PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale 2014-2015 5° GIORNO.

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Transcript della presentazione:

PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Anno Pastorale ° GIORNO

Essere creature Principio salvifico per ogni esistenza umana è l’adesione alla realtà. L’immaginazione non è fuga dal reale, ma dinamismo impresso al reale. Gli uma­ni sono creature, ossia esseri che non hanno origi­ne da e in se stessi. Essere creatura implica una dipendenza, ma anche una destinazione, un fine.

Pro­prio il limite del suo dipendere, del suo non ave­re in sé la propria origine, contiene il dinamismo verso il futuro, la progettualità: l’uomo è chiama­to a farsi, a divenire se stesso. Ora, il vocabolo crea­tura ha in sé un senso di futuro e di ulteriorità insi­to nella desinenza latina del participio futuro (-urus/ura).

Nel legame con il passato c’è la proiezione al futuro, nella coscienza della dipendenza da altri è inclusa la chiamata alla soggettività, a crearsi, a di­venire se stessi. Nell’accettazione del legame con il passato, con l’origine, che ci sfugge e ci eccede, tro­viamo anche il dinamismo del futuro.

Riconoscer­si creature significa riconoscersi ospiti dell’umano. Ospiti, non padroni dell’umano che è in noi e che siamo chiamati a sviluppare e nutrire; ospiti, e non padroni dell’umano che è in noi e negli altri, così che anche i rapporti con gli altri, quali che siano le differenze culturali, sono improntati al riconoscimento basilare di essere ospiti dell’umano e chiamati a umanizzarci, ad addomesticare la nostra ani­malità.

La vita interiore L’interiorità è luogo in cui si coltiva la propria umanità. «È difficile», scrive Umberto Galimber­ti, «pensare di poter governare la propria vita senza un’adeguata conoscenza di sé» UMBERTO GALIMBERTI, L’ospite inquietante, Feltrinelli, Milano2007, 45.

In tempi in cui viaggiamo molto, e in cui i giovani e perfino i gio­vanissimi spesso hanno già viaggiato, nei pochi an­ni della loro vita, molto più di quanto abbiano fatto i loro nonni in tutta la loro esistenza, è bene ricor­dare che il viaggio più difficile è il viaggio interiore verso la conoscenza di sé.

Questo viaggio e questa conoscenza richiedono coraggio:  il coraggio della solitudine,  del silenzio,  del pensare,  del guardar­si dentro,  del dialogare interiormente,  del porre in relazione i vissuti intimi, emotivi, con l’esteriorità, con gli eventi quotidiani. Il coraggio della luce che può rivelarci aspetti di noi quanto mai indesiderati.

LA PAURA SI AFFACCIA E PUÒ DIVENIRE LA GRANDE NEMI­CA DI QUESTO VIAGGIO COSÌ VITALE. UNA BELLA POESIA DI COSTANTINOS KAVAFIS ESPRIME LA PAURA DELLA PROPRIA INTERIORITÀ, DEL DOLORE CHE PUÒ COSTARCI IL PRENDERE CONTATTO CON LA SOFFERENZA CHE È IN NOI:

«In queste buie stanze dove passo giornate soffocanti, io brancolo in cerca di finestre. Una se ne aprisse, a mia consolazione. Ma non ci sono finestre o sarò io che non le so trovare. Meglio così, forse. Può darsi che la luce mi porti altro tormento. E poi chissà quante mai cose nuove ci rivelerebbero». 16. COSTANTINOS KAVAFIS, Cinquantacinque poesie, Einaudi, Torino 1968,

Il coraggio di osare la propria interiorità condu­ce la persona ad avere un ubi consistam, ad avere sta­bilità e saldezza, ad avere profondità. Avere radici in se stessi aiuta la costruzione di un futuro. Ave­re consistenza interiore è essenziale per immetter­si in un cammino, per scegliere una strada e per se­guirla con perseveranza.

 Questo richiede anche di attivare la vita della mente:  l’attenzione, la concen­trazione interiore per imprimere in noi le tracce della realtà, la memoria, la capacità di pensare;  l’im­maginazione, che è la nostra risorsa fondamentale per rapportarci alla realtà futura sempre partendo dal far tesoro della realtà attuale;  il giudizio, la vo­lontà, l’azione.

Abbiamo qui una sorta di indice per un’educazione complessiva della persona. Si tratta di elementi decisivi per ogni istruzione degna di questo nome. Le radici del nostro proiettarci al fu­turo si creano con un lavoro di interiorità. La scuola dovrebbe tener conto di questo.

Dalla parte degli adulti Dopo aver rilevato alcune dimensioni del fu­turo come potenzialità nei giovani, vorrei a questo punto pormi dalla parte degli adulti e sottolineare la dimensione di responsabilità del futuro da parte di chi è «grande». Occorre declinare il futuro come responsabilità, prendendosi cura del futuro degli al­tri.

E qui la prima cosa da affermare è che l’irrespon­sabilità verso il futuro è direttamente irresponsabi­lità verso gli altri. Il filosofo Lévinas argomenta l’a­nalogia tra l’avvenire e l’altro: «L’avvenire è ciò di cui non è possibile appropriarsi, ciò che cade su di noi e s’impadronisce di noi. L’avvenire è l’altro. La relazione con l’avvenire è la relazione stessa con l’altro» EMMAUNEL LÉVINAS, Il Tempo e l’Altro, Il Melangolo, Genova 2002, 46.

18. Sulla fiducia cfr. LUCIANO MANICARDI, Il vangelo della fiducia, Qiqajon, Bose ORA, CREARE FUTURO SIGNIFICA DARE TEMPO A QUALCUNO, DARGLI ASCOLTO, DARGLI FIDUCIA. ASCOLTARE, OVVERO FARE SPAZIO IN SÉ ALL’ALTRO, DARGLI SPAZIO, AC­COGLIERLO COSÌ COME LUI È. L’ATTITUDINE BASILARE È LA FIDUCIA 18..

Nel lavoro di formazione i problemi na­scono quando non si riesce a stabilire una relazio­ne di fiducia. Il compito difficile, oneroso, è quello di creare i presupposti e le condizioni perché possa svolgersi la relazione, ovvero la creazione della fi­ducia. Occorre molta umiltà, capacità di raccordar­si alla capacità di ascolto e di linguaggio dell'altro, senza mai pretendere di costringerlo a subire i no­stri parametri.

LA CAPACITÀ DI PROMETTERE Dunque capacità di ascolto e di dare fiducia: questo fa parte della responsabilità dell’adulto ver­so il giovane. Ma vorrei sottolineare una dimensio­ne spesso taciuta: la capacità di promettere.

Spesso si dice, con stucchevole retorica, che i giovani sono il futuro e la speranza della società e della Chiesa; in realtà il futuro e la speranza nascono anche gra­zie alla capacità di promettere e di mantenersi fede­li alle promesse da parte degli adulti. Promettere è far sperare.

E la speranza è esattamente una responsabilità. La Prima lettera di Pietro lo afferma chiara­mente: «Siate sempre pronti a rispondere a chiun­que vi domandi ragione della speranza che è in voi» ( 2 Pt 3, 15). In quel rispondere vi è tutta la pregnanza dell’assumersi una responsabilità.

Promettere è dare forma di futuro al tempo. La promessa suscita un’attesa e dunque instaura una di­rezione di marcia. Si tratta di un’abilità tipicamente umana.