AGOSTINO (storia e tempo)

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Transcript della presentazione:

AGOSTINO (storia e tempo) Prof. Michele de Pasquale

(Agostino, Sulla città di Dio XIV, 28) nell’opera La città di Dio Agostino ripensando il problema dei rapporti fra la vita della cristianità e la vita dell'impero, separa nettamente i due piani, individuandone i fondamenti in due opposte aspirazioni, in due opposte finalità: “ Due diversi amori fondarono dunque due città: la città terrena fondata dall'amore di sé fino al disprezzo di Dio, la città celeste dall'amore di Dio fino al disprezzo di sé. E quella ripone, in sostanza, in sé la sua gloria, questa nel Signore.” (Agostino, Sulla città di Dio XIV, 28)

(Agostino, Sulla città di Dio I, 35) separate le due città, Agostino poteva ripercorrere tutta la storia di Roma, le sue ingiustizie e le sue atrocità, identificando nell'impero romano l'incarnazione compiuta della città terrena: opera malvagia, difettosa, dovuta a quell'amore di sé e a quell'amore del dominio che sono proprio l'espressione del distacco dell'uomo da Dio alla città terrena, incarnata nell'impero romano, si contrappone la città divina, incarnata nella Chiesa e nelle sue strutture, che sono l'espressione della volontà di Dio e dell'amore degli uomini per Dio e di Dio per gli uomini: solo al cittadino della città divina è dato redimersi e salvarsi “ Queste due società si presentano, dunque, in questo mondo intrecciate e confuse l'una con l'altra, in attesa che il giudizio supremo le divida, e della loro origine, della loro storia, dei loro limiti, dirò finché l'aiuto di Dio mi sosterrà, tutto quanto ritengo doversi dire; e lo farò per la gloria della città di Dio, che piú fulgida risplenderà dal confronto con ciò che le è estraneo.” (Agostino, Sulla città di Dio I, 35)

la "confusione" delle due città esisterà fin quando, alla fine del mondo, gli eletti saranno definitivamente separati dai malvagi e la città di Dio segnerà il suo eterno trionfo l'elaborazione agostiniana della storia di Roma non è soltanto la risposta ad un evento particolare (il sacco di Roma da parte dei Goti nel 410) , ma, molto piú in generale, una prospettiva teoretica: le invasioni barbariche, il sacco di Roma, tutti gli eventi storici in generale, non sono che le vicende terrene di un unico grande disegno divino, sono le manifestazioni visibili dell'unica vera protagonista della storia, la provvidenza divina, imperscrutabile dalla mente umana è la provvidenza che regola le vicende terrene e le orienta verso il fine - la fine -, il trionfo di Dio e della sua Chiesa, secondo modi e ritmi che non è dato all'uomo comprendere

ritorna il concetto agostiniano del comprendere per credere e del credere per comprendere, ma con delle conclusioni ancora piú esplicite: se la creazione è in fondo per l'uomo un mistero, è un mistero anche la storia, che della creazione non è che il proseguimento, la manifestazione di quell'unica opera provvidenziale e caritatevole che è la volontà di Dio in tal modo Agostino poneva le basi teoriche di un atteggiamento che sarà sempre presente, anche se non sarà l'unico, nella storia del cristianesimo: il totale distacco del fedele dalle cose terrene; l'impegno nella storia e la riflessione sulla storia sono inutili - quando non sono dannosi - perché gli eventi sono il frutto non di fattori umani, ma di un disegno divino contro il quale non si può andare e che nemmeno si può comprendere allo stesso modo Agostino aveva affermato che la salvezza e la dannazione dell'uomo non dipendevano dalle sue opere, ma dalla fede e dalla grazia divina: al cristiano non resta dunque che estraniarsi dal mondo e rinchiudersi nella propria fede, sperando nella grazia di Dio

Agostino sviluppa una teologia della storia e non una filosofia della storia (individuare un significato immanente ai fatti storici): il significato degli eventi storici é dato dalla struttura teologica sottesa al loro avvicendarsi; tale struttura é ritmata dai momenti salienti della creazione del mondo, del peccato originale, dell' incarnazione di Cristo e del giudizio finale: le vicende storiche dipendono, quindi, dall'ordinamento voluto da Dio all'interno di tale ordinamento anche il negativo può trasformarsi in positivo: l'intero corso della storia può essere concepito carico di significati, che il credente può cogliere soltanto parzialmente, perchè il significato globale é noto solo a Dio passato, presente e futuro sono in gran parte per l' uomo opachi

la vicenda storica ha un andamento lineare che sfocia in un evento finale ultraterreno fornitore di senso a tutto quanto precede: ritenendo che la storia abbia una durata limitata e che il mondo sia ormai vecchio (senectus mundi) vicino alla fine, rifiuta la dottrina ciclica dell' eterno ritorno che rende impossibile il raggiungimento di un obiettivo finale assicurante una felicità stabile e duratura il filo rosso della storia é dato dalla lotta tra il bene e il male, che si costituiscono in due regni - la città di Dio e la città terrena - : distingue la storia sacra da quella profana, pur riconoscendo che prima dell' evento finale, i due regni coesistono, intrecciati e confusi tra loro; la lotta tra le due città ritma il corso della storia e prende il sopravvento sullo schema della successione delle età del mondo

Agostino ammette la liceità del dominio di un uomo su un altro uomo: l'appartenenza a ciascuna delle due città dipende solo dalla grazia divina: sin dalla caduta di Adamo la razza umana é stata divisa in due città … la città terrena non deve essere identificata con lo Stato; essa é piuttosto la società che venera gli "dei falsi e bugiardi" dei demoni e perciò non vive secondo i veri valori il desiderio del potere (libido dominandi) è connaturato alla città terrena: i membri della città terrena rifiutano di considerare effimero ciò che essi hanno creato e in tal modo sconvolgono l'ordine delle cose costituito dalle relazioni naturali di dipendenza tra le varie parti che lo compongono Agostino ammette la liceità del dominio di un uomo su un altro uomo: l’ordine naturale si manifesta come obbedienza delle parti inferiori verso quelle superiori nell'ordine gerarchico; dopo la caduta di Adamo nel peccato, l'autorità e l'obbedienza sono necessarie per impedire violenze reciproche; la politica si configura come mezzo per garantire la sicurezza e impedire la violenza

la città di Dio é la Chiesa di quanti vivono secondo Dio, anche se non coincide numericamente con tutti quanti fanno parte della Chiesa visibile: il criterio in base a cui distingue tra la Chiesa visibile e la Chiesa vera é dato dall'evento finale della storia quando nel giorno del giudizio la Chiesa sarà formata solo di puri; prima di allora il membro della città di Dio é solo peregrinus, cioè uno straniero in terra che deve vivere nel mondo "come un' oliva pressata in un frantoio", distaccato dal mondo, in attesa di ritornare alla sua vera patria in questo mondo non si potrà mai realizzare il desiderio umano fondamentale, il desiderio di pace: nella città terrena e nella stessa vicenda storica, nella quale bene e male coesistono intrecciati e in perenne conflitto, non é possibile la realizzazione della vera pace; la pace raggiunta in terra é effimera, solo la resurrezione finale apporterà la risoluzione di ogni tensione e di ogni conflitto, tra carne e spirito e tra uomo e uomo ed allora si realizzeranno pienamente la vera pace e la vera libertà di non poter peccare

(Agostino, Confessioni XI, 14, 17; 20, 26; 26, 33) il rapporto tra Dio e il mondo, tra creazione e storia, costituisce il motivo di una originale riflessione sul problema del tempo se il mondo è stato creato nel tempo, cosa faceva Dio prima della creazione? che cosa é il tempo? se è la somma di passato, presente e futuro, perchè il passato non é più e il futuro non é ancora? solo del presente si può dire che è? allora il tempo esiste in quanto "tende a non essere“? ma non può essere nulla, dal momento che percepiamo e misuriamo gli intervalli di tempo! “ Che cos è dunque il tempo? Quando nessuno me lo chiede, lo so ma se qualcuno me lo chiede e voglio spiegarglielo, non lo so. Tuttavia affermo con sicurezza di sapere che, se nulla passasse, non vi sarebbe un tempo passato; se nulla si approssimasse non vi sarebbe un tempo futuro se non vi fosse nulla, non vi sarebbe il tempo presente. Ma di quei due tempi, passato e futuro, che senso ha dire che esistono, se il passato non è piú e il futuro non è ancora? E in quanto al presente, se fosse sempre presente e non si trasformasse nel passato, non sarebbe tempo, ma eternità... Questo però è chiaro ed evidente: tre sono i tempi, il passato, il presente, il futuro; ma forse si potrebbe propriamente dire: tre sono i tempi il presente del passato, il presente del presente, il presente del futuro. Infatti questi tre tempi sono in qualche modo nell'animo, né vedo che abbiano altrove realtà: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione diretta, il presente del futuro l'attesa... Il tempo non mi pare dunque altro che una estensione (distensio), e sarebbe strano che non fosse estensione dell'animo stesso.” (Agostino, Confessioni XI, 14, 17; 20, 26; 26, 33)

la memoria, allora, non é altro che presente del passato per cogliere la vera realtà del tempo occorre guardare nell' interiorità: se il passato é oggetto di ricordo, e questo ricordo é vero, chi lo ricorda deve vederlo e quindi in qualche modo il tempo deve essere parlando del passato noi non esponiamo le cose che sono passate, ma usiamo parole formate secondo le immagini impresse nel nostro animo delle cose nel loro accadere: la memoria ha la facoltà di trattenerle; essa, però, é qualcosa che si possiede al presente la memoria, allora, non é altro che presente del passato un discorso analogo vale anche per le altre due dimensioni del tempo: il futuro non é altro che attesa presente di ciò che sarà e il presente attenzione presente a ciò che é

il tempo é "distensio animi", un distendersi dell'anima: le tre dimensioni del tempo sono dunque tre "presenti" nella nostra anima: eventi passati, presenti e futuri sono in quanto sono presenti nella nostra anima “ Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.” (Agostino, Confessioni libro XI capp. 20, 27) il tempo é "distensio animi", un distendersi dell'anima: noi misuriamo non le cose nel loro trascorrere, ma l'affezione che esse lasciano e che permane nella nostra anima anche quando esse sono trascorse

il ricordo, il prestare attenzione a qualcosa, l'attesa le tre dimensioni del tempo non sono altro che tre articolazioni del distendersi dell‘anima: il ricordo, il prestare attenzione a qualcosa, l'attesa l'anima consente di connettere le tre dimensioni temporali in un'unità: se non ci fosse l'anima, non ci sarebbe il tempo l'unità divina, invece, comprende nel presente stabile della sua eternità tutto ciò che é stato, é e sarà: l‘unità divina é la garanzia che il tempo - traccia della nostra lacerazione e lontananza da essa - non trascini tutto verso il non essere

Dio non ha creato il mondo nel tempo ma col tempo ridotto il tempo ad una "distensione dell'animo", cioè in fondo ad un'attività della coscienza, ne risulta che il problema prima posto è privo di senso: Dio non ha creato il mondo nel tempo ma col tempo (l'eternità è al di fuori del tempo e l'azione divina si svolge appunto nell'eternità) con il che risulta ribadita quella sostanziale estraneità dell'uomo alla storia ed al tempo delle cose terrene, perché la vera realtà dell'uomo è appunto in un "presente eterno" la cui misura è la sua stessa anima: e se la verità di questo essere dell'anima è la ricerca o meglio il ritrovamento di Dio, Ciò “ è vero nella vita interna dell'uomo di cui sono parti tutte le sue azioni, ed è vero in tutta la storia dei figli dell'uomo, di cui sono parte tutte le vite umane.” (Agostino, Confessioni XI, 28, 38)