San Lorenzo Maggiore: Il Foro romano.

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San Lorenzo Maggiore: Il Foro romano

La Chiesa di San Lorenzo maggiore è la più importante chiesa gotica di Napoli ed è la più antica che i francescani hanno in questa città. Nel 1235 il papa Gregorio IX ratificò la concessione di una Chiesa dedicata a San Lorenzo da erigere in città. All’epoca,è documentata la presenza di almeno altre cinque chiese dedicate al santo,e la chiesa del Foro (di epoca paleocristiana) fu assegnata ai frati francescani come edificio su cui sarebbe stato costruito il nuovo tempio. Carlo I d’Angiò a partire dal 1270 iniziò a sovvenzionare la ricostruzione della chiesa e del convento, in una mescolanza fra gotico francese e francescano.

Al convento si accede dal lato destro della chiesa Al convento si accede dal lato destro della chiesa. Sulla facciata vi furono posti nel XIX secolo gli stemmi della città e dei sedili cittadini (parlamenti rappresentativi con funzioni amministrative, giuridiche e giudiziari, che riunivano i delegati dei vari rioni a partire dal XIII secolo e per oltre cinque secoli) che, nella Sala capitolare del convento appunto costituivano assemblea. La sala, lunga 40 metri e ricoperta di volte a vole, secondo alcuni di impronta sveva, fu affrescata da Luigi Rodriguez (1608) che vi raffigurò, tra l'altro L'albero francescano (papi, santi, cardinali, dottori appartenenti all'ordine religioso). Il chiostro è di epoca settecentesca al centro del quale si apre un pozzale di Cosimo Fanzago; sulla lunetta del portale che immette in chiesa, l'affresco Madonna con bambino e devoto di Montano d'Arezzo.

La facciata esterna della chiesa presenta un portale originale gotico e marmoreo dell’epoca di re Roberto,probabilmente eseguito dai toscani, dove si possono ancora ammirare gli originari battenti lignei, in un discreto stato di conservazione. Di notevole interesse è il campanile, risalente al secolo XV. La torre di forma quasi cilindrica, è formata da quattro piani ed è stata al centro di svariati fatti storici. Infatti la torre è detta anche “Torre di Masaniello”, perché coinvolta nei moti rivoluzionari seicenteschi e usata come vero e proprio fortino ed armata di cannoni. Sulla parte superiore spiccano gli stemmi dei quartieri napoletani ed in una nicchia si nota una piccola statua di Boccaccio, proprio dove ebbe luogo il suo incontro fatale con Fiammetta.

L’interno di San Lorenzo , mostra a prima vista, uno sdoppiamento di fasi costruttive, con un diverso gusto ispiratore e probabilmente diversi architetti e maestranze. L’abside e il coro sono nati nel più puro stile gotico francese. La chiesa ha una pianta a crociera, con cappelle laterali aperte da archi acuti che si aprono sull’unica navata coperta da capriate lignee. La situazione cambia completamente passando dal transetto e alla grande navata unica, con cappelle laterali, coperti entrambi da capriate lignee e divisi da un imponente arcone abbassato. In epoca barocca la chiesa venne rinnovata secondo il nuovo gusto che privilegiava nelle forme e nella decorazione un diverso impiego dello spazio e dei materiali.

Il magnifico abside, è un esempio chiaro della profonda impronta che lascia il gotico francese sulla chiesa. Questo presenta una forma poligonale, con dieci pilastri a sezione polilobata, circondati da un deambulatorio con nove cappelle radiali, di cui sette a pianta pentagonale e le due attigue al presbiterio, a pianta rettangolare. Questo splendido organismo architettonico, ispirato ad un gotico “classico” , rappresenta un assoluto unicum per tutta l’area dell’Italia meridionale.

L’altare maggiore è un opera di epoca rinascimentale tra le più belle presenti a Napoli e su cui poggiano le statue dei santi Lorenzo, Francesco e Antonio, mentre sulla parete inferiore è raffigurato il “Martirio di San Lorenzo”, “San Francesco con il lupo di Gubbio” e “San Antonio che parla ai pesci”, in uno sfondo in cui è rappresentata la città all’epoca rinascimentale di grande valore documentario oltre che artistico.

San Lorenzo Maggiore : area archeologica Come una sfogliatella, con gli strati sottili e resistenti avvolti gli uni sugli altri e tutti insieme attorno a un morbido impasto nascosto. Così Napoli dai mille volti a un primo approccio svela solo quelli più apparenti, rivelando poi gli altri poco per volta. E' l'unica grande città europea cresciuta con una stratificazione urbana fatta di secoli e di popoli, di culture e di volti diversi che prendevano il posto gli uni degli altri, succedendosi e rispettando le consuetudini dei predecessori. La parte del centro storico attualmente delimitata a Nord da via Foria, ad Ovest da via Costantinopoli via San Sebastiano, ad Est da via Carbonara, a Sud dal Rettifilo, corrisponde alla città antica di Neapolis, fondata intorno al 470 a.C. dai coloni cumani. Tre grandi plateiai (via Anticaglia-Pisanelli, via Tribunali, via San Biagio dei Librai) attraversano la città in senso est-ovest e sono intersecate ad angolo retto da strade più strette, gli stenopoi (se ne contano circa venti).Le fortificazioni - di cui grandiosi resti sono visibili lungo via Foria, a Sant'Agnello a Caponapoli e a piazza Bellini - sono state costruite fra V e III sec. a.C. con un'opera a doppia cortina in blocchi di tufo. Esse muniscono il ciglio della piattaforma su cui sorge la città antica assecondando i contorni di un paesaggio vulcanico variamente accidentato proteso sul mare. All'interno della maglia degli isolati rettangolari determinati dall'incrocio delle plateiai e degli stenopoi si distingue in corrispondenza del complesso conventuale di San Lorenzo un settore di dimensione anomala. In esso è stata riconosciuta l'agorà, il principale spazio a destinazione pubblica della città greca che in età romana perdurerà con analoghe funzioni divenendo la piazza del foro.

La piazza era inoltre ripartita in due settori dalla plateia di via Tribunali: quello settentrionale ospitava il tempio dei Dioscuri e i teatri ed era destinato a funzioni eminentemente politiche; quello meridionale che coincide in parte con l'area archeologica di San Lorenzo era riservato a una destinazione commerciale. . L'area si sviluppa su diversi livelli altimetrici nel chiostro, al di sotto del transetto della chiesa angioma, della sala capitolare e del braccio meridionale del convento. Procedendo a ritroso nel tempo, la stratificazione archeologica restituisce l’immagine dell’avvicendarsi degli insediamenti e dei manufatti: da quelli di età greca a quelli romani, sino ai livelli tardoantichi su cui si impostano prima le fondazioni della basilica paleocristiana e del Seggio medievale di S. Lorenzo, poi la chiesa e il convento angioini. Gli scavi hanno chiarito che la sistemazione urbanistica di epoca romana – la più evidente agli occhi del visitatore – ricalca quella greca risalente al IV sec. a.C.

Nell’area sulla quale oggi sorge la Basilica, in epoca romana, insisteva il “Macellum” (mercato alimentare) le cui vestigia sono oggi visibili all’interno del chiostro trecentesco della chiesa: in particolare sono riconoscibili i resti della thólos, che ospitava una fontana e un piccolo tempietto circolare. Dal chiostro di San Lorenzo si accede, attraverso una scala, a un livello intermedio risalente al VI sec. d.C. Sono i resti delle colonne di murazione del Palazzo di Giustizia o Seggio di San Lorenzo (IX-X sec. d.C.) dove, in epoca Ducale, si riunivano i rappresentanti del popolo eletti per amministrare la giustizia.

Scendendo sei metri, si giunge al livello di una strada fatta di blocchi di piperno, lunga 54 m e larga 3 m ca.: è uno dei cardini di età romana (vie orientate da sud verso nord) che intersecava i tre decumani che si sviluppano in direzione est-ovest (al loro tracciato corrispondono le attuali Via dei Tribunali al centro, Via San Biagio dei Librai (“Spaccanapoli”) nel livello inferiore e Via Anticaglia in quello superiore). A loro volta i decumani di età romana corrispondono, come si è visto, alle platêiai della Neapolis di età greca, così come questo cardine corrisponde a uno degli stenopói dell’impianto urbano della città greca. Nell’estremità settentrionale del cardine incontriamo un edificio composto da due stretti vani intercomunicanti con facciata esterna in laterizi scandita da un timpano e paraste. Per la presenza di fori di ancoraggio di una spessa inferriata alla finestra l’edificio è stato identificato con l’Aerarium, il luogo in si custodiva il tesoro pubblico della città. Dopo l’Aerarium si sviluppa una lunga serie di tabernae (botteghe), comprendenti due vani ciascuna. In una delle prime, alla quale in alto corrisponde una delle cappelle di San Lorenzo, con la quale comunica per mezzo di una botola, sono state rinvenute parecchie ossa umane, di epoca medievale: probabilmente le ossa dei morti di una pestilenza, che infatti usava gettare in una fossa comune, coperti da un getto di calce.

Le pareti delle botteghe sono realizzate sia in opus latericium, sia in opus reticulatum: quest’ultimo, per la perfezione della posa dei blocchetti di tufo, consente di datarne la costruzione: I sec. d.C. La copertura è realizzata con volte a botte. Sono presenti lucernai per il passaggio dell’aria e della luce. Le volte presentano spesso dei vistosi fori, praticati dagli scavatori clandestini dei secoli passati. Numerose ed evidenti sono le trasformazioni d’uso: i piani pavimentali subiscono vari cambiamenti di livello e i più recenti riutilizzano basoli recuperati dalla vicina strada. Una di queste tabernae era una fullonica, cioè una lavanderia, dove i capi di abbigliamento e i tessuti erano lavati e tinti prima di arrivare al mercato. Un’altra taberna presenta tavole in pietra, una piccola vasca e un massiccio forno a cupola: qui si cocevano pane, dolci e focacce. Alla fine del cardine, alla cui estremità meridionale vi è un corridoio voltato, articolato in piccoli vani e identificato come un criptoportico, cioè un portico coperto e parzialmente interrato. Al loro interno vediamo dei blocchi di tufo, la cui faccia superiore è inclinata, il che ha fatto pensare che fossero banconi per la vendita di pesce o verdura (l’inclinazione serviva per lo scolo dell’acqua) o anche triclini (letti). Questo edificio, che planimetricamete disegna una grande U che incornicia uno spazio aperto, con ogni probabilità corrispondente alla piazza del foro della città antica, si compone di due parti: una superiore, fuori terra, ed una inferiore, il criptoportico, completamente interrata. Le due zone sono separate e il collegamento avviene attraverso rampe e scala (una scala di limitate dimensioni è documentata all'incrocio tra due bracci).

Ipotesi ricostruttiva del criptoportico e del portico: sezione (in basso a sinistra). Dobbiamo pensare che il criptoportico si trovasse al livello inferiore di un complesso mercantile di grandi dimensioni, il Macellum, articolato su due piani. Il Macellum è il mercato alimentare, uno spazio rettangolare pavimentato a mosaico ai cui lati si apre una serie di botteghe precedute da un portico. Al centro di tale spazio si trova una struttura circolare voltata a cupola (thólos) della quale restano il basamento e tre scalini originariamente rivestiti di marmo. In particolare, il Macellum del Foro romano, cioè il mercato alimentare, si compone di una piazza quadrangolare con pavimento a mosaico, con al centro una thólos (cioè, una costruzione a volta) per l’esposizione delle merci, circondata da botteghe. Essa insiste su un terrapieno sostenuto su tre lati da un doppia serie di arcate a volta incrociata.

Sul lato orientale del cardine corre un muro di età greca (IV sec. a.C.), in larghi blocchi di tufo, con funzione di contenimento in caso di frane e smottamenti. La sua presenza è stata evidenziata dai saggi di scavo praticati nella pavimentazione della bottega degli scheletri. Anche in epoca romana si continuò a edificare opere di sostegno, il cui elevato è realizzato alternando blocchetti di tufo e corsi di mattoni (III sec. d.C.). Quest’area mercantile viene abbandonata in età tardoantica: alla fine del V sec. d.C. Il cardine, infatti, termina con un enorme banco di materia alluvionale, oggi consolidatasi tanto da avere consistenza tufacea. A livello sottostante del Macellum, lungo il lato ovest del criptoportico, corre uno stenopós basolato (poi cardine romano) che, con una scalinata, raccordava la platêia centrale con quella inferiore (oggi via San Biagio dei Librai), su cui si apre una serie di botteghe di dimensioni modeste. In seguito a un’alluvione avvenuta nel periodo tardo-antico (V sec. d.C.), questi edifici furono abbandonati e interrati. Solo nel VI secolo, sul livello superiore dell’agorà-Foro, fu edificata una basilica paleocristiana, per la cui costruzione furono reimpiegati molti marmi ed elementi architettonici spoliati dalle costruzioni di epoca greco-romana; su di essa sorse nel XIII sec. – per volontà di Roberto d’Angiò – l’attuale chiesa di San Lorenzo Maggiore. Il criptoportico, coperto da una volta a botte ribassata, realizzato in opera incerta, viene rischiarato e areato da piccole finestre, 'a bocca di lupo' aperte alla sommità del muro perimetrale interno all'edificio, e situate al centro degli intercolumni del portico. In superficie, queste aperture, hanno l'aspetto di tombini.

Il portico è a navata unica, con il prospetto interno a colonne di ordine dorico e il muro di fondo a doppia cortina irregolare con riempimento in conglomerato. La pavimentazione è realizzata con uno spesso strato di cocciopesto (6 cm), ad eccezione del gradino che immette nell'area centrale, in lastre di calcare. Le colonne sono in laterizi sagomati e solo il blocco di appoggio e i capitelli sono in calcare. La trabeazione era sicuramente in legno, viste le ampie dimensione degli interassi e l'esilità delle colonne e doveva avere una decorazione in terracotta. Il tetto era doppio spiovente, come indica il tratto di canalizzazione trovato lungo il lato esterno.  Successivamente tra l'epoca tardo antica e l'alto medioevo il criptoportico fu abbandonato e riutilizzato dividendo lo spazio con grandi blocchi.

Planimetrie del criptoportico e del portico Il criptoportico, coperto da una volta a botte ribassata, realizzato in opera incerta, viene rischiarato e areato da piccole finestre, 'a bocca di lupo' aperte alla sommità del muro perimetrale interno all'edificio, e situate al centro degli intercolumni del portico. In superficie, queste aperture, hanno l'aspetto di tombini.Il portico è a navata unica, con il prospetto interno a colonne di ordine dorico e il muro di fondo a doppia cortina irregolare con riempimento in conglomerato. La pavimentazione è realizzata con uno spesso strato di cocciopesto (6 cm), ad eccezione del gradino che immette nell'area centrale, in lastre di calcare. Le colonne sono in laterizi sagomati e solo il blocco di appoggio e i capitelli sono in calcare. La trabeazione era sicuramente in legno, viste le ampie dimensione degli interassi e l'esilità delle colonne e doveva avere una decorazione in terracotta. Il tetto era doppio spiovente, come indica il tratto di canalizzazione trovato lungo il lato esterno. Successivamente tra l'epoca tardo antica e l'alto medioevo il criptoportico fu abbandonato e riutilizzato dividendo lo spazio con grandi blocchi.Lo scavo ha permesso di datare la costruzione nella seconda metà del I sec. a.C.  Planimetrie del criptoportico e del portico            

Arte e storia di Napoli in San Lorenzo Maggiore – Lucio Fino; Fonti bibliografiche: La Chiesa di San Lorenzo Maggiore dei frati minori conventuali – Giovanni Ruggiero; Arte e storia di Napoli in San Lorenzo Maggiore – Lucio Fino; San Lorenzo Maggiore – Roberto Middioni;

Mastrogiovanni Daniela; Capasso Marina; Amoroso Anna; Ranieri Roberta; Eseguito da: Mastrogiovanni Daniela; Capasso Marina; Amoroso Anna; Ranieri Roberta;