Nazione, cultura e appartenenza etnica

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Transcript della presentazione:

Nazione, cultura e appartenenza etnica Etnicità: condivisione da parte di un gruppo di caratteri culturali sedimentati nel passato. L’etnicità rende il gruppo omogeneo al suo interno e lo differenzia da altri gruppi. La pratica dell’omogamia è fondamentale per la trasmissione di determinate caratteristiche e per la sopravvivenza del gruppo. L’omogamia conferisce all’appartenenza etnica i suoi caratteri “razziali” e “biologici”.

Come si connettono i concetti di nazionalità ed etnicità con la modernità? Il processo di formazione della nazione è stato associato alla modernizzazione e all’industrializzazione. In tale contesto le nazioni sono considerate realtà sociali i cui confini geografici corrispondono ai confini di stato. Si ritiene che la costruzione dello stato nazionale moderno sia basata su presupposti razionali. Per sopravvivere gli stati nazionali fanno affidamento sulle lealtà delle rispettive popolazioni. Nazionalismo, razionalità e lealtà hanno giustificato i conflitti bellici.

MA sulla base del liberalismo sociologico e dopo le due guerre mondiali viene meno il legame tra nazionalismo e razionalismo. I rapporti interetnici e internazionali diventano oggetto di attenzione e viene messo in atto un processo di integrazione transnazionale. Nonostante la liberalizzazione economica e dei traffici, permane la volontà di difendere la propria sovranità e identità nazionale da parte degli stati europei.

Le nazioni e il liberalismo sociologico La sopravvivenza delle nazioni è compatibile con il liberalismo sociologico solo se si riesce ad attuare una moderata limitazione dell’identità: l’identità nazionale è necessaria per la sopravvivenza dello stato nazionale, ma un’identità troppo forte genera intolleranza verso altre identità.

Le etnie e il liberalismo sociologico La sfida maggiore del liberalismo sociologico alle società dell’Europa occidentale riguarda i rapporti tra la cultura dominante e le etnie presenti sul territorio nazionale. Le etnie sono costituite da minoranze locali esistenti sul territorio prima della fondazione dello stato nazionale popolazioni immigrate

L’incontro è arduo per tre possibili motivi: I gruppi considerano la propria cultura un bene da salvaguardare ed evitano qualsiasi contatto con le culture altre. I gruppi percepiti come differenti hanno comportamenti poco prevedibili ed è difficile dare loro fiducia. Le minoranze sono viste come fonti di concorrenza non richiesta.

Tre risposte istituzionali: SEGREGAZIONE: la minoranza vive quasi completamente separata dalla società ospitante, conserva la propria cultura e costumi, non ha contatti con la maggioranza. ASSIMILAZIONE: la minoranza abbandona le proprie consuetudini culturali e perde i suoi caratteri distintivi, fino a venir assimilata dalla cultura della maggioranza. INTEGRAZIONE: la minoranza conserva alcuni suoi elementi culturali e un senso di identità (nella sfera privata) e sotto altri profili si mescola alla società ospitante (nella sfera pubblica).

Questi tre concetti costituiscono un continuum lungo il quale si inseriscono molteplici possibilità intermedie. Gli estremi della segregazione e dell’assimilazione sono incompatibili con il liberalismo sociologico, perché non considerano paritari i contributi culturali di tutti i gruppi etnici.

Le minoranze locali Accanto a una cultura “centrale”, che si identifica con i simboli dello stato nazionale, si possono individuare tre tipologie di culture territorialmente minoritarie: 1) subculture moderate 2) subculture forti 3) subculture separatiste. Le prime due subculture possiedono simboli di differenziazione ma non pretendono alcun riconoscimento istituzionale alla propria identità. Le subculture separatiste reclamano il riconoscimento istituzionale della propria diversità.

Francia, Spagna, Regno Unito: forte senso di una cultura centrale, accanto a minoranze alternative. Il liberalismo sociologico è praticamente assente negli anni ’60; tolleranza maggiore negli anni ’90 (esempi: pluralismo linguistico in Spagna, autodeterminazione politica del Galles e della Scozia). Italia e Germania: tendenze centralistiche assenti, pur essendo presenti alcune culture regionali. Danimarca, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia, Austria, Norvegia: stati nazionali omogenei. Danimarca e Portogallo sono privi di minoranze territoriali. Belgio, Finlandia, Svizzera: stati nazionali eterogenei, con subculture linguistiche.

In generale negli ultimi decenni l’intolleranza etnica per le minoranze locali si è affievolita. Il liberalismo sociologico si è preservato, se non addirittura rafforzato (per esempio in Belgio, Spagna, Regno Unito).

Le minoranze immigrate Il fenomeno dell’immigrazione verso i paesi europei da parte di persone provenienti da paesi non europei inizia negli anni ’60. La Germania è la meta primaria perché: 1) è il più fiorente paese europeo 2) è disposta a offrire protezione a rifugiati ed esuli, come riscatto dal passato nazista 3) ha una posizione geografica favorevole per le migrazioni provenienti dai paesi del blocco comunista.

Negli anni ’60 i flussi migratori sono visti positivamente e incoraggiati, in quanto costituiscono una soluzione alla carenza di manodopera. Modello dell’immigrato temporaneo di sesso maschile per ragioni di lavoro. Negli anni ’70 l’aumento della disoccupazione spinge i governi a smantellare i programmi per l’immigrazione e a ostacolare i nuovi ingressi. Ma gli immigrati restano e si ricongiungono con le loro famiglie. Gli stati nazionali europei adottano diverse interpretazioni dei diritti degli stranieri, sulla base di differenti concezioni del concetto di cittadinanza.

Quattro varietà di migrazioni verso i paesi europei occidentali: Immigrati intraeuropei: dalle zone più povere verso quelle più ricche dell’Europa occidentale. Percorso di assimilazione relativamente facile. Immigrati dalle ex colonie reclutati come manodopera: provenienti da zone non europee, particolarmente povere, con una cultura molto differente. Notevoli difficoltà di inserimento nel nuovo paese. Immigrati dall’Europa centrale e orientale, le cui mete principali sono la Germania, l’Austria e la Scandinavia. Immigrati dalle regioni africane: spinti verso l’Europa per problemi economici, provenienti da paesi poveri e destinati a una posizione marginale nei paesi di arrivo.

In generale i tratti del liberalismo sociologico non hanno ancora permeato i rapporti sociali tra popolazioni europee e immigrati non europei. Alcune politiche statali acuiscono i conflitti etnici, alle volte in modo inconsapevole. Non mancano altresì tentativi di assimilazione o integrazione.