La riforma dei Servizi Pubblici Locali Principi ispiratori, nuovo sistema, contesto di riferimento, modelli gestionali
L’evoluzione della disciplina dei spl - I provvedimenti fondamentali Legge 29 marzo 1903, n. 103 Regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578 dPR 4 ottobre 1986, n. 902 Legge 8 giugno 1990, 142 Legge 23 dicembre 1992, n. 498 dPR 16 settembre 1996, n. 533 D. legisl. 18 agosto 2000, n. 267 Legge 28 dicembre 2001, n. 448 d.l. 30 settembre 2003, n. 269 l. 24 dicembre 2003, n. 350 d.l. 25 giugno 2008, n. 112
Debolezze del quadro ordinamentale generale Mancanza di una politica del diritto in materia di spl; Continue revisioni della disciplina generale di riferimento; Progressiva erosione del quadro ordinamentale generale da parte delle discipline di settore e delle discipline regionali.
Conseguenze Perdita di certezza giuridica; Banalizzazione della disciplina generale; Enfatizzazione del ruolo creativo della giurisprudenza amministrativa; Possibile rafforzamento del ruolo regolativo delle autorità di settore e degli enti locali.
Le impostazioni di fondo a proposito dei spl Fino al 2001: sistema unitario Fino al 2008: sistema binario Dal 2008: sistema frammentato
La riforma dei spl: le ragioni Sono tre le direttrici lungo le quali si muove il disegno riformatore: aprire i spl ai nuovi principi comunitari e alle logiche di mercato; favorire la modernizzazione degli stessi, creando le condizioni istituzionali e organizzative più idonee a gestire processi produttivi tecnologicamente avanzati; migliorare la qualità delle prestazioni e la tutela dell’utente.
La riforma dei spl: le criticità Limitandosi agli esempi più evidenti: il primo riguarda l’oggetto stesso dell’intervento legislativo, ossia la categoria dei spl di tipo economico, che viene presa a parametro per la delimitazione del campo di applicazione della riforma, ma non definita nei suoi esatti confini; il secondo attiene all’incertezza sulla sopravvivenza del modello dell’affidamento a società in house o mista; il terzo riguarda la definizione e la stabilità del quadro legislativo di riferimento, dato che l’art. 113, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non è stato abrogato (se non nelle parti incompatibili con il nuovo regime), l’art. 23 bis prevale sulle discipline di settore e il nuovo ordinamento dei spl dovrà aspettare l’emanazione di un regolamento governativo di attuazione; il quarto riguarda le sorti degli affidamenti già avviati o già conclusi dopo l’entrata in vigore della legge (vista la scarsa chiarezza dei commi 9, 12).
La riforma dei spl: i dubbi di costituzionalità Le pronunce della Corte costituzionale e i parametri di riferimento: sentenza 27 luglio 2004, n. 272 sentenza 1 febbraio 2006, n. 29 I punti della riforma in dubbio: Il comma 3: il riferimento a condizioni che non assicurano le logiche del mercato e della concorrenza come situazioni legittimanti la deroga al modello ordinario; Il comma 7: il riferimento al ruolo delle regioni nella definizione dei bacini di gara; Il comma 10: il rinvio al regolamento per la definizione della gestione associata e della individuazione delle norme abrogate.
La riforma dei spl: i principi Distinzione tra spl di rilevanza economica e spl privi di rilevanza economica Realizzazione dei principi comunitari di concorrenza, non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi tra operatori, ecc. Proprietà pubblica delle reti Parziale liberalizzazione del settore Riduzione dell’intervento diretto e valorizzazione del ruolo di regolazione da parte dell’ente locale Tutela dell’utenza
UE e spl Riferimenti: Artt. 16 e 86 del Trattato CE Art. 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue Comunicazione della Commissione “I servizi d'interesse generale in Europa” (2001/c 17/04) e successive Libro verde (maggio 2003) Libro verde sul partenariato pubblico-privato Direttive di settore, in particolare la dir. 2004/18 Principi: la neutralità comunitaria sulla natura dei gestori applicazione del principio di concorrenza anche ai spl applicazione del criterio del fallimento del mercato all’intervento pubblico in economia libertà degli Stati sotto il profilo dell’organizzazione dei spl netta distinzione tra appalti e concessioni eccezionalità della figura dell’appalto in huose
La riforma dei spl: ambito d’applicazione La nuova disciplina si applica ai servizi pubblici locali di rilevanza economica Difficoltà ad individuare i spl e, una volta individuati, a distinguere quelli economici da quelli non economici
Una definizione di servizio pubblico locale L’importanza della definizione al fine dell’intervento dell’ente locale in economia A partire dalla riforma introdotta con l’art. 35, l. n. 448/2001: due diverse tipologie di spl alle quali corrispondono due diversi statuti organizzativi
Gli elementi identificativi forniti dal diritto Art. 112, d.lg. n. 267/2000: «Gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali»; Art. 113, c.1, d.lg. n. 267/2000: « Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore»; Art. 23-bis, d.l. n. 112/2008: « Le disposizioni del presente articolo disciplinano l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in applicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la piu' ampia diffusione dei principi di concorrenza, di liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, nonche' di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universalita' ed accessibilita' dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, assicurando un adeguato livello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarieta', proporzionalita' e leale cooperazione. Le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili».
Gli elementi identificativi forniti dalla giurisprudenza/1 Nel sistema positivo, per servizio pubblico si intende un’attività economica che per legge o in base ad essa viene assunta da un Ente pubblico (segnatamente un Ente locale) oppure attribuito (con atto concessorio) anche ad altri soggetti, che la esercitano in forme imprenditoriali sotto il controllo dell’Amministrazione e con un determinato regime amministrativo (C.G.A.R.S., dec.90/98); Ai sensi dell’art.22 comma 1 della l.8 giugno 1990, n.142 è configurabile un “servizio pubblico locale” quando una determinata attività, svolta da un ente locale, sia rivolta a “realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali” (C.d.S., V, dec.996/1994).
Gli elementi identificativi forniti dalla giurisprudenza/2 Muovendo dal dato di diritto positivo fornito dall’art. 112 T.U.E.L., deve ritenersi che la qualificazione di servizio pubblico locale spetti a quelle attività caratterizzate, sul piano oggettivo, dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico, quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all’ambito di intervento, e, su quello soggettivo, dalla riconduzione diretta o indiretta (per effetto di rapporti concessori o di partecipazione all’assetto organizzativo dell’ente) ad una figura soggettiva di rilievo pubblico (Consiglio di Stato, sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369).
Gli elementi identificativi forniti dalla giurisprudenza/3 Sono servizi pubblici non solo i servizi specificamente denominati tali dalla legge e riservati ai comuni e alle province, ma tutte le attività di produzione di servizi rispondenti a fini di utilità e di promozione sociale. Un centro sportivo strutturato in una piscina, di proprietà comunale, è un bene che per sua natura è destinata ad essere adibita ad un uso pubblico. L'attività ad essa inerente, pertanto, ha tutte le caratteristiche per essere qualificata come un servizio pubblico. (Consiglio di Stato, sez. V, 8 settembre 2008, n. 4265 ).
Gli elementi identificativi forniti dalla giurisprudenza/4 «Sul piano oggettivo, per pubblico servizio deve intendersi un’attività economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale» (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325, Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1514/2001, Tar Lombardia, Milano, sez. III, 20 dicembre 2005, n. 5633).
Spl e attività strumentali dell’ente locale La distinzione contenuta nell’art. 13 del c.d. decreto Bersani: «possono definirsi strumentali all’attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali, tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l’ente di riferimento e con i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali» (Tar Lazio, Roma, sez. II, n. 5192/2007). La distinzione tra concessione di servizio e appalto di servizio: « la distinzione fra appalto e concessione di pubblici servizi consiste nel fatto che mentre nel primo si prevede un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi; nella concessione la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall'autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio, con la conseguenza che il prestatore assume il rischio della gestione dei servizi in questione» (Tar Lombardia, Mi, sez. I, 19 ottobre 2007, n. 6137).
Spl e attività strumentali dell’ente locale: le incertezze della giurisprudenza la distinzione tra mero servizio e servizio pubblico «va ricercata nel beneficiario diretto dello stesso: ricorre l’ipotesi del servizio pubblico se la prestazione resa dall’appaltatore viene fornita per soddisfare in via immediata le esigenze della collettività o del singolo utente; costituisce, al contrario, mero servizio strumentale quello le cui prestazioni vengono effettuate direttamente a favore della stazione appaltante» (Tar Lombardia, Brescia, 27 dicembre 2007, n. 1373); oppure, va ricercata nel soggetto che effettua il pagamento della prestazione: «la distinzione fra appalto e concessione di pubblici servizi consiste nel fatto che mentre nel primo si prevede un corrispettivo che è pagato direttamente dall'amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi; nella concessione la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall’autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi per l'utilizzo del servizio, con la conseguenza che il prestatore assume il rischio della gestione dei servizi in questione» (Tar Lombardia, Milano, sez. I, 19 ottobre 2007, n. 6137).
Spl e attività strumentali dell’ente locale: le incertezze della giurisprudenza/2 Tuttavia il Consiglio di Stato ha sottolineato che ai fini della qualificazione di una attività come servizio pubblico locale non è determinante che l’erogazione della prestazione sia o meno subordinata al pagamento di un corrispettivo e, soprattutto, l’elemento distintivo del servizio pubblico non resta escluso dalla circostanza che il costo del servizio stesso non sia fatto gravare sugli utenti (così, ad esempio, Consiglio di Stato, sez. V, 30 aprile 2002 n. 2294, Id., 16 dicembre 2004 n. 8090, Id., 15 gennaio 2008, n. 36); ha riconosciuto natura di servizio pubblico locale ad attività che sulla base degli schemi interpretativi appena indicati, a rigore, avrebbero dovuto essere considerate preferibilmente appalti pubblici di servizio, poiché destinate direttamente alla pubblica amministrazione beneficiaria, come nel caso del pubblico servizio di gestione, manutenzione e sorveglianza del patrimonio stradale del Comune di Roma, relativo alla c.d. Grande Viabilità (Consiglio di Stato, n. 36/2008, cit.).
La riforma dei spl: criteri di distinzione tra servizi con e servizi senza rilevanza economica Sono spl di rilevanza economica, secondo le diverse teorie prospettate: quelli che presuppongono una attività idonea a produrre utili; quelli erogabili attraverso una rete; quelli che sono diretti a soddisfare esigenze degli utenti sufficientemente omogenee sotto il profilo qualitativo e che quindi possono essere costituiti da prestazioni sostanzialmente standardizzate e quindi possibile oggetto di una produzione con tecniche industriali; quelli che sono organizzati secondo modalità in astratto idonee a garantire le entrate necessarie per coprire quantomeno i costi di produzione; quelli indicati nel comma 10, lett. d), dell’art. 23 bis.
Criteri di distinzione tra servizi con e servizi senza rilevanza economica: la giurisprudenza La distinzione tra servizi di rilevanza economica e servizi privi di tale rilevanza è legata all'impatto che l'attività può avere sull'assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività; di modo che deve ritenersi di rilevanza economica il servizio che si innesta in un settore per il quale esiste, quantomeno in potenza, una redditività, e quindi una competizione sul mercato e ciò ancorché siano previste forme di finanziamento pubblico, più o meno ampie, dell'attività in questione; può invece considerarsi privo di rilevanza quello che, per sua natura o per i vincoli ai quali è sottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad alcuna competizione e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza. In altri termini, laddove il settore di attività è economicamente competitivo e la libertà di iniziativa economica appaia in grado di conseguire anche gli obiettivi di interesse pubblico sottesi alla disciplina del settore, al servizio dovrà riconoscersi rilevanza economica, ai sensi dell'art. 113 del D.Lgs. n°267/2000, mentre, in via residuale, il servizio potrà qualificarsi come privo di rilevanza economica laddove non sia possibile riscontrare i caratteri che connotano l'altra categoria [Tar Sardegna, 2 agosto 2005, n. 1729].
La riforma dei spl: il regime delle reti La proprietà delle reti rimane pubblica; Si prevede la possibilità di affidare all’esterno la gestione delle reti; Si prevede il divieto per le società che gestiscono le reti di gestire spl (dubbi sul divieto).
La riforma dei spl: il regime dei spl con rilevanza economica Le caratteristiche principali sono: prevalenza della disciplina generale rispetto alla disciplina di settore ruolo di regolazione dell’ente locale proprietà pubblica delle reti distinzione tra regime gestionale ordinario basato sull’affidamento con gara e derogatorio basato sull’affidamento diretto
La riforma dei spl: il regime ordinario dei spl con rilevanza economica Esternalizzazione del servizio Procedura concorsuale Rispetto dei principi del Trattato Ce, del codice dei contratti e degli altri principi costituzionali e comunitari (imparzialità, trasparenza, ecc.)
La riforma dei spl: il regime ordinario dei spl con rilevanza economica: la gara La gara per la scelta dell’impresa o della società privata (esternaizzazione); La gara per la scelta del socio privato (società mista); Rinvio all’art. 30, d.lgs. n. 163/2006; Rinvio al regolamento (dubbi); Ruolo regolativo da parte dell’ente locale; Conseguenze.
La riforma dei spl: il regime derogatorio dei spl con rilevanza economica Affidamento in deroga, ma nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria; definizione delle condizioni legittimanti; conseguenze: divieto di gestire altri servizi; difficoltà interpretative.
La società in house: caratteri totale partecipazione pubblica (dubbi alla luce di alcune novità); “il controllo analogo”: che si ha quando l’ente esercita sul fornitore un potere di controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; “il soggetto dedicato”: che si ha quando il fornitore realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che lo controllano.
La società in house: la giurisprudenza italiana sul “controllo analogo” per controllo analogo si intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell'ente pubblico sull'ente societario [Cons. Stato, VI Sez., 25 gennaio 2005, n°168, Tar Sardegna, 2 agosto 2005, n. 1729]; l’affidamento in house è legittimo da parte di un ente locale che partecipa insieme ad altri al capitale della società se il rapporto sotteso determina «una sorta di amministrazione “indiretta”, nella quale la gestione del servizio, in un certo senso, resta saldamente nelle mani dell’ente concedente, attraverso un controllo assoluto sull’attività della società affidataria» [Tar Campania, Napoli, sez. I, 30 marzo 2005, n. 2784]; il requisito del “controllo analogo” è garantito, nel caso di partecipazione da parte di più enti,dalla previsione statutaria di una Assemblea di coordinamento intercomunale, organo costituito dai legali rappresentanti degli enti locali partecipanti alla società, ognuno con responsabilità e diritto di voto pari alla quota di partecipazione [Tar Friuli Venezia Giulia, 15 luglio 2005, n. 634].
La società in house: la giurisprudenza comunitaria sul “controllo analogo” «la partecipazione, anche minoritaria, di un’impresa privata al capitale di una società alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice in questione, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare sulla detta società un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi» [Corte giust. Ce, 11 gennaio 2005, Stadt Halle ]; «il fatto che una società sia aperta, almeno in parte, al capitale privato impedisce di considerarla come una struttura di gestione «interna» di un servizio pubblico nell’ambito dei comuni che ne fanno parte» [Corte giust. Ce, 21 luglio 2005, Coname]; il requisito del “controllo analogo” deve essere interpretato restrittivamente ed è da escludere «quando la società abbia un oggetto sociale esteso ad ulteriori importanti settori, il suo capitale dev’essere a breve termine obbligatoriamente aperto ai privati, il suo ambito territoriale di attività è stato ampliato a tutto il paese e all’estero, ed il suo Consiglio di amministrazione possiede amplissimi poteri di gestione che può esercitare autonomamente rispetto alla pubblica autorità» [Corte giust. Ce, 13 ottobre 2005, Parking Brixen].
La riforma dei spl: il regime dei spl senza rilevanza economica Criteri generali: discrezionalità dell’ente nell’individuazione dei spl prevalenza delle discipline di settore legittimità dell’affidamento diretto tipicità dei modelli organizzativi contratto di servizio Modelli organizzativi: istituzione azienda speciale consorzio società mista associazione o fondazione (per i spl culturali o del tempo libero) gestione in economia (per i spl di modeste dimensioni)
Le società miste Legittimità dell’affidamento diretto del spl alle società miste dopo la sent. n. 1/2008 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato; compatibilità comunitaria del modulo organizzativo; le condizioni legittimanti; l’evoluzione della giurisprudenza.
La riforma dei spl e le altre discipline di riferimento l’integrazione: i regolamenti attuativi e i loro possibili contenuti la composizione: il rapporto con le discipline di settore e le discipline regionali
La riforma dei spl: conclusioni testo scritto male attenzione al ruolo legislativo regionale ampio spazio per l’autonomia degli eell attuazione affidata alla responsabilità degli eell presenza di clausole troppo generiche che ampliano il potere interpretativo del giudice