Spazio pubblico e religioni

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Spazio pubblico e religioni Lezione del Prof. Rivetti Slides a cura della Dott.ssa Palombarini

Lo «spazio pubblico» Luogo fisico: la piazza in cui si concretizzano gli scambi di idee, in cui ognuno può esprimere la propria opinione e ascoltare quella altrui; Luogo virtuale: il world wide web, ove è teoricamente garantito a tutti il libero accesso e dove tutti possono esprimere opinioni (es. in blog, forum, chat); Luogo simbolico delle libertà civili: libertà di manifestazione, di parola, di espressione, di religione; Sfera non statale: lo Stato è soltanto uno dei soggetti interessati; Lo spazio pubblico è la sede in cui si sperimentano le tensioni e il conflitto si trasforma in dibattito, dove viene messa in scena la problematizzazione della vita sociale.

Lo spazio pubblico moderno Nel corso di un lungo processo storico, si afferma la distinzione tra «pubblico» e «privato»: con lo Stato moderno si afferma l’idea che ciò che è pubblico è relativo alle istituzioni statali; mentre la società si definisce come una sfera privata, ben distinta dallo Stato.

La post-modernità Le condizioni sociali per un modello moderno di spazio pubblico appaiono oggi venute meno, con la conseguente irruzione nello spazio pubblico di conflitti fino ad allora confinati nella sfera privata, come quelli religiosi. Si è parlato, a riguardo, di «rinascita delle religioni» nello spazio pubblico. Cause: tramonto delle ideologie e crollo dei regimi; progresso economico e tecnologico; immigrazione, con conseguente mutamento della geografia religiosa in molte parti del mondo; La rapidità e l’ampiezza di queste trasformazioni hanno creato un senso di disorientamento e fatto emergere il bisogno di una dimensione «locale», con le sue tradizioni, il suo linguaggio e la sua storia particolari. Conseguenze: molti Paesi da «religiosamente plurali» stanno diventando «multiculturali»; le religioni si presentano tra i nuovi attori dello spazio pubblico poiché costituiscono una delle poche forze capaci di parlare il linguaggio delle identità collettive e di mobilitare un numero consistente di persone.

Valore del simbolo dal greco συμβὰλλω, “mettere insieme”; capacità di sintetizzare messaggi e di comunicarli con immediatezza; è strumento di richiamo identitario; unisce e divide: unisce i “partecipi” della stessa fede e li divide dai “non partecipi”.

La Corte europea dei diritti dell’uomo È una corte internazionale istituita nel 1959 con sede a Strasburgo; Si pronuncia sui ricorsi su presunte violazioni dei diritti stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo; Le sentenze sono vincolanti per gli Stati interessati. Le decisioni di irricevibilità e le sentenze emesse dalla Grande Camera sono vincolanti e non possono essere appellate; a seguito dell’emissione di una sentenza da parte della Camera, invece, le parti posso chiedere il riesame della decisione alla Grande Camera.

La libertà religiosa nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo: l’art. 9 1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti. 2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui.

Dahlab. c. Svizzera (decisione 15 febbraio 2001) Insegnante di una scuola pubblica elementare che, convertitasi all’islam, indossa il velo nell’ambiente scolastico; Il velo è un segno esteriore forte che contrasta con il messaggio di tolleranza, rispetto per gli altri, e, soprattutto, l’uguaglianza e la non discriminazione che tutti gli insegnanti in una società democratica devono trasmettere ai loro allievi; - comportamento non compatibile con il carattere laico del sistema scolastico statale, perché tale da proporre un modello ostensibile d’identificazione imposto da un’insegnante agli studenti, soprattutto in un sistema scolastico pubblico e laico.

Leyla Sahin c. Turchia (sentenza 10 novembre 2005) - Il regolamento dell’Università di Istanbul prevede il divieto per gli studenti di indossare simboli religiosi, pena la rimozione degli stessi dalle liste degli immatricolati e la conseguente impossibilità di prendere parte ai corsi e di avere accesso agli esami; Tale limitazione è confermata da leggi, regolamenti ministeriali e sentenze in tema di laicità; Sulla necessità della misura, deve essere riconosciuto allo Stato un ampio margine di apprezzamento quando si trovano in gioco questioni sulle relazioni tra Stato e religioni; Non è stato messo in pericolo il diritto all’istruzione della studentessa poiché non è sostenibile che la stessa ignorasse le regole dell’università.

Il “processo al crocifisso”: atto secondo Lautsi c. Italia Le violazioni lamentate dalla Sig.ra Lautsi: lesione del diritto dei genitori di assicurare ai propri figli un’educazione ed un insegnamento conformi alle proprie convinzioni religiose e filosofiche (articolo 2, Protocollo addizionale n. 1: lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche); l’esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche crea una forte pressione psicologica sugli alunni e mostra l’adesione da parte dello Stato ad una confessione religiosa, in contrasto con il principio di laicità (art. 9 CEDU).

Sentenza 3 novembre 2009 Il crocifisso è un simbolo religioso esteriore «forte»; l’esposizione del crocifisso viola il diritto dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni religiose; l’esposizione del crocifisso viola il diritto di libertà religiosa degli alunni che professano altre religioni o che non ne professano alcuna; l’esposizione di un simbolo di una data confessione è incompatibile con il dovere dello Stato di essere neutrale nell’esercizio della funzione pubblica.

Sentenza 18 marzo 2011 La Corte deve rispettare il margine d’apprezzamento dello Stato circa il ruolo che questo attribuisce alla religione, purché la scelta statale non importi una forma di indottrinamento per gli studenti; il crocifisso è un simbolo religioso passivo, non pericoloso per l’equilibrio psicologico degli alunni; la scuola pubblica in Italia ha carattere pluralista (es. non obbligatorietà dell’insegnamento della religione cattolica, agli alunni non è vietato portare il velo o altri simboli e indumenti aventi una connotazione religiosa, sono previste soluzioni alternative per conciliare la frequenza scolastica con le pratiche religiose minoritarie).

Simbolo forte vs. simbolo passivo simbolo religioso forte: non è necessario fornire la prova che lo stesso abbia avuto un’influenza su coloro che ne hanno subito l’ostensione; si pone l’attenzione al significato del simbolo o, in altre parole, al portato simbolico del segno; esso vale non per ciò che è ma per ciò che rappresenta (approccio sostanzialistico); simbolo religioso passivo: incapace di fondare una presunzione analoga, e pertanto esige la prova della limitazione subita in concreto dai diritti altrui; la nozione rimanda al significato non di ciò che è rappresentato con il simbolo, ma alla sua semplice visibilità (approccio formalistico).

Considerazioni conclusive Nell’analisi giuridica sulla presenza dei simboli religiosi nello spazio pubblico si dovrebbe tenere sempre conto dello specifico contesto nazionale nel quale sono esibiti; La presenza di simboli religiosi nelle scuole pubbliche è ammessa a condizione che non implichi un effetto di indottrinamento e assicuri il pluralismo religioso e ideologico.