METODI 2 2005-2006.

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METODI 2 2005-2006

MODELLO DI GOODWIN Tesina di: Ermanno Longagnani Pietro Dallari Silvia Cossu Metodi matematici 2 2005-2006 Professore: Gianni Ricci

La vita Richard Murphey Goodwin - Newcastle (Indiana, USA) - nasce nel 1913 da una famiglia benestante, successivamente colpita dalla crisi del '29. È proprio l'esperienza della crisi a spingerlo ad iscriversi, nell'anno successivo, all'Università di Harvard, dove studia scienze politiche e partecipa attivamente alla vita di facoltà. Laureatosi con lode con una tesi di critica marxista, dal 1934 al 1937, continua gli studi a Oxford, dove, anche grazie alla vicinanza a Sir Roy Harrod, discepolo di Keynes, approfondisce i temi della dinamica economica. In questo periodo viaggia in Germania e in Italia, partecipa attivamente alle attività a sostegno della Repubblica spagnola e s'iscrive al Partito comunista inglese. Nel frattempo frequenta la Ruskin Art School, facendo così maturare i due grandi interessi della sua vita: pittura ed economia.

Nel 1937 sposa Jacqueline Wynmalen, di famiglia anglo-olandese, in Inghilterra per motivi di studio. Nel 1938, rientra ad Harvard, dove, allievo di grandi maestri come Leontief e Schumpeter, consegue il Master in economia. Con "Studies in Money. England and Wales, 1919 to 1938", consegue il dottorato, concludendo il lavoro di ricerca iniziato ad Oxford. Dal 1941 al 1945 insegna fisica e matematica applicata e consolida l'interesse per la formalizzazione della dinamica, che si realizza - grazie anche all'incontro con il fisico francese Le Corbeiller - nella riformulazione rigorosa della teoria del ciclo economico. Frattanto il suo rapporto di amicizia con Joseph A. Schumpeter si consolida. Il suo corso di teoria del ciclo economico è frequentato dallo stesso Schumpeter e da Haberler, mentre in tempi diversi sono suoi studenti Solow, Chenery e Ellsberg.

Alla morte di Schumpeter viene allontanato da Harvard per motivi politici e, nell'anno accademico 1950-'51, accetta l'invito di Richard Stone trasferendosi in Inghilterra al Department of Applied Economics dell'Università di Cambridge, dove rimane fino al 1980. Dal 1955 collabora con il governo indiano in materia di programmazione economica; proprio in India incontra il biologo Haldane che indirizza i suoi interessi verso le teorie biologiche delle popolazioni; da qui il famoso studio sul ciclo della crescita, presentato al congresso mondiale della Econometric Society a Roma nel 1964.

Gli anni di Cambridge trascorrono tra insegnamento (molti i suoi studenti italiani) e ricerca, in particolar modo con la partecipazione al secret seminar iniziato da Keynes e continuato da N. Kaldor e J. Robinson. Contemporaneamente si dedica alla pittura, caratterizzata da uno stile astratto e cromatico la cui evoluzione riflette le fasi della vita e gli stimoli dei suoi numerosi viaggi.

Nel novembre 1980 diventa professore ordinario di Economia Politica alla Facoltà di Scienze Economiche e Bancarie dell'Università di Siena. Qui conosce una stagione intellettuale tra le più fruttuose e ripensa i grandi temi della sua ricerca, attribuendo alla teoria della complessità un ruolo sempre più rilevante. Dipinge alternativamente in una bella casa nel Chianti - vivace cenacolo di pensiero e discussione - ed in un ritiro indiano offerto da un mecenate, amico sin dai tempi di Oxford. Un contrappunto di ispirazioni che si riflette nei contrasti cromatici e nella scelta dei materiali: rigorosamente canvas ottenuti da tessuti riciclati.

Professore emerito nel 1983, continua a partecipare attivamente alla didattica all'interno dei corsi del Dottorato di Ricerca in Economia politica. Tiene il suo ultimo ciclo di lezioni di dinamica economica nella primavera del 1995. Muore a Siena il 6 agosto 1996, generosamente ricordando la Facoltà con un lascito e donando ad essa i dipinti che ora l'adornano. È sepolto nel piccolo cimitero di San Giovanni di Pianella, vicino alla casa degli ultimi anni della sua vita. tratto da Università degli Studi di Siena, Facoltà di Economia “Richard M. Goodwin”

Il modello Goodwin sviluppò il suo modello di conflitto sociale nel 1967. Esso prevede l’interazione di due attori principali - capitalisti e lavoratori – e può essere riassunto nel modo seguente. Un elevato tasso di occupazione genera inflazione nei salari, ciò aumenta il valore del monte salari pagato ai lavoratori in rapporto al prodotto totale dell’economia. Conseguentemente si riduce la quota di profitti per i capitalisti, la loro capacità di investimento e il prodotto futuro che sarà realizzato. Questo provocherà una diminuzione della domanda di lavoro, rallenterà la crescita dei salari o addirittura ne provocherà la contrazione.

Si osserverà, quindi, una diminuzione della quota del prodotto nazionale destinata ai lavoratori e, in modo speculare, una ripresa dei profitti e degli investimenti. Ciò stimolerà la domanda di lavoro, aumenterà il potere contrattuale della classe operaia che potrà beneficiare di aumenti salariali. Al che il modello ricomincia in modo ciclico lungo il percorso appena delineato. Due sono i contributi teorici fondamentali per la costruzione del modello di Goodwin: la curva di Phillips l’approccio ciclico nella generazione del profitto di Kalecki.

1. La curva di Phillips La curva di Phillips fu proposta per la prima volta nel 1958 dall’economista inglese A. W. H. Phillips. Questi, in uno studio sull’andamento dei redditi inglesi osservati tra il 1861 e il 1957, individuò una relazione negativa tra il tasso di variazione dei salari nominali e il tasso di disoccupazione: ovvero, i salari aumentavano tanto più rapidamente quanto più basso era il tasso di disoccupazione.

Tasso di disoccupazione Tasso di variazione salari

La spiegazione data all’epoca dall’economista fu che per bassi livelli di disoccupazione si ha un eccesso di domanda di lavoro da parte dei capitalisti, dunque le imprese entrano in concorrenza ed offrono salari più elevati per attrarre mano d’opera scarsa. Viceversa, per alti livelli di disoccupazione si ha un eccesso di offerta di lavoro e la concorrenza tra lavoratori ha l’effetto di tenere basso il salario. Ciò spiega la pendenza negativa della curva di Phillips. Da notare che nel punto A il tasso di variazione dei salari è nullo e il tasso di disoccupazione è quello naturale. All’epoca la curva di Phillips fu accolta come uno strumento efficace e robusto, anche di fronte a questioni rilevanti come l’osservazione di un persistente aumento dei salari nel lungo periodo.

Secondo la più accreditata spiegazione, quella di Lipsey, la logica di ciò, a livello individuale, era che l’eccesso di domanda in una singola industria generasse inflazione dei salari per attrarre lavoratori da altre industrie. Non appena il gap fosse stato colmato, il sistema sarebbe tornato in equilibrio. Tuttavia, a livello aggregato, l’economia non ha un pool di lavoratori disponibili che possano essere inseriti secondo necessità – a meno di non considerare coloro che volontariamente non sono occupati. Dunque, l’eccesso di domanda persiste a livello aggregato e non è eliminato dal meccanismo di variazione dei salari. Al che, è legittimo chiedersi perché i salari continuino ad aumentare se è chiaro che non possono annullare l’eccesso di domanda.

La risposta si fonda sulla prospettiva individuale della singola impresa, che ha convenienza ad aumentare i salari per cercare di sottrarre manodopera agli altri operatori economici. Successivamente, autori come Samuelson e Solow affermarono che la curva di Phillips poteva essere usata per rappresentare il legame tra inflazione e disoccupazione, essendo i prezzi fissati dalle imprese strettamente legati ai salari da queste pagati. Furono Friedman e Phelps a mettere in luce come questa relazione fosse valida solo nel breve periodo mentre nel lungo le aspettative razionali degli attori economici ne minano la solidità.

E’ tuttavia indubbio che tra le ipotesi del modello di Goodwin, di poco successivo alla prima formulazione della curva di Phillips, vi sia anche una relazione inversa tra l’andamento dei salari e quello della disoccupazione. Goodwin in realtà non considerò propriamente la curva di Phillips, ma una retta che collegava i salari all’ occupazione

{ S = variazione che i lavoratori chiedono come incremento salariale + 1 { S0 S

2. L’approccio ciclico nel processo di generazione del profitto di Michal Kalecki Economista polacco, Kalecki nel 1935 presenta la prima formulazione di un modello ciclico di generazione del profitto e di allocazione degli investimenti, oggi riconosciuto come anticipatore di concetti più tardi sviluppati nel corpus macroeconomico keynesiano.

Secondo Kalecki, nelle decisioni di investimento un ruolo fondamentale è riservato al profitto: i capitalisti fanno profitti tramite lo svolgimento della loro attività economica e li reinvestono: quanto maggiori sono i profitti realizzati, tanto più alto sarà il valore degli investimenti futuri. Siano: Decisione di investimento al tempo t Capitale effettivamente installato al tempo t Arco di tempo intercorrente tra la decisione di investimento e la sua effettiva realizzazione

Dunque, il capitale effettivamente installato in un dato momento t deriva dalla decisione di investimento presa al tempo t-θ Il valore dei beni capitali non ancora consegnati in un dato momento t equivale al valore delle decisioni di investimento che sono state formulate nel periodo t-θ. Poiché l’intervallo di tempo è continuo si può scrivere Dove W(t) è il valore dei beni capitali non consegnati.

Il valore medio dei beni di investimento per unità di tempo equivale al rapporto

Poiché l’investimento può essere letto come variazione dello stock di capitale rispetto al tempo è possibile riformulare il valore medio dei beni capitali come

Secondo quest’ultima formulazione, A(t) rappresenta la spesa per investimenti al tempo t. Per ciò che concerne il reddito, Kalecki sosteneva che questo potesse essere scomposto in profitti destinati ai capitalisti e salari. Inoltre ipotizzava che i capitalisti reinvestissero tutto il profitto e che i lavoratori consumassero l’intero loro reddito. In simboli profitti quota di reddito destinata ai capitalisti reddito totale

Richiamando che Kalecki condivideva l’idea secondo cui la decisione di investire è positivamente correlata ai profitti, come già ricordato, ma negativamente legata allo stock di capitale, è possibile rappresentare la funzione di decisione di investimento come dove Φ(., .) è una funzione lineare così rappresentata

L’equilibrio del mercato richiede che in un qualsiasi momento t il prodotto totale eguagli la somma di ciò che è consumato e investito, ovvero

Inserendo quest’ultima espressione nella funzione di decisione di investimento si ottiene

Richiamando che e riportando il tutto indietro di θ periodi si ottiene: Questa equazione sintetizza il modello di Kalecki. La sua soluzione è possibile sia nella forma lineare sopra riportata sia in quella non lineare. Tuttavia, per i nostri scopi, altri sono gli aspetti su cui soffermarsi.

Si ricordi che: Il prodotto totale del sistema economico può quindi essere visto come una funzione della variazione dello stock di capitale nel tempo Sappiamo inoltre che

Normalizzando θ, il prodotto totale al tempo t può essere riscritto come funzione positiva delle decisioni di investimento formulate nel periodo precedente. Questa funzione è centrale nello sviluppo del modello ciclico di generazione del reddito e di allocazione delle decisioni di investimento.

Si immagini di disporre di uno stock iniziale di capitale K1 Si immagini di disporre di uno stock iniziale di capitale K1. Dato un livello iniziale di produzione Y1, si ottiene un profitto P1=sY1. Questi elementi, lo stock di capitale e il profitto, entrano nella funzione di decisione di investimento al tempo t=1, D1=Φ(sY1,K1). Nell’ipotesi, erronea, che il capitale non si consumi ma rimanga costante nel tempo, la funzione di decisione di investimento rimarrebbe inalterata: graficamente, all’aumentare del prodotto totale ci si sposterebbe comunque sempre sulla stessa curva di decisione di investimento.

D(t) Y(t)=fD(t-1) D(t)=Φ(sY(t),K1) D1 Y1 Y2 Y

Tuttavia il capitale non rimane costante nel tempo: è ragionevole immaginare che per un Y1 sufficientemente piccolo, il capitale diminuisca poiché non vi è un livello di investimento adeguato per rimpiazzare il capitale consumato nel processo. La contrazione del capitale da K1 a K2 provoca una traslazione verso l’alto della funzione di decisione di investimento – che è negativamente correlata alla dotazione di capitale. Questo fenomeno si ripeterà fin tanto che l’incremento nella dotazione di capitale sarà inferiore alla sua velocità di consumo: quando questi valori si eguaglieranno, il ciclo sopra esposto si invertirà, cioè si rivedranno al ribasso le decisioni di investimento o, addirittura, si procederà a destrutturazioni.

In un primo tempo la realizzazione di decisioni di investimento adottate nei periodi precedenti farà si che l’accumulazione di capitale continui ad eccedere il suo deprezzamento. Successivamente, al venire meno di commesse precedenti, la creazione di nuovo capitale sarà insufficiente per compensare il deprezzamento di quello esistente, lo stock di capitale incomincerà a diminuire e la funzione di decisione di investimento a salire nuovamente.

D(t) Y(t)=fD(t-1) D3 D2 D1 Y1 Y2 Y3 Y

Variabili del modello di Goodwin Q = reddito totale aggregato o prodotto totale aggregato N = popolazione (offerta forza lavoro) L = occupazione a = Q/L = produttività media del lavoro w = tasso salario reale k = Q/K = rapporto reddito capitale s = percentuale di profitti risparmiati S = Entità degli incrementi salariali richiesti dai lavoratori in sede di contrattazione sindacale

Tasso di occupazione Quota del reddito nazionale destinata ai lavoratori sotto forma di stipendi Remunerazione del capitale investito dai capitalisti Quota dei profitti reinvestiti dai capitalisti. Nell’ipotesi di Goodwin s è pari a 1

Ipotesi del modello di Goodwin La forza lavoro cresce a tassi costanti. Da ciò segue che Produttività media del lavoro. Anche in questo caso si assume un saggio di variazione costante. Quindi Rapporto reddito-capitale. Si presume sia costante ed esogenamente determinato. Si assume quindi che siano costanti tutti i parametri e che siano variabili solo u e v.

Alla luce di quanto detto è possibile sviluppare alcune trasformazioni Considerando i logaritmi di queste espressioni e derivandoli, si ottiene:

Concentriamoci sul saggio di variazione del reddito e dei salari Concentriamoci sul saggio di variazione del reddito e dei salari. Il primo può essere interpretato come variazione del profitti investiti dato un certo stock di capitale. Ovvero: Il secondo può essere fatto dipendere dal potere contrattuale dei lavoratori, approssimato dal tasso di disoccupazione

Fatte queste precisazioni è possibile scrivere il modello di Goodwin:

Equazioni di Lotka Volterra Rispetto al modello di Goodwin sono necessarie alcune trasformazioni delle variabili considerate. u=v; v=u m=α S=ρ n=β So=γ s=1

Queste sono le equazioni di Lotka-Volterra, sviluppate nel corso degli anni Venti separatamente da Lotka e da Volterra nell’ambito di studi di biologia matematica (scenario preda-predatore). La teoria qualitativa o topologica delle equazioni differenziali studia le proprietà della soluzione di una equazione - o di un sistema – differenziale senza la conoscenza della soluzione stessa e senza cercarla attraverso metodi quantitativi a1 ,a2 ,b1,b2 sono costanti > 0. Vengono considerati solo valori positivi di y1,y2

Si moltiplica la prima equazione per e la seconda per Si moltiplica la prima equazione per e la seconda per . Successivamente si sommano membro a membro.

Alla luce dei risultati precedenti possiamo scrivere: Questa equazione è integrabile e fornisce l’integrale univoco Dove A è una costante arbitraria.

Lo stesso risultato può ottenersi con l’uso della procedura per le curve integrali. Si elimina δt dal sistema Si separano le variabili dividendo per

Si sviluppa l’integrale

Le caratteristiche sono così determinate e ad ogni caratteristica corrisponde un valore di B. Si studia la forma della funzione

per

Si studia la forma della funzione

per

G 1 4 C 2 3 F p’ D E OK p’’

Nel II e IV quadrante sono rappresentati e . Nel III quadrante è rappresentato . Si considera un punto qualsiasi sul segmento OK, compreso tra P’ e P’’ e si individuano D, E, F, G ed 1, 2, 3, 4 nel I quadrante. A ciascun valore di B corrisponde una caratteristica. Lo stato di equilibrio è la caratteristica che coincide con il punto C detto centro .

Il senso di rotazione è antiorario: si considera il punto 2 diminuisce diminuisce

Al movimento del punto lungo la caratteristica corrisponde una oscillazione di e . Dati le condizioni iniziali risulta determinata la pendenza della retta OK e la corrispondente curva caratteristica. Un disturbo cambia la curva caratteristica, ma conserva la periodicità senza fine. Il sistema è conservativo e non lineare.

Tuttavia il modello di Goodwin così come è stato rappresentato in precedenza è non lineare. Si rendono quindi opportune alcune modifiche Si immagini un sistema economico con una data dotazione di capitale K. Questo capitale, una volta impiegato, genera un reddito Q dal quale, sottratto il monte salari wL destinato ai lavoratori, rimane la remunerazione del capitale, (1-v). La quota s che viene reinvestita contribuirà alla generazione di nuovo capitale. Quindi è valida l’uguaglianza: Richiamando che

Si possono sviluppare i seguenti passaggi Posto il primo membro uguale a zero, si ricava che E cioè che

1-v 1 v -lnv Se lo si rappresenta graficamente, il segmento (1-v) è approssimato dal logaritmo

Considerazioni speculari valgono per il segmento (1-u). Da questo si evince che il modello può essere riscritto come:

Posto

Modello Goodwin-Ricci Questo è un sistema di equazioni differenziali non omogeneo, lineare e che quindi può essere risolto. Sappiamo che sistemi di questo tipo hanno una soluzione data dalla combinazione lineare della soluzione generale del sistema omogeneo associato y(t), con una soluzione particolare del sistema non omogeneo z(t).

soluzione del sistema omogeneo associato y(t) In forma matriciale: Troviamo gli autovalori calcolando il

L’equazione caratteristica è Gli autovalori sono sono immaginari puri Sappiamo che Possiamo quindi scrivere: Gli autovalori sono:

Risolviamo il sistema: Calcoliamo gli autovettori associati per Per costruzione fatta: Inoltre perché non è una matrice nulla. Allora, la soluzione del sistema equivale a quella di una delle sue equazioni

Prendiamo la seconda: Se Si ottiene una delle possibili soluzioni del sistema dato:

risolvendo il sistema: Calcoliamo gli autovettori associati per Per costruzione fatta: Inoltre perché non è una matrice nulla. Allora, la soluzione del sistema equivale a quella di una delle sue equazioni

Prendiamo la seconda: Se Si ottiene una delle possibili soluzioni del sistema dato:

Questi due autovettori non sono reali, per costruire l’integrale generale del sistema di equazioni dato è necessario introdurre un metodo per passare da una espressione non reale ad una reale. Supponiamo di aver trovato due autovalori della matrice A del tipo: In corrispondenza dei due autovalori si trovano gli autovettori:

Le corrispondenti soluzioni del sistema di equazioni differenziali saranno: Ovvero: Consideriamo solo la prima delle due espressioni e ricordando la formula di De Moivre:

Possiamo scrivere: Abbiamo ottenuto una espressione che è formata da un coefficiente reale per un numero immaginario, se poniamo:

Si può dimostrare che queste sono soluzioni reali e linearmente indipendenti del sistema omogeneo associato riprendendo il modello di Goodwin abbiamo:

Possiamo scrivere le due soluzioni reali: sappiamo che

Soluzione particolare del sistema non omogeneo z(t) Se guardiamo alla struttura della matrice dei coefficienti possiamo vedere che essa ha la diagonale principale composta da soli zeri. Questa caratteristica è molto importante, perché se ora annulliamo le derivate prime di x1 e x2 , che significa rendere uguale a zero le variazioni delle variabili x1 e x2, troviamo quella situazione in cui al variare del tempo le due componenti x1 e x2 rimangono ferme allo stesso valore(soluzione stazionaria). In particolare se: Si trovano i punti critici del sistema

Nel nostro caso l’unico punto critico avrà queste coordinate: (1) (2) Ora essendo x1=-ln u e x2=-lnv, cambiando i segni e passando agli esponenziali ambo i membri troviamo che:

Sostituendo a x1 e x2 la (1) e la (2) troviamo che: Il punto che ha queste coordinate è un punto che si trova dentro l’area del rettangolo definito dalle rette u=1 e v=1

Tale punto critico è anche detto centro e se l’economia parte da questo punto il sistema non si sposta dall’orbita chiusa disegnata. Questo significa che l’economia ha un ciclo economico v . 1 t = 0 . G u 1

Adesso possiamo calcolare l’integrale generale: Posta la condizione iniziale e sapendo che sin0=0 e cos0=1

Ricordando che sin0=0 e cos0=1, l’integrale generale è: La soluzione trovata con la condizione iniziale è unica cioè rappresenta un solo vettore.

Alcune considerazioni: Riprendendo la formulazione del modello di Goodwin: m,n, s, S0 e k sono delle costanti e con s ed S che sono rispettivamente la propensione marginale al risparmio dei capitalisti e gli incrementi salariali richiesti dai lavoratori, variabili, che a differenza del modello originario in cui erano state fissate arbitrariamente, possono essere utilizzate dalle autorità decisionali per guidare il modello nel raggiungimento di certi obiettivi.

Inoltre abbiamo visto che annullando le derivate di x1 e x2 si determinano le coordinate del punto critico che è un centro posizionato nel quadrato 0-1 del piano (u,v) con una posizione che dipende dai valori assegnati ai parametri che intervengono nel modello. Con m,n, S0 e S costanti, il sistema dinamico sarebbe costituito da due equazioni differenziali lineari in x1 e x2 di cui abbiamo trovato la soluzione che ha il seguente andamento.

U(0) e v(0) sono le coordinate del punto di partenza e che hanno andamenti oscillanti, costanti e anticicliche l’una rispetto all’altra u, v u (0) v (0) t

Noi sappiamo che: x1=- ln u x2= -ln v Quindi parlare di x1 e x2 o di u e v è qualitativamente la stessa cosa, anche se è più semplice parlare di u e di v dato che queste variabili hanno un certo significato economico (u= tasso di occupazione; v= quota del reddito nazionale dei salariati). Abbiamo visto che risolvendo il sistema e trovando le espressioni per x1 e x2 si applica questa trasformazione in modo da esprimere la soluzione in termini di u e v.

Se si rappresentano u e v su un piano, si ottiene un punto, G, detto centro stazionario.

Non bisogna tuttavia trascurare che u e v sono variabili espresse in funzione del tempo t. Poiché l’andamento della soluzione precedentemente trovata per u e v è oscillante, costante e anticiclica, se si rappresentano sul piano i valori di u e v al variare del tempo si ottiene una curva, detta “curva integrale o di livello”. v v=1 curva integrale P G u=1 u

Le curve integrali rappresentano orbite chiuse lungo le quali si muove il sistema economico, senza possibilità che lo stesso si sposti da un’orbita all’altra. Goodwin ipotizzava cioè un andamento ciclico stazionario del sistema economico, in cui le leve che guidano l’economia sono i profitti e l’occupazione. Si consideri la seguente esemplificazione. Si immagini di partire dal punto P, in cui la maggior parte del reddito nazionale è assorbita dai lavoratori e l’occupazione è elevata. Lo sviluppo logico secondo Goodwin è una contrazione dell’occupazione – dovuta ad una insufficiente remunerazione del capitale – e un speculare incremento dei profitti. Conseguentemente, i capitalisti torneranno a investire per ampliare la dotazione di capitale consentendo al contempo una ripresa dell’occupazione a fonte della quale crescerà la quota di salari destinata ai lavoratori fino a quando l’economia tornerà nella posizione iniziale P. Il sistema economico si è quindi mosso in senso orario lungo la stessa curva integrale.

Una implicazione teorica rilevante è che, alla luce di una tale impostazione, il conflitto di classe appare ineliminabile. Si noti, inoltre, che quanto detto è paragonabile a un modello “preda-predatore” dove l’occupazione è preda: se questa sparisce, la quota di reddito destinata ai salari - il predatore - non ha ragione di esistere, cioè muore. Viceversa se il predatore scompare, l’occupazione cresce illimitatamente. Rispetto a queste conclusioni sembra tuttavia ragionevole chiedersi se non sia possibile stabilizzare l’andamento delle variabili u e v su valori medi per entrambe. Questo esito pare anzitutto preferibile per gli attori stessi, rispetto ad una situazione di continua ciclicità, ossia alternanza di situazioni vantaggiose e svantaggiose per gli uni o per gli altri; nonché più verosimile, in quanto sarebbero abbandonate le ipotesi di permanenza sulla stessa curva integrale e di dipendenza del sistema economico dalla situazione iniziale dello stesso

Per fare questo, si è scelto di trasformare s (saggio di profitti reinvestiti nel sistema) e S (entità degli aumenti salariali) in variabili, mentre fino ad ora, è bene ricordarlo, sono stati considerati parametri dati. In altre parole, si ipotizza che i capitalisti possano intervenire sul sistema economico stabilendo quanta parte dei profitti reinvestire mentre l’entità degli incrementi salariali rappresenta la variabile strumentale dei lavoratori. In simboli, indicando con 1 i lavoratori, con 2 i capitalisti e con u le variabili strumentali

Appare tuttavia chiaro che capitalisti e lavoratori non sono d’accordo sull’equilibrio finale del sistema economico. I primi avranno interesse a che si collochi in prossimità di G’, dove i profitti sono massimizzati e l’occupazione contenuta. Viceversa, i lavoratori propendono per G’’ v v=1 G’’ G G’ u u=1

Si delinea, quindi, l’opportunità di procedere nello sviluppo del modello servendosi degli strumenti messi a disposizione dalla teoria dei giochi. Capitalisti e lavoratori – considerati secondo la dottrina marxista come due gruppi distinti, omogenei, ciascuno con un proprio profilo – rappresentano i giocatori. Ovviamente, alla luce di quanto affermato nella slide precedente, il gioco si configura come non cooperativo. E’ possibile costruire le funzioni obiettivo – o funzioni delle perdite – dei due giocatori, basate sulla distanza tra la posizione di G che si ottiene dall’andamento del sistema dinamico e quella desiderata dal giocatore, più il peso che questi attribuisce allo stato finale:

valori di s e S desiderati dai lavoratori valori di s e S desiderati dai capitalisti importanza che 1° e 2° giocatore attribuiscono allo stato finale

La dinamica del sistema è rappresentata da Ora, però, s e S non sono più parametri ma variabili, quindi le condizioni iniziali, note:

In questo modo il modello di Goodwin può essere sviluppato come un gioco non cooperativo in cui ciascun giocatore cerca di minimizzare la sua funzione delle perdite. Si definiscono le Hamiltoniane dei due giocatori:

Come stabilito dal principio del minimo di Pontryagin si deriva l’Hamiltoniana di ciascun giocatore rispetto alla sua variabile strategica e la si eguaglia a zero: Ora si ricavano i valori delle variabili di controllo ottimo:

Per stabilire se si tratta di punti di massimo o di minimo si calcola la derivata seconda delle Hamiltoniane rispetto alle variabili strategiche: Poiché in entrambi casi si tratta di valori positivi, se ne deduce che i valori trovati per le variabili di controllo ottimo sono punti di minimo. Procedendo nello sviluppo del principio del minimo di Pontryagin si scrive l’equazione canonica Hamiltoniana come:

Per ottenere informazioni più dettagliate circa le strategie dei giocatori nel tempo, si immagini di portare il tempo a più infinito. Così facendo si ottiene un unico extremal steady state (ESS), che è soluzione stazionaria dell’equazione canonica Hamiltoniana. Per fare questo è necessario dapprima riorganizzare le variabili aggiuntive sostituendo in ciascuna espressione i valori delle variabili di controllo ottimale. Successivamente, si pongono uguali a zero le derivate della variabili aggiuntive e di quelle di stato e si ricavano le corrispondenti strategie di controllo ottimale.

Alla luce della definizione di extremal steady state, ovvero di punto di equilibrio stazionario per le variabili di stato e aggiuntive, si pongono uguali a zero le derivate rispetto al tempo.

Dato si ha

Dato si ottiene

Le corrispondenti strategie di controllo ottimo sono quindi Si nota che la strategia di ciascun giocatore coincide con lo stato di equilibrio desiderato: infatti richiamando quanto detto in precedenza, rappresenta il valore di S desiderato dai lavoratori e il valore di s desiderato dai capitalisti.

Le coordinate del punto di equilibrio con t che tende a infinito, sono così determinate in parte dai lavoratori e in parte dai capitalisti, ciascuno dei quali interviene sulla variabile sotto il suo controllo – rispettivamente S e s – in modo tale da essere parzialmente soddisfatto dell’equilibrio ottenuto. v G’’ G’ u

Si può dimostrare che l’equilibrio ottenuto in G Si può dimostrare che l’equilibrio ottenuto in G* non è globalmente e asintoticamente stabile: risulta quindi razionale che il sistema si porti in G*, ma le fluttuazioni dello stesso non saranno annullate, bensì continueranno in un intorno di G*. Infatti il sistema ottenuto sostituendo le strategie ottime alle variabili strategiche dei due giocatori è lineare e la traccia della matrice dei coefficienti è nulla. La dinamica del sistema, anche riformulato con le strategie ottime, conserva quindi le caratteristiche del modello originale: oscillante, costante e anticiclica. La lotta tra classi non sarà dunque eliminata, ma continuerà in un intorno di G*.