ETRUSCHI.

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Transcript della presentazione:

ETRUSCHI

GLI ETRUSCHI Nella loro lingua gli Etruschi si chiamavano Rasenna o Rasna, mentre i greci li definivano Tirrenoi o Tyrsenoi, cioè Tirreni. Furono invece i latini a chiamarli Etrusci o Tusci da cui deriva il nome Etruschi

GLI ETRUSCHI Ebbero una egemonia secolare soprattutto nella bassa Toscana e nel Lazio prima dell’avvento di Roma. Il grande senso di devozione e rispetto per i defunti è testimoniato negli straordinari siti funerari come le Necropoli di Cerveteri e Tarquinia che, con la loro struttura urbanistica e gli affreschi delle camere sepolcrali rappresentano una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca. Cartina con i maggiori centri etruschi ed espansione della civiltà etrusca nel corso dei secoli

GLI ETRUSCHI Vari poeti hanno spesso decantato l‘Etruria come un territorio opulento, fertile e ricco, per l‘abbondanza dei raccolti e delle vendemmie.

GLI ETRUSCHI le Necropoli di Cerveteri e Tarquinia rappresentano un capolavoro del genio creativo dell’uomo Coppia aristocratica intenta a banchettare. Particolare. Pittura murale. Tomba della Caccia e della Pesca, circa 520-510 a.C. Necropoli di Monterozzi, Tarquinia

GLI ETRUSCHI  le due Necropoli costituiscono una testimonianza unica ed eccezionale dell’antica civiltà etrusca, l’unico tipo di civiltà urbana dell’Italia pre-romana. Inoltre, la rappresentazione della vita quotidiana nelle tombe affrescate, molte delle quali riproducono nello schema architettonico la tipologia delle case etrusche, è una testimonianza unica di questa cultura scomparsa.

GLI ETRUSCHI Cerveteri Cerveteri è il principale centro archeologico Dell’Etruria. Le sue origini, risalgono all’XI secolo. Il centro etrusco ebbe un lungo periodo di sviluppo che ebbe il proprio apice intorno al VI secolo a.C. grazie ai contatti con la cultura greca e agli scambi commerciali con i Fenici e i Cartaginesi.

GLI ETRUSCHI TARQUINIA Le tracce di insediamenti umani risalgono già all’epoca preistorica ma è fra il X e l’XI secolo che si crearono forme di aggregazione vere e proprie. L’antica città di Tarquinia sorse su una collina calcarea e basò, inizialmente, la propria economia sull’agricoltura.

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA Suppellettili etrusche. Particolare. Rilievo stuccato, pilastro di sostegno, 350-325 a.C. Necropoli della Banditaccia, Cerveteri.

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA Macellazione. Particolare. Hydria “Ricci”. Cerveteri, circa 520 a.C. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma.

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA Preparazione di sacrifici. Particolare. Hydria “Ricci”. Cerveteri, circa 520 a.C. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma.

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA TOMBA DELLA CACCIA E DELLA PESCA NECROPOLI DI CERVETERI

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA Comunque nel VI e V secolo a.C. la dieta base della maggior parte della popolazione resta ancora affidata principalmente al consumo dei legumi e soprattutto di cereali, della cui produzione gli etruschi erano maestri. Rappresentazione della preparazione dei cibi. Particolare, pittura murale.Tomba Golini, seconda metà IV sec.a.C. Orvieto.

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA AFFRESCHI DELLA NECROPOLI DEI MONTEROZZI, A TARQUINIA (VT), RAFFIGURANTI BANCHETTI FUNEBRI Le classi colte in questo periodo hanno come modello il banchetto greco, con l’unica differenza che a quello etrusco partecipavano anche le donne: si banchettava sdraiati su lettini (klinai) e si utilizzava sempre più spesso ceramica importata dalla Grecia.

ALIMENTAZIONE IN ETRURIA Tomba Golini I di Volsinii-Orvieto, metà del IV secolo La rappresentazione delle diverse fasi di preparazione dei cibi e il ricco apparato di musici e servitori, danno una chiara idea del livello di potenza e di autoreferenzialità dei ceti dominanti.

USI E RITUALI DEL BANCHETTO FUNEBRE IN ETRURIA Il banchetto o comunque il simposio è un tema che si ripete spesso nell’ iconografia del mondo etrusco, basti pensare alla tipica disposizione conviviale delle banchine funebri nelle tombe a camera ipogeica dell’Etruria meridionale, o alle famose immagini di banchettanti su letti (klinai) delle tombe dipinte tarquiniesi. Banchetto funebre. Particolare. Tomba dei Leopardi, circa 480 a.C. Necropoli di Monterozzi, Tarquinia

USI E RITUALI DEL BANCHETTO FUNEBRE IN ETRURIA Anche nel periodo ellenistico, la grande diffusione dei sarcofagi con figura umana semisdraiata mostra personaggi riccamente abbigliati, in atteggiamento di banchettanti. . Sarcofago degli Sposi, Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma

USI E RITUALI DEL BANCHETTO FUNEBRE IN ETRURIA Dal punto di vista dell’arredo sono attestati nei simposi non solo i tavolini piuttosto bassi davanti ad ogni banchettante (trapeza), ma anche una sorta di tavolo di servizio (kylikeion) dove venivano disposti vasi legati alla mescita del vino. Banchetto funebre. Tomba dei Leopardi, circa 480 a.C. Necropoli di Monterozzi, Tarquinia

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ I Greci conoscevano diverse varietà di olivi selvatici cui davano nomi diversi, agrielaìa, kòtinos, phulìa; i Romani invece, le riunivano tutte sotto la denominazione oleaster, che è poi quella passata nel vocabolario botanico moderno. Rappresentazione della raccolta delle olive. Anfora Attica, VI sec.a.C. British Museum, Londra.

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ L’olivo era la pianta sacra alla dea Atena ed era stata lei che, in gara con Posidone per il possesso dell’Attica, aveva vinto facendo nascere l’ulivo dalla sua asta vibrata nel terreno. In suo onore si celebravano le feste dette Panatenee, durante le quali gli atleti vincitori delle gare ricevevano anfore contenenti olio raffinato: si tratta di anfore di una forma molto particolare, con corpo assai panciuto, collo breve, fondo stretto e piccole anse “a maniglia”, dette per questo loro particolare uso, panatenaiche. Anfora panatenaica a figure nere. Produzione attica, Lydos, 560-540 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Le olive venivano raccolte, a seconda dell’uso cui erano destinate, in periodi diversi: ancora acerbe (olive albae o acerbae), non del tutto mature (olive variae o fuscae), mature (olive nigrae). Si raccomandava di staccarle dal ramo con le mani ad una ad una; quelle che non si potevano cogliere salendo sugli alberi, venivano fatte cadere servendosi di lunghi bastoni flessibili (in greco ractriai), sempre ponendo la massima attenzione a non danneggiarle. Alcuni aiutanti raccattavano e riunivano le olive battute che, solitamente venivano macinate il più presto possibile. Raccolta delle olive. Riproduzione grafica di un’immagine di un vaso attico a figure nere.

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ La vendita al dettaglio non si praticava solo in campagna o nelle botteghe; era ugualmente attiva nell’agorà, dove venivano trattate le merci più diverse. I mercanti erano installati in baracche, sotto umili tende o, più comunemente, all’aperto, ma questa situazione migliorò ben presto quando furono edificati i primi portici. Vendita dell’olio. Pelike a figure nere. Produzione attica, 510-500 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze.

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Dal greco derivano sia la parola olivo (elaìa), sia il termine etrusco amurca che, nella sua forma greca amòrghe, indica quel liquido amaro ottenuto dalla prima spremitura delle olive, che veniva scartato ed utilizzato come concime, nella concia delle pelli e nell’essiccazione del legno. Dolia interrati. Posti nella Villa Rustica in Loc.Villa Regina, I sec. d.C. Boscoreale, Napoli

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Il “frantoio” romano, puntualmente descritto da Columella (I sec. d.C.) era di un tipo assai simile a quelli usati anche in età moderna. Base in muratura, superiormente concava, per meglio alloggiare la sottomola Sottomola Sostegno verticale in legno dove è infilata la stanga. L’inserzione di questa nel sostegno doveva prevedere la possibilità di regolare l’altezza della mola per non schiacciare i noccioli delle olive Disco della mola, costituito da una pietra cilindrica che l’uso deforma leggermente in senso troncoconico. Il disco è inserito nella stanga in modo da poter girare sia intorno al sostegno centrale, sia attorno al proprio asse. Il disco della mola era mantenuto nella posizione corretta per mezzo di cunei in legno (clavi) Stanga, la cui estremità è collegata ai finimenti che imbrigliano l’asino sottoposto alla mola. Disegno ricostruttivo di un frantoio. Dal testo: “Settefinestre. Una villa schiavistica nell’Etruria romana”.

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Anfora greco – orientale, probabilmente prodotta a Mileto. Camera 30B, Tomba 30. VI sec.a.C. Necropoli di Pian dei Gangani, Montalto di Castro, Viterbo

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ E’ il momento in cui l’olio e il vino da beni preziosi di marca esotica, inclusi nel commercio di beni di lusso, diventano in Etruria prodotti di largo uso come attestano appunto i loro contenitori che diventano frequentissimi nei corredi tombali in età alto e medio-arcaica Vendita dell’olio. Pelike a figure nere. Produzione attica, 510-500 a.C. Museo Archeologico Nazionale, Firenze

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Nell’alimentazione l’olio era impiegato sporadicamente, mentre era più diffuso il consumo delle olive; nell’ambito sportivo era utilizzato dagli atleti, specialmente dai lottatori, per sfuggire all’avversario. Tomba degli Auguri - Tarquinia

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Disegno che ricostruisce una scena della Tomba della Scimmia - Chiusi

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Notevole doveva essere il suo impiego nell’illuminazione, da piccole lucerne fino ad arrivare a esempi eclatanti come il lampadario di Cortona, che presenta bocchette per accogliere l’olio che poi bruciava tramite uno stoppino Lampadario di Cortona

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ Aryballos etrusco-corinzi

L'OLIO DI OLIVA NELL'ANTICHITÀ  Oltre all’olio si utilizzavano, a fini alimentari, i frutti: ne è un esempio la tomba delle Olive di Cerveteri, all’interno del quale si sono rinvenuti numerosi noccioli in una sorta di caldaia  Tomba delle Olive, Cerveteri 575-550 Vaso di bronzo con coperchio contenente noccioli di olive dalla tomba scavata