MADRI SOTTO LA CROCE: RIZPÀ e MARIA

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Transcript della presentazione:

MADRI SOTTO LA CROCE: RIZPÀ e MARIA a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini © Silvia Franceschini, 2013

Rizpà Rizpà, רצפה, significa: pavimento, suolo, lastra di suolo che ricopre la terra In ebraico connota l’idea di «un pavimento lastricato di pietra» In Ct 3,10 è un «ricamo d’amore delle fanciulle di Gerusalemme» In Is 6,6 è il «carbone ardente» che uno dei serafini aveva preso con le molle dall’altare In 1Re 19,6 è ricordata la «focaccia cotta» che il profeta Elia vide accanto a sé, assieme ad un orcio d’acqua Rizpà, figlia di Aia, concubina di Saul, forza del gesto, denuncia in silenzio Rizpà madre di Armonì e Merib-Baàl Rizpà, “una donna in nero”, icona di tutte quelle donne che non subiscono il conflitto, ma reagiscono e si pongono come profezia contro la violenza, dal momento che accelerano con la loro azione l’avvio di un mondo nuovo, in cui l’umano è sempre rispettato, riconosciuto, promosso Il regno che Dio aveva promesso a David gli viene consegnato in seguito a una questione di donne. Quanto alla donna che, inconsapevolmente ha fatto finire un regno e ne ha creato uno nuovo, ricomparirà alla fine. Una concubina ha involontariamente operato la frattura fra due vecchi alleati e tolto il trono ad un figlio di re

2000, Boot Willemien, Rizpà scaccia gli uccelli, coll. priv

Rizpà: la concubina del re … Mentre continuava la guerra tra la casa di Saul e la casa di David, Abner andava acquistando potere nella casa di Saul. Ora, Saul aveva avuto una concubina il cui nome era Rizpà figlia di Aià. E (Ish-Boshet) disse ad Abner: «Perché ti sei unito alla concubina di mio padre? … (2Sam 3,6-7) Questo figlio di Saul è chiamato Ishba‛al (uomo del padrone, con riferimento al nome del dio cananeo) in 1Cr 8,33;9,39; Ish-Bosheth (uomo della vergogna) in 2Sam 2,8; 4,12; Yishwi (uomo di YHWH) in 1Sam 14,49 Abner viene accusato dal re di aver avuto rapporti sessuali con Rizpà, la concubina di Saul. Di solito, alla morte del re, l’harem passava al successore; entrarvi e prendere le donne poteva perciò essere interpretato come un atto di usurpazione e di pretesa al trono La domanda inizia con un perché, tipico dell’accusa. Dietro a quell’interrogativo non c’è tanto una ricerca di spiegazione, quanto la volontà di mettere l’altro di fronte al suo torto L’offesa è grave, con un giuramento che non lascia dubbi sull’irrevocabilità della sua decisione, Abner rompe definitivamente con il suo re e annuncia che consegnerà il regno a David. Quella del capo dell’esercito di Saul è una reazione fortissima, Ish-Boshet non reagisce e tace perché ha paura

1250 ca. Miniatura da Biblia Pauperum, Re David e Abner, Madrid, Museo del Prado

Dalle braccia di Saul a quelle di David Dio si era servito delle donne del re precedente, Saul, proprio per legittimare David come nuovo re … Allora Natan disse a David: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto/consacrato re d’Israele e ti ho liberato dalle mani/attacchi di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone (anzi ho sottomesso a te la sua famiglia) e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone. Ti ho dato la casa di Israele e di Giuda (ti ho fatto diventare capo del popolo d’Israele e di Giuda) e, se questo fosse troppo poco, io vi avrei aggiunto anche altro … (2Sam 12,7-8)

1851-60, Carolsfield, Natan accusa Re David

Rizpà: violenza e tenerezza Fra i critici alcuni ritengono che 2Sam 21,1-14 sia un masso erratico, un’appendice fuori luogo; altri vi scoprono una continuità con la storia sin qui narrata. Un filo conduttore, in effetti, sembra connettere la cronaca della nascente monarchia in Israele: un re succede a un altro; i figli sono in rapporto conflittuale col re, loro padre, cosicché la morte a volte mette un termine a queste difficili relazioni Un lungo regolamento di conti è la trama di queste pagine Il quadro qui delineato contrappone l’abituale violenza maschile dei potenti e la struggente tenerezza di questa donna, nella quale sopravvive un vittorioso senso di compassione

1892, Lord Leighton, Rizpà difende i corpi dei figli, disegno (studio compositivo) Londra, Leighton House Museum

La carestia … Al tempo di David ci fu una carestia per tre anni; David cercò il volto del Signore e il Signore gli disse: «Su Saul e sulla sua casa pesa un fatto di sangue, perché egli ha fatto morire i Gabaoniti». Allora il re chiamò i Gabaoniti e parlò loro. I Gabaoniti non erano del numero degli Israeliti, ma un resto degli Amorrei, e gli Israeliti avevano giurato loro; Saul però, nel suo zelo per gli Israeliti e per quelli di Giuda, aveva cercato di sterminarli. David disse ai Gabaoniti: «Che devo fare per voi? In che modo espierò, perché voi benediciate l’eredità del Signore?». I Gabaoniti gli risposero: «Fra noi e Saul e la sua casa non è questione d’argento o d’oro, né ci riguarda l’uccidere qualcuno in Israele». Il re disse: «Quello che voi direte io lo farò per voi» … (2Sam 21,1-4)

1802, Anonimo, Re David e i Gabaoniti, coll. Priv.

La discendenza di Saul … Quelli risposero al re: «Di quell’uomo che ci ha distrutti e aveva fatto il piano di sterminarci, perché più non sopravvivessimo entro alcun confine d’Israele, ci siano consegnati sette uomini tra i suoi figli e noi li impiccheremo davanti al Signore in Gàbaon, sul monte del Signore». Il re disse: «Ve li consegnerò». Il re risparmiò Merib-Bàal figlio di Gionata, figlio di Saul, per il giuramento che David e Gionata, figlio di Saul, si erano fatto davanti al Signore; ma il re prese i due figli che Rizpà figlia di Aià aveva partoriti a Saul, Armonì e Merib-Bàal e i cinque figli che Meràb figlia di Saul aveva partoriti ad Adrièl il Mecolatita figlio di Barzillài. Li consegnò ai Gabaoniti, che li impiccarono sul monte, davanti al Signore. Tutti e sette perirono insieme. Furono messi a morte nei primi giorni della mietitura (la stagione della messe, sulle prime appena), quando si cominciava a mietere/raccogliere l’orzo … (2Sam 21,5-9)

1865, Gustave Doré, Rizpà scaccia gli uccelli, coll. priv.

Rizpà: denuncia silente … Allora/Poi Rizpà, (che era) figlia di Aià, prese il mantello/sacco di sacco e lo tese/adagiò, fissandolo alla roccia/sopra la rupe, e stette là dal principio della mietitura dell’orzo finché dal cielo non cadde/gocciolò su di loro la pioggia/acqua dal cielo. Essa non permise agli uccelli del cielo di posarsi su di essi/loro di giorno (quand’anche era giorno) e alle bestie/fiere selvatiche di accostarsi/venire, di/la notte … (2Sam 21,10)

1894, Anonimo Illustratore di Henry Davenport Northrop’s Treasures of the Bible, Rizpà difende i corpi dei figli, coll. Priv.

Rizpà: maternità soffocata Il verbo yq‘, impiccheremo, alla forma hifil, è difficile capire di quale tipo di supplizio si tratti qui: impalare, smembrare, crocifiggere, esporre al sole E così avvenne. David consegnò loro i due figli di Rizpà e i cinque figli che Merab, figlia di Saul, aveva generato ad Adriel il Mecolatita, figlio di Barzillai. Tutti e sette furono impiccati Fra tanto orrore e sete di vendetta, si leva dolente e forte, Rizpà alla quale erano stati strappati i due figli per l’impiccagione. Lacrime e compassione ella seppe esprimere in mezzo a quel delirio, ebbro di sangue Prese difatti il mantello di sacco, quale abito di lutto, lo stese sulla roccia e rimase lì dal giorno in cui si cominciava mietere l’orzo, finché non cadde la pioggia. Da una tenebra mortale, un raggio di vita Uno scenario di morte circonda Rizpà. Da tre anni una carestia rende sterile il suolo, per mancanza d’acqua. Odio e inimicizia imperversano tra le persone. L’uomo uccide l’altro, e si crede così di trovare una soluzione ai problemi

1695, Weigel, xilografia, Rizpà protegge i corpi dei figli, coll 1695, Weigel, xilografia, Rizpà protegge i corpi dei figli, coll. Privata Pitts Theology Library

Rizpà: maternità allargata Rizpà sembra calarsi entro un ciclo di vita, che va dall’inizio della mietitura fino al ritorno della pioggia. Il v. 10 riassume e punta verso le coordinate temporali e spaziali entro le quali è organizzato il mondo creato: giorno e notte, terra e cielo, acqua versata dal cielo e piante spuntate dalla terra, uomini e bestie, inizio e fine di un ciclo naturale Si ha l’impressione che il mondo si organizza nuovamente attorno a Rizpà. Avendo steso il sacco sopra la roccia, Rizpà sembra invitare la creazione a fare lutto insieme a lei. Ella appare come la sola persona che continua a credere nella vita, fino in fondo V’è un’attesa misteriosa e profonda in quella sua veglia prolungata sui corpi degli uccisi. A noi sfugge il movente della sua speranza così radicata e pertinace Eppure un motivo di risurrezione traspare dal racconto Sul versante della cronaca brutale, Rizpà perde i suoi due figli; ma sul piano più elevato dei valori, ella ne acquista altri cinque, dal momento che estende le sue cure materne ai cinque figli di Merab, vittime anch’essi di un gelido rituale di morte. La maternità di Rizpà si allarga da due a sette figli; tanto sugli uni che sugli altri ella stende il velo della sua tenerezza di madre. Così facendo rivive la sorte felice di altre madri d’Israele quali Rachele e Anna

1896-1900, Tissot James, Rizpà difende i corpi dei figli, acquarello, Londra, Tate Gallery

Rizpà: gesto silente Rizpà è stata concubina di Saul, e nel testo sacro non parla mai, non apre bocca. Non c’è frase che pronunci, e in fondo tutto sta racchiuso in un solo gesto. Una donna rivendicata distrattamente dagli uomini, ma tutta la sua storia precedente è come una premessa al terribile riscatto finale Lei prende il sacco e lo adagia sopra la rupe e resta là immobile. E qualcuno raccontò a David quello che Rizpà aveva fatto. Rizpà non pronuncia una sola parola. Lei fa, copre con un sacco i cadaveri dei suoi figli, e aspetta insieme a loro per un tempo che sembra interminabile Tutto sta lì in cima alla rupe dove la donna-suolo aspetta di poter sotterrare i propri figli. Non un gemito, non una lacrima Rizpà s’era trovata a ricoprire con un sacco e desiderare di farsi suolo per quei figli. Non importa quel che accade prima né quel che avverrà dopo, il gesto dirompente di Rizpà farà da memento a David che, toccato da quel gesto così muto ed eloquente, procurerà un poco di terra per le ossa di tutta la famiglia, con ciò placando l’ira di Dio

1892, Lord Leighton, Rizpà difende i corpi dei figli, disegno (studio compositivo) Londra, Leighton House Museum

Rizpà: segno vivente di protesta Essa prende il segno del lutto, il mantello di sacco, ma non lo indossa come era consuetudine e come tutti si aspetterebbero; fa del suo mantello una tenda e inizia una lunghissima “veglia” a difesa e tutela di coloro che non sono stati rispettati dai potenti Rizpà oltrepassa il ruolo codificato di ciò che una donna deve fare davanti alla morte (assumere i segni del dolore e rassegnarsi all’inevitabile) e inventa un linguaggio per lanciare il suo messaggio. Diventa con il suo stesso essere e agire segno vivente di protesta, denuncia, critica della logiche imperanti; è critica della “ragion di stato” che si piega a mettere a morte innocenti; è denuncia contro David, il re potente che non ha esitato a sacrificare la discendenza del suo predecessore, per garantire il suo status Da notare che il testo non li chiama “figli di Rizpà”, essa è privata anche di questo La forza trasformatrice e profetica del gesto di Rizpà ci viene indicata anche dal testo: non è il sacrificio dei figli di Saul ad apportare la pioggia sperata, ma proprio la fedeltà estrema nella difesa dei diritti dell’uomo vissuta da questa donna. In questo testo contano le azioni, non le parole, né i sentimenti, che per altro non vengono neanche registrati

1806-07, Joseph Mallord William Turner, Rizpà protegge i corpi dei figli, acquarello, Londra, Tate Collections

Una degna sepoltura … Fu riferito a David quello che Rizpà, figlia di Aià, concubina di Saul, aveva fatto. David andò a prendere le ossa di Saul e quelle di Gionata suo figlio presso i cittadini di Iabès di Gàlaad, i quali le avevano portate via dalla piazza di Beisan, dove i Filistei avevano appeso i cadaveri quando avevano sconfitto Saul sul Gelboe. Egli riportò le ossa di Saul e quelle di Gionata suo figlio; poi si raccolsero anche le ossa di quelli che erano stati impiccati. Le ossa di Saul e di Gionata suo figlio, come anche le ossa degli impiccati furono sepolte nel paese di Beniamino a Zela, nel sepolcro di Kis, padre di Saul; fu fatto quanto il re aveva ordinato. Dopo, Dio si mostrò placato verso il paese … (2Sam 21,11-14)

1898, Barry Moser, Rizpà, (dett.), coll. Priv.

Rizpà: pietà per i morti Il gesto di Ripzà fa emergere un secondo conflitto, altrettanto grave: quello tra David e Saul. Il gesto educativo di Ripzà fa capire a David che deve seppellire le ossa di Saul, dei suoi discendenti e di Gionata Nel gesto di Ripzà, nel suo silenzio eloquente, è nascosta una denuncia contro David, che non aveva fatto seppellire Saul. Saul aveva sicuramente tradito, ma anche chi ha radicalmente sbagliato deve essere rispettato nel suo essere uomo; ha diritto a una sepoltura dignitosa, perché – ci insegna Ripzà - l’umano è umano sempre, in ogni caso

1808, Turner Joseph Mallord William, Rizpà protegge i corpi dei figli, Londra, Tate Collections

Rizpà e Maria: donne sotto la croce Nella versione dei LXX il termine Rizpà è tradotto con la voce λιθόστρωτον in 2Cr 7,3; Est 1,6; Ct 3,10 Qualcosa di simile troviamo nel racconto della passione secondo Giovanni Gv 19,13: … Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà ... Gabaa città nativa di Saul, assonanza con Gabbatà. Giovanni 19 e 2Sam 21 sono collegati da sottili richiami: Sul monte sono giustiziate sette vittime innocenti. Sul Golgota, luogo alquanto sopraelevato, è innalzato in croce un giusto In Gabaa, una donna, madre, Rizpà è lì a vegliare sulla sorte di sette cadaveri, due dei quali suoi figli. Sul Calvario, una donna, madre, Maria sta accanto al figlio crocefisso assieme a due ladroni In Gabaa, sul monte del Signore, la maternità di Rizpà allarga il suo raggio di protezione, agli altri figli di Merab. Sul Calvario la maternità di Maria si estende a raggio, da madre di Gesù a madre dei due ladroni, a madre del discepolo amato, a madre di tutti i discepoli di lui, divenuti suoi fratelli Sul monte di Gabaon, Rizpà attende che dal cielo scenda la pioggia, principio di vita. Sul Golgota, a Gesù scende acqua del costato. In quella goccia data c’è tutto l’amore di Dio per la creazione ma essa è anche la lacrima del Padre per la morte del Figlio

1350 ca., Maestro riminese, Crocifissione, Allentown, Art Museum

Maria sotto la croce … Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa ... (Gv 19,25-27) Colui che Laurentin proclama il più mariano dei Vangeli non menziona più di due volte Maria. Le due presenze di Maria sono poste alle due estremità della missione del Cristo. L’una a Cana, inaugura il ministero, l’altra ai piedi della croce, lo conclude e lo ricomincia con l’avvento della Chiesa Maria ha messo al mondo Gesù e adesso (a Cana) mette al mondo il Cristo. Non è né in Marco, né in Luca che si può trovare una maternità così concorde alla volontà di Dio Maria, sotto la croce, nella scena finale non dice nulla. La sua missione è compiuta. Un figlio la affida al discepolo come affida il discepolo a sua madre. Diviene così la madre degli ebrei e dei pagani. La generazione della carne, paradossalmente, raggiunge la sua pienezza di senso nel suo superamento; accettando che il figlio muoia, e morendo nel cuore con lui, la vergine diventa madre di tutti

1503, Lucas Cranach il Vecchio, Crocifissione, Monaco, Alte Pinakothek

Vocazione eterna di Maria La consegna del discepolo a Maria, e di Maria al discepolo offre il fondamento biblico del nostro rapporto diretto con la madre di Gesù Essere madre è la vocazione eterna di Maria. Il testamento di Gesù è universale: una madre è data a tutti i discepoli di tutti i tempi, dono fra i doni Maria è l’umanità sofferente che si compie nelle sue morti e nelle sue maternità La scena è stilata con il genere letterario dello schema di rivelazione che le conferisce una valenza salvifica, rivelatrice e universale: un inviato di Dio (profeta) vede, nel senso profondo, cioè intuisce, comprende il segreto di una persona dice, pronuncia una parola rivelatrice ecco, seguito da un sostantivo, è il termine che apre, che introduce il messaggio Da Giovanni lo schema è usato quattro volte, pensiamo solo al Battista, vedendo Gesù venire verso di lui, dice: Ecco l’agnello di Dio (Gv 1,29) La rivelazione rivolta a Maria riguarda lo svelamento della profonda comunione di Maria con Gesù. Maria è la madre dei figli dispersi, è la figlia di Sion nella quale si realizza la nuova alleanza. Attraverso il discepolo che Gesù amava, la funzione materna di Maria è ampliata a tutta la chiesa

1475, Antonello da Messina, Crocifissione, Anversa, Musée Royal de Beaux Arts

Pasqua di Maria La parola madre è il termine decisivo del brano. Attorno a questo vocabolo ripetuto 5 volte si muovono gli aggettivi e gli articoli, in un fine gioco di passaggio dell’appartenenza da sua madre a tua madre Maria, all’inizio, per due volte viene chiamata sua madre; a metà del racconto per due volte è detta la madre, con l’articolo ma senza l’aggettivo possessivo, quasi che la sua maternità fosse vacante, senza oggetto; nel terzo versetto viene nominata la madre, ma con un trasferimento di maternità: ecco tua madre. Ciò che resta fisso è la maternità. E tuttavia prima è sua madre, poi madre quasi senza figli, poi diventa tua madre All’epoca del Vangelo la figura materna era esaltata. Filone d’Alessandria scrive: padre e madre sono gli dei invisibili. Un proverbio ebraico dice: poiché Dio non poteva essere dappertutto creò le madri. Dire allora ecco tuo figlio significava: ecco chi prolungherà nella sua vita il tuo stile di vita. Così le parole di Gesù: Donna ecco tuo figlio, vengono quasi a significare: donna deponi il tuo dolore e riscopri la tua maternità, la tua capacità d’amore. Un figlio muore, ma un figlio ti è dato Maria da oggetto di dolore è chiamata a diventare soggetto del dolore, a passare da un dolore subito a una sofferenza vissuta. La sua vocazione che dal primo giorno è maternità, cioè proteggere, custodire, far rifiorire la vita, deve prevalere sul suo dolore. In nome della maternità, Maria è aiutata a deporre quel dolore che vorrebbe essere totalizzante, e a passare a un nuovo figlio. Questa è la sua Pasqua: maternità ferita e risorgente, ferita e moltiplicata Quando tutto muore, Gesù pronuncia parole di vita, dice generazione, affetto e vita che riprende a scorrere. La vocazione di Maria si allarga a maternità universale che accoglie, custodisce, protegge, si prende cura e ama

1565 ca., Paolo Veronese, Crocifissione, Parigi, Musée du Louvre

Lo sguardo verso Maria Giovanni, unico tra gli evangelisti, applica a Maria il termine donna che nella letteratura biblica spesso è impiegato per indicare Israele. Il suo uso, da figlio a madre, si trova solo a Cana e qui, e vuole indicare un messaggio raro e forte. Donna non è parola generica, indicante distacco o rispetto, è la parola che universalizza Maria. Dio ha un progetto d’uomo, un progetto di mondo e in questo Maria è madre, cioè modello, riferimento, radice, inizio L’espressione Ecco tua madre, indirizzata a Giovanni, non ha il valore della semplice indicazione o presentazione. Quel piccolo termine, ecco, significa di più. Gesù usa un vocabolo che nella sua radice, porta un significato primario, quello di guardare (íde è anticamente imperativo del verbo horáo, guardare), dando così come un ordine, un invito pressante a contemplare il volto della madre, cercando in lei i tratti della nostra fede adulta e matura, i perché e gli esiti della nostra storia di dolore e di amore Guarda tua madre, rivolgi gli occhi, tieni fisso lo sguardo, contempla quell’immagine per diventare come lei. Perché l’uomo diventa ciò che contempla, diventa ciò che ama .... Contemplando veniamo trasformati in quella stessa immagine … (2Cor 3,18)

Carl Heinrich Bloch, Crocifissione,

Stabat Mater Come dice il Vescovo Giancarlo Bregantini: quello “stabat”, in lingua latina, dice tutto. Lo stare accanto, lo stare in piedi, lo stare vicino a chi soffre con una dignità altissima Non parla Maria, ma dice tutto con la sua presenza, con il suo silenzio. È fedeltà, condivisione, compagnia. Dolore che condivide con il figlio quell’immenso mistero di iniquità. L’amore rende fedeli sia Maria che Giovanni, spinte diverse, ma un unico gesto fedele Gesù li guarda, uno sguardo che si intesse di ricordi ripercorrendo una vita intera. Tutto viene ridisegnato da quello sguardo, fino a questa straziante agonia, reciproco dolore in reciproco amore. Fitte feroci si curvano e si spargono nel ventre di colei che ha partorito il figlio di Dio. Ma lui presenta con voce rassicurante al mondo intero la nuova madre, di tutti non più solo sua. La affida ai mortali, eleggendola unica loro madre Da quel dolore fecondo e fecondante l’umanità diviene ora famiglia. Gesù lascia, consegna, dona sua madre al mondo perché lei stringa ora al suo seno tutti gli uomini, suoi figli

1886-94, James Tissot, Crocifissione

Il poema della croce In questo libro straordinario, la poesia di Alda Merini evoca, con una forza visionaria di rara suggestione e intensità, il momento più tragico ed emblematico della vita di Cristo, per la prima volta rappresentato dalla poetessa milanese accanto alla Vergine, in un dittico di sublime potenza espressiva e di altissima tensione emotiva Madre e figlio appaiono in tutta la loro fragilità umana, tra smarrimento e paura, e nello stesso tempo si stagliano sulla scena come figure luminosissime, immense, capaci di dialogare con gesti quasi impercettibili a occhio umano: come l’abbraccio impossibile tra Maria e il figlio inchiodato Maria è la madre che non invecchia, conserva la freschezza della sua verginità, dialoga col Figlio in parole e silenzi, e riesce a indossare come morbida stola persino il cencio di dolore del Cristo crocifisso Nella presenza di Maria e in quella popolare della Veronica c’è tutta la femminilità materna e vitale, pura e feconda che riesce anche nella morte a generare

1954, Dalì, Corpus hypercubus (Crocifissione), New York, MOMA

Il poema della croce «Ti lascio Giovanni, Maria, sarà il tuo figlio prediletto, con lui potrai rivivere i giorni della mia infanzia, potrai ricordare i miei giochi, la mia innocenza. Giovanni ha sentito il mio cuore, il battito dello spezzare del pane. Adesso io verrò spezzato in mille parti e darò da mangiare a tutte le genti. La mia carne flagellata Diventerà un boccone per coloro che hanno fame e sete di giustizia. Io, vanto della cristianità, mi sono lasciato uccidere davanti ai tuoi occhi, ma tu non mi hai perduto, il mio cuore per te si è santificato Io ho vissuto in te, madre, i migliori istanti della mia poesia. Ti ho sempre pensata giovane: anche quando ti affaticavi, invecchiavi per amor mio. In te non ci sarà vecchiezza. Ti lascio Giovanni che è un ragazzo: tu vedrai in Giovanni quella foglia di palma e di speranza che sono stato io e ti darò il bacio supremo, il vincolo d’amore che non si spezzerà più. Sono un uomo contorto dagli spasmi, ma per affrontare il demonio devo provare la sua lussuria e la sua superbia e essere umiliato fin nelle fondamenta.

1304-06, Giotto, Crocifissione, Padova, Cappella degli Scrovegni

Il poema della croce Questa è la croce, Maria, un vessillo di grande pace, e si stenderà sopra tutti. Ti lascio Giovanni, il giovane che ha sfiorato la mia carne, e che ha visto nell’ultima cena la scelta del mio persecutore. Perdono Giuda, e perdono anche te che sei stata rapita dall’amore. Perdono tutti coloro che mi hanno amato e che mi hanno fatto credere che la carne fosse il traguardo ultimo del pensiero. Ti lascio tutto quello che non ho avuto, ma guardando i tuoi occhi, Maria, che sono gonfi di pianto e urlano senza essere sentiti, io rivedo la mia giovinezza e l’angoscia fugge lontana. Mi rivedrai, Maria, non ti lascerò mai sola, anzi, ritornerò, ti verrò a prendere, come tutti gli innamorati che hanno lasciato vedova una bambina.»

1426, Masaccio, Crocifissione, Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, Napoli

Vita di Maria Rainer Maria Rilke scrisse questo libretto in pochi giorni nel 1912 Maria è attesa e accoglienza; non solo gravidanza, ma anche parto; non solo vicinanza all’indicibile, ma anche dolore della separazione e dell’incomprensione. Maria accetta e affronta la realtà che la coinvolge. Cantando quegli eventi così gravidi di futuro, Rilke ne rispetta l’essenzialità, la sobrietà scarna e li lascia risuonare, cercando di coglierne il significato segreto negli echi interiori PIETÀ Adesso la mia sventura si fa piena, indicibilmente Mi fa colma. Sto rigida come lo è nell’intimo una pietra. Dura come sono, una cosa sola conosco: tu crescesti – … e crescesti, fino a quando totalmente ti trovasti, come dolore immenso, oltre il limitare del mio cuore. Ora giaci attraverso, sul mio grembo, ora te non posso più io partorire.

1523-25, Jacopo Pontormo, Deposizione di Cristo, Santa Felicita, Firenze