VALUTARE APPRENDIMENTI, VALUTARE CONTESTI

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VALUTARE APPRENDIMENTI, VALUTARE CONTESTI Convegno Associazione “Context” Trento, 8 Maggio 2009 Tavola Rotonda: Valutare bambini/e e ragazzi/e, adolescenti Maria Antonietta PINTO SAPIENZA – Università di Roma

Il mio intervento prenderà le mosse dai termini che, nelle sollecitazioni che ci sono state rivolte, mi sono apparse come più pregnanti - a cominciare dalle molteplici accezioni che si possono riconoscere nella parola “complessità” quando si lega a “valutazione” - per poi calare queste riflessioni nello spazio mentale che si apre con la triade “bambini/e”, “ragazzi/e”, “adolescenti”, che definisce lo specifico di questa tavola rotonda. Gli esempi che porterò sono tratti dall’ambito che più caratterizza la mia ricerca, e cioè la riflessione metalinguistica e metacognitiva, al fine di evidenziarne: la sottostante domanda storico-sociale, da distinguersi da una definizione esclusivamente evolutiva, per quanto fondata scientificamente; la loro spendibilità sociale, non solo nel contesto scuola, come ingrediente di base dello studio in generale e dell’apprendimento delle lingue in particolare, ma in senso più lato per interrogare il sapere, avvicinandolo alle proprie motivazioni e conquistare per via linguistica relazioni dentro, fuori e dopo la scuola.

Nella densa espressione “complessità della valutazione”, mi sembra si possano individuare almeno due componenti che questa dovrebbe soddisfare: la rilevanza-profondità di ciò che vorremmo cogliere, in parte nelle competenze – come capacità di utilizzare categorie fondanti di singoli ambiti disciplinari (numero, temporalità, ragionamento filosofico, funzionamento di una lingua antica o moderna, ecc..), rispetto a prestazioni meno rappresentative di questi stessi ambiti – e in parte nei significati personali che lo studente va costruendosi durante il suo percorso di apprendimento, come evidenziato dagli studi di Bonica sugli adolescenti torinesi in questa stessa tavola rotonda.

L’autenticità di queste competenze e sensibilità nello studente che è chiamato a darne dimostrazione, il chemette in gioco l’autenticità delle nostre vie di accesso, in qualità di valutatori. Ora, problematizzare gli strumenti affermando: “…Non solo strumenti”, come veniamo esortati a fare in questo Convegno, o chiedendo: “Quali strumenti ?” in rapporto ad altri, come vediamo in altre tavole rotonde del Convegno, non solo non elude la questione strumenti, ma ripropone in forma ampliata la discussione sul loro momento ideativo, la loro funzionalità e le loro opportune combinazioni.

Questo può significare che anche strumenti che ci appaiono insoddisfacenti perché non danno accesso, secondo noi, ad aspetti che riteniamo essenziali, possano essere ‘smontati’ nei contenuti e nelle vie dell’elicitazione con modalità che gli autori originari dello strumento stesso non prevedevano affatto, e che vanno quindi molto al di là di quel che si chiama ‘adattamento’. E’ in buona parte ciò che ho tentato di fare con gli strumenti di valutazione metalinguistica che ho costruito e validato negli ultimi vent’anni, grazie a due principali operazioni intellettuali, che proverò qui ad esplicitare.

Innanzitutto, ho ridefinito i “bambini/e” i “ragazzi/e” e gli adolescenti” come “alunni” e “studenti” che si confrontano con particolari momenti di transizione in quelle richieste sociali che investono la capacità di distanziarsi dalla lingua al fine di padroneggiarla meglio, e che scientificamente viene chiamata “capacità” o “abilita” o “competenza metalinguistica”. Dai 4 ai 6 anni (la fascia evolutivo-scolastica che copre il TAM-1 – Test di abilità metalinguistica n.1, Pinto, Candilera, 2000), ci rivolgiamo ad un piccolo alunno che si confronta, sul piano della lingua, con quell’essenziale scoperta che consiste nel fatto che qualsiasi discorso orale, pronunciato attivando un circuito orecchio+ bocca, si può trasferire su carta mediante un sistema di scrittura, che integrerà il circuito preesistente con il circuito occhio-mani. La pratica che ne deriverà gli fornirà un’occasione privilegiata per cogliere aspetti essenziali dell’architettura di qualsiasi lingua: dal valore distintivo dei suoni ai fini delle distinzioni di significato, alla convenzionalità-arbitrarietà del segno linguistico, ai vincoli nell’ordine della costruzione della frase, al carattere discreto delle singole unità, ecc…

Fra i 9-10 ai 13-14 anni (fascia evolutivo-scolastica coperta dal TAM-2, Test di abilità metalinguistiche n.2, Pinto, Candilera, Iliceto, 2003), ci rivolgiamo ad un alunno che, avendo notevolmente ampliato il suo bagaglio lessicale, le sue competenze enciclopediche, la sua capacità di formulare piccoli testi scritti e tante altre competenze sociali legate al suo stare a scuola, è chiamato anche ad argomentare con la lingua sulla lingua come si fa a dirimere se una frase x vuol dire x,y,z oppure x’, y’ e z’. Dall’una o dall’altra interpretazione deriverà la possibilità di capire chi ha fatto cosa, dove, con chi o contro chi, con quali nessi di causa-effetto in un testo di storia, di letteratura o anche in un procedimento di storia naturale o in una dimostrazione di matematica.

Infine, per lo studente delle superiori (fascia evolutivo-scolastica coperta dal TAM-3, Test di abilità metalinguistiche n.3, Pinto, Iliceto 2003), l’argomentazione si fa più sfidante tutte le volte in cui egli si confronta con definizioni di termini specialistici - il che rappresenta già di per sé un tipo di attività metalinguistica complessa – o quando viene richiesto di mettere in rapporto tra loro i significati di ognuno di questi termini. Ma è anche un giovane sollecitato dalla lettura dei giornali, dall’ascolto dei media e dalla prospettiva di prendere posizione tramite un voto politico, e quindi a confrontarsi con linguaggi strutturalmente polisemici, quando non volutamente ambigui. Lo strumento TAM-3 intende precisamente valutare la capacità di analizzare lingua non solo nei suoi contenuti logici ma anche nelle forme che l’ammiccamento del pubblicitario e la voluta polisemia del poeta fanno assumere alla lingua.

L’altra scelta operata nella costruzione di questi strumenti e che riteniamo possa aiutare nella direzione sia della profondità che dell’autenticità della valutazione, è consistita nel trasformare la modalità dicotomica giusto-sbagliato, presente-assente, che caratterizzava strumenti analoghi, nella rilevazione di livelli di analisi della lingua, di natura necessariamente scalare, che possono abbracciare una gamma ampia, dall’assenza totale ad analisi insospettabilmente sofisticate e coerenti. Spostare lo sguardo da un’idea monolitica di “competenza metalinguistica”, che “c’è” o “non c’è”, “è stata tramessa” o “non è stata trasmessa”, all’idea operativa di “come si possono affrontare dei significati”, al grado di analiticità, preoccupazione per la coerenza e plausibilità, piuttosto che per una verità unica – cosa peraltro difficile da affermare in lingua - mette il dito sulla natura incrementale e dialogabile del tipo di abilità che stiamo valutando.

Su questa linea, altre ricerche ed altra strumentazione ci confortano, rispettivamente ai “piani bassi” della scolarizzazione - nella fascia 4/6-7 anni – e su un tipo di abilità che ha a che fare gli usi creativi del linguaggio, qual è la comprensione di metafore, e “ai piani alti” della scolarizzazione, fascia liceo-università, in abilità prettamente logiche. Mi riferisco alle trasformazioni che ho voluto tentare su prove già esistenti nella pratica internazionale, sia nel momento in cui ho voluto “portare allo scoperto” la visione che l’alunno o lo studente poteva avere del problema che gli si sottoponeva, quel che tecnicamente chiamiamo “elicitare”, sia nel momento in cui si è trattato di valutare il suo pensiero.

Prendiamo un esempio tratto dalla prova di Comprensione di metafore per bambini tra Scuola dell’Infanzia e Scuola primaria (TCM junior, Pinto, Melogno, Iliceto, 2008): “Il mio papà è il dottore delle macchine”. Al bambino di 4 o di 5 o di 6 anni diciamo: “Nelle frasi che ti dirò, ci sono delle paroline che sono usate in maniera un po’ diversa dal solito. Prova a dire in che senso si possono dire”. Con un esempio iniziale: “Il sole ha le braccia”, adulto e bambino cercano insieme cosa possono essere queste “braccia” e ricapitolano l’analisi dei tratti semantici che giustificano l’azzardo metaforico della frase, peraltro tratta dalle produzioni spontanee di bambini della stessa fascia di età. Bene, fornendo una sorta di metodo con cui si lascia intendere che “è legittimo” ricondurre l’ignoto al noto, e che l’analisi dei significati, già di per sé, costituisce l’essenza di quel gioco che si sta compiendo, abbiamo ottenuto risposte pienamente simboliche fin dai 4 anni, del tipo:

“Il dottore delle macchine”: “E’ un meccanico che aggiusta le macchine; come il dottore cura le persone, fa le punture, anche il meccanico cura le macchine che non camminano.” Questo, che è il grado massimo di analiticità e pertinenza, non è ottenibile sempre e da tutti i bambini, ma, elicitando nei modi in cui si è detto, si è ottenuta esattamente quella scalarità di livelli che ci autorizza a parlare di incrementalità del pensiero. Ed è questa che potrà essere sostenuta e consolidata con un intervento di potenziamento linguistico.

All’altro estremo cui accennavamo, quello dei liceali e degli universitari, i percorsi di pensiero che abbiamo esplorato sono quelli che permettono di argomentare una soluzione logica ad un problema prettamente classificatorio, presentato in forma figurale. E’ così che abbiamo inquadrato la richiesta cognitiva posta dalle Matrici Progressive di Raven, versione1938, già nella sua forma standard, in quanto esempio di intersezione fra classi, ma ancor di più chiedendo di argomentare il fondamento della soluzione prescelta. Abbiamo chiesto ad alunni delle medie, a studenti liceali ed universitari, (Di Santo, Iliceto, Pinto, Melogno 2008) di provare a spiegare “come hanno fatto per essere sicuri che la figura prescelta fosse quella e non un’altra”. Una richiesta prettamente metacognitiva, sul piano del contenuto, e linguistica, dal punto di vista del canale comunicativo.

Anche qui, l’altezza della richiesta ha generato l’altezza della risposta, e il risultato è emerso fin dalle classi medie, che per prime sono state esplorate e per prime hanno evidenziato quella progressione di gradini nel ragionamento che va molto oltre l’alternativa “giusto-sbagliato”. Questa scalarità, che va dall’argomentazione meno analitica, meno dirimente, meno coesa a quella via via più analitica, dirimente e coesa, non l’abbiamo precostituita noi come ricercatori, bensì l’abbiamo “portata allo scoperto” semplicemente dando dignità alla esplicitazione del ragionamento, e questo persino quando la soluzione era sbagliata. In tal modo ci abbiamo guadagnato l’emersione di un ragionamento di cui nessun punteggio standard, fondato sul numero di soluzioni corrette, può render conto e giustizia.

A volte, a parità di punteggio, abbiamo potuto constatare un fortissimo divario fra livello della prestazione standard e livello dell’argomentazione, con alcuni ragazzi dal ragionamento poco dirimente ed altri con ragionamenti particolarmente ricchi e cogenti. In altri casi ancora, dietro soluzioni sbagliate venivano costruendosi ragionamenti molto analitici e in buona parte fondati. Complessivamente, riteniamo di averci guadagnato quello che potremmo chiamare “la tracciabilità dei processi di pensiero”, un po’ come si insegue la “tracciabilità” dei movimenti di denaro, affinché non ci sfugga il denaro, o la “tracciabilità dei vitigni” affinché non ci sfugga il pregio e l’autenticità di un vino. Questa tracciabilità psicologica nasce da una valutazione fondata sulla dignità attribuita all’esplicitazione, ed è quella su cui potremmo costruire interventi che generano i “diari dello stupore” dello studente, per riprendere una felice espressione dell’intervento di Bonica e Sappa in questa tavola rotonda.

Bibliografia Bialystok, E. (1986).Factors in Growth of Linguistic Awareness, Child Development, 57, pp 498-510. Di Santo, A., Iliceto, P. Pinto, M.A., Melogno, S., Iliceto, P. (2007). Capacità argomentative delle soluzioni delle Matrici Progressive di raven (SPM38) e capacità metalinguistiche. Studi su studenti liceali. Ciclo Evolutivo e Disabilità / Life Span and Disability. Vol. 10. N.1, 105-127. Grazzani Gavazzi,I.(2003).Tra metacognizione e metalinguaggio: lo sviluppo della consapevolezza linguistica nei bambini, in O. Albanese (a cura di), Percorsi metacognitivi. Esperienze e riflessioni, Milano, FrancoAngeli. pp. 115-129. Hamers,J.,Blanc,M. (2000). Bilinguality and Bilingualism, Cambridge, Cambridge University Press. Perales, J.,Cenoz,J. (2002).The effect of individual and contextual factors in adult second-language acquisition in the Basque country, Language, Culture and Curriculum, Vol. 15, n. 1,pp 1-15. Pinto, M.A. (1999). La consapevolezza metalinguistica. Teoria, sviluppo, strumenti di misurazione. Pisa-Roma, Istituti Editoriali Poligrafici Internazionali. Pinto, M.A., Candilera, G. (2000). La valutazione del primo sviluppo metalinguistico. Il TAM -1(Test di abilità metalinguistiche n.1: 4-6 anni). Milano, FrancoAngeli. Pinto, M.A., Candilera, G., Iliceto, P. (2003). TAM-2. Test di abilità metalinguistiche n.2 (9-14 anni). La valutazione dello sviluppo metalinguistico tra scuola elementare e scuola media. Manuale di istruzioni. Roma, Scione. Pinto, M.A., Iliceto, P. (2007). TAM-3. Test di abilità metalinguistiche n.3. Fascia adolescente-adulta. Roma, Carocci faber. Pinto, M.A., Melogno, S., Iliceto, P. (2008). TCM junior. Test di comprensione delle metafore. Scuola dell’Infanzia e scuola primaria. Roma, Carocci faber. Pinto, M.A., Titone, R. Gonzales Gíl, M.D. (2000). La consciencia metalingüística. Teoría, desarrollo e instrumentos de medición. Pisa-Roma, Istituti Editoriali Poligrafici Internazionali. Raven, J. (1997). SPM. Standard progressive Matrices. Serie A, B, C, D. Manuale. Firenze, Organizzazioni Speciali. Tunmer, W.E., Pratt, C. Herriman, M.L. (1984). Metalinguistic Awareness in Children. Theory, Research and Implications. Berlin, Springer. Zanobini, M. (1994). La consapevolezza metalinguistica. In S. Bonino (a cura di), Dizionario di psicologia dello sviluppo (pp.181-183). Torino-Einaudi.