Il meridione prima dell’Unità d’Italia Sabato 17 aprile 2010 Orario 19,00 - 20,00 Briganti, banditi o partigiani? la lezione è coordinata dal prof. pref.

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Transcript della presentazione:

Il meridione prima dell’Unità d’Italia Sabato 17 aprile 2010 Orario 19, ,00 Briganti, banditi o partigiani? la lezione è coordinata dal prof. pref. Nicola Terracciano Libera Pluriversità di Napoli Non è Ufficiale ma Vera Napoli - Via del Parco Margherita, 35

“lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro l’italia meridionale e le isole squartando fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti” A. Gramsci

Tutti gli storici anche quelli che hanno consultato recentemente l’”Archivio Borbone” nell’archivio di stato di Napoli dipingono il popolo contadino duosiciliano come sfruttato e in condizioni miserrime. Ma gli altri contadini nel mondo del 1860 avevano delle condizioni di vita tanto migliori? - In veneto si moriva di pellagra, - le modine nel novarese e vercellese hanno stentato fino e agli anni 50 del secolo scorso nelle risaie allagate cantando “Sciur padrun dalle bele braghe bianche fora le palanche”. - L’inghilterra della regina vittoria consentiva lo sfruttamento dei bambini nelle fabbriche della seconda rivoluzione industriale, nella liberale società inglese. - Gli stati uniti avevano la schiavitù delle popolazioni africane. - Gli zar russi avevano nelle campagne contadini trattati come servi della gleba di medioevale memoria. E allora perché si enfatizza tanto la pessima condizione del contadino meridionale?

La terra elemento chiave fondamentale per la sopravvivenza e la vita. Chi la possiede o la gestisce ha il dono di dare la sussistenza e la procreazione della specie. I contadini erano il 90% della popolazione. Una forza che se ben indirizzata avrebbe potuto, come in molti casi ha fatto, cambiare le sorti di un Paese.

Colonizzazione del sud con il modello piemontese Le scelte del governo sui temi di politica interna e di ordine pubblico in quel primo decennio unitario vedono il drenaggio della ricchezza dal sud al nord (bonifiche ferraresi, canale cavour). bombrini diceva in uno scritto a cavour: «Non dovranno mai essere più in grado di intraprendere» riferita ai meridionali. Nel 1861 cavour muore gli succedono ricasoli, rattazzi, farini, minghetti, la marmora, determinarono le coordinate di un irreversibile declino sociale ed economico del Meridione. Agricoltura, artigianato, commercio, grandi industrie manifatturiere che avevano goduto e prosperato dei protezionismi doganali attuati dai Borbone, risentirono del nuovo modello liberale imposto dai piemontesi.

Brigantaggio = banditismo sociale ribellione alla violenza del nuovo padrone

Origini del fenomeno - continuità dello sfruttamento da parte dei proprietari terrieri ed i latifondisti - privatizzazione delle terre demaniali e abolizione degli “usi civici” uso delle terre demaniali per caccia e raccolta. -Tra maggio e giugno Garibaldi emana due decreti:eliminazione della tassa sul macinato ; distribuzione delle terre demaniali. Promette le terre con il bando di Palermo l’assegnazione delle terre sarà per sorteggio per chi non partecipa alla marcia dei mille, chi milita tra le fila dei garibaldini avrà la quota senza sorteggio

Origini del fenomeno - coscrizione obbligatoria (8 anni di leva) - una tassazione più elevata. Le imposizioni fiscali diventarono 24. Le 14 precedenti aumentate, 10 nuove. - l'annessione al Regno d'Italia era sentita dalla popolazione come una minaccia alla propria fede e alle proprie tradizioni. -Decreto mancini 1861 espropriazione delle proprietà ecclesiastiche

BANDITISMO SOCIALE si cominciarono a formare gruppi di ex soldati del disciolto esercito napoletano, rimasti fedeli alla dinastia borbonica, coscritti che rifiutavano di servire sotto la bandiera italiana, e di contadini e pastori delusi dalle promesse fatte e tra questi si inserirono anche malviventi e latitanti, adusi a vivere alla macchia nei periodi nei quali non potevano trovare impiego in agricoltura.

- Non per motivi ideologici - non per grandi discorsi ideali. MA per combattere - lo sfruttamento che si ripropone enfatizzato - le ingiustizie che continuano anche dopo l’unità con le promesse non mantenute Per un Senso - di riscatto nei confronti dei padroni di sempre - recupero dell’onore perduto infangato da una monarchia illegittima

17 marzo 1861 proclamazione dell'Unità d'Italia, solo il 20 marzo 1861 si arrese la guarnigione della cittadella di Civitella del Tronto, al confine tra Abruzzo e Marche

Fucilazione di Vincenzo Petruzziello Montefalcione, 1861 « Questa è Africa! Altro che Italia! I beduini, a riscontro di questi cafoni, sono latte e miele.» (enrico cialdini, luogotenente di vittorio emanuele II a Napoli.) i due comandanti militari della repressioni furono cialdini, modenese, e emilio pallavicini, genovese, e il redattore della legge contro il brigantaggio, pica, era abruzzese.

Questa guerra civile interessò tutte le regioni del regno borbonico annesso al regno sabaudo italiano. Una delle zone più strategiche delle forze dei briganti divenne il Vulture e il suo capo più rappresentativo fu Carmine Donatelli Crocco di Rionero in Vulture

Carmine Donatelli Crocco Michelina De Cesare Banda del brigante Totaro di San Fele Alcuni briganti lucani: Caruso, Cafo, Lamacchia e Tinna

un bersagliere mostra il cadavere del "brigante" Nicola Napolitano dopo la fucilazione e le sevizie. Ribelli che presero le armi preferendo “morire in piedi dinanzi all’alternativa di vivere in ginocchio” Carmine Croco in Lucania, Pasquale Romano in Puglia, Cosimo Giordano nel Matese, Pietro Monaco in Basilicata, Antonio Cozzolino nell’area vesuviana intorno a Napoli Luigi Alonzi detto Chiavone in Ciociaria,

Il brigantaggio si contrappose, anzitutto, alle milizie civiche, armate dai notabili e dai possidenti meridionali, che più ebbero a soffrire della stagione di violenze e in seguito all'esercito 'piemontese'

il partito legittimista prese ad organizzarsi per tentare di cacciare l'invasore (supportati dai Borbone di Napoli, esuli a Roma, un poco dai Borbone di Spagna, dalla nobiltà legittimista e da una parte del clero).

Si registravano sollevazioni diffuse, seguite dal rovesciamento dei comitati insurrezionali, sostituiti con municipalità legittimiste. A Napoli, l'ex-capitale travagliata da una grave crisi economica, agiva la propaganda del comitato borbonico della città, che riuscì, perfino, a organizzare una manifestazione pubblica a favore della deposta dinastia. Nel mese di aprile venne sventata una cospirazione anti-unitaria e arrestate oltre seicento persone, fra cui 466 ufficiali e soldati del disciolto esercito borbonico.

Nella primavera del 1861 tutto il Mezzogiorno continentale era in rivolta, assumendo spesso le forme di estese jacquerie contadine. Destinate alla sconfitta contro un moderno esercito calato in forze a combatterle. Il rischio concreto di un collegamento di tutte le formazioni della rivolta, dalla Calabria alle province contigue allo Stato Pontificio, con un'azione centrata fra Irpinia e Lucania, condusse ad un incremento notevole sia delle forze impegnate, sia della ferocia con la quale la repressione delle insorgenze fu attuata.

Nell'agosto 1861 venne inviato a Napoli il generale enrico cialdini, con poteri eccezionali per affrontare l'emergenza del brigantaggio. Egli seppe rafforzare il partito sabaudo, arruolando militi del disciolto esercito meridionale di Garibaldi e perseguendo il clero e i nobili legittimisti. In una seconda fase, comandò una dura repressione messa in atto attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro interi centri abitati: fucilazioni sommarie e incendi di villaggi in cui si rifugiavano i briganti erano all'ordine del giorno, restano famigerati il cannoneggiamento di Mola di Gaeta, poi inglobata da Formia, del 17 febbraio 1861 nonché gli eccidi di Casalduni e Pontelandolfo nell'agosto 1861.

Le forze a sue disposizione consistevano in circa uomini, presto passate a unità nel dicembre del 1861, nel dic 1862 arrivarono ad oltre (2/5 dell’esercito italiano) Gli strumenti a disposizione della repressione venivano, nel frattempo, incrementati, con la moltiplicazione delle taglie e l'istituto delle deportazioni: questa era la forma reale del domicilio coatto.

Nell'agosto 1863 venne emanata la "famigerata" legge pica che divideva l’italia dal punto giuridico normativo. Tale legge, contraria a molte disposizioni costituzionali, riconosceva lo stato d’assedio, istituiva i tribunali militari, la difesa dell’imputato affidata ai militari senza garanzie di legalità anche alla difesa, fu data mano libera agli ufficiali di fare giustizia sommaria e dare seguito alle sentenze immediatamente con fucilazione sul posto, diritto di rappresaglia e pene per chi aiutava o fiancheggiava i briganti colpiva non solo i presunti briganti, ma affidava ai tribunali militari anche i loro parenti e congiunti o semplici sospetti. La legge pica autorizzava, solo nelle province meridionali, i Giudizi sommari. Rimase in vigore meno di un anno e mezzo, infatti, fu revocata nel Scatenò nel neonato parlamento italiano la prima bagarre tra liberali democratici – conservatori

L'opposizione alla Camera fu serrata da parte di tutta quella parte democratica del governo che aveva dato credito alle conclusioni della Commissione Parlamentare d'Inchiesta, inviata in Basilicata per cercare una soluzione al problema, e che aveva terminato la sua esposizione dichiarando che la ribellione dei briganti era in fondo "la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche e secolari ingiustizie". Nonostante l'opposizione del Massari e del De Sanctis, la legge Pica venne approvata ottenendo il doppio risultato di affermare l'egemonia delle forze conservatrici rispetto a quelle democratiche e di accrescere la violenza dei briganti, contro i quali il governo dovette impegnare complessivamente soldati in una guerra costosissima per il paese, sul piano sia economico che morale.

Vaje c’’a capa ’int’ ‘a cascetta Teste mozzate di contadini esposte in gabbie di vetro nei pressi di Isernia

A cavallo degli anni le truppe dedicate alla repressione vennero aumentate sino a soldati, circa i due quinti delle forze armate italiane del tempo, quindi il generale cialdini poté riassumere l'iniziativa, giungendo a eliminare le grandi bande a cavallo con i loro migliori comandanti: difatti furono sgominate le colonne militari di Crocco e quelle pugliesi comandate da Pasquale Romano nella zona di Bari e Michele Caruso nella zona di Foggia. Romano, nativo di Gioia del Colle, era un ex tenente dell'esercito borbonico ed era considerato un abile stratega: la sua morte in battaglia nel 64, al grido di “viva ‘o rre” difensore della giusta causa legittimista, rappresentò la fine della guerriglia organizzata militarmente in Puglia

La rivolta del 7 e mezzo (dal 16 al 22 settembre 1866) a Palermo. La resistenza degenerò, sempre più spesso, in mero banditismo. Solo nel 1867, infatti, Francesco II delle Due Sicilie sciolse il governo borbonico in esilio. Continuava l'azione di poche e isolate bande d'irriducibili ma, vista l'impossibilità di ottenere risultati politici e per non logorarsi in un'eterna guerra civile, la spinta insurrezionale volgeva gradualmente al termine.

Nel 1869 furono catturati i guerriglieri delle ultime grandi bande con cavalleria. Gennaio 1870 il governo italiano revoca il controllo militare sulle province meridionali, sancendo così la fine ufficiale del brigantaggio. Gennaio 1870 fine del brigantaggio inizio della questione meridionale ufficialmente iniziata nel 1873

Secondo le stime di alcuni giornali stranieri che si affidavano alle informazioni "ufficiali" del nuovo Regno d'Italia, dal settembre del 1860 all'agosto del 1861 vi furono nell'ex Regno delle Due Sicilie fucilati, feriti, prigionieri, 64 sacerdoti, 22 frati, 60 ragazzi e 50 donne uccisi, arrestati, 918 case incendiate e sei paesi dati a fuoco, famiglie perquisite, 12 chiese saccheggiate, comuni sollevati; poiché ufficiali c'è da considerare che come tali queste cifre furono sicuramente sottostimate dal ministero della guerra, nonostante si riferissero ad un solo anno. La lotta al brigantaggio causò più morti dell’intero risorgimento italiano.

emigrazione. Scriveva F. S. Nitti: “Noi mandiamo ogni anno fuori d’Europa, dal solo mezzogiorno continentale, un vero esercito di quasi cinquantamila persone e i contadini di Basilicata, delle Calabrie, del Cilento, che non chiedono nella allo stato, nemmeno bonifiche derisorie, nemmeno consorzi mentitori, nemmeno tariffe di protezione, danno il contingente più largo. Io vorrei fare e forse lo farò una carta del brigantaggio e una dell’emigrazione e l’una e l’altra si completeranno e si potrà vedere quali siano le cause di entrambi.” Lo squilibrio strutturale tra nord e sud d'Italia verrà aggravato con l’espoliazione delle industrie meridionali. Creando, forse di proposito,la questione meridionale.

Grazie di essere rimasti svegli, per chi ha dormito, di non aver russato