Ariosto e l’Orlando Furioso Autore ed opera Notizie biografiche Ferrara e il servizio a corte Note sulle opere minori Caratteri del poema I tre temi del Furioso Boiardo e Ariosto a confronto Rilettura degli ideali cavallereschi Tecniche e motivi del Furioso Il principio di varietà Il motivo dell’inchiesta Differimento delle storie A cura del prof. Luigi O. Rintallo
Ariosto e l’Orlando Furioso Autore ed opera Cenni sulla vita di Ludovico Ariosto 1474: nasce a Reggio Emilia, dal padre Niccolò funzionario degli Estensi. Av-viato agli studi giuridici, inizia la carriera poetica alla corte di Ercole I d’Este a Ferrara. 1500: alla morte del padre, come pri-mogenito di dieci figli, deve occuparsi della famiglia. E’ capitano alla rocca di Canossa (1501-03). 1503: prende gli ordini minori ed entra al servizio del cardinale Ippolito, fra-tello del duca Alfonso. Sopporta mala-mente il rapporto di dipendenza, seb-bene ottenga benefici economici. 1509: combatte a Polesella contro l’esercito veneziano. Compie missioni diplomatiche presso il papa Giulio II. 1513: all’elezione di papa Leone X dei Medici, tenta invano di trasferirsi a Roma. Quattro anni dopo rifiuta di accompagnare Ippolito in Ungheria. Passa al servizio del duca Alfonso. 1522: per tre anni è governatore della Garfagnana, provincia turbolenta. 1526: sposa segretamente Alessandra Benucci, per non farle perdere i diritti acquisiti da un precedente matrimonio. 1532: esce la terza edizione dell’Or-lando Furioso (le precedenti sono del 1516 e del 1521). 1533: a 59 anni muore a Ferrara. La corte di Ferrara A Ercole I d’Este (1471-1505) si devono opere pubbliche importanti per Ferrara: la ingran-disce con l’ “addizione erculea”, opera dell’architetto Biagio Rossetti. Inoltre, accoglie in città vari artisti e scienziati. Fra gli altri, dal 1476 Matteo Boiardo, autore dell’Orlando innamorato, e fra il 1497 e il ’99, Pietro Bembo, che scrive le Prose della volgar lingua e fissa il canone linguistico-letterario dell’italiano. Nel 1503, a Ferrara si laurea in giuri-sprudenza Niccolò Copernico, l’astronomo polacco cui si deve la scoperta della teoria eliocentrica. Dal 1506 al 1534, il ducato di Ferrara passa nelle mani di Alfonso I, che prosegue la politica di difesa dell’integrità dello Stato, sventando nel 1506 la congiura dei fratelli Giulio e Fer-rante, e tenendo testa allo Stato pontificio che con Giulio II minaccia la città. Le opere minori di Ariosto Oltre al poema che lo ha reso celebre, scrive quattro commedie. Due in prosa, modellate sullo stampo classico, con prologo e cinque atti: Cassaria (1508) e I suppositi (1509); due in versi: Negromante (1528), in cui deride la credulità nella magia, e La Lena (1529), che de-scrive la corruzione della famiglia. Ad Ariosto si devono anche le sette Satire, scritte fra il 1517 e il 1525: si tratta di epistole in terza rima, che combinano il modello del poeta latino Orazio con quello dei capitoli (lamentazioni di materia quotidiana). Destinatari delle epi-stole i parenti (fratelli e cugini) e lo scrittore Pietro Bembo, cui Ariosto si rivolge per ottenere un precettore per il figlio Virginio. Il servizio a corte (Satira III) Dalla Satira III (indirizzata al cugino Annibale Malaguzzi) è possibile ricavare notizie su quale fosse la vita di corte a Ferrara, contraddistinta dalla dialettica fra la durezza del “servizio” del cortigiano e la libera attività di letterato. Attraverso le favole della gazza e della Luna, che trattano il tema della Fortuna, Ariosto distingue due mondi contrapposti: quello alto dei potenti e quello basso. La quiete stoica, lontana dai colpi della Fortuna, si ottiene solo nel secondo. Ariosto parla così per “mitologie”, affrontando i temi della vita privata e pubblica del ’500: invidia e ingratitudine sono gli elementi tipici della competizione vissuta a corte, per entrare nelle grazie del potere.
Ariosto e l’Orlando Furioso Caratteri del poema Le versioni dell’Orlando Furioso E’ un poema cavalleresco. Diviso in 46 canti di ottave di endecasillabi, per un totale di 38.816 versi, continua la storia narrata nell’Orlando Innamorato da Matteo Boiardo, altro intellettuale della corte di Ferrara. Ariosto ne compose tre versioni. 1516: aveva 40 canti e presentava forme dialettali, tipiche della città estense. Questa prima versione mostra una maggiore aderenza all’atmosfera di serenità del primo Rinascimento. 1521: Ariosto inizia una profonda revisione linguistica, epurando le forme dialettali per comporre un testo più vi-cino alle indicazioni del canone suggerito da Pietro Bembo adattato sui modelli di Petrarca e Boccaccio. Nel frattempo sono scritti cinque canti (1518-19), coi quali Ariosto tenta di allargare la trama con episodi imperniati sulla figura del traditore Gano e sui suoi intrighi contro Carlo Magno. La materia rimase tuttavia inedita, fino a quando il figlio Virginio la pubblicò in appendice all’edizione del poema nel 1545. 1532: esce l’edizione definitiva in 46 canti. Oltre agli ultimi emendamenti, vi è un insistente richiamo agli eventi della storia contemporanea (guerre in Italia e distruzione del sogno umanistico) Quali sono i tre temi principali della materia del poema? Quello EPICO narra la stoia della lotta fra i saraceni guidati dal re Agramante e i paladini cristiani di Carlo Magno. Ha inizio con l’assedio di Parigi, per concludersi con la controf-fensiva cristiana e il duello finale a Lipadusa. Vi è poi il tema EROTICO, incentrato sull’amore per Angelica da parte di vari personaggi maschili del poema e in primo luogo di Orlando, che per lei impazzisce dopo la scoperta della sua fuga col saraceno Medoro. Infine, il terzo tema è quello ENCOMIASTICO dedicato all’amore fra il saraceno (poi convertito) Ruggero e la guerriera cristiana Bradamante, dalla cui unione nascerà la casata degli Estensi nonostante gli ostacoli opposti dal mago Atlante. Cosa cambia fra il mondo di Boiardo e quello di Ariosto? La tradizione cavalleresca pre-esisteva al poema di Ariosto e dai cantari medievali (origina-ti dalle canzoni di gesta) giungeva sino al poema quattrocentesco di Matteo Boiardo, Orlando Innamorato. Boiardo da un lato interpreta le qualità dei cavalieri (coraggio, cortesia e virtù) in senso umanistico e, dall’altro, le idealizza per riproporli in contesti appartenenti ormai a un’età passata. I suoi personaggi sono perciò espressione di un mondo più nobile e più bello di quello contemporaneo, ma così facendo egli perde consapevolezza del distacco fra ideale e reale. Anche Ariosto è attratto dalla compresenza di ideale e reale, ma nel senso che essa gli permette di equilibrare due esigenze opposte: 1) l’apertura alla realtà sempre mutevole; 2) l’aspirazione a un ideale di ordine e razionalità, tipico del Rinascimento. Il mondo dei cavalieri rappresentato nel poema è per Ariosto una finzione letteraria consapevole, attraverso la quale gli è tuttavia possibile esaltare la varietà della natura umana. A differenza di quanto farà qualche decennio dopo lo scrittore spagnolo Cervantes, Ariosto non demolisce con la satira i modelli della letteratura cavalleresca. Preferisce piuttosto rinnovarli dall’interno, immettendo in quelle forme la nuova sensibilità del suo tempo. Attraverso l’ironia e lo straniamento del suo racconto, Ariosto usa la materia cavalleresca per parlare delle passioni e delle aspirazioni dell’uomo del Cinquecento.
Ariosto e l’Orlando Furioso Tecniche e motivi del Furioso Il canto I Sin dal chiasmo iniziale (Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori), dove si annuncia una mescolanza di temi fra il ciclo carolingio (epico-guerresco) e il ciclo bretone (amoroso-avventuroso), il poema di Ariosto delinea una moltepli-cità di temi e una realtà mutevole. Nel canto, mutano di continuo luoghi e personaggi: Angelica, l’oggetto del desiderio, cambia da donzella spaventata in Dea Natura; gli oggetti della ricerca di Rinaldo (cavallo) e di Ferraù (elmo); la foresta selvaggia che diviene oasi di pace. La trasformazione continua si basa sul meccanismo dell’attesa delusa, che coinvolge tutti i protagonisti del canto. Del resto, l’intera opera si basa sulla giustapposizione dei contrari, la cui tensione genera il movimento. Un movimento centrato sulla continua alternanza tra riposo e fuga, moto e stasi. Fra il movimento fisico e la mobilità dei caratteri psicologici dei personaggi esiste un’evidente relazione. In un mondo incerto e mutevole, l’elasticità e l’adattamento sono qualità indispensabili. Ancora poco e cadiamo nella volubilità e nel tradimento, che difatti costituisce il versante negativo dell’incostanza. Sulla dialettica FEDELTA’/TRADIMENTO sono incentrati molti episodi del Furioso. Come agisce nel Furioso il principio della varietà? Il principio di varietà interviene anche all’interno di ogni canto, sempre introdotto da un ESORDIO dell’autore e suddiviso poi in una serie di episodi. La scelta della varietà risponde alla concezione del mondo di Ariosto, che crede nella continua mutabilità della Natura e dell’uomo. Varietà non è però caos, ma allude a un disegno preciso dell’autore stesso, che svolge la funzione del signore incontrastato dell’opera (Ariosto equivale al Creatore). Cosa determina la dinamicità dell’azione narrativa nel poema di Ariosto? A determinare l’azione narrativa è il principio dinamico della inchiesta (dalla “quete” della letteratura cortese, la ricerca). Il significato profondo dell’inchiesta che muove i vari per-sonaggi è nell’avventura sentimentale e intellettuale che ognuno di loro vive. In questo senso, l’inchiesta di Orlando che ricerca prima l’amata e poi, divenuto folle per la gelosia, ricerca il senno perduto, va intesa come una forma di sperimentazione e di conoscenza. Chi si mantiene rigidamente fedele e non è flessibile con la realtà dimostra unilateralità di giudizio e quindi è l’opposto della categoria di movimento che percorre l’intero poema. Quando Orlando si mostra dogmatico nel suo amore esclusivo per Angelica si scontra con gli eventi e finisce per impazzire, dimostrando di non maturare. Invece, il fine più vero dell’inchiesta è proprio quello di conciliare la fede nei principi con la capacità di modificarsi attraverso le esperienze vissute. Il luogo privilegiato dell’inchiesta è la selva, che rappresenta il mondo governato dall’arbi-trarietà della fortuna. Rappresenta appunto l’universo aperto, mobile, dove ci si aggira alla cieca rischiando di perdere la ragione. E’ lo spazio dell’ERRORE, nel duplice senso dell’er-rare come vagare dei cavalieri, in continuo moto; e del giudizio erroneo, che scaturisce dal fraintendimento o dalla seduzione ingannevole. La tecnica del differimento Nel poema, spesso, la fine del canto non coincide con la fine di un episodio. Il testo si divide per segmenti, posti in evidenza da vari indicatori di trapasso (passaggi da canto a canto, interruzioni all’interno di uno stesso canto). E’ una tecnica che rinvia all’ENTRALECEMENT (differimento, riaggancio) che era tipico dei poemi duecenteschi.