Ornella Carminati ADVAR, Treviso.

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Transcript della presentazione:

Ornella Carminati ADVAR, Treviso

COSA SONO LE CURE PALLIATIVE? Nell’accezione comune sarebbero quelle che “non contano niente” e “si fanno tanto per fare qualcosa”… Il termine deriva dal latino “pallium”, ovvero il “mantello” che San Martino si tolse per coprire la persona sofferente che aveva incontrato sulla sua strada…

Lorenzo, 11 Novembre 2009

ALLORA COSA SONO LE CURE PALLIATIVE? Secondo la EAPC (European Association for Palliative Care) sono la cura totale prestata alla persona affetta da una malattia non più responsiva alle terapie aventi come scopo la guarigione

OBIETTIVI DELLE CURE PALLIATIVE CONTROLLO DEI SINTOMI DOLORE ALTRI SINTOMI PROBLEMI PSICOLOGICI, SOCIALI, SPIRITUALI SUPPORTO ALLA FAMIGLIA

LEGGE REGIONALE PER LE CURE PALLIATIVE DEL 19 MARZO 2009, N LEGGE REGIONALE PER LE CURE PALLIATIVE DEL 19 MARZO 2009, N.7 (BUR 25/2009) La Regione Veneto con la presente legge garantisce adeguate cure palliative ai malati in stato di inguaribilità avanzata o a fine vita, volte ad assicurare agli stessi ed ai loro familiari una migliore qualità di vita, nonché l’accessibilità a trattamenti antalgici efficaci disciplinando il sistema di tutela delle persone con dolore.

CHI FA LE CURE PALLIATIVE? Il team di Cure Palliative comprende più figure professionali che lavorano in équipe: Medico Infermiere Oss Fisioterapista Psicologo Assistente sociale Volontari

DOVE SI FANNO LE CURE PALLIATIVE? A casa del malato In Hospice Ma anche In ospedale In casa di riposo In RSA

A Treviso dove si fanno? A casa del paziente In Hospice Distretto ADVAR In Hospice La “Casa dei Gelsi”

SINTOMI NEI PAZIENTI IN FASE AVANZATA DI NEOPLASIA DOLORE DISPNEA SINDROME ANORESSIA-CACHESSIA NAUSEA E VOMITO OCCLUSIONE INTESTINALE DELIRIUM ED ALTRI SINTOMI NEUROPSICHIATRICI

PREVALENZA DEI SINTOMI NELLE NEOPLASIE IN FASE AVANZATA (R. Twycross R et al., Control of alimentary symptoms in far advanced cancer. Churchill Livingstone 1980)

SIMULTANEOUS CARE TERAPIE ANTITUMORALI R I A B I L I T A Z I O N E Screening Elaborazione lutto TERAPIE ANTITUMORALI Cure di supporto – Cure palliative (Fatigue, dolore, supp.sociale, nutrizionale, psicologico, spirituale) R I A B I L I T A Z I O N E

CURE PALLIATIVE LOW TECH HIGH TOUCH

DOLORE NEI PAZIENTI ONCOLOGICI Alla diagnosi: nel 28% dei soggetti; Durante i trattamenti: nel 50%; In fase avanzata:nel 75-80%.

Dolore oncologico Come è noto, approssimativamente il 50% dei soggetti a cui viene diagnosticato un cancro guarisce, mentre il rimanente 50% va incontro a un’evoluzione negativa. Soprattutto questa seconda popolazione di malati si imbatte in un’esperienza di dolore, la cui prevalenza si eleva con il progredire della malattia, fino a raggiungere percentuali vicine al 90% nelle fasi più avanzate.1,2 Sulla base dei dati epidemiologici italiani, che indicano la presenza di 160.000 decessi all’anno per cancro, ne deriva che circa 140-145.000 malati terminali di cancro soffrono di dolore negli ultimi 2-3 mesi di vita. In queste situazioni il dolore ha intensità medio-elevata nell’80% dei casi.3-5 Questi dati giustificano ampiamente la necessità di offrire adeguate soluzioni terapeutiche al problema del dolore correlato al cancro. 1. Bonica JJ. Cancer Pain. In: Bonica JJ (ed). The management of pain, 2nd ed. vol. 1. Philadelphia: Lea and Febiger, 1990:400-60. 2. Conill C, Verger E, Henriquez I, et al. Symptom prevalence in the last week of life. J Pain Symptom Manage 1997;14:328-31. 3. Mercadante S, Casuccio A, Fulfaro F. The course of symptom frequency and intensity in advanced cancer patients followed at home. J Pain Symptom Manage 2000;20(2):104-12. 4. Komurcu S, Nelson K, Walsh D, et al. Common symptoms in advanced cancer. Semin Oncol 2000;27:24-33. 5. Dault RL, Cleeland CS. The prevalence and severity of pain in cancer. Cancer 1982;50:1913-8.

CAUSE DI DOLORE Correlato al tumore: nel 70-80% dei casi Conseguente alle terapie: nel 20% dei casi Correlato a comorbidità: nel 10% dei casi

DOLORE CORRELATO AI TRATTAMENTI CHEMIOTERAPIA: Mucosite Neuropatie (VCR, taxani) ORMONOTERAPIA: Inibitori dell’aromatasi Poussée dolorosa ossea iniziale da LH-RH agonisti Poussée dolorosa ossea da ormonoterapia RADIOTERAPIA MANOVRE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICHE Biopsia osteomidollare Rachicentesi Toracentesi

DESCRIZIONE DEL DOLORE ONCOLOGICO Meccanismo fisiopatologico: Caratteristiche temporali: Intensità del dolore Nocicettivo Neuropatico Acuto Subacuto Intermittente Cronico

Dolore oncologico Questa immagine illustra una classificazione del dolore nocicettivo e neuropatico. Lo schema proposto ha dei riflessi pratici sia ai fini della diagnosi del dolore sia per una corretta impostazione della terapia. Infatti, a titolo esemplificativo, si intuisce che il dolore nocicettivo che insorge da una lesione cutanea (come in certe ulcere da sviluppo cutaneo di una metastasi) presenta caratteristiche differenti rispetto al dolore dovuto a metastasi ossee; a sua volta il dolore dovuto al coinvolgimento di un viscere cavo (situazione occlusiva o subocclusiva, con possibile distensione e spasmo viscerale) sarà percepito in modo diverso dal malato rispetto alle situazioni prima accennate. A maggior ragione, le sensazioni dolorose saranno alquanto differenti se il dolore nasce dal coinvolgimento di una struttura nervosa (es. compressione di una radice nervosa da crollo vertebrale) o per effetto dello sviluppo di una metastasi endocranica. In sostanza, la distinzione proposta dallo schema presentato aiuta a capire come le manifestazioni cliniche del dolore siano condizionate sia dalla natura del dolore stesso, nocicettivo o neuropatico, sia dalla sede di localizzazione della lesione.

Dolore neuropatico Il principale fattore causale delle neuropatie dolorose correlate al cancro risiede direttamente nello sviluppo del tumore o di una sua metastasi a ridosso di una struttura nervosa. L’effetto è di tipo prevalentemente meccanico e la conseguenza può portare a una compressione, o a una distorsione, o a uno schiacciamento fino alla perdita di continuità di un nervo o di una radice nervosa. Va ricordato che nella genesi dell’effetto massa spesso gioca un ruolo importante anche l’edema perinervoso che si genera: questo aspetto giustifica l’uso efficace, in determinati casi, dei corticosteroidi. Considerando, invece, le sedi in cui più frequentemente si verificano gli effetti meccanici descritti, vanno collocate al primo posto le neuropatie dovute a localizzazioni ossee. Sono soprattutto le metastasi al rachide, in grado di causare cedimenti e deformazioni dei corpi vertebrali, che producono frequentemente lesioni delle radici nervose emergenti. Anche le metastasi ossee alla base cranica, comunque più rare, possono comprimere i nervi cranici. Tra le localizzazioni non ossee, vanno segnalati quei tumori che si sviluppano nelle vicinanze di tronchi nervosi o fasci neurovascolari: in particolare vanno menzionati i tumori a crescita nel distretto cervico-facciale, a sviluppo pelvico o in accrescimento nei tessuti molli (es. alcuni sarcomi).

Dolore neuropatico: sintomatologia Il quadro sintomatologico del dolore neuropatico si caratterizza per la presenza di sintomi e segni particolari. Si parla di sintomi positivi quando si fa riferimento ad aspetti collegabili allo stato di iperattività neuronale (dolore, sensazione urente, scosse, spilli ecc.). Si parla, invece, di sintomi negativi quando alla base esiste una condizione di ipoattività che dal punto di vista clinico si manifesta attraverso la riduzione o la perdita della sensibilità (ipo/anestesia). I sintomi positivi spontanei, presenti cioè in modo spontaneo, comprendono le alterazioni della sensibilità tattile o termica (es. il contatto con una sostanza morbida dà l’impressione di “carta vetrata”) e le sensazioni che in genere vengono riferite dai malati come “punture di spillo, aghi, formicolii” e così via. Queste sensazioni possono essere fastidiose ma non dolorose (parestesie) o francamente dolorose (disestesie). Tra i sintomi positivi figura il dolore stesso, che spesso ha caratteristiche di dolore/bruciore; in altri casi, oltre al dolore di base sono presenti episodi dolorosi parossistici che vengo descritti come “scosse” o come “pugnalate” o come “fulmini” che in genere attraversano in tempi brevissimi e a intensità molto elevata un distretto corporeo.

Dolore neuropatico: sintomatologia Già si è accennato alla possibile presenza di sintomi negativi, nei quali il malato riferisce tipicamente di aver perso sensibilità in una determinata area cutanea. Tale perdita di sensibilità si verifica quando il neurone coinvolto dal processo lesionale è andato incontro a morte cellulare, evento che si verifica quando la lesione colpisce direttamente il corpo cellulare, e quindi inerisce al ganglio delle radici posteriori, o il tratto di fibra prossimale al ganglio stesso (tra il ganglio e il midollo spinale). La perdita di neuroni determina come un’interruzione del trasporto del segnale, che scollega la periferia (cute) dal SNC, creando, tra l’altro, i presupposti per un nuovo dolore dovuto alla deafferentazione. Oltre ai sintomi negativi, nell’immagine presentata si fa riferimento alla possibile presenza di fenomeni provocati, ovvero non spontanei. Si tratta dell’iperalgesia1 e dell’allodinia,1 che vanno indagate provocandone la comparsa. Pur tuttavia, il malato può talvolta segnalarne la presenza facendo riferimento ad atti di normale quotidianità nel corso dei quali le due situazioni si palesano. È il caso, per esempio, del paziente che riferisce come lo sfregamento di un indumento su una specifica area cutanea provochi una sensazione molto fastidiosa e dolorosa, ben al di là della normale percezione di uno stimolo tattile. Ci si trova, in questo caso, di fronte al fenomeno dell’allodinia, nella quale uno stimolo in sé non doloroso provoca una sensazione decisamente dolorosa. 1. Devor M. Response of nerves to injury in relation to neuropathic pain. In: Wall and Melzack’s Textbook of Pain. Elsevier Ed, 2006:905-17.

Allodinia ed iperalgesia In questa immagine vengono innanzitutto riportate le definizioni di allodinia e iperalgesia. Nel primo caso ci si riferisce al percepire come doloroso uno stimolo esterno che di per sé non è doloroso (stimolo tattile o termico sotto la soglia del dolore). L’iperalgesia consiste, invece, nel percepire come intensamente doloroso uno stimolo moderatamente doloroso (una specie di amplificazione del dolore). Il grafico illustra come i due fenomeni siano manifestazioni di un medesimo meccanismo che ha come base patogenetica lo stato di ipereccitabilità e iperfunzione del sistema nervoso (sensibilizzazione periferica e centrale), che funge da cassa di risonanza a qualsiasi stimolo in partenza (da non doloroso a doloroso e da poco a molto doloroso). Osservando il grafico si può constatare che, se in condizioni normali il rapporto stimolo applicato/dolore percepito corrisponde alla linea blu, che origina dal punto A, in condizioni di elevato firing neuronale tale rapporto slitta verso sinistra e si identifica con la linea verde, in partenza dal punto B. Ne deriva che gli stimoli di intensità contenuta tra B e A, normalmente non dolorosi, in caso di neuropatia diventano dolorosi e l’area sopratesa gialla corrisponde al fenomeno dell’allodinia, mentre gli stimoli superiori ad A, già normalmente dolorosi, saranno avvertiti come più intensamente dolorosi (iperalgesia), in modo corrispondente all’area sopratesa rossa.

Rilievo del dolore come quinto parametro vitale

LINEE-GUIDA OMS

LA SCALA DELL’OMS

Il consumo di oppioidi Spesa annua pro-capite in euro

LINEE GUIDA EAPC (2005) La MORFINA ORALE resta l’oppioide di riferimento In caso di effetti collaterali ingestibili IDROMORFONE ed OSSICODONE sono alternative efficaci Il METADONE è un farmaco utile ma non l’uso deve essere limitato agli specialisti a causa della farmacocinetica variabile e delle molteplici interazioni farmacologiche Il FENTANYL TRANSDERMICO è un’efficace alternativa che va riservata ai pazienti con esigenze stabili di oppioidi

ADIUVANTI STEROIDI ANTICONVULSIVANTI GABAPENTIN PREGABALIN

LA SINDROME ANORESSIA-CACHESSIA

CACHESSIA NEOPLASTICA E’ la piu’ diffusa sindrome paraneoplastica nei pazienti affetti da tumore avanzato. 70% dei pazienti neoplastici avanzati sviluppa segni e sintomi di cachessia L’aspetto preponderante è il calo di peso

CALO DI PESO CANCRO-INDOTTO (I) Si verifica una perdita di tessuto adiposo e di massa magra (muscoli scheletrici) Può verificarsi in assenza di anoressia Può verificarsi anche se l’introito è sufficiente

CALO DI PESO CANCRO-INDOTTO (II) E’ aumentata la degradazione proteica per favorire la gluconeogenesi Aumenta il metabolismo basale Si attiva la risposta della fase acuta: citochine pro-infiammatorie Vengono prodotti il fattore inducente la proteolisi (Proteolysis-inducing factor, PIF) e il Lipid mobilizing factor (LMF) Non può essere contrastato dall’aumento di introito calorico/proteico

Andreyev HJN et al. Eur J Cancer 1998;34(4):503 INCIDENZA E’ estremamente variabile in relazione agli istotipi e alla sede di neoplasia E’ maggiore nei tumori SOLIDI: Npl pancreas 72% Npl esofago 69% Npl stomaco 67% Npl distretto testa-collo 57% Npl colon retto 34% Nei pz affetti da npl del pancreas l’80% presenta un calo ponderale del 10% al momento della diagnosi ed una vera cachessia è presente nel 20-25% dei casi Andreyev HJN et al. Eur J Cancer 1998;34(4):503

PREVALENZA E IMPATTO DELLA CACHESSIA Almeno la metà dei pazienti affetti da neoplasia vanno incontro ad un calo ponderale Un terzo dei pz perde circa il 5% del peso corporeo La prevalenza del calo ponderale nei pazienti oncologici arriva fino all’86% nelle ultime 2 settimane di vita Più del 20% dei decessi sono dovuti a conseguenze correlate alla cachessia (immobilità, insufficienza cardiaca e/o respiratoria) Teunissen SC et al. J Pain Symptom Manage 2007;34:94-104

PERDITA DI PESO E SOPRAVVIVENZA (DeWys, WD, Amer. J. Med. 69:491-499,1980, modif.)

IMPATTO SULLA QUALITA’ DI VITA E’ noto che la cachessia ha un impatto negativo sulla qualità di vita I pazienti affetti da cachessia hanno una alterata immagine corporea che ha un forte impatto sulla vita di relazione, sulle loro emozioni e sulla spiritualità Tendono quindi ad avere una vita isolata ed ad accentuare il senso di solitudine e la distanza con gli operatori sanitari e con i familiari/amici/conoscenti

TERAPIE? Gli steroidi riescono a migliorare in alcuni casi (in modo TRANSITORIO) la cenestesi ed il senso dell’appetito, ma non sono in grado di contrastare il calo ponderale Si possono impiegare anche PROGESTINICI ad alte dosi (megestrolo) Bisogna sempre valutare il rapporto efficacia/effetti collaterali (scompenso glicemico, ipertensione, etc)

NAUSEA E VOMITO

CAUSE LEGATE ALLA MALATTIA Alterazione del SNA (gastroparesi) Cause metaboliche (ipercalcemia, insufficienza renale, epatica) Metastasi epatiche Ascite Stipsi Occlusione intestinale Ipertensione endocranica Ansia ed agitazione Infezioni (esempio candidosi orofaringea) LEGATE AI TRATTAMENTI Chemioterapia Radioterapia Oppiacei Altri farmaci (FANS, antibiotici, digossina)

NAUSEA & VOMITO Molto frequenti nella varie fasi di malattia (circa il 40-50% dei pazienti) Spesso associati La nausea cronica può essere maggiormente disturbante rispetto al vomito Le cause sono molteplici E’ importante cercare di porre una diagnosi al fine di mettere in atto la terapia idonea

DOMANDE DA PORSI Il paziente è stato sottoposto a CT/RT nell’ultima settimana? È associato a bruciore o a epigastralgia? Il vomito è preceduto da nausea o è a getto? È associato a cefalea? Da quanti giorni non va di corpo? Ha iniziato/modificato una terapia con oppiacei? Ha metastasi ossee, quindi potrebbe avere ipercalcemia? Ha un addome globoso?

FISIOPATOLOGIA CORTECCIA APPARATO TALAMO VESTIBOLARE IPOTALAMO VAGO E CHEMORECEPTOR NERVI SPLANCNICI TRIGGER ZONE CENTRO DEL VOMITO

PROVVEDIMENTI ELIMINARE I FATTORI SCATENANTI PROVVEDIMENTI GENERALI Buona igiene orale Evitare odori sgradevoli Frazionare i pasti FARMACI

FARMACI ANTIEMETICI PROCINETICI Metoclopramide: attiva su gastroparesi e sulla nausea da oppiacei (ha effetto antidopaminergico). Può causare effetti extrapiramidali nei bambini e nei giovani. Per os, ev , sc Domperidone: solo procinetico. Per os Alizapride: per os, ev , sc ALOPERIDOLO nella nausea da oppioidi, nella occlusione intestinale. Per os, ev, sc STEROIDI Desametasone: in associazione ai procinetici. Nella nausea e vomito da ipertensione endocranica ANTI 5HT-3 Attivi nella nausea da CT, solo in casi particolari in Cure Palliative

L’OCCLUSIONE INTESTINALE

OCCLUSIONE INTESTINALE Si ha occlusione quando il transito è alterato o del tutto arrestato Frequente nelle neoplasie ovariche (25-40% dei casi) e nei tumori del colon-retto (10-15%)

CAUSE LEGATE AL TUMORE LEGATE AI TRATTAMENTI Massa che comprime l’intestino Massa ostruente endoluminale Invasione dei plessi nervosi Carcinosi peritoneale LEGATE AI TRATTAMENTI Aderenze post-chirurgiche Danno da radiazioni Neurotossicità da CT (alcaloidi della vinca) Oppiacei

OCCLUSIONE PICCOLO INTESTINO GROSSO INTESTINO ENTRAMBI PARZIALE COMPLETA

SINTOMI e SEGNI ALVO CHIUSO DIARREA (da liquefazione batterica delle feci presenti) DOLORE XEROSTOMIA NAUSEA VOMITO Nelle occlusioni alte profuso Cibo non digerito: duodenale Materiale fecale: ileale

SINTOMI DOLORE CONTINUO DOLORE COLICO Dovuto alla pressione, flogosi reattiva, ipossia Responsivo agli oppiacei DOLORE COLICO più alta è la sede di occlusione, maggiore è il dolore Borborigmi udibili, metallici Poco responsivo agli oppiacei, maggiormente sensibile ad antispastici

FISIOPATOLOGIA Aumento della flora batterica con accumulo di secrezioni gastrointestinali e aumento dei liquidi contenuti nel lume intestinale Questo causa disidratazione, alterazioni metaboliche

TERAPIA METOCLOPRAMIDE (ic da sospendere se dolore colico: in genere 60 mg die) ALOPERIDOLO: da 5 a 15 mg die IOSCINA BUTILBROMURO: in genere 60 mg die come inizio, poi 180 mg die, pare fino a 380 mg die (ma di solito non serve arrivare a tanto! Ricordare che peggiora la xerostomia) OCTREOTIDE: rapida ma costosa! 0.3-0.6 mg die ic OPPIACEI: per il controllo del dolore STEROIDI: in genere desametasone 16 mg die a scalare riduce l’edema e migliora il transito

E IL SONDINO NASOGASTRICO? Nel paziente in fase terminale la presenza del sondino può essere molto disturbante In molti casi può essere evitato somministrando ioscina per via parenterale, che riduce le secrezioni del tratto gastroenterico Se il vomito è frequente e poco responsivo alle terapie può essere utile inserire il sondino

COSA PUO’ ASSUMERE IL PAZIENTE? Data la prognosi la NPT non è indicata nella maggior parte dei casi Si può consentire di assumere liquidi e piccole quantità di cibo, se questo non induce vomito eccessivo La xerostomia non migliora con l’idratazione ev, meglio offrire ghiaccio tritato e ghiaccioli, che alleviano maggiormente il sintomo (anche ananas ghiacciato)

DISPNEA

DISPNEA E’ una sensazione SOGGETTIVA di difficoltà a respirare non necessariamente correlata ad uno sforzo obiettivo. Nelle neoplasie in fase avanzata la prevalenza della dispnea è di circa il 29%-74%. Al St Christopher Hospice hanno valutato che era presente al momento del ricovero nel 41% dei pazienti

CAUSE Ostruzione bronchiale da primitivo o metastasi Linfangite carcinomatosa Versamento pleurico o pericardico Embolia polmonare BPCO, infezioni polmonari, scompenso cardiaco Sindrome della vena cava superiore Astenia, Anemia Ascite imponente o epatomegalia

VALUTAZIONE La dispnea è peggiorata dall’esercizio? E’ comparsa improvvisamente? E’ episodica in un paziente ansioso? E’ associata a distensione delle vene del collo?

PROVVEDIMENTI Cercare di creare un clima idoneo per il paziente Posizionare semiseduto Aprire le finestre Umidificazione dell’ambiente Garantire una presenza per ridurre l’ansia che la dispnea può generare

TERAPIA Dove è possibile rimozione delle CAUSE OPPIOIDI Corticosteroidi per via parenterale (im, ev, sc) Broncodilatatori: aminofillina? Beta2 agonisti BENZODIAZEPINE O2 terapia: ruolo dubbio. Indicata se sO2 < 80% In caso di dispnea grave refrattaria SEDAZIONE PALLIATIVA

OPPIOIDI NELLA DISPNEA Diminuiscono la frequenza respiratoria Determinano sedazione centrale Inducono broncodilatazione Inducono vasodilatazione periferica

SEDAZIONE PALLIATIVA nella DISPNEA Dal 20 al 68% dei casi di sedazione palliativa avviene per dispnea grave non altrimenti controllabile Riduce la sensazione di soffocamento e di fame d’aria In una esperienza condotta su 251 pazienti terminali la sedazione non ha determinato una riduzione della sopravvivenza rispetto ai pazienti non sedati

LE CURE DEGLI ULTIMI GIORNI DI VITA

GLI ULTIMI GIORNI DI VITA Riassumono tutte le problematiche delle cure palliative Controllo dei sintomi…… Tenendo conto degli aspetti spirituali e psicosociali del paziente e del contesto familiare

SEGNI E SINTOMI “SOSPETTI” Allettamento prolungato o totale Astenia profonda Episodi di disorientamento temporo-spaziale o allucinazioni Sonnolenza prolungata Evidente rifiuto di cibo o liquidi Disinteresse per l’ambiente circostante Difficoltà ad assumere le terapie per os

RIDEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI RIDEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI: da prolungamento della sopravvivenza all’accompagnamento ad una morte serena per il paziente ed i familiari

COME ORGANIZZARSI? Cercare di creare un ambiente calmo e tranquillo Evitare l’eccessiva medicalizzazione Cercare di spiegare i possibili eventi in modo di ridurre l’ansia Rivalutare i farmaci assunti dal paziente e le vie di somministrazione Preferire la via parenterale, in particolare quella SOTTOCUTANEA

RIVALUTAZIONE DEI FARMACI ESSENZIALI DA VALUTARE NON ESSENZIALI ANALGESICI STEROIDI ANTIPERTENSIVI ANTIEMETICI ORMONI ANTIDEPRESSIVI SEDATIVI IPOGLICEMIZZANTI LASSATIVI ANSIOLITICI DIURETICI ANTIULCERA ANTI-COLINERGICI ANTIARITMICI ANTICOLAGULANTI ANTI-CONVULSIVANTI ANTIBIOTICI FERRO E VITAMINE

VIE DI SOMMINISTRAZIONE Per la presenza di disturbi della deglutizione meglio la via parenterale In Cure Palliative molto impiegata la via sottocutanea

ASTENIA Garantire una postura ottimale ed il movimento passivo delle articolazioni per evitare dolori articolari Nelle ultime ore la prevenzione dei decubiti non è un obiettivo e va preferito il comfort del paziente

ANORESSIA E DISFAGIA L’anoressia è progressiva e non contrastabile Spiegare di non forzare l’alimentazione anche per l’alto rischio di aspirazione Non è utile l’impostazione di una nutrizione parenterale, che non è in grado di aumentare la sopravvivenza e neppure la qualità di vita in quanto il fegato non è spesso in grado di metabolizzare i soluti

RUOLO DELLA IDRATAZIONE ENDOVENOSA A FAVORE CONTRO Riduce il delirium Sovraccarico idrico Riduce la sensazione di sete Aumento delle secrezioni bronchiali E’ gradita dai familiari Aumento delle secrezioni gastriche Aumento di edemi, ascite, versamenti pleurici Aiuta a mantenere uno stato di coscienza

CONTROLLO DEL DOLORE Nella metà dei pazienti insorge un nuovo dolore o cambia caratteristiche Nel 40% circa dei pazienti è necessario un aumento delle dosi di analgesici Anche pazienti incoscienti possono provare dolore, è quindi importante valutare i SEGNI INDIRETTI (corrugamento del viso, rigidità dei muscoli nucali, tachicardia, sudorazione)

DISPNEA E RANTOLO Sono sintomi angoscianti per il paziente e per i familiari E’ importante essere presenti e rassicurare il malato Corretto posizionamento del paziente, umidificare l’ambiente OPPIACEI +/- BENZODIAZEPINE Nelle forme gravi e refrattarie valutare una SEDAZIONE PALLIATIVA Ruolo dell’O2 controverso: spesso è rassicurante

RANTOLO Il rantolo è legato all’accumulo di secrezioni nell’orofaringe ed in trachea prevalenza 31-92% Utili farmaci antimuscarinici + oppiacei + sedativi

DELIRIUM Stato confusionale acuto Genesi multifattoriale I sintomi variano nell’arco della giornata Tendono a peggiorare durate la notte

CAUSE DI DELIRIUM I SQUILIBRI METABOLICI Alterazioni della glicemia Alterazioni degli elettroliti Ipercalcemia DOLORE Non controllato Globo vescicale Impattamento fecale FARMACI Steroidi Oppioidi Anticolinergici Benzodiazepine

CAUSE DI DELIRIUM II EFFETTI DELLA NEOPLASIA INFEZIONI CARENZE NUTRIZIONALI Tiamina Folati, vitamina B12 ASTINENZA Farmaci Alcool INSUFFICIENZA D’ORGANO Uremia Encefalopatia epatica Ipossiemia Disfunzioni tiroidee o surrenaliche

TERAPIA Cercare di rimuovere le eventuali cause scatenanti o aggravanti Idratazione endovenosa ALOPERIDOLO Nei casi gravi con importante agitazione nei pazienti morenti può essere necessario iniziare una sedazione con BENZODIAZEPINE

SITUAZIONI CRITICHE……

EMORRAGIE Presenti nel 14% dei pazienti L’emorragia esterna massiva (per fortuna) è un evento RARO In caso di perdite limitate può essere possibile controllare i sintomi Vanno esclusi disturbi della coagulazione

PROVVEDIMENTI In caso di erosione di vasi superficiali compressione e medicazione con garze grasse Acido tranexamico per os/ev Se massiva sedazione palliativa

EMOTTISI MASSIVA E’ generalmente preceduta da emottisi di minore entità Ha una mortalità del 75% nei pazienti con neoplasie in stadio avanzato La valutazione prognostica ed una discussione franca con i familiari e, se possibile, con il paziente può servire per non trovarsi a prendere decisioni nel momento dell’emergenza E’ necessaria la SEDAZIONE (midazolam sc o ev, diazepam per via im, ev, rettale)

EMATEMESI O MELENA Escludere, se possibile, farmaci gastrolesivi (anticoagulanti, FANS, steroidi) Anti-H2, inibitori della pompa protonica In caso di episodi massivi le condizioni cliniche sono critiche SEDAZIONE PALLIATIVA

AGITAZIONE GRAVE Se il sintomo è correlato ad una situazione grave come una crisi dispnoica terminale o una emorragia massiva è necessaria una RAPIDA SEDAZIONE (midazolam 5 mg sc o ev da ripetere fino a risultato) Se l’agitazione è correlata anche ad alterate percezioni (delirium) si può tentare con aloperidolo sc 2-5 mg

LA RELAZIONE CON IL MALATO E’ nostro dovere cercare di instaurare con il malato un rapporto di collaborazione e di fiducia che gli permetta di poter esprimere le emozioni e condividere le scelte terapeutiche La consapevolezza è una strada che il malato compie durante il decorso della malattia, che non abbiamo il diritto di forzare E’ importante però essere onesti e non creare illusioni o aspettative che non siamo in grado di poter realizzare.. Tutto ciò viene definito “alleanza terapeutica”

CONCLUSIONI Le Cure Palliative dovrebbero far parte del bagaglio culturale di ogni medico. Anche se si tratta di una disciplina “low tech”, non è certo un mestiere facile… Nella relazione con il malato in fase avanzata ci giochiamo al 100% tutte le caratteristiche della professione medica: SAPERE SAPER FARE SAPER ESSERE

TANTE GRAZIE PER L’ASCOLTO E I MIGLIORI AUGURI PER LA VOSTRA PROFESSIONE

ARRIVEDERCI!!!!!!!!!