LA MONETA E LA POLITICA MONETARIA Capitolo 19 LA MONETA E LA POLITICA MONETARIA
19.1 Introduzione Con "moneta" intendiamo l'insieme dei mezzi di pagamento a disposizione di una collettività. La "politica monetaria" è l'insieme degli interventi delle autorità di politica economica tesi a incidere sulla quantità di moneta.
19.2 Definizione degli aggregati monetari Seguendo quanto disse J. Hicks, potremmo affermare che sia più facile dire che cosa la moneta fa, piuttosto che dire che cosa la moneta è. (i) è unità di conto; (ii) è mezzo di pagamento; (iii) è riserva di valore. Qualunque “cosa” assolva a queste tre funzioni può essere moneta. moneta-merce vs. moneta-segno.
Nelle moderne economie, il compito di fornire i mezzi di pagamento, ossia la moneta, spetta non solo all’autorità politica, ma anche agli intermediari finanziari. Gli intermediari finanziari sono quei soggetti che mettono in collegamento le unità in surplus, che esprimono quindi un risparmio (tipicamente, le famiglie), con le unità in deficit (tipicamente le imprese), le quali domandano crediti.
la base monetaria viene talvolta indicata anche come "moneta legale" La teoria dell'economia monetaria definisce base monetaria (BM) l'insieme delle banconote e delle monete metalliche stampate o coniate dagli istituti (ad esempio le banche centrali e la zecca) che, per legge, hanno questa potestà); la base monetaria viene talvolta indicata anche come "moneta legale" Viene invece definita come moneta (M), la somma della moneta legale detenuta dal pubblico (o “circolante”), più i depositi dei risparmiatori. Si noti che non tutta e non solo la base monetaria svolge funzioni di moneta.
Si tratta ora di definire con esattezza quali depositi possono essere considerati utili strumenti di pagamento; a seconda della "rigidità" definitoria che si utilizza, si configurano differenti aggregati monetari. La definizione degli aggregati monetari risponde a convenzioni istituzionali. La Banca Centrale Europea così definisce gli aggregati: · con M0 si indica l'insieme delle banconote e monete in circolazione; questa coincide con la base monetaria in mano al pubblico (già indicata con BMP) e viene chiamata, oltre che “circolante” anche “moneta ad alto potenziale”; · con M1 si indica la somma fra M0 e l'insieme dei depositi bancari a vista (o in conto corrente); · con M2, si indica la somma tra M1 e tutti gli altri depositi a breve termine (nello specifico, quelli vincolati con durata fino a due anni, oppure quelli vincolati ma rimborsabili con preavviso di tre mesi); · con M3, si indica la somma tra M2 e le quote e partecipazioni in fondi comuni monetari, le obbligazioni di istituti bancari con scadenza originaria fino a due anni e le operazioni "pronti contro termine" effettuate dai residenti. Pertanto, passando da M0 a M1, e poi a M2 ed a M3, si passa ad esaminare aggregati via via più ampi e in particolare si esaminano accezioni di "deposito" via via più larghe.
Quando, ai tempi della lira italiana, la Banca d'Italia usava il termine "moneta" intendeva solitamente riferirsi ad M2; oggi, invece, quando le Autorità monetarie europee usano il termine moneta, intendono riferirsi ad M3. La Tabella 19.1 mostra la consistenza e la variazione annuale dei diversi aggregati monetari, nei paesi dell'Euro, al 1 gennaio 2010.
Tabella 19.1 - Consistenza e variazione degli aggregati monetari Tabella 19.1 - Consistenza e variazione degli aggregati monetari Miliardi euro al 1.1.2012 variazione % dal 1.1.2011 M0 (Banconote e monete circolanti) 863.3 Depositi a vista 4242.0 TOTALE M1 5105.3 +6.37 Depositi fino a 2 anni 1806.3 Depositi rimborsab. con preavv. 3 mesi 2079.5 TOTALE M2 8991,1 +4.47 Fondi comuni monetari 470,0 Obbligazioni scadenza 2 anni 187.0 Pronti contro termine 125.0 TOTALE M3 9773.1 +2.87 Fonte: Bollettino mensile della Banca Centrale Europea, Aprile 2013.
19.3 La creazione delle base monetaria La base monetaria (le banconote, o carta-moneta, e le monete metalliche) sono emesse da Banche Centrali (o da istituti quali la Zecca), su concessione dello Stato, come contropartita di specifiche operazioni. In linea teorica, le Banche Centrali possono emettere base monetaria come contropartita rispetto a quattro specifiche operazioni, che configurano i cosiddetti canali (o fonti) di creazione della base monetaria. Nello specifico, questi canali, sono i seguenti: 1) finanziamenti al Tesoro; 2) finanziamenti alle banche e aziende di credito; 3) finanziamenti al settore estero; 4) operazioni di mercato aperto.
(1) Finanziamenti al Tesoro: le Banche Centrali emettono carta moneta per coprire le spese dei rispettivi Governi (rappresentati dai rispettivi centri di spesa, ossia i Ministeri del Tesoro). Questa fonte di creazione della base monetaria è costituita, in altre parole, dalla monetizzazione della spesa pubblica. La controllabilità di questa fonte, da parte delle autorità monetarie, dipende dalle leggi e in particolare dalle disposizioni che regolano i rapporti fra autorità monetarie e autorità di governo.
In Italia, fino al 1981, la controllabilità della fonte di creazione di base monetaria tramite finanziamenti al Tesoro, era di fatto nelle mani del governo, più che nelle mani della Banca Centrale. 1981 Legge Andreatta 1993 Abrogazione dell’obbligo di anticipazione del 14% Accordi di Maastricht (divieto di monetizzazione delle spese pubbliche.)
(2) Finanziamenti alle banche: le Banche Centrali emettono base monetaria per rispondere alle richieste di finanziamento delle banche e delle aziende di credito. Il canale di creazione della base monetaria attraverso il finanziamento alle aziende di credito è ben controllabile dalle Banche Centrali, le quali hanno, solitamente, margini discrezionali ampi sulla concessione o meno di tali finanziamenti. Ai tempi della Banca d’Italia, il tasso d’interesse che la banca centrale praticava per la concessione del risconto delle cambiali alle banche, veniva denominato “tasso di sconto”
(3) Finanziamenti al settore estero Le banche centrali emettono base monetaria come contropartita dell’acquisto di valute estere. Si tratta in sostanza dell’emissione (o dell’eliminazione) di base monetaria per fare fronte alle richieste di cambiare la moneta domestica contro valute estere o viceversa. La dinamica di questa fonte di creazione di base monetaria è quindi legata, in buona sostanza, all’esito della bilancia dei pagamenti e alle decisioni sulle scorte di valute straniere da detenere. (Distinzione tra regime di cambi fissi e cambi flessibili) Con cambi fissi, un attivo della bilancia dei pagamenti si traduce, sostanzialmente in una creazione di nuova base monetaria, mentre un deficit nei conti con l’estero porta a una distruzione di base monetaria.
(4) Operazioni di mercato aperto: Le banche centrali possono decidere di emettere base monetaria in contropartita all’acquisto di titoli finanziari preesistenti sui mercati finanziari. Naturalmente, se la banca centrale acquista titoli, crea base monetaria. Al contrario, se decide di vendere sui mercati finanziari titoli che sono in suo possesso, riceve in contropartita moneta legale e quindi ritira (o “distrugge”) base monetaria. Le operazioni di mercato aperto rappresentano, attualmente, il canale di creazione (o distruzione) di base monetaria quantitativamente più importante. Il sistema delle banche centrali, nei Paesi dell’Euro, regola la base monetaria soprattutto tramite operazioni di mercato aperto.
In conclusione, la effettiva controllabilità della quantità di base monetaria che viene emessa attraverso ognuna di queste quattro potenziali fonti, dipende dal contesto istituzionale nel quale si è inseriti, e la loro importanza relativa è mutata nel corso del tempo.
19.4 I moltiplicatori della base monetaria Il modello dei moltiplicatori della base monetaria consta di alcune equazioni definitorie e alcune equazioni comportamentali. (19.1) BM=BMP+BMB (19.2) M=BMP+D Ovviamente, a seconda dell’ampiezza con cui il simbolo D definisce i depositi, coerentemente, il simbolo M indicherà M1 oppure M2 oppure M3. (19.3) BMP=hD, 0<h<1 (19.4) BMB=jD , 0<j<1 dove la frazione j è data dalla somma del coefficiente di riserva obbligatoria, più il coefficiente di riserva libera: j=cRO+cRL.
Il coefficiente di riserva obbligatoria è deciso dalle autorità monetarie (o, in alcuni Paesi da atti del Governo o addirittura da disposizioni di legge). In Italia, ai tempi della lira, tale coefficiente variava tra il 10% e il 25%, a seconda del periodo, del tipo di banca (ad esempio, le casse di risparmio, oppure le banche di credito agrario erano sottoposte a coefficienti di riserva più bassi di altre aziende di credito), ecc.. Attualmente, la Banca Centrale Europea ha fissato al 1% il coefficiente di riserva obbligatorio per tutte le aziende di credito.
da cui immediatamente si ricava: (19.5) Abbiamo a questo punto già introdotto tutte le equazioni rilevanti; la parte rimanente del modello è una semplice rielaborazione delle relazioni precedentemente introdotte. Infatti, sostituendo nella (19.1) le due equazioni comportamentali di privati e banche, otteniamo: BM=hD+jD=(h+j)D, da cui immediatamente si ricava: (19.5) Riprendendo la (19.2) e sostituendo a BMP l'espressione data dalla (19.3) e poi a D l'espressione della (19.5), si ottiene: (19.6) Poiché j<1, allora (1+h)/(h+j)>1. Per questo motivo, il rapporto (1+h)/(h+j) viene denominato, "moltiplicatore della moneta".
Questa equazione esprime la relazione che sussiste tra base monetaria e moneta e rende chiaro che: la moneta è un multiplo della base monetaria.
19.4.2 La spiegazione economica del moltiplicatore della moneta Seguiamo la "storia" di un pezzo di base monetaria, ad esempio una specifica banconota da 10 euro. * La Banca Centrale stampa la banconota e la fa entrare in circolazione (ossia, crea la base monetaria) attraverso uno dei quattro canali visti in precedenza. * Questa banconota circola e, ad un certo punto, verrà depositata da un qualche risparmiatore presso una banca. * Questo risparmiatore percepisce il suo deposito come strumento di pagamento (cioè come moneta a sua disposizione). * La banca che ha ricevuto il deposito, utilizzerà il denaro depositato presso di lei per concedere credito a qualche operatore che lo richiede. * Questo operatore, che richiede e ottiene il credito, riceverà, materialmente, la stessa banconota da 10 euro precedentemente depositata dall’altro soggetto presso la banca. * Tale banconota, quindi, inizierà a circolare di nuovo nell'economia, e sarà percepita come valido strumento di pagamento da tutti gli operatori che la avranno in mano. * Ad un certo punto, un altro consumatore depositerà questa banconota presso una banca, la quale –a sua volta– concederà credito a qualcun altro e ri-immetterà la stessa banconota fra il circolante…
Se le banche potessero concedere in credito tutto quello che viene depositato presso di loro, il processo di moltiplicazione della moneta non avrebbe mai fine (Moltiplicatore infinito) In realtà, però, le banche concedono in credito soltanto una parte dei depositi che ricevono (dato che debbono soggiacere alle disposizioni sulla riserva obbligatoria e dato che detengono riserve libere); per questo motivo, il processo di moltiplicazione, appena illustrato in riferimento ad uno specifico pezzo di base monetaria, non va avanti all'infinito ed anzi converge. La moneta è perciò un multiplo finito della base monetaria: in ogni stadio del processo dinamico, le banche ri-immettono come circolante nell'economia, una frazione via via decrescente dell'iniziale base monetaria creata dalla banca centrale.
19.4.3 Determinanti del moltiplicatore della moneta Guardando l'equazione (19.6), che riportiamo qua per comodità, ci si rende conto che, a parità di base monetaria, la quantità di moneta è tanto maggiore: (a) quanto minore è j (questo è immediato da verificare, dato che j compare soltanto al denominatore della frazione); (b) quanto minore è h (questo è meno immediato da vedere, ma può essere facilmente verificato, facendo la derivata prima del moltiplicatore rispetto ad h ed osservando che tale derivata è sicuramente negativa). Il significato economico di questi due fatti è semplici.
E' importante sottolineare che la quantità di moneta esistente in un'economia dipende non soltanto dalle autorità monetarie (le quali possono decidere, in modo più o meno controllabile, quale è la base monetaria, e possono regolamentare alcuni comportamenti degli operatori), ma dipende anche dal comportamento degli operatori privati. Infatti, il comportamento dei risparmiatori è rilevante sulla quantità di moneta, grazie al parametro h, e il comportamento delle aziende di credito è rilevante sulla quantità di moneta, tramite il coefficiente di riserva libera, che reintra nel parametro j. Questo è un risultato importante, che solitamente sorprende gli studenti: la quantità di moneta dipende dalle autorità di politica economica, ma anche dai comportamenti liberi dei risparmiatori e delle banche.
19.5 Strumenti e obiettivi della politica monetaria: 19.5 Strumenti e obiettivi della politica monetaria: la teoria tradizionale del modus operandi della politica monetaria In linea teorica, la politica monetaria persegue come obiettivi finali quelli comuni a tutte le politiche macroeconomiche, vale a dire, il livello del reddito e dell'occupazione, il livello dei prezzi, il pareggio dei conti con l'estero, il tasso di crescita economica. (Affermazione di principio, quasi ovvia!) Quale debba essere il prioritario obiettivo della politica monetaria, nel mondo reale, è un problema aperto e oggetto di acceso dibattito. Impostazione keynesiana vs. impostazione neoclassica. Tanto il livello dei prezzi, quanto il livello del reddito si collocano, in ogni caso, come "obiettivi ultimi" della politica monetaria.
Esiste una lunga tradizione che declina una serie di tappe successive Esiste una lunga tradizione che declina una serie di tappe successive. Secondo questa tradizione che denominiamo "teoria tradizionale del modus operandi della politica monetaria" le variabili possono essere distinte secondo la seguente sequenza: (1) strumenti (2) indicatori (3) obiettivi operativi (4) obiettivi intermedi (5) obiettivi finali Vediamo, in dettaglio, ciascuna di queste categorie.
(1) Gli strumenti. (1.a) La base monetaria, la cui controllabilità -abbiamo già visto- dipende dallo specifico canale di creazione e dal contesto istituzionale in cui ci si trova; (1.b) Il coefficiente di riserva obbligatorio; questo strumento è nato per fini prudenziali ma ha finito per essere un importante strumento per regolare la quantità di moneta. altri strumenti (1.c) Il massimale sugli impieghi (1.d) I vincoli di portafoglio per le aziende di credito (1.e) La posizione netta sull'estero (1.f) La fissazione di tassi di interesse di pertinenza delle autorità monetarie
(2) Gli indicatori. Si tratta di variabili, facilmente osservabili, la cui dinamica informa le autorità sull'effettiva direzione che stanno prendendo le variabili rilevanti. Tra gli indicatori, possiamo citare i tassi di interesse di mercato, ad esempio i tassi interbancari, i tassi sui titoli obbligazionari, ecc.. Ad esempio, se le autorità hanno messo in atto una misura che ritengono di politica monetaria restrittiva, sulla base della teoria si devono attendere che i tassi d'interesse aumentino. Osservare se e quanto i tassi di interesse effettivamente aumentano, in seguito alla manovra attuata, darà informazioni sull'effettiva realizzazione dei processi economici che si auspica accadano.
(3) Obiettivi operativi. Si tratta di variabili che sono endogene, che sono direttamente influenzate dagli strumenti utilizzati, ma che non rappresentano -di per sé- il vero obiettivo finale della politica messa in atto. La loro dinamica, tuttavia, consente di fare previsioni sugli obiettivi che si stanno perseguendo. La quantità di moneta (intesa come M2) veniva individuato, ai tempi della lira, dalla Banca d’Italia esattamente come un obiettivo operativo.
(4) Obiettivi intermedi. Si tratta di variabili, in genere aggregati monetari, che sono influenzati dagli strumenti ed hanno un chiaro e diretto legame con gli obiettivi finali. Ai tempi del marco tedesco, la Bundesbank ha per anni utilizzato M3 come obiettivo intermedio. La Banca d’Italia, ai tempi della lira, ha utilizzato come obiettivi intermedi il credito monetario interno (CMI) o il credito totale interno (CTI)
(5) Obiettivi finali. La politica monetaria deve condividere, in linea teorica, tutti gli obiettivi macroeconomici della politica economica (il livello di reddito e di occupazione, il livello dell’inflazione, il saldo dei conti con l’estero). Vi è un conflitto –di vedute politiche e di conseguente disegno “istituzionale” – fra chi ritiene che tutti questi obiettivi debbano essere presenti nell’azione delle banche centrali e chi, al contrario, ritiene che l’obiettivo principale, o addirittura unico, debba essere la stabilità dei prezzi. Diversi statuti delle diverse Banche Centrali e vivace dibattito politico
19.6 La teoria e la pratica dell’inflation targeting La visione tradizionale della politica monetaria presenta un’articolazione molto dettagliata degli obiettivi, distinguendoli in diversi livelli. La trasparenza nell’azione delle autorità monetarie richiede di rilasciare informazioni sull’andamento degli indicatori e dei diversi obiettivi. I mercati, quindi, sono tipicamente inondati di informazioni quando la Banca Centrale agisce secondo il modello tradizionale della politica economica. All’inizio degli Anni Ottanta si sostenne che questa messe di informazioni, lungi dal rappresentare un set informativo utile, potesse comportare il rischio di generare soltanto confusione. Meglio definire un unico obiettivo con chiarezza. Questa condotta è nota come “inflation targeting” E’ stata inizialmente seguita dalla Banca Centrale degli Stati Uniti, la FED, ed è attualmente seguita (FORSE) anche dalla Banca Centrale Europea.
La Politica Monetaria della BCE Obiettivi finali Secondo l'art La Politica Monetaria della BCE Obiettivi finali Secondo l'art.105 del Trattato di Maastricht, l'obiettivo della BCE è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Lo stesso articolo aggiunge: "Fatto salvo l'obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) sostiene le politiche economiche generali nella comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell'art.2 (art.105(1))". Gli obiettivi definiti nell'art. 2 del Trattato includono tra gli altri "un elevato livello di occupazione". Con pari chiarezza, il Trattato si esprime in merito all'indipendenza politica L'art.107 così recita a riguardo: " Nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dal presente Trattato (…), né la BCE né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo". L'indipendenza politica è una condizione necessaria (anche se non sufficiente) per assicurare la stabilità dei prezzi.
La BCE ha formulato la strategia che informerà le sue scelte di politica monetaria. Elementi di questa strategia sono: - definire gli obiettivi finali (inflazione, output) e quelli intermedi. Come è noto, l'influsso che le manovre della Banca Centrale esercitano sugli obiettivi finali è assai spesso indiretto e presenta lunghi ritardi. Per questo motivo, le Banche Centrali scelgono degli obiettivi intermedi, più direttamente perseguibili e sicuramente destinati a influenzare quelli finali. - definizione di stabilità dei prezzi. Il Consiglio Direttivo della BCE ha adottato la seguente definizione: "la stabilità dei prezzi è definita come un tasso di incremento annuo dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo (HICP index) per l'area dell'euro inferiore al 2%". Ciò implica che l'intervallo obiettivo sia delimitato tra lo 0 e il 2%: la stabilità dei prezzi, secondo questa definizione, "deve essere mantenuta nel medio periodo", anche se non viene definito cosa si intende per "medio periodo".
Approccio a doppio "pilastro" Approccio a doppio "pilastro". Il primo pilastro è monetario (dal 2003, secondo pilastro “analisi monetaria”). Dato che l'inflazione è un fenomeno monetario, la moneta deve giocare un ruolo prioritario. Il secondo pilastro della strategia di politica monetaria è piuttosto vago (dal 2003, primo pilastro “analisi economica”). La BCE utilizzerà un'ampia serie di indicatori atti a misurare gli sviluppi futuri sul fronte dei prezzi. "Tra le variabili, inter alia, si considerano i salari, il tasso di cambio, i prezzi delle obbligazioni e le curve di rendimento, varie misure dell'attività reale, indicatori di politica fiscale, indici dei prezzi e dei costi e indagini sull'attività delle imprese e sugli orientamenti dei consumatori" (BCE, Bollettino mensile, gennaio 1999, p.49). La lista dei possibili indicatori è peraltro aperta. In breve, la strategia di politica monetaria della BCE fissa un obiettivo superiore per l'inflazione pari al 2%. Allo scopo di guidare l'inflazione verso questo obiettivo, la BCE monitora un certo numero di variabili che essa ritiene influenzino l'inflazione futura. La più importante (che funge da obiettivo intermedio) è il tasso di crescita di M3.
Critiche alla strategia di politica monetaria della BCE La critica si sofferma su due aspetti: - la scelta dell'obiettivo finale; - la scelta degli strumenti. L'obiettivo di un'inflazione al 2% è sbagliato? Troppa importanza assegnata allo stock di moneta? L'inflation targeting: un modello per la BCE?