotoelettrone (l’atomo è ionizzato) Ec è l’energia residua del fotoelettrone: Ec= hf-hfs = h(f-fs) che si manifesta sotto forma di energia cinetica (di movimento) 2

I raggi X Nel 1895 W. Roentgen, lavorando con un tubo a raggi catodici, notò che alcuni materiali erano “oltrepassati” da particolari radiazioni provenienti dal tubo; queste erano capaci anche di illuminare schermi a fluorescenza e perfino impressionare lastre fotosensibili di tipo fotografico. Non si tratta di fasci di particelle cariche perché la loro traiettoria non è influenzata da campi elettrici o magnetici. I raggi X si producono ogni volta che un fascio di elettroni (raggio catodico) di elevata E viene bruscamente arrestato dalla materia. L’immediato uso in campo medicale, ancorché senza le dovute precauzioni a causa delle scarse conoscenze delle conseguenze dell’esposizione umana ai raggi X, portò nel 1901 il premio Nobel allo scienziato. 1

La natura dei raggi X I raggi x sono radiazione em di lunghezza tra 10-11 m e 10-8 m. Nel 1912 Max von Laue fece passare un fascio molto sottile e collimato di raggi X attraverso un cristallo, e raccolsero su una lastra fotografica una caratteristica figura, chiamata spettro di Laue. Si trattava di una particolare figura analoga al reticolo di diffrazione prodotto dalle onde luminose, che dimostrava la diffrazione dei raggi X a opera dei cristalli. 3

L’effetto Compton E’ la spiegazione di un “urto non centrale” (come accade tra le boccette di un biliardo) tra un fotone in moto, considerato come una vera e propria particella, e un elettrone inizialmente fermo La quantità di moto associata al fotone è p=E/c, con E= hf => p=h/. Studiato da Arthur H. Compton nel 1922. 1

Diffusione (o scattering) Compton Dopo l’urto l’elettrone guadagna una quantità di moto qe, mentre l’effetto sul fotone è una diminuzione della quantità di moto, quindi un aumento della sua lunghezza d’onda (p=h/). Nella teoria classica la lunghezza d’onda della radiazione diffusa dovrebbe essere la stessa della radiazione incidente. La variazione di lunghezza d’onda dipende dall’angolo di diffusione θ. 2

La scoperta dell’atomo Spettroscopia: studio della radiazione emessa o assorbita dalla materia. La luce emessa dai gas eccitati dal passaggio di una scarica elettrica presenta una caratteristica figura a righe (spettro di emissione): Ogni spettro a righe è caratteristico dell’elemento in quelle caratteristiche di eccitazione. Serie di Balmer (1885) per l’H: 1

Il modello di Thomson e Rutherford Il modello di J.J. Thomson (1902) (plum pudding  budino di prugne) prevedeva che gli elettroni carichi negativamente fossero sparsi all’interno di una massa fluida carica positivamente. Questo semplificazione non spiegava però la stabilità degli atomi, e la configurazione stabile delle righe di emissione. Modello di Rutherford (1911) dell’atomo nucleare o modello planetario. 2

La debolezza del modello planetario Niels Bohr, un fisico danese rivelò una grossa contraddizione nel modello planetario: l’elettrone, che è una particella carica in moto circolare, secondo le leggi dell’elettromagnetismo classico, emette radiazione elettromagnetica verso l’esterno, pertanto perde parte della sua energia e dovrebbe cade inesorabilmente spiraleggiando verso il nucleo, sino a ricongiungersi con esso (il nucleo è positivo e attrae l’elettrone negativo). 1

Il modello di Bohr Bohr pensò che gli elettroni nell’atomo non seguissero più le leggi classiche, ma si dovessero trovare su stati discreti di energia, ossia quantizzati, chiamati stati stazionari (stabili) dell’atomo, nei quali la rotazione degli elettroni non si modifica al passare del tempo. I postulato: gli elettroni possono ruotare stabilmente senza irradiare solo su determinate orbite chiamate stati stazionari. L’irraggiamento avviene quando uno o più elettroni passano, per qualche motivo, da uno stato stazionario all’altro. II postulato: la frequenza f della radiazione emessa non coincide con la frequenza di rotazione dell’elettrone, ma corrisponde al valore ottenuto tramite la relazione di Planck, quando l’elettrone passa da uno stato iniziale a energia Ei a un altro finale a energia Ef: Ef - Ei = hf 2

La quantizzazione delle orbite Tutto ciò implica che le orbite degli elettroni sono stazionarie (stabili) solo se sono quantizzate dalla regola che deriva dalla quantizzazione del momento angolare dell’elettrone rispetto al nucleo: Con il modello di Bohr si spiega efficacemente la formazione delle righe spettrali atomiche, solo per l’atomo di H. n è un indice discreto (n=1,2,3…) del livello energetico dell’orbita, ed è chiamato numero quantico principale. a0 è il raggio della prima orbita ottenuto per Z=1 (l’atomo di idrogeno). 6

Il dualismo onda-corpuscolo Come le onde elettromagnetiche possono essere assimilate a fotoni, particelle vere e proprie benché prive di massa, così le particelle dotate di massa, come gli elettroni, in determinate condizioni sono dotate di caratteristiche ondulatorie, ossia si propagano come onde (onde elettroniche), manifestando il fenomeno della diffrazione, che è la capacità delle onde di aggirare gli ostacoli, e di propagarsi in direzioni diverse da quella originaria. La diffrazione è rilevante quando >>d. (1924 De Broglie) Relazione di De Broglie: Elettroni come onde stazionarie intorno al nucleo.

Il principio di complementarietà In ambito quantistico, dal momento che «una realtà indipendente nel senso fisico usuale del termine non può essere attribuita né al fenomeno né agli strumenti di misura», a seconda del tipo di misurazione l’elettrone, per esempio, può essere un’onda o un corpuscolo. Entrambi sono «aspetti complementari, ma mutuamente esclusivi della descrizione»: entrambe le considerazioni sono necessarie, ma non possono essere impiegate simultaneamente. (Bohr, 1927)

Funzione d’onda di Schrodinger Il profilo dell’onda elettronica è descritta da una funzione matematica, ideata da Schrodinger nel 1926, e chiamata FUNZIONE D’ONDA , legata alla PROBABILITA’ di trovare l’elettrone in un punto dello spazio e in un certo istante: . La distribuzione di probabilità si chiama orbitale. L’equazione di S descrive la forma degli orbitali degli elettroni intorno al nucleo e i livelli energetici in funzione dei numeri quantici n e l.

I numeri quantici Per descrivere completamente il moto dell’elettrone intorno al nucleo occorre fissare la sua distanza dal nucleo (quantizzata con il numero quantico principale n). ma occorre considerare anche i modi di rotazione dell’elettrone intorno all’atomo, descritti dal numero quantico orbitale l. Per ciascun valore di n, si ha l = 0, 1, 2, …, n-1.

L’effetto Zeeman Quando l’atomo è immerso in un campo magnetico si nota una ulteriore suddivisione di ciascuna riga dello spettro. Il fenomeno è chiamato effetto Zeeman. Il numero quantico che lo descrive è chiamato numero quantico magnetico ml, che, per ciascun valore di l, può assumere i valori: ml = -l, …, 0, …, l

Lo spin dell’elettrone Oltre ai numeri quantici n, l, ml, esiste un quarto numerico quantico che descrive lo spin, una particolare caratteristica dell’elettrone, legato al momento magnetico intrinseco (introdotto da Pauli nel 1925). Esso si manifesta con un ulteriore sdoppiamento delle righe dell’atomo immerso in un campo magnetico, evidenziando una “struttura fine” delle righe dello spettro. PRINCIPIO DI ESCLUSIONE di Pauli: in un orbitale non possono mai trovarsi due elettroni aventi la stessa quaterna di numeri quantici.

Tavola periodica degli elementi

Il principio di indeterminazione di Heisenberg Nel mondo quantistico, quando si fa interagire lo strumento di misura con la particella esso modifica lo stato della particella. Ciò che misuriamo è pertanto “un’altra cosa” rispetto al “valore intenzionale” che ci saremmo aspettati. Nessun oggetto può avere contemporaneamente quantità di moto e posizione determinate con precisione assoluta: Non si può determinare contemporaneamente l’energia e il tempo impiegato da un oggetto con precisione assoluta:

Effetto Tunnel Applicazioni tecnologiche: diodo tunnel e microscopio a scansione a effetto tunnel.

Il significato probabilistico di una misura La soluzione completa dell’equazione di Schrodinger per la traiettoria di elettrone che attraversa una doppia fenditura è = A + B ,perché la posizione della particella è descritta dalla sovrapposizione di due stati distinti A e B aventi la stessa probabilità. Nella logica della teoria della probabilità il segno + assume un significato disgiuntivo: La particella si può trovare in A o in B indifferentemente.

Il “collasso” della funzione d’onda Quando inseriamo lo strumento di misura per verificare esattamente la posizione dell’elettrone, la funzione d’onda “COLLASSA” in modo imprevedibile in uno dei due stati. In tal modo l’inserimento dello strumento genera la “forzatura” che, da una sovrapposizione equiprobabile di due stati, fornisce solo uno dei due, con esclusione dell’altro. B A

Il gatto di Schrödinger Una sostanza radioattiva è posta dentro a una stanza insieme a un gatto. La sostanza potrebbe essere già decaduta, quindi inerte, o no al 50%. Un meccanismo rilascia una sostanza velenosa quando la sostanza decade. Se la stanza è isolata il gatto si trova nella sovrapposizione degli unici due stati possibili: (VIVO o MORTO). L’indeterminazione si mantiene sin quando non effettuiamo l’esperimento, ossia apriamo la stanza e verifichiamo lo stato del gatto. Schrödinger affermò che prima della misura si avrebbe la sovrapposizione “di un gatto vivo e morto che è miscelato e spalmato in parti uguali….”!!!! Cade l’idea di causalità classica= determinismo.