La scapigliatura L’unità d’Italia (1861) se da una parte chiude tra gli entusiasmi una delle più eroiche età della storia italiana, il risorgimento, dall’altra apre un tempo nuovo: quello dominato dalla borghesia, dal suo modello di sviluppo politico- sociale, entro le coordinate ideologico- culturali del positivismo, del materialismo,del profitto e dell’utilitarismo, all’interno di un processo irreversibile di laicizzazione della cultura e della società italiana. I facili entusiasmi e le speranze suscitati dalla vicenda risorgimentale - chiusa troppo in fretta e con troppo ottimismo e troppe illusioni – cedono così il passo a una quantità di problemi di natura amministrativa, economica, sociale, civile, che smantellano di colpo ogni progetto di indolore trapasso dal caos all’ordine. Un primo segno delle difficoltà che segnano il giovane stato italiano si avverte in maniera evidente nello scollamento tra Paese legale ( il parlamento ) e Paese reale, tra una classe politica, cioè, omologata al velleitarismo di una borghesia rampante e che va consolidandosi in classe dirigente, e i bisogni quotidiani concreti delle popolazioni le quali, per la prima volta dopo secoli di asservimento e divisione, vanno riconoscendosi in una comune identità non solo territoriale ma storica.
Un secondo segnale è dato dal mutato ruolo e orientamento degli intellettuali i quali - se pure da posizioni ideologiche a volte divergenti avevano appoggiato per tutta la fase eroica del risorgimento il progetto monarchico costituzionale e moderato di Cavour e della borghesia - ora comprendono meglio di tutti l’inadeguatezza dello stato unitario a soddisfare le aspettative della precedente generazione. Molti intellettuali restano all’opposizione ( mazziniani, democratici e radicali, liberali e cattolici ) avvertendo non solo i limiti delle scelte politiche della Destra storica chiamata a governare il Paese fino al 1876, ma anche la nostalgia per un tempo nel quale essi svolgevano un ruolo di costruttori di ideali ( la patria ) che ora produce per contrasto un atteggiamento di deprecazione per il meschino tempo presente ( Carducci ), che li emargina, li desacralizza, azzerando le ragioni etiche, spirituali e morali della loro opera culturale. Nella società borghese –capitalistica gli intellettuali non riescono a collocarsi con equilibrio e dignità, ricevendo dal dinamismo aggressivo dell’industrialismo motivi per reazioni anticonformiste e pericolose, spinte verso il disimpegno o verso il velleitarismo protestatario di scarso peso politico e culturale (gli Scapigliati).
Gli anni di governo della destra storica ( 1861-1876) sono densi di questioni decisive e nuove: il processo di unificazione prevedeva interventi drastici nel tentativo di omogeneizzare realtà socio- culturali eterogenee, quali emergevano dai territori italiani. Restavano ancora aperte la questione di Venezia e di Roma; il Veneto sarà incorporato per l’aiuto altrui (la Prussia ) nel 1866; mentre Roma sarà diplomaticamente conquistata dai bersaglieri nel 1870 con la Breccia di Porta Pia. L’Italia rimaneva un Paese rurale,con pezzi importanti di territorio gravati dall’arretratezza socio – economica, dalla mancanza di infrastrutture, dall’assenza di forze culturali vive e propositive, da rapporti feudali che legavano gli uomini alla terra. La leva obbligatoria portò via dalla terra interi nuclei familiari e nel meridione la presenza militare dello Stato rinfocolò negli abitanti atteggiamenti di rimpianto del passato regime borbonico e scatti ribellistici di vasta dimensione, come il brigantaggio. Le prime avvisaglie protoindustriali nel Nord della Penisola ( in ritardo comunque rispetto allo sviluppo capitalistico della Francia e dell’Inghilterra ) consolidano il primato della borghesia e legittimano il suo potere politico-economico.
In Lombardia i segni del progresso e della modernizzazione appaiono più evidenti, perché storicamente in questa regione è stato attivo un ceto borghese che ha avuto come obiettivo non solo il progresso materiale ma anche quello di diventare classe dirigente. Nell’età della Destra la borghesia, dunque, compie un salto di qualità : la debolezza della nobiltà e dell’aristocrazia favoriscono la sua ascesa politica ed economica, proprio in un momento in cui in tutta Europa sono in atto grandi processi di cambiamento. La scienza comincia a produrre tecnologia, le numerose scoperte in ogni ambito cambiano il modo di vivere degli uomini, lo sviluppo industriale pone in luce il problema degli operai e delle loro condizioni misere di occupati nelle fabbriche, la stessa cultura del positivismo accompagna tutte queste trasformazioni che aprono la strada alla modernizzazione della società.
Nasce così la società capitalistico – borghese che propone nuovi valori ma non riesce a risolvere i nuovi problemi che si affacciano nella storia: lo sfruttamento del proletariato, il colonialismo che porta gli Stati europei più forti a colonizzare i Paesi dell’Africa e dell’Asia creando una moderna schiavitù, le tensioni tra i vari stati europei per la conquista di nuovi mercati e di materie prime, il problema con la Chiesa ecc... Tutto questo ha un forte impatto sulla cultura e sugli intellettuali, alcuni dei quali accettano i cambiamenti e li esaltano, altri rimpiangono il passato, altri ancora hanno un atteggiamento di avversione verso il progresso e verso la borghesia e la considerano come una classe prepotente, arrogante, egoista e affarista. Il gruppo di intellettuali che esprime questo disagio sono proprio gli Scapigliati, pochi poeti che vivono soprattutto a Milano, proprio dove erano più visibili i segni dello sviluppo capitalistico. Praga, Boito, Camerana, Tarchetti , Dossi attraverso il loro modo di vivere estremo ( muoiono giovani alcolizzati o suicidi) contestano il modello di vita che la borghesia sta proponendo.
Essi sono anticonformisti, anticattolici, antitradizionali, contro il progresso e la scienza , e denunciano la condizione dell’intellettuale che non si riconosce più in una società che sente ostile. I poeti soprattutto hanno scarsa considerazione in una società in cui conta la ricchezza e prevale l’idea che tutto è merce da vendere e così sono costretti a rifugiarsi nell’arte che diventa il loro unico scopo di vita. Ormai gli intellettuali non fanno più politica, non sono integrati nella società anzi si sentono ai margini, soli e contestano il sistema borghese e le sue leggi. Gli scapigliati perciò fanno un’arte che è in opposizione con il positivismo, sono pessimisti, antiprogressisti, idealisti ma continuamente disillusi dalla realtà . Essi, secondo me, rappresentano la crisi di tutta una generazione di italiani che si attendevano dal Risorgimento un’altra società, più giusta e più libera.