DIARIO di Christophe Lebreton, 45 anni, monaco dal 1974, in Algeria dal 1987. Immagine dal film “Uomini di Dio”

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Transcript della presentazione:

DIARIO di Christophe Lebreton, 45 anni, monaco dal 1974, in Algeria dal 1987. Immagine dal film “Uomini di Dio”

[18.08.1993] Questo bel quaderno, lasciato sulla mia scrivania di studente il giorno di san Cristoforo, mi invita ad avvicinarmi, mi fa segno di scrivere all'interno del suo chiuso sigillo. Senza tradire il silenzio delle sue pagine. Bisogna seguire le righe ascoltare quello che dicono le parole in verticale, poi sistemare le parole come sopraggiungono e sviluppare la frase che può presto essere sollecitata e animata da un senso che la orienta e la trascina fuori della pagina verso le parole di un altro di cui sono lettore assiduo in questo luogo chiamato scriptorium. Questo grande quaderno: quale scrittura lo riempirà? Scrittura costante. Te ne prego. Trascrivere il dono giorno dopo giorno. Sei tu l'amico, sei tu che bussi e mi domandi… riparo a casa mia vuoi… raccontare una storia che mi arriva. Aprimi, dici, mia sorella amica mia mia colomba, mia perfetta. Scrivere sarà… aprirmi.

Ho aperto al mio diletto ma volgendo le spalle è scomparso Ho aperto al mio diletto ma volgendo le spalle è scomparso. Scrivere sarà cercare la scrittura è ferita di un malato d'amore. La scrittura: la mia anima scaturisce nel suo Verbo (A. Chouraqui, Ct 5,6). La scrittura è obbedienza. In questo quaderno di festa il miracolo può accadere se faccio bene ogni cosa come chiede lo sposo. Servitore, riempirò questo quaderno affinché serva a dare gioia e vita d'alleanza. Sono tenuto fermo dal segno la scrittura sarà crocifissa segnata da te, mio re, il re, è scritto. Canterò il mio poema per il re il mio parlare non sarà né acuto né brillante senza bellezza apparente le parole semplicemente ti guardano se tu vuoi, così sarà. Quaderno di preghiera iniziato questa domenica 08-08-1993, a Tibhirine.

[09. 08. 1993] Mi presenti la pagina. Come parlarti [09.08.1993] Mi presenti la pagina. Come parlarti? Un grande desiderio consuma le parole che si scrivono: vederti. Questo quaderno ti guarda. Se ci si potesse attenere all'unica cosa necessaria Scrivere solo quello che bisogna dire Obbedire a parole sconosciute oggi non chiudere il mio cuore cedere all'apertura che mi obbliga.

[10.08.1993] . La mia scrittura non aspira a nessuna sintesi suscettibile di trasmettere un messaggio, delle idee. Ho in mente piuttosto il parlare. Sono lo scriba-servitore. Obbedirò alla legge della tua bocca. Trascrivere un bacio. Che avventura. La mia scrittura ne è tutta agitata. Chi mi conduce la mano l'attira oltre le parole. Scriverò il tuo silenzio. Senza tradurre. Chi ha orecchi, intenda. Scriverò partendo dall'alto fuggendo così a ogni progetto ambizioso. Non ambisco, parlo sottovoce. Dirò ciò che di te mi arriva e si scrive in me. Questa scrittura mi stacca dal mondo. Chi mi insegnerà a scrivere sulla terra come in cielo? Questa mattina metto giù semplicemente questo: VITA. (La pagina ha tremato, pagina promessa).

[12. 08. 1993] ti amo. No, tu non mi chiedi nessuna prova [12.08.1993] ti amo. No, tu non mi chiedi nessuna prova. Tu ci credi infinitamente. Devo completare questo scritto. Convertirmi oggi a ciò che tra di noi è stato scritto: legarmi a te. Sei tu che dai forma d'amore alla mia esistenza. Un giorno mi è apparso il tuo ti amo. Non mi rassegno. Resto al bordo di questo «pozzo che nulla può esaurire» (Jean-Claude Renard). Esaurito. Un giorno di Ognissanti ho firmato sul foglio ufficiale il tuo «ti amo». Quello che accade qui è una storia nascosta, è gioco d'amore o nulla.

[15.08.1993] Introdurre nella griglia di questa pagina la donna è ciò che mi capita questo 15 agosto. E la scrittura è invitata a maggior umiltà. Non perseguire alcuno scopo. Non mirare a nulla. Soprattutto nessuno slancio poetico. Si può scrivere semplicemente in modo silenzioso conseguente al dono: la scrittura mariale è l'esistenza che corrisponde non senza angoscia, non senza dolore, alla Parola che si rifugia qui nella dimora carnale. La scrittura sarà abitata non senza qualche capovolgimento nella sintassi o nell'ortografia. La scrittura ti lascerebbe vedere te che vieni instancabile assetato amante. La scrittura: pesante come una donna incinta e dolente: in travaglio.

[18. 08. 1993] Non è affare da nulla tenere un diario. Molto preciso [18.08.1993] Non è affare da nulla tenere un diario. Molto preciso? Come fare. Vorrai tenermi la mano guidandola e proteggendola da ogni errore o portandola sulla linea diritta. Dammi il dono di scrivere giusto.

[20. 08. 1993] Dovevo fare un'omelia. Oggi l'ho fatta [20.08.1993] Dovevo fare un'omelia. Oggi l'ho fatta. Mi sento vuoto: privato del senso delle parole che ho appena pronunciato con persuasione e convinzione: «amare», «pregare». Traggono forza, luce e verità non da me, ma dal Vangelo. Ma questa sera ho perso il loro gusto. Non mi dicono nulla. Tu le hai dette. Io le intravedo sulle tue labbra. I tuoi occhi mi invitano al silenzio dove tu le formi. Starò zitto in te. Smettere per amore tuo di scrivere e partire verso l'indicibile.

[22.08.1993] Domenica Ricopio questo frammento di scrittura ritrovato ieri in mezzo ad altre carte. Avevo scritto: A forza di te corpo e sangue, grida e lacrime, mi capita di credere di nascere. Davanti: è aperto va bene. Mi resta solamente di seguirti rischiando per te. Queste parole sono vere oggi? Io vivo rischiando per te. La Donna è lei che mi trascina a questo gioco. (sera) Omicidi ad Algeri. Dopo tanti altri. Questo diario non può restare al riparo da questa violenza. Essa mi passa da parte a parte.

[23.08.1993] Lunedì. Sì. Essere il tuo corpo qui ci espone a questa violenza che per il momento non ci prende di mira. Non sarebbe meglio se uno solo si sacrificasse per questo paese? Il mio servo, dici, sarà là dove io sono. Bisogna realmente seguirti. Lunedì sera. Letto da M. Alain Couturier (La vérité blessée, p. 180): «Ciò che noi siamo, ciò che vi è di più prezioso in ciò che noi siamo, individualmente; in ciò che siamo c'è il noi più incomunicabile e non dipende da noi. Ci è dato». In questo diario le parole sono: «per offrire»?

[28.08.1993] Già, c'è in questo quaderno, dono di un giorno di festa, c'è: te. E poi: si è introdotta lei. Oh, sono molto lontano dall'essere distaccato, lontano dall'essermi dimenticato per lasciare posto, ma mi capita di scrivere senza (troppo) pensare. Scrivere per te. Vuoi insegnarmi a scrivere per te, per il servizio del tuo cuore? Mi sto inventando una missione? Lo scriba della croce è un discepolo. È un bambino. Le parole di questa infanzia: il mondo le attende. Il Mentitore le spia per divorarle, per pervertirle, appena nate. Scriverò al deserto. Difenderò la tua causa se il tuo spirito mi prende la mano: obbedirò al tuo linguaggio.

[29.08.1993] Sentendo che mi dici di prendere la mia croce, mi rendo conto che per fare ciò debbo abbandonare tutto quello che mi occupa (e che mi preoccupa), abbandonare ogni altra presa. Seguirti nella tua libertà perdutamente.

1 settembre. Unire le parole tra di loro è una vera fatica 1 settembre. Unire le parole tra di loro è una vera fatica. Mi sembra di essere stato assunto per altra cosa: per mezzo delle parole che passano attraverso me, devo unire questo mondo a te. Allora: quando dunque potrò veramente scrivere questa parola che manca tanto all'Algeria, agli uomini... MISERICORDIA?

[05.09.1993] Mi manca l'assiduità per tenere questo quaderno che in fondo ha provato la mia esistenza come una parola che sta per scrivere se stessa qui. E in questo modo raccontare te. Christian è partito e sarà assente per più di un mese, lasciandomi così in una situazione più esposta. Così ieri ho «rifiutato un permesso». Bisognerebbe che non si trattasse che di difendere la tua volontà e dunque la libertà di colui che sceglie di passare attraverso una meditazione prima di impegnarsi in un'azione. La libertà di W. fu quella di incassare e io credo di addossarmi la responsabilità.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996, sette dei nove monaci che formavano la comunità del monastero di Tibhirine, fondato nel 1938 vicino alla città di Médéa 90 km a sud di Algeri, furono rapiti da un gruppo di terroristi.

Il 21 maggio dello stesso anno, dopo inutili trattative, il sedicente « Gruppo Islamico Armato » ha annunciato la loro uccisione. Il 30 maggio furono ritrovate le loro teste, i corpi non furono mai ritrovati.

Dono dell’Algeria alla Chiesa e al mondo.