Il modello veneto come MODELLO VIRTUALE slides lezione 14.04.2010 il modello veneto come MODELLO VIRTUALE. slides lezione 14.04.2010.

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Modello virtuale ma vitale La teoria del modello veneto come modello di sviluppo economico altro e diverso rispetto al resto dItalia nacque allinizio degli anni 70, dopo la istituzione dellente Regione. La tesi era che, contrariamente alle grandi conurbazioni industriali del Nord Ovest, il processo di industrializzazione veneto era avvenuto senza traumi, portando a una diffusa presenza nel territorio di piccole imprese basate sulla manifattura leggera e su un forte legame identitario con il territorio. Il mito di una fabbrica per ogni campanile.

Abbiamo visto che, in realtà, sistemi analoghi di piccola impresa erano più o meno contemporaneamente sorti in altre parti del paese, e tutti facendo innestandosi su antiche tradizioni manifatturiere. Il sociologo Bagnasco ha spiegato, almeno per il cd. sistema NEC, che ciò era in parte dovuto a territori omogenei dal punto di vista sociale, culturale, politico (come ad es. in Veneto e in Emilia Romagna…)

Da cosa nasce, allora, lidea di un modello particolare? Dalla particolarità delle genti venete, come teorizzata da Gavino Sabadin: - laboriosità - morigeratezza - cattolicesimo come valore condiviso - solidarietà sociale Dallidea (errata) che in Veneto la legislazione sulle aree c.d. depresse avesse funzionato meglio che altrove…

Abbiamo visto che l84% dei comuni veneti erano stati dichiarati depressi: 489 su 583. In termini di estensione beneficiata il Veneto superava tutte le altre regioni. Vediamo nel dettaglio le varie provincie: - BELLUNO, depressi tutti i 69 comuni - ROVIGO, depressi tutti i 51 comuni - TREVISO, l87,3% (83 comuni su 95) - PADOVA, l84,7% (89 su 105) - VENEZIA, il 76,7% (33 su 43) - VERONA, il 75,5% (74 su 98) - VICENZA, il 72,9% (89 su 122)

Conosciamo gli effetti distorsivi: - nuove imprese solo in piccolissima parte tali… - concorrenza fra comuni depressi, in ordine ai benefici aggiuntivi rispetto a quelli statali - ulteriore concorrenza tra comuni depressi e comuni non depressi

Di quelli depressi, ben 247 comuni su 489 (poco più del 50%) fornirono: - il 48% terreni gratuiti, o a prezzo agevolato - il 38% allacciamenti gratuiti alle varie utenze - il 38,7% contributi diversi in conto capitale - il 21% agevolazioni sulla tassa-famiglia 29 comuni non depressi fornirono invece: - esenzioni alle imposte sulle imprese - prezzi agevolati per lacquisto dei terreni

Osservazioni: Un modello deve essere progettato, e quindi governato. In Veneto non accadde. La crescita che portò il Veneto ad affermarsi come grande area industriale, avvenne per spinta dal basso di energie imprenditrici che colsero la particolare congiuntura favorevole del mercato interno e internazionale (ad es. lapertura del MEC-Mercato Comune Europeo che divenne operativo il 1° Gennaio 1958).

La maggior parte delle vere nuove imprese non usufruirono di agevolazione alcuna. La politica dellente Regione in materia di incentivi allinnovazione nelle piccole imprese (L.R. sullArtigianato) fu di concedere contributi a pioggia, e quindi irrisori) alla stragrande maggioranza dei soggetti, senza discriminare le domande presentate e, quindi, senza fare politica economica che favorisse i settori moderni rispetto quelli tradizionali.

E TUTTAVIA SI VERIFICO IL MIRACOLO DI UNA GRANDE CRESCITA… Si concretò infatti, grazie alla spinta dal basso, un MODELLO VIRTUALE che generò crescita e sviluppo. Anche senza una politica industriale, i settori produttivi si ristrutturarono ed emersero quelli più moderni, ad es. la meccanica strumentale, ma anche il T-A andò virtuosamente rimodellandosi. Il ruolo dellassociazionismo (e di una cultura) imprenditoriale