Mondo Interno Quando ci riferiamo alla nozione di

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Transcript della presentazione:

Mondo Interno Quando ci riferiamo alla nozione di alludiamo all’idea che le persone non vivono solamente sul versante della realtà esterna, ma hanno un loro proprio mondo di «vissuti» che ha preso forma nel corso del loro sviluppo, tenendo conto sia delle inclinazioni e degli impulsi soggettivi che del modo in cui questi si sono strutturati nel corso delle esperienze relazionali sperimentat – soprattutto quelle precoci – delle strategie di difesa adottate, delle capacità di elaborazione cognitiva disponibili ecc.

Come è «fatto» il mondo interno? → Il mondo interno si può immaginare costituito da oggetti interni o, meglio, da relazioni interne

Se Freud pensava lo sviluppo del mondo interno soprattutto come formato dai «derivati pulsionali», ovvero dal modo in cui le pulsioni hanno investito degli «oggetti» per trovare soddisfacimento – e pertanto non prendeva in considerazione il concetto di relazioni interne – nell’evoluzione della teoria psicoanalitica si è assistito al crescere dell’importanza assegnata alle relazioni oggettuali o relazioni interne.

Tale importanza assegnata alle relazioni interne è peraltro, pur con sfumature e retroterra teorici differenti, condivisa da molte scuole, non solo psicoanalitiche: La terapia cognitivista parla di “schema interpersonale” che viene definito come una rappresentazione tipica dell’interazione fra Sé e l’altro ricavata dall’esperienza. Stern parla di “schemi di essere con” Bowlby di “modelli operativi interni” (MOI) Fogel di “frame” L’analisi transazionale di copioni…

A dire il vero, già Freud aveva già scoperto un meccanismo psichico che, in qualche modo, alludeva a un suo funzionamento relazionale: si tratta del concetto di identificazione L’identificazione si può definire come quel «processo inconscio mediante il quale una persona modella il proprio modo di pensare e di agire su quello di una figura importante della sua vita, per esempio un genitore. Influenzata dall’affettività, l’identificazione è un processo continuo che ha luogo nel corso di tutta la vita, sebbene sia particolarmente importante nei primi anni e nell’adolescenza» (Person-Cooper-Gabbard 2005).

[...] Di noi ciascuno reca l'impronta Dell'amico incontrato per via In ognuno la traccia di ognuno. Per il bene od il male In saggezza o in follia Ognuno stampato da ognuno. Ora che il tempo urge da presso, Che le imprese sono finite, A voi tutti l'augurio sommesso Che l'autunno sia lungo e mite. Primo Levi, dicembre 1986.

Dal 1923, l’identificazione diventa per Freud il meccanismo fondamentale che sta a alla base della costruzione dell’Io. …il carattere dell’Io è un sedimento degli investimenti oggettuali abbandonati, contenente in sé la storia di tali scelte d’oggetto […] Se e quando esse prendono il sopravvento, o diventano troppo numerose, soverchianti e fra loro incompatibili, si è prossimi a un risultato patologico […] e forse il segreto dei casi di cosiddetta “personalità multipla” consiste nel fatto che le singole identificazioni si accaparrano a turno la coscienza dell’individuo… Freud (L’Io e l’Es, 1923).

La crescente importanza assegnata alla «relazione», piuttosto che al soddisfacimento pulsionale (come pensava Freud), ha consentito di concettualizzare il conflitto psichico in termini più utili di quanto non avvenisse nel tradizionale schema di conflitto fra pulsioni e difese. Tale cambiamento è comparso contemporaneamente in M. Klein, Fairbairn, Sullivan, Erikson, Jacobson, Mahler e Sandler Il più «relazionale» di tutti è Fairbairn, per il quale la libido non è ricerca di piacere, ma ricerca d’oggetto

Il pensiero kleiniano, adottato dal testo di Waddell, Mondi interni, parla in termini di introiezione di oggetti. Ma tale introiezione avviene sempre in uno sfondo relazionale;

Anche in Fairbairn si parla di oggetti interni, ma è chiaro che è centrale il rapporto che il soggetto ha con questi oggetti Sulla base del concetto di oggetti interni è stato sviluppato anche il concetto di un mondo della realtà interna che implica situazioni e relazioni cui l’Io partecipa insieme ai suoi oggetti interni. Queste situazioni e relazioni sono paragonabili a quelle che la personalità vive nel mondo della realtà esterna; ma la forma che assumono rimane quella conferita loro dall’esperienza di situazioni e relazioni vissuta dal bambino nei primissimi anni di vita. Si deve aggiungere che il mondo della realtà interna è concepito come essenzialmente inconscio; ma ciò non ne impedisce la manifestazione nella coscienza sotto forma di sogni e fantasie. Questo mondo inconscio della realtà interna è anche ritenuto la fonte di ogni tipo di angoscia morbosa, paure irrazionali e sintomi psicopatologici. Ne consegue che il comportamento umano in generale deve essere influenzato profondamente dalle situazioni presenti nel mondo interno. Il fatto è che, una volta accettato il concetto di realtà interna, si deve ritenere che ciascun individuo viva contemporaneamente nei due mondi, quello della realtà interna e quello della realtà esterna. Fairbairn (1952, tr. it. 1992, p. 23)

Gli «oggetti interni», quindi, sono delle internalizzazioni degli figure di accudimento più significativi e traggono il loro carattere specifico dall’impatto emotivo (che a sua volta deriva dagli impulsi primari, dalle pulsioni [Freud], dalle fantasie, dalla sensibilità del soggetto ecc.) che tali figure hanno avuto → gli oggetti interni vengono incorporati nella psiche e con essi l’Io ha una relazione (di amore e aggressiva) → di qui le relazioni interne, in cui l’Io è ingaggiato in relazioni positive o negative con oggetti interni

Quando parliamo di mondo interno intendiamo anche riferirci al fatto che in esso vi sono degli stati mentali. Il tempo presente e il tempo passato son forse presenti entrambi nel tempo futuro, e il tempo futuro è contenuto nel tempo passato T.S. Eliot (East Coker)

Il concetto di stato mentale fa riferimento allo strutturarsi storico delle nostre emozioni, cioè al fatto che i nostri vissuti non sono «senza spazio e senza tempo», reazioni momentanee, ma sono costruiti giorno per giorno, tenendo conto di ciò che siamo, di come ci sentiamo in relazione alle sollecitazioni che ci provengono dall’ «Ambiente», di come gli altri ci percepiscono e così via. Ciò non implica l’idea di uno sviluppo lineare e progressivo della personalità: ci possono essere – e ci sono! – degli stati mentali brevi ma di grande intensità, che lasciano delle tracce importanti in ciascuno di noi; altri momenti, invece, pur essendo altrettanto importanti, rientrano nel quadro di una costruzione progressiva della personalità.

Una relazione interna contiene: - una rappresentazione del Sé - una rappresentazione dell’altro - un affetto che collega il Sé e l’altro

Le modalità con cui abbiamo vissuto le relazioni con altri importanti nelle prime fasi della vita si fissa all’interno della nostra psiche e va a costituire il patrimonio di “prototipi di relazione” che utilizziamo nell’interagire con gli altri e con noi stessi.

Ad esempio, se l’esperienza del bambino è quella di una madre emotivamente presente e disponibile a incoraggiare la spontaneità e la gioia della scoperta, la relazione potrebbe essere così descritta: Io mi sento capito, incoraggiato ad esistere come persona dotata di motivi propri e di un proprio Sé; L’altro è percepito come disponibile all’ascolto, alla condivisione e all’incoraggiamento; L’affetto che caratterizza questa relazione è positivo, di stima, sostegno e entusiasmo

Del tutto diversa sarà, per fornire un altro esempio, l’esperienza di un bambino che ha vissuto con una madre depressa. In questo caso, gli sforzi del bambino per mettersi in relazione con la madre saranno scarsamente accolti e la relazione interna conseguente potrebbe essere del tipo: Il mio senso del Sé è bisognoso; L’altro è lontano e inaccessibile, non responsivo; L’affetto che caratterizza questa relazione è di tristezza, abbandono (a causa della mancata esperienza comunicativa), al limite anche di senso di catastrofe, perché il Sé si sente totalmente solo e senza legami.

Nota: Sandler distingue le «rappresentazioni oggettuali» nella fantasia inconscia e le «relazioni oggettuali interne», concepite come strutture, ossia come «matrici» che si sono formate sotto il forte influsso delle fantasie e delle percezioni infantili, che «non tocchiamo mai con mano», ma da cui discendono i temi ricorrenti che ci sforziamo di evidenziare nei desideri, nelle fantasie e nelle relazioni d'oggetto degli individui.

N.B. Non si parla mai solamente di esperienze “reali”, ma del modo in cui ciascuno, in base alle proprie tendenze innate (di tipo temperamentale, “pulsionale”, relative alla struttura embrionale del Sé ecc.), ha soggettivamente vissuto quelle esperienze. Ad esempio, una madre moderatamente poco accudente potrà essere sperimentata come abbastanza soddisfacente per un certo bambino e come assai meno soddisfacente per un altro, in base alla loro diversa “sensibilità” Alcuni psicoanalisti hanno dato più importanza alla realtà (su tutti Bowlby, ma anche Winnicott, Fairbairn ecc.) altri (su tutti Melanie Klein) alle fantasie innate

La strutturazione delle relazioni oggettuali è strettamente connessa con il sistema motivazionale del Sé, in quanto: Miriamo a mantenere o incrementare le condizioni che producono stati affettivi positivi intensi Puntiamo a diminuire, evitare e fuggire da condizioni che determinano stati affettivi negativi

Le relazioni interne vengono costantemente “esternalizzate”  induzione di ruolo (Sandler) Questo concetto esprime l’idea che ciascuno di noi «proietta» (esternalizza) sull’altro il ruolo che l’altro ha nella sua relazione interna, sondando la sua «rispondenza di ruolo», cioè la sua disponibilità a assumere il ruolo consono alle proprie relazioni interne.

Questa esternalizzazione delle relazioni interne avviene anche nei normali rapporti quotidiani. Infatti, nei rapporti che abbiamo con le altre persone tendiamo ad attribuire all’altro un certo ruolo che corrisponde a determinate relazioni interne desiderate. es. Se il mio «altro interno» è minaccioso, vedrò nell’altro qualcuno di minaccioso. Il guaio è quando l’altro «avverte» la mia induzione di ruolo e, perché si trova bene in quel ruolo, lo incarna e diventa autenticamente minaccioso. Esso che la relazione interna di è «duplicata» (esternalizzata) in una relazione reale!

N.B. Per Sandler il principale motivo per cui si fissa una certa relazione interna risiede nel suo garantire sicurezza affettiva La relazione oggettuale desiderata influenza il modo in cui si percepisce il dato reale.

Le relazioni oggettuali interne possono essere considerate come tratti del carattere, in quanto anch’essi sono da intendere come manifestazioni automatizzate di relazioni interne inconsce.

I meccanismi di difesa Un altro concetto importante per la comprensione del mondo interno è quello dei meccanismi di difesa, che sono delle “funzioni” dell’Io utilizzate per difendersi da affetti sgradevoli o eccessivamente intensi che, se non arginati, procurano ansia e angoscia. Freud pensava che questi affetti potessero provenire dal contatto con la realtà o dalle pulsioni inconsce

I meccanismi di difesa si consolidano durante l’infanzia e mettono l’Io al sicuro dall’emergere di affetti non gestibili o incompatibili con l’identità cosciente. Essendo delle modalità di controllo e gestione degli affetti, essi sono tutt’uno con il carattere e la personalità, perché rappresentano delle modalità tipiche con cui il soggetto si rapporto con il mondo interno. W. Reich ha parlato a tale proposito di “corazza caratteriale”.

I meccanismi di difesa sono i seguenti: (la definizione di alcuni di essi è stata messa a punto da psicoanalisti successivi a Freud, in particolare dalla figlia di Freud, Anna Freud) rimozione: espellere e tenere lontano qualcosa dalla coscienza (Freud, La rimozione 1915); è il meccanismo di difesa più efficace ma anche il più dispendioso da un punto di vista energetico, perché richiede un costante investimento contropulsionale. Es: se mi voglio difendere dall’aggressività verso mio fratello, dovrò lottare costantemente per allontanare questa consapevolezza e ciò richiede un costante impegno); regressione: ritorno ad un livello di funzionamento mentale più primitivo. Es: un bambino che ha già imparato a camminare inciampa facendosi male. Potrà ritornare, temporaneamente, a gattonare; formazione reattiva: si sostituisce un desiderio inaccettabile con uno di carattere opposto. Viene normalmente diagnosticata nei pazienti con disturbo di personalità ossessivo-compulsivo;

isolamento: quando l’idea di un effetto traumatico viene scissa dall’affetto a cui originariamente era associato. Freud in Inibizione, sintomo e angoscia (1926) la definisce come “l’abolizione della possibilità di contatto, […] quando il nevrotico, mediante una pausa, isola un’impressione o un’attività, egli ci fa intendere simbolicamente che non vuole non vuole lasciare che i pensieri che la concernono entrino in contatto associativo con altri pensieri”. Si tratta pertanto di un’interruzione delle catene associative. È frequente nei pazienti ossessivo-compulsivi; rendere non avvenuto o rinnegamento della realtà (Verleugnung): implica il pensiero magico e consiste nel compiere gesti rituali per annullare atti o sentimenti sentiti come inaccettabili. In Freud il trauma originario è quello della mancanza del pene nella donna. È un meccanismo di difesa molto primitivo che Freud utilizza spiegare feticismo e psicosi. Gabbard spiega che questo meccanismo viene anche detto del “fare e del disfare” ed è caratteristico dei pazienti ossessivo-compulsivi. Un paziente prendeva alla lettera il detto “se metti i piedi su una crepa, romperai la schiena di tua madre”. Ogni volta che, camminando su un marciapiede, calpestava una crepa, tornava indietro e rifaceva il percorso evitando la crepa; introiezione: è l’incorporazione nel soggetto di un elemento della realtà esterna: l’oggetto entra a far parte del Sé del soggetto con tutte le sue caratteristiche. Freud parla del Super-io come introiezione della figura paterna.

proiezione (o spostamento): un individuo attribuisce un proprio pensiero o un proprio sentimento inaccettabili a un’altra persona. trasformazione nel contrario e rivolgimento contro se stessi: si tratta di un meccanismo di difesa in cui le pulsioni non sono dirette verso la loro mèta naturale (che è il soddisfacimento) o verso l’oggetto che darebbe loro appagamento, ma vengono rigirate verso il soggetto stesso, come avviene tipicamente nel masochismo e in altri comportamenti autolesivi (depressioni, suicidi, ricerca di incidenti) in cui vi è un rivolgimento verso se stessi; sublimazione (introdotto da A. Freud): l’energia libidica e aggressiva viene neutralizzata e indirizzata verso scopi socialmente più accettabili;

identificazione con l’aggressore (introdotto da A identificazione con l’aggressore (introdotto da A. Freud): il soggetto, di fronte ad un pericolo esterno (rappresentato tipicamente dall’autorità) si identifica con il suo aggressore, assumendo sia la stessa funzione aggressiva, sia imitando fisicamente e moralmente la persona dell’aggressore, sia adottando i simboli di potenza che lo contraddistinguono. Si ricordi che l’identificazione è, come l’introiezione, un processo di internalizzazione di una realtà esterna, ma a differenza dell’introiezione non consiste nell’assimilazione totale dell’oggetto, ma comporta una modificazione del soggetto, un un’assunzione da parte del soggetto di alcune caratteristiche dell’oggetto. Nell’introiezione l’oggetto esterno viene “messo dentro”, con la modalità dell’incorporazione orale. Può essere fatta rientrare nell’identificazione con l’aggressore anche una forma di altruismo, che implica la resa dei propri impulsi a favore di quelli degli altri;

ascetismo e intellettualizzazione (introdotto da A ascetismo e intellettualizzazione (introdotto da A. Freud): tipica dell’adolescenza, consiste nel rifugiarsi in attività intellettuali per esercitare un controllo su contenuti affettivo-istintuali e ridurre conseguentemente ansia e tensione; negazione mediante le fantasie, le parole, le azioni (introdotto da A. Freud): in questo caso il rimosso può giungere alla coscienza, ma viene negata la pertinenza col soggetto (ad esempio si può negare che quella pulsione ci colpisca personalmente ecc.). Siccome risulta compromesso l’esame di realtà, questo meccanismo di difesa indica un funzionamento fortemente compromesso della psiche e lo troviamo ad esempio negli psicotici; restrizione dell’Io (introdotto da A. Freud); Somatizzazione: questa difesa è tipica dei pazienti ipocondriaci, che trasferiscono i sentimenti dolorosi a parti del corpo; Conversione: solitamente, ma non esclusivamente, associato all’isteria, questo disturbo è caratterizzato dalla rappresentazione simbolica di un conflitto intrapsichico in termini fisici.

Se si concepisce il mondo interno come costituito da relazioni oggettuali, anche i conflitti intrapsichici debbono essere concepiti non come dei semplici conflitti fra impulsi e difese, in quanto sia gli impulsi che le difese sono relazioni oggettuali: Ad esempio, negli ossessivi il sentirsi cronicamente sottomesso a un’immagine genitoriale potente e protettiva può difendere il paziente da una rappresentazione rimossa del Sé, violentemente ribelle nei confronti di un’immagine genitoriale castrante e sadica. Dal punto di vista clinico, sia la difesa caratteriale sia l’impulso rimosso coinvolgono relazioni oggettuali interne reciprocamente opposte. (Kernberg 2005, tr. it. 2006, p. 109)

Inizialmente vi è una separazione fra relazioni interne “cattive” e relazioni interne “buone I ricordi affettivi si segno positivo e negativo sono costruiti separatamente nel corso delle interiorizzazioni precoci (M. Klein) e rimangono scissi e dissociati nel tentativo di: mantenere un dominio su esperienze di relazione tra sé e gli altri di segno positivo, evitando di entrare in contatto con le esperienze paurose di stati affettivi negativi.

In particolare: Gli stati affettivi negativi tendono ad essere proiettati, trasformandosi in paura nei confronti di oggetti esterni “cattivi” gli stati affettivi positivi diventano ricordo di una relazione con oggetti “ideali” (Kernberg 2005).

Questa trasformazione evolve in due principali modalità dell’esperienza psichica precoce, scisse tra loro: idealizzata in quanto si tratta di un segmento di rappresentazioni esclusivamente positive di sé e degli altri; persecutoria o paranoide per quanto riguarda la parte di rappresentazioni degli altri soltanto negative e di una rappresentazione di un sé minacciato. (Kernberg 2005).

Questa originaria esperienza scissa protegge le esperienze idealizzate da una “contaminazione” con quelle cattive, fino a quando non si sviluppa un più alto grado di tolleranza al dolore e una valutazione più realistica del mondo esterno in situazioni dolorose (Kernberg 2005).

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Immagine di sé accettata  Sé positivo/buono ↔ Altro soddisfacente C O S C I E N Z A - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - I N C O N S C I O Sé negativo/cattivo ↔ Altro insoddisfacente  Immagine di sé non accettata (e proiettata)

identificazione concordante = ci si identifica con la stessa esperienza che sta provando l’altro. Si ha una condivisione emotivo/empatica. A partire da questa esperienza, il terapeuta può chiedersi: “cosa avrei bisogno di sentirmi dire in questa circostanza? Cosa mi aiuterebbe?”

identificazione complementare  il terapeuta si identifica con ciò che il cliente non è in grado di tollerare (e ha rimosso) e che proietta. Ad es. il terapeuta potrà trattare in maniera sprezzante un paziente con bassa autostima, potrà consigliare di essere forte a un cliente che si sente debole ecc.  Ciò rinforza la “patologia” del cliente. Quando il terapeuta sperimenta un tale stato egli sente ciò che presumibilmente sentono le persone che vivono con il cliente (spesso senza riuscirlo a tematizzare), avverte la stessa tendenza ad “agire contro”.

Ciò può essere detto più semplicemente, affermando che sia le «parti di sé» coscienti sia quelle rimosse vengono esternalizzate sull’altro: quando l’altro si identifica con la parte cosciente si ha una condivisione empatica con le potenzialità e le sofferente del Sé cosciente; quando ci si identifica con la parte rimossa, che proprio in quanto tale tende a essere agita, si tende a utilizzare le stesse difese che la persona usa per controllare le parti non accettate di sé

Così si può incoraggiare la persona fragile alleandosi con le parti «forti» del suo Sé cosciente oppure la si può attaccare sulle parti fragili inconsce; Empatizzando e sostenendo le parti funzionanti e coscienti del Sé, si può invece attendere che emergano anche le parti rimosse e negate

Radio 2 - 22/2/2012 IO, CHIARA E L'OSCURO