La Povertà LEZIONE 1.

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La Povertà LEZIONE 1

La Povertà L’analisi economica della povertà riprende diversi concetti discussi nello studio della disuguaglianza; Il problema della povertà si distingue da quello della disuguaglianza poichè presuppone l’identificazione dei soggetti da considerare poveri; L’identificazione dei soggetti poveri o delle famiglie povere è definita rispetto ad una soglia di povertà.

Definizione È definita povera una famiglia il cui reddito (o la cui spesa per i consumi) è inferiore o uguale alla soglia di povertà; La soglia di povertà può essere definita rispetto ai redditi (o alla spesa per i consumi) secondo diverse modalità; Esistono due criteri principali per definire la soglia: Assoluto Relativo

Criteri di classificazione Criterio assoluto: La soglia è definita rispetto ad un paniere minimo di beni sufficiente ad assicurare la sopravvivenza della famiglia; La povertà in termini assoluti è definita come l’incapacità ad acquistare tale paniere. Criterio relativo: La soglia è definita in relazione allo standard di vita medio della comunità di riferimento; Di norma lo standard di vita medio è fatto coincidere con il valore medio (o mediano) dei redditi familiari;

La povertà assoluta (1/3) Il concetto si basa sull’idea che sia possibile determinare un paniere di beni e servizi primari il cui consumo è necessario per non vivere in uno stato di privazone; Il budget standard approach, si ispira al metodo dei minimi calorici, e permette di esprimere il livello assoluto di spesa necessario ad acquisire il paniere; Il mancato raggiungimento del livello di spesa prefissato indica una condizione di povertà assoluta

La povertà assoluta (2/3) In un dato contesto occorre definire i bisogni di base che una persona deve soddisfare per vivere in modo decoroso; Tale approccio dà luogo a due ordini di problemi: Le valutazioni degli esperti che consentono di determinare la soglia non sono mai totalmente oggettivi; La povertà assoluta, per come è definita la soglia, tende a ridursi nel tempo in presenza di reddito reale pro-capite e spesa per consumi crescenti.

La povertà assoluta (3/3) Il metodo rimane tuttavia valido poiché permette: nei paesi sviluppati, di individuare le famiglie che hanno difficoltà a raggiungere gli standard minimi vitali; nei paesi in via di sviluppo, dati i bassi livelli di vita prevalenti, è ancora oggi il miglior modo di valutare la povertà.

La povertà relativa (1/2) La povertà misurata in senso relativo permette di tener conto dell’evoluzione delle norme e dei costumi sociali di una collettività; La povertà è da considerarsi un fatto relativo. La soglia di povertà è correlata ad una misura media o mediana della spesa o del reddito individuale o familiare; Nell’accezione relativa, è povero colui che possiede risorse inferiori a quelle possedute in media dagli altri membri della società in cui vive.

La povertà relativa (2/2) Questo approccio presenta diversi punti deboli: la povertà relativa non cambia se i redditi di tutti gli individui si muovono della stessa percentuale; la povertà relativa può avere andamento pro-ciclico; il concetto di povertà relativa tende a confondersi con quello di disuguaglianza.

Un criterio alternativo: la povertà soggettiva Le linee di povertà elaborate con il metodo soggettivo (consensual poverty lines), sono fissate a quel livello di reddito che viene ritenuto dalla famiglie necessario a garantire uno standard minimo di benessere; Questo approccio offre, tra l’altro, un criterio alternativo a quello econometrico per il calcolo delle scale di equivalenza.

Metodologie a confronto (1/2) Le metodologie utilizzate per determinare le soglie di povertà si differenziano per variabile economica di riferimento, unità di analisi, indice di posizione, scala di equivalenza: ISTAT: indagine sui consumi, famiglie, media, scala Carbonaro basata sulla legge di Engel; EUROSTAT: indagine sui redditi, individuo; mediana, scala OCSE modificata;

Metodologie a confronto (2/2) Il criterio ISTAT (analisi sulle famiglie) può prevedere l’utilizzo di: linea di povertà unica, con cui si confronta il reddito familiare equivalente; tante linee di povertà quante sono le dimensioni delle famiglie, a cui si confrontano i redditi familiari correnti; Il criterio EUROSTAT (analisi sugli individui) prevede un’unica linea di povertà con cui confrontare il reddito familiare equivalente di ciascun individuo.

Definizione delle soglie di povertà La soglia di povertà per la famiglia di riferimento, di norma quella di 2 individui, (in base al criterio dell’International Standard of Poverty Line) è fissata al livello della spesa mensile pro capite del complesso delle famiglie incluse nella popolazione; La costruzione delle soglie di povertà per famiglie di ampiezza diversa, prevede l’utilizzo di specifiche scale di equivalenza.

Scale di Equivalenza (1/3) Le scale di equivalenza permettono di rendere comparabili i redditi di famiglie di struttura diversa, associando a ciascuna tipologia familiare un numero di componenti equivalenti; In alternativa sono utilizzate per costruire soglie di povertà per famiglie di ampiezza diversa da quella di riferimento; Il rapporto tra reddito familiare e il coefficiente di scala determina il reddito equivalente; Le scale di equivalenza si dividono in: econometriche, soggettive, desunte da minimi nutrizionali, pragmatiche, implicite nei programmi di assistenza sociale;

Scale di Equivalenza (2/3) Econometriche: sono scale stimate su dati campionari sulla base di modelli teorici fondati sulla teoria microeconomica del consumatore; Soggettive: si desumono da indagini in cui alle famiglie viene richiesto di valutare a quale livello di reddito corrisponde un tenore di vita basso, medio o elevato; Minimi Nutrizionali: si basano su specifici panieri di consumo che permetterebbero a famiglie di diversa composizione di conseguire lo stesso benessere;

Scale di Equivalenza (3/3) Pragmatiche: sono costruite secondo semplici schemi di calcolo, e sono utilizzate per fini comparativi; Implicite nei Programmi di Assistenza Sociale: sono previste da enti locali o centrali per differenziare tra famiglie di diversa composizione la possibilità di accesso ai servizi sociali (in Italia si utilizza la scala ISE);

Scala alla Engel (1/3) Tra le scale econometriche, la più utilizzata è quella fondata sulla legge di Engel; Le legge di Engel stabilisce che la funzione della spesa totale destinata alle necessità primarie si riduce al crescere del reddito delle famiglie per via degli effetti delle economie di scala; Una scala di equivalenza basata sulla Legge di Engel è quella stimata da Carbonaro (1985) e tuttora utilizzata dall’ISTAT per calcolare la povertà in Italia;

Scala alla Engel (2/3) Nei dettagli si assume che il rapporto tra consumi alimentari (A) e spesa totale (S) sia l’indicatore del tenore delle famiglie; Per A/S costante è possibile determinare il coefficiente delle economie di scala (e); e misura la variazione relativa della spesa totale necessaria affinché, data una variazione relativa unitaria del numero dei componenti della famiglia (N), il tenore di vita della famiglia resti costante.

Scala alla Engel (3/3) Tre sono i casi possibili: e < 1 → S aumenta meno che proporzionalmente rispetto all’aumento di N (economie di scala); e = 1 → S aumenta proporzionalmente rispetto all’aumento di N; e > 1 → S aumenta più che proporzionalmente rispetto all’aumento di N (diseconomie di scala).

La scala di equivalenza Carbonaro (1/2) In genere risulta e < 1, poiché molte spese familiari riguardano il consumo di beni o servizi che vengono utilizzati congiuntamente (ad esempio le spese per l’abitazione), permettendo di realizzare economie di scala; Carbonaro (1985), nell’ambito degli studi della Commissione d’Indagine sulla Povertà, ha stimato: e = 0.667 ; L’ISTAT utilizza tale valore per determinare i coefficienti di scala che permettono a loro volta di costruire le soglie di povertà per ogni possibile ampiezza familiare;

La scala di equivalenza Carbonaro (2/2) Definita la soglia di povertà per la famiglia di riferimento è possibile determinare le soglie di povertà per le famiglie di diversa ampiezza, applicando un certo coefficiente (c): Esempio (coefficiente per famiglia di 3 persone)

Scale di equivalenza pragmatiche Esistono criteri alternativi per determinare gli indici di povertà; In questo caso le famiglie sono comparate determinando il reddito equivalente, ottenuto rapportando il reddito familiare ad un coefficiente di equivalenza; La soglia di povertà è definita direttamente sui redditi equivalenti familiari, ed in genere è fissata ad un livello pari al 50% o al 60% del reddito equivalente medio (o mediano).

Scale OCSE Le scale OCSE assegnano pesi diversi al capofamiglia, agli altri adulti e ai minori di 14 anni. Il reddito equivalente si ottiene: si distinguono la scala OCSE e OCSE modificata: ae1 = 1 + 0,7*(adulti – 1) + 0,5*(minori di 14 anni) ae2 = 1 + 0,5*(adulti – 1) + 0,3*(minori di 14 anni) LP=0,6*mediana(Yeq)

Scala di Buhmann et al. La scala di Buhmann et al. (1988) sintetizza in un unico parametro scale diverse. Il reddito equivalente è determinato come segue: dove 0≤ θ ≤ 1. Molto diffusa è la scala che assume θ = 0,5 (Atkinson et al.) LP=0,5*media(Yeq)

Misure di povertà: proprietà desiderabili (1/3) Identificazione: la misura di povertà deve essere invariante rispetto a una redistribuzione monetaria fra soggetti che sono al di sopra della soglia e che vi rimangono anche dopo il trasferimento; Monotonicità: il livello di povertà di una distribuzione deve necessariamente aumentare se diminuisce il reddito di uno qualunque dei soggetti classificati come poveri;

Misure di povertà: proprietà desiderabili (2/3) Simmetria: il valore assunto dall’indice deve essere invariante rispetto a qualsiasi permutazione del generico vettore dei redditi, che non ne modifichi la distribuzione di frequenza; Indipendenza della popolazione: se la distribuzione dei redditi x è ottenuta replicando la distribuzione y, y ed x presentano lo stesso livello di povertà;

Misure di povertà: proprietà desiderabili (3/3) Principio del trasferimento: la povertà aumenta a seguito di un trasferimento di reddito da un soggetto povero ad un qualsiasi altro individuo con reddito superiore;

Indice di diffusione q = numero di famiglie povere, N = numero di famiglie nella popolazione; Non misura l’intensità del fenomeno; Soddisfa gli assiomi di identificazione, di simmetria e di indipendenza. Non soddisfa il principio di monotonicità, poiché la riduzione del reddito di un individuo povero non muta la diffusione della povertà. Non soddisfa il principio dei trasferimenti.

Indice d’intensità gi indica il divario tra la soglia di povertà e il reddito dell’iima famiglia povera (poverty gap); I = 0 se tutti Yipov = LP I = 1 se tutti Yipov = 0 Il principio di monotonicità è soddisfatto, ma non è possibile registrare variazioni nel numero di poveri. Sono rispettati gli assiomi di identificazione, di simmetria e di indipendenza; Il principio dei trasferimenti non è in genere soddisfatto, l’indice è insensibile ai mutamenti nella distribuzione del reddito.

Indice di Sen L’indice di Sen, basato su 3 assiomi (dei pesi, del benessere monotonico e del valore normalizzato dell’indice di povertà), sintetizza le informazioni su diffusione, intensità e distribuzione del reddito tra gli individui poveri; Soddisfa i principi di monotonicità e dei trasferimenti, è funzione crescente di H, I e Gp (indice di Gini tra i poveri); A valori più alti dell’indice corrisponde un più alto grado di povertà e viceversa.

Esercizi: Metodo ISTAT (1/7) Consideriamo 10 famiglie di 2 componenti ciascuna che dispongono dei seguenti redditi: y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 2 3 10 21 25 40 49 70 80 100 Soglia di povertà per famiglia di riferimento = spesa media pro-capite, quindi LP = 20 Famiglie povere e poverty gap: F1 → g1 = 18, F2 → g2 = 17 F3 → g3 = 10

Esercizi: Metodo ISTAT (2/7) Indici:

Esercizi: Metodo ISTAT (3/7) Si opera un trasferimento progressivo da F4 ad F2 per un ammontare pari a 3 unità di reddito. La nuova distribuzione dei redditi è la seguente: y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 2 6 10 18 25 40 49 70 80 100 Famiglie povere e poverty gap: F1 → g1 = 18 F2 → g2 = 14 F3 → g3 = 10 F4 → g4 = 2

Esercizi: Metodo ISTAT (4/7) Indici:

Esercizi: Metodo ISTAT (5/7) Si opera un trasferimento progressivo da F5 ad F1 per un ammontare pari a 10 unità di reddito. La nuova distribuzione dei redditi è la seguente: y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 3 10 12 15 21 40 49 70 80 100 Famiglie povere e poverty gap: F1 → g1 = 17 F2 → g2 = 10 F3 → g3 = 8 F4 → g4 = 5

Esercizi: Metodo ISTAT (6/7) Indici:

Esercizi: Metodo ISTAT (7/7) Riassumendo: D1 D2 D3 H 30 40 40 I 75 55 50

La Povertà LEZIONE 2

La linea di povertà relativa in Italia: La linea di povertà ufficiale per l’Italia segue il criterio relativo ed è fissata secondo gli standard internazionali; In base a tale criterio è considerata povera ogni famiglia di due persone il cui consumo è inferiore al consumo medio pro capite; L’estensione alle altre ampiezze familiari si ottiene applicando le scale di equivalenza in modo da ottenere le linee di povertà relative alle varie ampiezze;

La povertà relativa in Italia nel 2006 Indagine ISTAT sulla spesa per i consumi: Soglia di povertà: per una famiglia di 2 componenti è rappresentata dalla spesa media mensile pro-capite, ed è pari, nel 2006, a 970,34 €; Le famiglie di 2 componenti con una spesa mensile inferiore o uguale a tale soglia sono classificate come povere. Per le famiglie di diversa ampiezza, le linee di povertà sono ottenute applicando la scala di equivalenza Carbonaro.

La Povertà in Italia nel 2006: Linee di Povertà

Diffusione della povertà Famiglie povere: 2.623.000 (pari al 11,1%) Individui poveri: 7.537.000 (pari al 12,9%) In particolare, per ripartizione geografica: Nord: 595.000 (pari al 5,2%) Centro: 315.000 (pari al 6.9%) Sud: 1.713.000 (pari al 22,6%)

Trend 1997-2006

Considerazioni generali L’incidenza della povertà è rimasta costante all’11,1% tra 2005 e 2006. La povertà relativa si è ridotta nelle regioni meridionali, ma è aumentata nel Nord e nel Centro Italia; Nel Mezzogiorno l’incidenza rimane su livelli notevolmente più elevati rispetto alle altre aree del paese; L’intensità della povertà è diminuita leggermente dal 21,3% al 20,8%.

Ampiezza familiare e tipologia familiare Le famiglie numerose (5 o + componenti), presentano ovunque livelli di povertà elevati: Italia: 24,3%, Nord: 8,1%, Centro: 15,4%, Sud: 37,5% Sono particolarmente colpite le famiglie con almeno tre minorenni nel nucleo familiare (30,2% a livello nazionale); Anche tra gli anziani il tasso di povertà è leggermente superiore alla media; Livelli di povertà superiori alla media si riscontrano per le famiglie monogenitori (13,8%), mentre sotto la media si collocano le famiglie costituite da coppie di non anziani (4.9%) e i single (3.3%).

Genere e titolo di studio Non emergono grandi differenze in termini di povertà in relazione al sesso del capofamiglia (11,2% per CF uomo, 11,0% per CF donne); Il titolo di studio determina invece diversi tassi di povertà: Nessun titolo – elementare: 17,9% Media inferiore:12,2% Media superiore e oltre: 5,0%

Mercato del lavoro La condizione professionale della persona di riferimento del nucleo familiare incide in modo notevole sulla povertà della famiglia: Dipendente: 9,3% Autonomo: 7,5% In cerca di occupazione: 28,2% Ritirato dal lavoro: 12,2%

Rischio di povertà e “appena povertà” La classificazione delle famiglie povere può essere più articolata definendo quattro soglie aggiuntive: 80% LP = 776,27 €, 90% LP = 873,31 €, 110% LP = 1067,37 € 120% LP= 1164.41 €; In questo modo le famiglie sono classificabili come: Sicuramente povere: 4,8% (<80% LP) Appena povere: 6,3% (80%-100% LP) Quasi povere: 8,1% (100%-120% LP) Sicuramente non povere: 80,8% (>120% LP)

Povertà relativa e ciclo economico Una riduzione dell’indice di povertà non sempre è indicativo di una miglior condizione di vita: Anno t: y1 y2 y3 y4 y5 y6 y7 y8 y9 y10 2 4 11 19 25 40 49 70 80 100 LP = 20, H = 40% Anno t + 1: 0 2 8 18 20 33 42 63 78 94 LP = 17.9, H = 30%

La povertà in Italia: uno studio sui consumi Autore: Gorrieri; Dati: ISTAT 1985 – 1987; Gorrieri seguì in parte le modalità impostate dalla Commissione d’Indagine sulla Povertà, che individuò un totale di 40 tipologie familiari (di cui solo 13 effettivamente utilizzate nello studio); Furono determinate 3 soglie di povertà (SP1 – miseria, SP2 – povertà, SP3 – quasi povertà) ed individuate altre 7 classi di spesa, allo scopo di distribuire le famiglie in classi in grado di dare l’idea della disuguaglianza nei consumi.

Le classi di spesa Le classi di spesa sono: Miseria fino al 35% della spesa media Povertà 35% - 44% Quasi povertà 44% - 53% Disagio economico 53% - 60% Quasi disagio 60% - 70% Condizione modesta 70% - 90% Situazione media 90% - 110% Benessere 110% - 150% Benessere elevato 150% - 200% Ricchezza oltre 200%

I risultati principali In merito alla suddivisione della popolazione in fasce di spesa, sono emersi i seguenti risultati: 1985 1987 Fascia Inferiore (fino al 70%): 37.9% 40.5% Fascia Intermedia (70% - 150%): 47.0% 44.0% Fascia Superiore (oltre 150%): 15.1% 15.5% Emerge, quindi, una dinamica di accrescimento della disuguaglianza tra le famiglie in termini di distribuzione in classi di spesa.

Luxembourg Income Study (1/3) Recentemente, gli studi su povertà e disuguaglianza nei paesi ricchi hanno fatto ricorso ai dati del “Luxembourg Income Study” (LIS); Il LIS è una banca dati che raccoglie e cerca di rendere comparabili le più importanti indagini campionarie sulla distribuzione del reddito di numerosi paesi ricchi; In tema di povertà il LIS fornisce l’evoluzione e i più recenti tassi di diffusione.

Luxembourg Income Study (2/3) La linea di povertà è data dal 60% della mediana della distribuzione indivduale dei redditi familiari disponibili equivalenti; La scala di equivalenza utilizzata è quella di Buhmann et al. secondo la specificazione di Atkinson et al.; L’unità di analisi è l’individuo, mentre il benessere economico è valutato a livello familiare.

Luxembourg Income Study (3/3) I dati più recenti mostrano che i paesi scandinavi presentano bassi livelli di povertà (Svezia, 12.3%, Finlandia, 12.4%), mentre quelli anglosassoni elevati livelli di povertà (UK, 21.3%, US, 23.8%); I dati mostrano anche che nel corso degli anni ’80-90 la povertà è generalmente aumentata, soprattutto tra i minori; Il LIS ha calcolato che in Italia il tasso di diffusione è aumentato da 17.4% (1986) a 19.9% (2000). Tra i minori la diffusione è aumentata, nello stesso periodo, del 7.5%

L’indagine Banca d’Italia (1/3 ) L’indagine di Banca d’Italia è l’unica a permettere lo studio dell’evoluzione della povertà in Italia in base al reddito (periodo 1977-2002); Il reddito delle famiglie è dato dalla somma di tutte le fonti di reddito al netto delle imposte, ed è reso equivalente utilizzando la scala ISE (N^0.65); Ad ogni individuo è attribuito il reddito familiare equivalente corrispondente.

L’indagine Banca d’Italia (2/3 ) L’andamento della diffusione della povertà è simile a quello della disuguaglianza; In leggera discesa nella prima metà degli anni ’80, in sostanziale crescita nei primi anni ’90 (crisi economica), piuttosto stabile negli anni successivi; L’andamento è diseguale rispetto alle classi di età. La situazione è migliorata per gli over 64 e peggiorata per gli under 18.

L’indagine Banca d’Italia (3/3 ) La povertà relativa tra la fine degli anni ’70 e i primi anni del nuovo secolo: è peggiorata tra i lavoratori ed è migliorata tra i pensionati; è migliorata nel Centro-Nord e peggiorata al Sud; relativamente peggiorata per individui con istruzione medio-alta; peggiorata per nuclei familiari medio-grandi, migliorata per nuclei ristretti.

La povertà nei paesi in via di sviluppo La comparazione degli indici di povertà a livello internazionale da luogo a problemi di ordine pratico e concettuale; Paesi differenti hanno diverse definizioni di povertà e, soprattutto, un diverso standard di vita; È quindi necessario definire un criterio che renda possibile il confronto; In questo senso la Banca Mondiale (BM), utilizzando il criterio di classificazione assoluto, ha definito delle soglie di povertà internazionali.

BM: soglie di povertà internazionali (1/2) Per determinare le soglie di povertà è necessario fissare un paniere di beni sufficiente a garantire la sussistenza, e darne una valutazione monetaria sulla base dei prezzi internazionali (criterio assoluto); La BM, nel 1985, ha così definito due soglie di povertà: 1 dollaro al giorno (povertà estrema) 2 dollari al giorno Tali soglie sono state rivalutate ai prezzi del 1993: 1,08 dollari al giorno (povertà estrema) 2,15 dollari al giorno

BM: soglie di povertà internazionali (2/2) L’effettiva comparazione dei diversi tassi di povertà, può avvenire solo dopo aver adattato le soglie internazionali ai prezzi correnti nei vari paesi; Questo passaggio avviene utilizzando la Parità di Potere d’Acquisto (PPP’s – purchasing power parities); Un ultima distinzione avviene rispetto all’area di residenza (rurale o urbana) della popolazione. In questo senso vengono determinate due diverse soglie di povertà

BM: popolazione in povertà estrema (1/2)

BM: popolazione in povertà estrema (2/2) Brasile (1998): 11,6% Repubblica Centro Africana (1993): 66,6% Cina (1999): 18,8% Repubblica Ceca (1996): < 2% India (1997): 44,2% Mali (1994): 72,8% Nigeria (1997): 70,2% Federazione Russa (1998): 7,1% Sud Africa (1993): 11,5% Yemen (1998): 15,7% Zambia (1998): 63,7%

Studi alternativi sulla povertà nel mondo Oltre alle stime della BM, altri studi hanno cercato di analizzare la disuguaglianza e la povertà nel mondo. Tra questi, si distinguono gli approcci basati su: redditi medi pro-capite non pesati rispetto alla popolazione dei diversi paesi; redditi medi pro-capite pesati rispetto alla popolazione dei diversi paesi; indagini campionarie. I redditi di paesi diversi sono comparati utilizzando coefficienti che permettono di ottenere il PPP.

Redditi medi pro-capite non pesati Lo scopo è capire se è in atto o è avvenuta una convergenza tra le condizioni economiche tra i vari paesi; L’unità di analisi è il singolo paese; I limiti di queste analisi sono: il mancato utilizzo di pesi per la popolazione; il trascurare la componente interna ai singoli paesi (within) nella disuguaglianza tra i redditi

Redditi medi pro-capite pesati Il metodo è simile al precedente, e mantiene il limite di tener conto solo della disuguaglianza tra i vari paesi (between); In questo caso tuttavia si tiene in considerazione del diverso peso dei vari paesi in base alla loro popolazione.

Indagini campionarie Permette di studiare in modo completo la povertà e la disuguaglianza nel mondo e tiene conto della disuguaglianza all’interno di ogni singolo paese (within); Si distinguono 2 metodi di analisi che utilizzano: le surveys campionarie per ottenere informazioni sulla distribuzione relativa del reddito, ma i livelli di reddito sono imputati sulla base della contabilità nazionale (Bourguignon e Morrison, 2002, Sala-i-Martin, 2002); solo surveys sui redditi familiari, sia per la disuguaglianza che per i valori medi delle variabili economiche (Chen e Ravallion, 2004 e Milanovic, 2002).