CHE COS’E’ LA METACOGNIZIONE

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Transcript della presentazione:

CHE COS’E’ LA METACOGNIZIONE ANDARE OLTRE LA COGNIZIONE

Dal brainstorming: - capacità di riflettere sui propri percorsi di apprendimento per esserne consapevoli (10)  la mente che lavora sulla propria mente - insieme delle strategie che portano ad imparare ad imparare (4), tenendo in considerazione anche la sfera emotiva (2) - capacità di riflettere sui propri processi cognitivi e sul proprio pensiero (2)  pensare sul pensiero - consapevolezza del soggetto rispetto ai propri processi cognitivi e il controllo esercitato su questi (1)

primi studi sulla metacognizione • Stati Uniti, anni ’70 • Rompono con le teorie che assegnano un ruolo secondario all’educazione nello sviluppo cognitivo del bambino • Primi lavori sulla memoria: perché i bambini non ricordano?  concetto di METAMEMORIA (conoscenza e controllo dei propri processi di memorizzazione)

da L. Cottini, La didattica metacognitiva Modelli esplicativi nello studio della metacognizione: 1. Flavell e Wellmann (1977) Necessità, per l’individuo, di padroneggiare 4 tipologie principali di informazioni per sviluppare una conoscenza metacognitiva: - sugli attributi personali; - sulle caratteristiche del compito; - sulle strategie impiegabili per affrontarlo; - sulle condizioni nelle quali deve essere effettuato il compito.

2. Flavell (1981) 4 componenti per favorire il controllo dei compiti cognitivi: - le mete cognitive  gli obiettivi che ci si pone nell’agire, siano questi espliciti o impliciti; - le conoscenze metacognitive; - le esperienze metacognitive il vissuto emozionale, le sensazioni legati all’esperienza di apprendimento; - gli atti cognitivi le funzioni e le strategie specifiche in gioco nell’azione particolare che si intraprende.

3. Wellmann (1983) Distingue 5 livelli di conoscenze metacognitive: - riconoscimento dell’esistenza dei processi cognitivi, inteso come riconoscimento di stati interni e mentali; - la conoscenza dei diversi processi cognitivi, della loro natura e delle loro caratteristiche; - fattori influenzanti la prestazione, come il tipo di compito, le strategie che si utilizzano, le variabili di personalità, ecc… - le interazioni fra i processi; - controllo e monitoraggio dell’intero corso, fino alla valutazione di che cosa si conosce e alla distinzione dei diversi atti mentali.

4. Brown (1987) Si sofferma sulla metacognizione proprio come il controllo dei processi mentali. Evidenzia i seguenti aspetti come condizionanti il controllo metacognitivo: - rendersi conto dell’esistenza di un problema; - saper predire la propria prestazione; - pianificare l’attività cognitiva; - registrare e guidare l’attività cognitiva in relazione agli obiettivi.

5. Gruppo di Borkowski (1992) Cerca di delineare le caratteristiche essenziali di quello che definisce un “buon elaboratore di informazioni”: - conoscere un ampio numero di strategie di apprendimento; - capire quando, in quali contesti e perché queste strategie sono importanti; - selezionare le strategie ed effettuare con attenzione il monitoraggio sulle stesse; - credere che le capacità mentali possano crescere; - credere nell’impegno, applicato con attenzione e consapevolezza; - essere intrinsecamente motivato, orientato sul compito e fissare obiettivi di padronanza; - non temere il fallimento (capire che fallire è necessario per avere successo); - possedere molteplici e concrete immagini di “possibili Sé”, sia desiderati che temuti, relativi al futuro prossimo e lontano; - possedere conoscenze approfondite di molti argomenti ed avere un rapido accesso a queste conoscenze.

6. Gruppo di Cornoldi (1990-1995) Metacognizione come “INSIEME DELLE ATTIVITA’ PSICHICHE CHE PRESIEDONO AL FUNZIONAMENTO COGNITIVO” C. Cornoldi Metacognizione e apprendimento, 1995

E più specificatamente distingue tra: conoscenza metacognitiva (le idee che un individuo possiede sul proprio funzionamento mentale  include le impressioni, le intuizioni, nozioni, sentimenti, autopercezioni) processi metacognitivi di controllo (capacità di verificare l’andamento della propria attività mentale e di mettere in atto particolari strategie  includono problematizzazione, previsione, pianificazione, valutazione, monitoraggio).

La metacognizione racchiude due aspetti fondamentali: 1) processi di riflessione sulla mente (riflessioni sulle proprie capacità cognitive); 2) processi strategici e di controllo (modalità attraverso cui esercitiamo un controllo sulla nostra mente).

“Uno sviluppo applicativo estremamente interessante di questi studi ha riguardato l’ambito didattico. Da più parti è stato riconosciuto il ruolo fondamentale delle componenti metacognitive come variabili in grado di condizionare le modalità con le quali un individuo apprende.” L. Cottini La didattica metacognitiva

La didattica metacognitiva ha dimostrato la sua efficacia - sia per l’affinamento di competenze trasversali, come l’attenzione, la memoria, il metodo di studio, - sia per l’apprendimento di abilità più prettamente curricolari, come la lettura e comprensione del testo, la matematica, la scrittura; - sia nelle normali attività rivolte all’intera classe, - sia negli interventi di recupero o sostegno individualizzato.

D. Ianes, Metacognizione e insegnamento, 1996 L’approccio metacognitivo consente agli insegnanti di non separare rigidamente i necessari interventi di recupero o sostegno individualizzati dalla didattica normale rivolta all’intera classe. DIDATTICA METACOGNITIVA come DIDATTICA INTEGRATA, INCLUSIVA, secondo il principio della SPECIALE NORMALITA’.

E proprio alle competenze trasversali, ovvero a quelle abilità che permettono di imparare ad imparare, R. feuerstein ha dedicato i suoi studi, elaborando un METODO che si caratterizza come uno dei primi approcci metacognitivi apparsi in ambito educativo e riabilitativo.

UN MOMENTO… STO PENSANDO!

Non voglio dire che i geni non abbiano il loro peso, ma devono essere un punto di partenza, non una condanna. R. Feuerstein, Non accettarmi come sono, 1995

La finalità a cui punta è la modificabilità cognitiva, perché l’intelligenza si può imparare, tramite la mediazione da parte di qualcuno più competente.

“METACOGNIZIONE SIGNIFICA RIFLETTERE SU CIO’ CHE SI E’ FATTO, SU COME E PERCHE’ LO SI E’ FATTO, PER RICAVARE UNA REGOLA, UN MODO DI PROCEDERE CHE VA OLTRE LA SITUAZIONE PARTICOLARE DI APPRENDIMENTO E DI PER SE’ TENDE ALLA GENERALIZZAZIONE” J.L. Paour Metacognizione ed educazione, 1998

DIDATTICA METACOGNITIVA SVILUPPA NELL’ALUNNO LA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI PROCESSI DI APPRENDIMENTO DEI PROPRI MECCANISMI DI AUTOREGOLAZIONE AL FINE DI RENDERLO SEMPRE PIU’ AUTONOMO NELL’AFFRONTARE SITUAZIONI NUOVE.

Da D. Ianes, Metacognizione e insegnamento, 1996 I 4 LIVELLI DELL’ APPROCCIO DIDATTICO METACOGNITIVO: 1) conoscenze relative al funzionamento cognitivo generale; 2) autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo; 3) uso di strategie di autoregolazione cognitiva; 4) variabili psicologiche sottostanti.

Un primo livello riguarda le conoscenze generali in merito a quella che più tecnicamente viene definita Teoria della mente, ovvero conoscenze sul funzionamento cognitivo generale  l’insegnante fornisce all’alunno informazioni generali sul funzionamento della mente umana, adattandole alle capacità di comprensione del soggetto (età, livello cognitivo).

LIMITI E CARATTERISTICHE DELLA VARIABILITA’ INTERINDIVIDUALE 3 ASPETTI FUNZIONAMENTO GENERALE TIPICO POSSIBILITA’ DI INFLUENZARE IL PROCESSO COGNITIVO CON STRATEGIE DI AUTOREGOLAZIONE LIMITI E CARATTERISTICHE DELLA VARIABILITA’ INTERINDIVIDUALE

- Questionari sulle idee che gli alunni hanno di intelligenza e di apprendimento e sulle relative credenze (Intelligenza entitaria o incrementale? Ho il potere di modificare il mio apprendimento?)  PERCEZIONE DI AUTOEFFICACIA vs IMPOTENZA APPRESA -Video/immagini sul cervello e sul suo funzionamento -Riflessioni sul funzionamento di memoria, attenzione, concentrazione, emozioni, percezioni, …

Un secondo livello riguarda l'autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, distinto da quello generale  l’insegnante aiuta l’allievo ad apprezzare le capacità ed i limiti della propria mente, in un clima di accettazione, la cui assenza potrebbe avere ricadute importanti sull'autostima del ragazzo. -Indagine sullo stile di apprendimento e sullo stile cognitivo degli alunni - Analisi guidata e sistematica degli errori, ma anche delle prove superate positivamente

STILI D’APPRENDIMENTO NON VERBALE VISIVO UDITIVO CINESTESICO VERBALE

Cornoldi, De Beni, Imparare a studiare 2, 2001 STILI COGNITIVI ANALITICO GLOBALE - RIFLESSIVO IMPULSIVO VISUALE VERBALE INTUITIVO SISTEMATICO CONVERGENTE – DIVERGENTE DIPENDENTE AUTONOMO

Ad un terzo livello si lavora sull'uso generalizzato delle strategie di autoregolazione cognitiva  l’insegnante guida il bambino nel controllo dei propri processi cognitivi finalizzati alla risoluzione di problemi, in modo da renderlo più autonomo. Autoregolare un processo cognitivo significa: 1) Fissarsi in modo chiaro un obiettivo, sia in merito al risultato (cosa) che alla strategia per ottenerlo (come) 2) Darsi delle istruzioni per svolgere le operazioni pianificate per raggiungere l’obiettivo 3) Osservare l'andamento del processo d’apprendimento e raccogliere dati relativi ai risultati ottenuti 4) Confrontare questi dati ottenuti con gli obiettivi prefissati 5) Valutare se continuare con le azioni intraprese (valutazione positiva del processo) o se attivare correzioni alle strategie (valutazione insoddisfacente).

Strategia di autoistruzione da Cornoldi et al Strategia di autoistruzione da Cornoldi et al. Impulsività e autocontrollo, 1996

Strategia di automonitoraggio L’allievo deve controllare le proprie performance, confrontandole con il piano d’azione che si era prefissato e annotandone i risultati. Si possono utilizzate check list di vario tipo, anche figurate.

Da L. Cottini, La didattica metacognitiva

Da L. Cottini, La didattica metacognitiva

Ad un quarto livello si lavora sulle variabili psicologiche sottostanti: - stili di attribuzione o locus of control - percezione di autoefficacia vs impotenza appresa - autostima. Insieme condizionano pesantemente il livello di motivazione e di apprendimento dell’allievo  l’insegnante deve sviluppare linee d’azione che aiutino il discente a formarsi un'immagine di sé positiva, come studente capace di ottenere successo.

STILE DI ATTRIBUZIONE O LOCUS OF CONTROL tendenza dell’allievo ad attribuire le cause del proprio successo/insuccesso - a fattori interni (impegno, abilità)  atteggiamento attivo di controllo positivo - a fattori esterni (facilità del compito, fortuna, aiuto ricevuto)  deresponsabilizzazione personale, atteggiamento passivo, “non dipende da me, quindi non posso farcela…” Solitamente lo stile più funzionale è quello che attribuisce maggior valenza all’impegno personale (?!).

Questionari sull’attribuzione, anche figurati da Cornoldi et al Questionari sull’attribuzione, anche figurati da Cornoldi et al. Impulsività e autocontrollo

PERCEZIONE DI AUTOEFFICACIA convinzione che ogni allievo ha della propria capacità di raggiungere i livelli desiderati nell’esecuzione dei compiti. Ha notevoli effetti sulla capacità d’apprendimento e sulla costruzione di una buona autostima. Dipende da molteplici fattori, tra cui l’atteggiamento ottimistico dell’insegnante e le esperienze di successo dell’alunno, in grado di veicolare feedback di reale efficacia  è essenziale una programmazione didattica “basata sul successo” VS impotenza appresa atteggiamento rinunciatario maturato in seguito all’esposizione prolungata e ripetuta a situazioni negative viste come incontrollabili. Molto penalizzante per l’apprendimento.

AUTOSTIMA riunisce il complesso di valori e di sentimenti che si provano per molti aspetti della propria persona. È data dal rapporto fra le autovalutazioni e le aspirazioni personali. Per sapere qual è il livello d’autostima di un allievo occorre considerare sia cosa pensa di se stesso, sia come vorrebbe essere in quel contesto e valutare la discrepanza esistente fra le due autovalutazioni. Più la differenza sarà piccola, più l’autostima sarà alta e viceversa.  è essenziale operare didatticamente secondo il principio della normalizzazione: atteggiamenti e materiali, il più possibile, uguali per tutti.

Queste 3 variabili insieme condizionano la MOTIVAZIONE dell’alunno nello svolgimento dei compiti d’apprendimento. ESTRINSECA: impegnarsi nei compiti in relazione alla possibilità di conseguire gratificazioni o ricevere premi come rinforzi esterni. INTRINSECA: svolgere un’attività perché è gratificante per se stessa  più duratura ed efficace, ma anche più difficile da stimolare. Un buon livello di motivazione porta il bambino a meglio tollerare vari insuccessi, senza abbandonare il compito e ciò gli consente di affrontare apprendimenti sempre più complessi.

Per incrementare la motivazione occorre - lavorare sui 3 fattori: stile d’attribuzione, senso di competenza, autostima - fornire all’alunno gli strumenti per riconoscere che la motivazione è la forza che ci spinge a fare, per capire i propri tipi di motivazione (v. questionario) e per scoprire che è possibile, nei momenti di bisogno, creare volontariamente una motivazione cercando una possibile utilità dell’attività richiesta - aiutare l’alunno a programmare i propri percorsi di apprendimento, le proprie attività di studio.

Bibliografia C. Cornoldi, De Beni e Gruppo MT, Imparare a studiare 2 Bibliografia   C. Cornoldi, De Beni e Gruppo MT, Imparare a studiare 2. Strategie, stili cognitivi, metacognizione e atteggiamenti nello studio, Trento, Erickson, 2001.   C. Cornoldi et al., Impulsività e autocontrollo. Interventi e tecniche metacognitive, Trento, Erickson, 1996.   C. Cornoldi, Metacognizione e apprendimento, Bologna, Il Mulino, 1995.   L. Cottini, La didattica metacognitiva, Università di Udine (articolo online).   D. Ianes (a cura di), Metacognizione e insegnamento. Spunti teorici e applicativi, Trento, Erickson, 1996.