Telegrafo e ferrovie Stefano Maggi Ufficio telegrafico americano.

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Transcript della presentazione:

Telegrafo e ferrovie Stefano Maggi Ufficio telegrafico americano

La via ferrata di Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli nei versi de La via ferrata (1886) definiva il telegrafo che correva lungo i binari, come «immensa arpa sonora»: Tra gli argini su cui mucche tranquillamente pascono, bruna si difila la via ferrata che lontano brilla; e nel cielo di perla dritti, uguali, con loro trama delle aree fila digradano in fuggente ordine i pali. Qual di gemiti e d’ululi rombando cresce e dilegua femminil lamento? I fili di metallo a quando a quando squillano, immensa arpa sonora, al vento. Nella prima stesura tale poesia era intitolata Il telegrafo, definito «argentea lira».

Storiografia sulle comunicazioni Le comunicazioni di rado vengono considerate nei libri di storia. Tutti gli eventi - da quelli traumatici come le guerre, a quelli quotidiani come il lavoro - si svolgono sulla base dei mezzi di trasporto esistenti e delle tecnologie di comunicazione disponibili. Eppure siamo abituati a considerare la storia come se fosse statica, forse per una rimanenza dei concetti di analisi dall’epoca pre-industriale, quando i progressi erano molto più lenti. Dall’Ottocento in poi le comunicazioni e i trasporti hanno ottenuto progressi enormi, a partire dalle ferrovie e dal telegrafo, che hanno rappresentato le prime infrastrutture a rete.

Tecnici e tecnologia Ferrovie e telegrafi costituivano a metà Ottocento i più importanti e diffusi servizi tecnici, quelli che sembravano dare applicazione pratica agli studi scientifici. Simboli di sfide tecnologiche, alimentavano anche la cultura positivista del dominio dell’uomo sulla natura. Ponti e viadotti, gallerie sotto le Alpi, cavi elettrici sul fondo degli oceani, rappresentavano sfide inedite per la civiltà industriale.

Ferrovia e telegrafo Treno e telegrafo sono i due nuovi mezzi di comunicazione che si affermano con la rivoluzione industriale. Il treno rappresenta l’emblema stesso della rivoluzione, con il motore a carbone e le rotaie in ferro. Il telegrafo porta la prima applicazione pratica degli studi sulle correnti elettriche. Locomotiva del 1803 Locomotiva del 1812 Locomotiva del 1813 Locomotiva del 1845 Locomotiva del 1884

L’apparato del telegrafo I messaggi (dispacci) telegrafici venivano trasmessi e ricevuti con il noto codice punto-linea, detto codice Morse, che rimaneva impresso in rilievo sulla carta. Le versioni più aggiornate del telegrafo Morse (e di altri inventori come Wheatstone), permettevano di tracciare i segni con l’inchiostro, rendendo più facile la lettura ai telegrafisti. I fili telegrafici erano agganciati in alto su pali di legno, appoggiati agli isolatori che erano innestati su bracci di ferro orizzontali. Apparato telegrafico Morse

Tecnica ferroviaria e telegrafica Gli sforzi tecnici in ferrovia si concentrarono sul miglioramento dell’efficienza del motore a vapore, sulle rotaie più robuste in acciaio per ridurre il consumo ed evitare deragliamenti, sul freno continuo automatico ad aria compressa a disposizione del macchinista, sul distanziamento dei treni per evitare disastri ferroviari (sistema di blocco). Sul telegrafo si dovettero uniformare gli impianti e adottare la telegrafia multipla per avere più trasmissioni sulla stessa linea. Inoltre potenziare il segnale per non aver bisogno di ripetere il dispaccio. Sistema di blocco FS

L’arrivo della ferrovia Le ferrovie furono realizzate nei vari Stati in fasi diverse dello sviluppo economico. In Gran Bretagna, dove nel 1825 fu aperta la prima ferrovia del mondo, la Stockton-Darlington, il treno arrivò alla fine del processo d’industrializzazione. Nei paesi dell’Europa centrale, le costruzioni ferroviarie furono contemporanee alla crescita industriale. Nel resto del continente le ferrovie giunsero prima che fosse avviata la rivoluzione industriale. Le strade ferrate vennero realizzate in Francia a partire dal 1832, in Belgio e in Baviera dal 1835, nell’Impero austriaco dal 1838, in Italia e Olanda dal 1839, in Svizzera dal 1847, in Spagna dal 1848.

Il treno e le distanze A partire dalla metà del XIX secolo, i trasporti interni a medio e lungo raggio furono monopolizzati dalle ferrovie, che consentivano velocità molto più elevate delle tradizionali carrozze a cavalli (30-40 Km/h all’inizio contro 15 km/h), facendo percepire nel senso comune una vera e propria diminuzione dello spazio. Il tempo che separava le varie città fu spesso dimezzato e la via più breve divenne sempre quella servita dalla ferrovia.

L’arrivo del telegrafo Il telegrafo elettrico fu inventato negli anni ’30 dell’Ottocento dai britannici William Cooke e Charles Wheatstone e dall’americano Samuel Morse. Dopo il 1845, il telegrafo elettrico iniziò a diffondersi attraverso l’Europa, a partire dai paesi più progrediti, in testa la Gran Bretagna e il Belgio, seguiti dagli Stati tedeschi, dall’Impero austriaco e dalla Svizzera.

Il telegrafo internazionale Gli accordi fra gli Stati europei per consentire comunicazioni telegrafiche al di là dei confini furono stipulati a partire dal 1849, e portarono nel 1865 alla nascita dell’Unione Telegrafica Internazionale, con la partecipazione di 20 Stati. Impiegata telegrafica

Le prime linee telegrafiche italiane Il primo Stato della penisola a dotarsi del telegrafo elettrico fu il Granducato di Toscana: la progettazione e la realizzazione della linea Pisa-Livorno furono affidate nel 1847 a Carlo Matteucci, uno dei maggiori studiosi del tempo nel campo dei fenomeni elettrici. La prima linea telegrafica venne quindi installata in Toscana, fra Livorno e Pisa lungo la ferrovia aperta nel 1844. Seguirono gli impianti in Lombardia (1850), Piemonte (1851), Veneto (1852), Ducato di Parma (1852), zona di Napoli del Regno delle Due Sicilie (1852); Stato Pontificio (1853), Sicilia (1857).

Un legame duraturo La ferrovia si sviluppò nell’Ottocento insieme al telegrafo, i cui fili furono stesi spesso parallelamente ai binari. Nonostante dopo il 1880 si stessero creando le prime reti telefoniche, le compagnie ferroviarie - fedeli alla vecchia massima “verba volant, scripta manent” - continuarono a lungo (fino al 1925) a utilizzare esclusivamente il telegrafo, che lasciava una traccia degli ordini trasmessi, e a non fidarsi delle comunicazioni verbali telefoniche (fonogrammi).

Il progresso delle comunicazioni Treno e telegrafo determinarono importanti progressi nelle comunicazioni attraverso la penisola e nella diffusione delle informazioni. La ferrovia permise il trasporto della stampa quotidiana a lungo raggio, mentre le linee telegrafiche consentirono di stampare in città diverse i giornali nazionali, facilitandone la distribuzione; inoltre fecero sì che la stampa locale ricevesse le novità importanti in tempo reale. Messaggio auguri telegrafici inizio ‘900.

Il treno e la posta La posta cominciò a utilizzare il treno e a garantire un servizio certo e veloce, con orari prefissati per imbucare le buste e ristretti termini di consegna Si verificò una crescita della corrispondenza, che portò a espandere gli sportelli e i portalettere. Inoltre vennero semplificate le spedizioni tramite il francobollo, apparso in Italia tra il 1850 nel Lombardo-Veneto e il 1858 nel Regno delle due Sicilie, nel periodo dello sviluppo ferroviario. Francobollo del 1861

Dalla terra al mare Il mare rappresentava una barriera per il telegrafo, i cui fili erano terrestri. Ma i messaggi avevano bisogno di andare ovunque, di conseguenza fin dai primi anni si cominciò a studiare il sistema di stendere i cavi sul fondo dei mari e degli oceani. L’installazione dei cavi sottomarini richiedeva una serie complessa di operazioni. Al fine di evitare le rotture e le interruzioni di continuità elettrica, i cavi venivano rivestiti di un fascio di fili di piccolo diametro, in modo da renderli più resistenti. Pesavano diverse tonnellate e venivano posati con carrucole, immergendoli con cura e scandagliando il fondale alla ricerca di un percorso piatto, senza buche e protuberanze.

I cavi sottomarini in Italia Nel 1854 fu iniziata dal Piemonte la sfida tecnica dei cavi sottomarini, che collegarono la Sardegna con la Corsica e questa con la terraferma presso La Spezia. Nel Regno delle Due Sicilie furono immersi due cavi fra il continente e la Sicilia nello stretto di Messina, ma ebbero un cattivo funzionamento e andarono perduti. Fondamentale fu la questione dell’isolamento, che doveva impedire la dispersione del segnale elettrico in acqua: dopo aver tentato il rivestimento con gomma e catrame, si riuscì a sfruttare la guttaperca, una materia plastica ottenuta da un albero orientale, che era in grado di proteggere i fili di rame.

Il dominio britannico Come i mari erano dominati dalla marina inglese, così i cavi nel XIX secolo furono frutto della tecnica britannica, dalla quale arrivarono progetti e capitali per la realizzazione della rete: nel 1900, il 72% dei cavi telegrafici sottomarini era di proprietà inglese. Tutti i messaggi scambiati a livello mondiale dovevano passare, almeno in alcune tratte, sulla rete o attraverso le stazioni telegrafiche britanniche, donando alla regina Vittoria un potere enorme nel campo delle comunicazioni, da quelle militari a quelle commerciali.

Valigia delle Indie e telegrafo delle Indie L’Italia, per la sua ambizione a divenire una grande potenza, cercò di inserirsi nelle correnti internazionali, con i treni per la Valigia delle Indie Londra-Bombay via Fréjus e porto di Brindisi. Dal lato delle comunicazioni, gli Stati italiani pre-unitari e poi il Regno d’Italia si resero protagonisti della realizzazione di linee importanti a livello internazionale, ad esempio il cavo fra Otranto e Valona (1859), e poi il cavo sempre da Otranto all’isola di Corfù (1861).

Peninsular express

Il telegrafo nel Regno d’Italia Nel 1861, la rete telegrafica era limitata: 8.200 km di linee (le ferrovie contavano 2.400 km) 12.400 km di filo 248 uffici 370 apparati telegrafici. Prima del 1870, soltanto 14 capoluoghi di provincia avevano un collegamento diretto con Roma, mentre per gli altri occorreva la riproduzione del telegramma in uno o più uffici di deposito.

L’estensione del telegrafo Lo sforzo tecnico e finanziario per estendere il telegrafo fu secondo soltanto a quello per estendere le ferrovie. Nel 1899 la rete aveva raggiunto: 42.500 km di linee (16.400 km di ferrovie) 165.000 km di filo 3.785 uffici telegrafici 6.365 apparati telegrafici.

La gestione del telegrafo Nel Regno d’Italia, il servizio dei telegrafi venne assegnato a una Direzione generale del Ministero dei Lavori Pubblici, di cui facevano parte anche le ferrovie, diretta da un noto dirigente già collaboratore di Cavour, l’avvocato e senatore Bartolomeo Bona. Si cercò innanzitutto di rendere uniforme il materiale, adottando gli apparecchi Morse e unificando le pile, i fili, i pali e gli isolatori.

Il telegrafo monopolio statale A differenza delle ferrovie e in seguito del telefono, il telegrafo rimase sempre un servizio statale: Le legge piemontese del 23 giugno 1853 recitava all’art.1: “è riservato al governo lo stabilimento e l’esercizio delle linee telegrafiche, salvo le convenzioni speciali stipulate dal governo con le società concessionarie delle strade ferrate”. L’esercizio statale dei telegrafi derivava da quello postale, e la necessità era ancora più sentita per la riservatezza dei telegrammi, con i quali nei primi anni si trasmettevano soprattutto gli ordini di governo.

Poste e telegrafi (PT) Nel 1889 venne istituito il Ministero delle Poste e dei Telegrafi. Con la nascita del Ministero, si concludeva il riordino del servizio di comunicazioni, che nel 1866 aveva vissuto una tappa fondamentale con la costituzione di due Direzioni generali, una per le Poste e l’altra per i Telegrafi, sotto il Ministero dei Lavori Pubblici.

Il telegrafo monopolio statale Un vero e proprio obbligo per le ferrovie fu stabilito con la legge sui Lavori Pubblici del 23 marzo 1865 n. 2.248, che prescriveva all’art. 227: “Per la trasmissione dei dispacci e segnali necessarii alla sicurezza e regolarità delle linee, dovranno su qualsivoglia ferrovia pubblica stabilirsi gli occorrenti uffici ed apparati telegrafici”. A parte quelli concessi alle compagnie ferroviarie alle quali si aggiunsero per analogia quelle tranviarie, non vennero fatte deroghe sulla concessione a privati di impianti telegrafici, fino ai primi anni del Novecento, quando la questione si ripresentò per le compagnie elettriche.

Le tariffe telegrafiche Nel corso degli anni ’50 dell’Ottocento, le tariffe conobbero una certa tendenza alla riduzione e alla semplificazione: Si adottò la tassa unica (in funzione del numero delle parole e senza considerazione della distanza) per il servizio interno nel Granducato di Toscana, nel Regno delle Due Sicilie e nello Stato pontificio, anche se il servizio internazionale restava legato all’altro criterio. Le tariffe telegrafiche erano comunque molto alte in rapporto a quelle postali, circa 10 volte superiori.

Le tariffe telegrafiche nel 1896 La spedizione delle lettere nel 1896 costava 20 cent. se affrancate e 30 cent. se non affrancate, fino al peso di 15 grammi. Oltre questo peso si pagava la stessa cifra per ogni 15 grammi di eccedenza. Tassa ridotta rispettivamente a 5 e 10 cent. all’interno del distretto postale.

Il telegrafo a fine Ottocento “Un nuovo lustro in quell’epoca veniva dato all’Italia dai successi sempre più grandi, che un grande inventore italiano, il Marconi, otteneva nel nuovo campo della radiotelegrafia. Questi, che già dal 1897 aveva annunziato la sua scoperta, mostrando in Italia, a Spezia e a Roma, come fossero possibili comunicazioni a distanze notevoli, mediante l’uso di perturbazioni elettro-magnetiche, era riuscito nel 1901 a trasmettere i suoi segnali attraverso l’Atlantico”. Citazione da Q. Majorana, Posta, telegrafo, telefono, in Cinquanta anni di storia italiana, vol. I, Milano, Hoepli, 1911.