Albero Genealogico Di Paganelli Alberto
Bisnonno Paioli Gino Prima guerra mondiale Nel primo anno di guerra l’Italia rimase neutrale. La Triplice alleanza con Austria e Germania, aveva un contenuto esclusivamente difensivo, mentre in questo caso era stata l’Austria a dichiarare guerra alla Serbia. Solo nel Maggio del 1915 l’Italia decise di entrare in guerra al fianco dei paesi dell’Intesa, con l’obbiettivo di ottenere le terre ancora “irredente”, cioè tuttora soggette all’Austria: il Trentino e l’Alto Adige sino il confine con il Brennero, Trieste e la Venezia Giulia.
Bisnonna Galli Adelia Prima guerra mondiale La decisione di entrare in guerra maturò un clima reso infuocato dal confronto fra interventisti e neutralisti. Fra i primi, vi era chi vedeva nella guerra l’unico mezzo per completare l’opera risorgimentale, chi sperava che la guerra rappresentasse la crisi del capitalismo e la premessa dalle “miserie” della democrazia parlamentare e del trasformismo. I neutralisti liberali giolittiani, cattolici e socialisti nonostante rappresentassero la maggioranza del popolo italiano, vennero sopraffatti dall’aggressiva propaganda intervista, soprattutto da quella matrice nazionalista.
Bisnonno Paganelli Pietro Prima guerra mondiale Decisiva fu tuttavia la posizione del re e del governo, schierati a favore dell’intervento militare, sulla stessa linea di maggiori gruppi economici, soprattutto dell’industria pesante. Con il patto di Londra (Aprile 1915) il governo italiano, all’oscuro del parlamento, impegnò il paese a combattere con l’intesa in cambio di riconoscimenti territoriali, quindi, sull’onda, di imponenti manifestazioni nazionaliste pro-interventiste e di minacce ai neutralisti, ottenne dal parlamento l’approvazione dell’entrata in guerra (Maggio 1915).
Bisnonna Cavani Lucia Società industriale e crisi di massa Gli anni venti e trenta, sulla spinta dell’impulso dato dal conflitto alla produzione e alla manifestazione tecnologica, videro la prima affermazione della società industriale di massa. Nell’officine s’impose l’organizzazione scientifica del lavoro, basata sulla divisione rigida delle mansioni e sul lavoro seriale, reso possibile dalla catena di montaggio, utilizzata specialmente nell’industria dell’auto. Alla trasformazione del lavoro operaio si affiancò l’espansione del certo medio impiegatizio, dei cosiddetti “colletti bianchi”.
Bisnonna Uguzzoni Irene I costi della guerra La guerra ebbe per l’Italia costi umani ed economici enormi: più di un milione tra morti e feriti: una situazione economico-finanziaria compromessa a causa delle spese militari: sostenute ricorrendo in prevalenza al debito pubblico e alla svalutazione della moneta; un apparato industriale che si era si sviluppato grazie alle commesse militari, ma che ora doveva affrontare anche i problemi della riconversione all’industria di pace e di un’elevata disoccupazione.
Le difficili condizioni economiche aprirono una fase di acute lotte sociali. L’ondata di scioperi che investì le fabbriche e le campagne nel ottenne importanti risultati coinvolgendo milioni di lavoratori, trovando nel Governo un interlocutore politico disponibile. Il disagio sociale non rimase però circoscritto ai ceti popolari, ma riguardò anche il ceto medio, colpito dall’inflazione, più debole dal punto di vista sindacale e animato da un forte risentimento per le difficoltà a reinserirsi nella vita civile.
Bisnonna Paolina Ruggieri Nel Marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano i Fasci di combattimento, con un programma in apparenza repubblicano e ultrademocratico, ma nella realtà caratterizzato da uno spirito antiparlamentare, antidemocratico e antisocialista. Il movimento fascista, si diffuse nella forma dello squadrismo, cioè delle squadre di camicie nere utilizzate dagli agrari, soprattutto nella pianura padana e in Puglia, per stroncare con la forza il movimento contadino. Lo squadrismo, ampiamente tollerato dalle forze di polizia e dai pubblici poteri, fu utilizzato come ama pressione politica da Mussolini, che contemporaneamente si proponeva al paese come “uomo d’ordine attraverso il Partito nazionale fascista, con un programma conservatore e nazionalista.
Nel il fascismo guadagnò consensi presso i ceti medi e la borghesia urbana e rurale. Nella classe dirigente liberale maturò l’idea di un alleanza con il fascismo per risolvere la crisi politica del paese e per sconfiggere le sinistre, nell’entrata convinzione che sarebbe stato poi possibile emarginare Mussolini o ricomprenderlo nel sistema delle istituzioni parlamentari. L’ascesa del fascismo venne inoltre facilitata dalle divisioni interne al partito socialista, che si scisse due volte, la prima a sinistra con la nascita Partito comunista d’Italia, la seconda a destra con il Partito socialista unitario.
Bisnonno Peppino Maestri La marcia su Roma Nell’Ottobre 1922 Mussolini impresse una forte accelerazione alla crisi politica, organizzando una sorta di colpo di stato, la marcia su Roma, per forzare il sovrano ad affidargli il governo. L’atteggiamento di Vittorio Emanuele III, che non ordinò all’esercito d’intervenire, spianò la strada all’avvento del fascismo Mussolini, nominato presidente del consiglio, prese così legalmente un potere che avrebbe mantenuto dispoticamente fino al 1943.