Ambrogio Lorenzetti Siena, ca. 1290 – Siena, 1348.

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Ambrogio Lorenzetti Siena, ca. 1290 – Siena, 1348

Ambrogio Lorenzetti è un pittore senese molto vicino alla pittura di Giotto soprattutto nell’esaltazione dei valori plastici e nella strutturalità dell’immagine. Nella sua ultima opera l’”Annunciazione” (Pinacoteca di Siena) si evidenzia una sorprendente intuizione precorritrice di alcuni fondamentali principi della prospettiva lineare che diventeranno basilari nel secolo successivo. In Toscana, d’altra parte, avrà forte peso anche la complessa cultura pittorica senese che unisce l’esperienza giottesca alla raffinatezza del gotico internazionale. I nomi più illustri della pittura senese sono: Simone Martini e Duccio di Boninsegna oltre ai fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti.

Ambrogio Lorenzetti (Siena, ca. 1290 – Siena, 1348) Ambrogio Lorenzetti è stato un pittore italiano. Fu uno dei maestri della scuola senese del Trecento. Fratello minore di Pietro Lorenzetti, fu attivo dal 1319 al 1348 e si distinse soprattutto per la forte componente allegorica e complessa simbologia delle sue opere mature e per la profonda umanità dei soggetti rappresentati e dei loro rapporti. Madonna dalla chiesa di Sant'Angelo di Vico l'Abate (VI) (1319), Museo di San Casciano

La Madonna col Bambino proveniente dalla chiesa di Sant'Angelo di Vico l'Abate presso San Casciano Val di Pesa ed esposto oggi nel Museo di San Casciano, è considerata la prima opera tra quelle attribuibili ad Ambrogio Lorenzetti.  . Il manto della Madonna è reso con un colore compatto e con scarsa caratterizzazione a pieghe del panneggio. I volti hanno una caratterizzazione chiaroscurale non eccelsa e il trono è un semplice seggio di legno spigoloso che riporta decorazioni geometriche, ma un'architettura ridotta ai minimi termini. Questi erano probabilmente i limiti di un pittore giovane che tuttavia conoscerà successivamente un'evoluzione vertiginosa. Madonna dalla chiesa di Sant'Angelo di Vico l'Abate (1319), Museo di San Casciano Piuttosto una cosa è straordinaria già in questa tavola giovanile e anticipa quello che sarà uno dei maggiori contributi di Ambrogio nella storia dell'arte, cioè il suo vivo naturalismo nella resa dei personaggi. Le mani di Maria reggono il bambino piuttosto che attorniarlo. La mano destra è inclinata rispetto all'avambraccio a reggere la gamba destra di Gesù. Le dita di entrambe le mani non sono parallele, ma sono disposte in modo da reggere meglio l'infante. Soprattutto spicca l'indice della mano destra che ha un naturalismo funzionale al gesto mai visto prima. Il Bambino guarda la madre. I suoi polsi e lo scorcio del suo piede sinistro mostrano un bambino che si agita e scalcia come un vero infante.

Dalla chiesa di San Procolo di Firenze, e per questo datati intorno al 1332, provengono quattro tavolette raffiguranti Episodi della vita di San Nicola, oggi esposte agli Uffizi. Le tavolette mettono in luce una notevole vena narrativa dell'artista ed una sua abilità nella realizzazione di complesse architetture, evitando anche l'innaturale convenzione di sfondare le pareti per mostrare ciò che avviene nelle stanze. Per esempio, nella scena di San Nicola che resuscita il bambino strozzato dal demonio, il bambino protagonista è raffigurato quattro volte in altrettanti momenti successivi, che si svolgono nei due piani di un edificio: il pian terreno è aperto da un arcone, mentre il piano superiore è visibile tramite una loggia. In queste scene inoltre il fondo oro è ormai quasi abolito, con l'architettura che occupa quasi tutto lo sfondo. (Dono alle tre prostitute) Dalla chiesa di San Procolo di Firenze (circa 1332), Galleria degli Uffizi, Firenze (Miracolo del bambino risuscitato) (Miracolo della moltiplicazione del grano) (Elezione a vescovo) 

Miracolo del bambino risuscitato, dalla chiesa di San Procolo di Firenze (circa 1332), Galleria degli Uffizi, Firenze.

 Nel 1338-1339 Ambrogio dipinse quello che ancora oggi è considerato il suo capolavoro tra le opere a noi pervenute: le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti in Città e in Campagna, dispiegate su tre pareti per una lunghezza complessiva di circa 35 metri nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Sulla parete di fondo della sala si trova l'Allegoria del Buon Governo dove ogni aspetto del governo (quale la Giustizia, il Comune di Siena, i cittadini, le forze dell'ordine, etc.) e le virtù loro ispiratrici (sapienza divina, generosità, pace, virtù cardinali e virtù teologali, etc.) sono rappresentati da figure umane. Tutte queste figure interagiscono secondo un preciso ordine a rappresentare una scena assai complessa. Sulla parete di destra è presente l ‘Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Città e Campagna, con una rappresentazione allegorica del lavoro produttivo entro la città di Siena e nella sua campagna. Infine, sulla parete sinistra è presente l’Allegoria del Cattivo Governo, con personificazioni degli aspetti del malgoverno e dei vizi e dei suoi effetti in città e campagna.

Sala dei Nove - Palazzo pubblico di Siena Nella famosa Sala dei Nove (o Sala della Pace),  Ambrogio Lorenzetti affrescò le celeberrime scene degli Effetti del Buono e del Cattivo Governo (1338-1339): sebbene in parte danneggiati (soprattutto nella parete del Cattivo governo), rappresentano uno straordinario esempio di allegoria politica, il più vasto ciclo profano del medioevo, con un'estesa raffigurazione del paesaggio. La grande composizione, di gusto allegorico-letterario, mostra le personificazioni di vari concetti astratti (coi nomi scritti in calce) e due paesaggi che rivelano gli effetti su una città e sulle campagne dei buoni e cattivi governatori.

Sala dei nove - Palazzo pubblico di Siena

Il ciclo di affreschi è da sempre studiato da critici ed appassionati non solo di storia dell'arte, ma anche di storia e del pensiero politico, di urbanistica e del costume. Di fatto fu uno dei primi messaggi di propaganda politica in un'opera medievale. Dal punto di vista dottrinale vi è un chiaro riferimento al pensiero di San Tommaso D'Aquino. "L'assunto dottrinale è chiaramente tomistico: non solo perché riflette la gerarchia dei princìpi e dei fatti, delle cause e degli effetti, ma perché pone come motivi fondamentali dell'ordine politico l'"autorità" (nelle allegorie) e la "socialità" (negli effetti), specialmente insistendo sul concetto aristotelico (di Aristotele) della "naturalità" della socievolezza umana.

L’«Allegoria del Buono e del Cattivo Governo» di Ambrogio Lorenzetti è un grandioso ciclo di affreschi che l’artista realizzò, tra il 1337 e il 1339, nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena. Il ciclo è una delle prime opere di carattere totalmente laico che troviamo nell’arte del tempo. In pratica il partito allora al potere volle che l’artista rappresentasse da un lato l’Allegoria del Cattivo Governo con gli effetti che esso produceva (carestia, assassini, saccheggi, violenza, povertà, ecc.) dall’altro l’Allegoria del Buon Governo con i suoi effetti (città prospere, campagne coltivate, benessere, ricchezza, gioia, e così via). L’intento è ben chiaro: solo se l’amministrazione della cosa pubblica avviene su principi di giustizia sociale, il popolo trae beneficio dal governo pubblico. Il piano iconografico dell’opera si struttura quindi in quattro momenti fondamentali: nel primo troviamo l’Allegoria del Cattivo Governo è rappresentata come un uomo vestito di nero e con le corna in testa (personificazione quindi del diavolo), che si attornia di figure allegoriche quali la Crudeltà, la Discordia, la Guerra, la Perfidia, la Frode, l’Ira, la Tirannide, l’Avarizia e la Vanagloria. Il secondo momento è quello degli Effetti del Cattivo Governo in Città e in Campagna: in questo affresco viene rappresentata appunto una città e il contado circostante, dove dominano campi incolti, rovine e scene di violenza e rapina.

Allegoria del Cattivo Governo (1338-1339), Parete di sinistra della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo, 1337-40, Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Cattivo Governo in città, 1337-40, Palazzo Pubblico, Siena

Allegoria degli Effetti del Cattivo Governo in Campagna (1338-1339), Parete di sinistra della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena

Allegoria del Buon Governo (1338-1339), Parete di fondo della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena

L'Allegoria del Buon Governo L'Allegoria del Buon Governo.  Affresco murale nel palazzo pubblico di Siena (1337-1340) di  Ambrogio Lorenzetti (C. 1290-1348).  Figure (da sinistra) parte superiore: Fides (Fede), Caritas (Carità), Spes (Speranza). Metà: Pax(Pace), Fortitudo (Fortitude), Prudentia (Prudenza), Comune Senarum-Civitas Virginis (Il Magistrato della Comunità di Siena), Magnanimitas (Mangnanimità), Temperantia (Temperanza), Iusticia (Giustizia). Parte Inferiore: Cittadini, Cherubini, Nobiluomini, Guardie e Prigionieri   Il terzo momento del ciclo è quello dell’Allegoria del Buon Governo: qui campeggia la figura di un vecchio e saggio monarca che siede sul trono, circondato dalle figure allegoriche della Giustizia, della Temperanza, della Magnanimità, della Prudenza, della Fortezza e della Pace. Sul suo capo vi sono inoltre le personificazioni delle virtù teologali: Fede, Speranza e Carità.

Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Città(1338-1339), Parete di destra della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena Il quarto ed ultimo momento del ciclo, nonché il più bel affresco di tutta la composizione, è l’Effetto del Buon Governo in Città e in Campagna: in questo caso abbiamo una veduta in prospettiva della città di Siena e del contado immediatamente vicino, in cui aleggia un clima di serena fattività: ci sono persone intente a costruire case, a svolgere mestieri e commerci, a coltivare i campi, e così via.

Il buon governo (particolari)

Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Campagna (1338-1339), Parete di destra della Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena Soprattutto in quest’ultimo affresco Ambrogio Lorenzetti giunge ad un esito artistico di grande qualità ed originalità: nel corso del Trecento non esiste altra pittura di così ampia composizione vedutistica. In fondo possiamo ritenere quest’affresco il primo documento pittorico italiano di soggetto realmente paesaggistico. Come vedremo bisogna aspettare solo il Seicento per vedere il paesaggio assurgere ad autonomo genere artistico: fino a quel momento esso rimane ancorato ad una concezione che lo voleva "sfondo" per altri soggetti. In questo caso il paesaggio urbano e rurale è soggetto realmente autonomo in quanto la sua finalità è di presentare solo se stesso: ed è così che, per la prima volta, nell’arte italiana compare il paesaggio in un’opera di carattere esclusivamente politico e laico.

Ambrogio Lorenzetti: Il Buon Governo in campagna (particolare)

Palazzo Pubblico di Siena (1297-1310) La sala più bella del Palazzo Pubblico di Siena, ubicato in Piazza del Campo, espone i pregevoli affreschi di Ambrogio Lorenzetti, tra i quali vanno ricordati l’Allegoria del Buon Governo e l’Allegoria e gli effetti del Cattivo Governo. Sorge sulla piazza del Campo ed è affiancato dalla snella Torre del Mangia. La sala del Mappamondo conserva importanti dipinti: San Bernardo da Siena di Sano di Pietro, Santa Caterina da Siena di Lorenzo di Pietro e la splendida Maestà di Simone Martino, dedicata alla Vergine Maria protettrice della città.

Il Lorenzetti di questi anni mostra anche di avere acquisito appieno la capacità di dipingere personaggi volumetrici ed equilibrati nelle loro posture, di usare in maniera ottimale i chiaroscuri per la resa di volti e vesti, e di realizzare articolate prospettive, come è evidente dalla tavola della Presentazione di Gesù al Tempio del 1342, oggi agli Uffizi di Firenze. Autore Ambrogio Lorenzetti Data 1342 Tecnica tempera su  tavola Dimensioni 257×168 cm Ubicazione Galleria degli Uffizi, Firenze

Il tema della presentazione al Tempio di Gesù è trattato con grande originalità e conferma la grande inventiva di Ambrogio, la cui firma si trova sulla cornice: "AMBROSIVS LAVRENTII DE SENIS FECIT HOC OPVS ANNO DOMINI MCCCXLII". I personaggi  Il centro della scena è occupata dall’evento della Presentazione al Tempio, cerimonia che la religione ebraica prevedeva dopo 40 giorni dalla nascita di ogni bambino maschio per consentire alla madre di purificarsi. Al centro, entro lo spazio delimitato dalle due colonnette in primo piano, troviamo i tre personaggi più importanti: la Madonna (che tiene nelle mani il telo in cui era avvolto il Bambino), il Bambino (con i piedini irrequieti e il dito in bocca), e Simeone il Giusto (raffigurato nell’intento di proferire parola dopo aver preso in braccio il piccolo). All’estrema sinistra troviamo Giuseppe, preceduto da due accompagnatrici (l’assenza dell’aureola indica l’assenza di santità di quest’ultime). All’estrema destra troviamo invece la Profetessa Anna che dispiega un cartiglio entro cui leggiamo un messaggio in latino così traducibile “Ed ecco, sopraggiunta proprio in quel momento, [Anna] si mise anch’essa a lodare Dio e parlava del Bambino a tutti coloro che aspettavano la redenzione di Israele” (Vangelo secondo Luca, 2, 38). Dietro l’altare vediamo un sacerdote con i colombi da sacrificare nella mano destra e il coltello del sacrificio nella sinistra. Sull’altare, davanti a lui, arde la fiamma del sacrificio. Il sacerdote sembra ascoltare un altro sacerdote alla sua sinistra, mentre un terzo sacerdote è visibile ancora più a sinistra, dietro il pilastro. Vero protagonista di tutta la scena è Simeone il Giusto, ben ritratto nella sua vecchiaia, intento a contemplare il Bambino che ha in braccio, e con la bocca aperta a dare il suo messaggio che apprendiamo dal Vangelo secondo Luca: “Ora, Signore, puoi lasciare che il tuo servo muoia in pace perché, secondo la tua promessa, i miei occhi hanno visto la salvezza che tu hai preparato per tutti i popoli della terra” (Luca, 2, 29-31). Ambrogio Lorenzetti ha voluto ritrarre proprio questo momento solenne di tutta la scena della Presentazione al Tempio.

Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti L'ambientazione architettonica  La scena è ambientata all'interno di una chiesa a tre navate. Il dipinto, che era il pannello centrale di un trittico di cui sono andati perduti i pannelli laterali, possiede esso stesso la forma di un trittico, scandito dalle tre navate dell'edificio e dagli archetti trilobati nella parte superiore. La stessa cornice, dove in basso si trovano la firma e la data, è dotata di pilastrini ai lati, che aumentano l'effetto architettonico illusorio. La profondità è suggerita dalle colonnine digradanti e dal pavimento marmoreo a quadri. Sopra i sacerdoti troviamo l’arco trionfale con un dipinto nel dipinto: due angeli che reggono un clipeo col Cristo benedicente, una raffigurazione anacronistica considerando che nella scena principale il Cristo è solo un infante. Altri profeti che dispiegano i loro cartigli sono visibili, più piccoli, sulle lunette delle navate laterali, mentre in cima alle colonnine che delimitano anteriormente tutta la scena sono raffigurate due piccole statue di Mosè, con le tavole della Legge, e Giosuè, con il sole in mano. Ancora più sopra, oltre i tre archi ad intarsi marmorei e il fregio di draghetti, abbiamo una serie di angeli dorati e marmorei che reggono una ghirlanda. Sullo sfondo troviamo il tiburio e la lanterna. Per la presenza di quest’ultimi, delle statue di Mosè e degli angeli, degli archi a tutto sesto anteriori a costituire una sorta di facciata, e per le tre navate in stile gotico, l’ambientazione architettonica ricorda il Duomo di Siena. Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti

Madonna in una chiesa gotica di Jan van Eyck (1425-1430) Stile  Il dipinto è realizzato secondo lo stile dell’ultimo Ambrogio Lorenzetti, quello della maturità artistica degli anni senesi (dopo il 1335). La piastrellatura del pavimento e lo sviluppo in profondità delle navate della chiesa mostrano infatti un'acquisita familiarità nella resa prospettica ereditata dalla scuola di Giotto, reiterando le indubbie capacità del Lorenzetti di dipingere le complesse prospettive già evidenti nelle Storie di san Nicola del 1332 circa (oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze). Tuttavia, non si può ancora parlare di prospettiva matematica, invenzione del Rinascimento del XV secolo: se il pavimento ha infatti un unico punto di fuga, esso è diverso da quello dei muri perimetrali o da quello della linea d'imposta degli archi. In questo dipinto la scena è inoltre ambientata nelle tre navate di una chiesa, in uno spazio che, scurendosi via via che ci si allontana, crea un effetto di profondità inedita per la pittura toscana, che sembra anticipare le conquiste dei fiamminghi, come la Madonna in una chiesa gotica di Jan van Eyck (1425-1430- Galleria di Berlino). Anche i chiaroscuri dei volti e del panneggio mostrano le influenze giottesche che Ambrogio Lorenzetti aveva acquisito negli anni di permanenza a Firenze (prima del 1332). Le figure sono dipinte come masse compatte, con le vesti in colori brillanti sfumati in base al diverso cadere della luce, dando così uno straordinario senso di plasticità e volume. I volti sono invece resi secondo le inconfondibili fisionomie di quest’artista. Così come "lorenzettiana" è la raffigurazione del Bambino, con i piedini irrequieti e con il dito in bocca a sottolinearne l'umanità. Madonna in una chiesa gotica di Jan van Eyck (1425-1430)

Presentazione al Tempio di Ambrogio Lorenzetti. Le mattonelle sono quadrati. Se immaginiamo di appoggiare un manico di scopa sul pavimento, secondo le diagonali delle mattonelle, come si vedrebbe questo manico in prospettiva? Verrebbe deformato dalla visione prospettica? La nostra esperienza quotidiana ci insegna di no: esso viene visto come un segmento anche in prospettiva. Ma se tracciamo le diagonali delle mattonelle sul dipinto (linea verde sul pavimento nella figura a destra) si vede che il manico di scopa risulta spezzato, cioè deformato dalla prospettiva, cosa che in una prospettiva corretta non deve accadere. Quindi la prospettiva del Lorenzetti non è corretta: le linee delle mattonelle parallele al quadro (linee trasverse) sono tracciate a distanze decrescenti, ma non nella giusta proporzione

L'Annunciazione è un dipinto a tempera e oro su tavola (127x120 cm) di Ambrogio Lorenzetti, firmato e datato al 1344. È una delle cinque opere firmate e datate dell’artista, l’ultima in ordine cronologico, e quindi valido punto di riferimento per la datazione delle restanti opere attribuite a questo artista. La tavola fu posta nella Sala del Concistoro del Palazzo Pubblico di Siena. Recentemente è stata trasferita nella Pinacoteca Nazionale della stessa città, dove si trova ancora oggi Da un punto di vista prettamente stilistico, il dipinto è realizzato secondo lo stile dell’ultimo Ambrogio Lorenzetti, quello della maturità artistica degli anni senesi (dopo il 1335). La piastrellatura del pavimento mostra infatti una buona resa della prospettiva, reiterando le indubbie capacità del Lorenzetti di dipingere le complesse prospettive già evidenti nella Presentazione di Gesù al Tempio del 1342. I volti dell’Angelo e di Maria sono rese secondo le inconfondibili fisionomie di quest’artista. I chiaroscuri dei volti e del panneggio mostrano le influenze giottesche che Ambrogio Lorenzetti aveva acquisito negli anni di permanenza a Firenze (prima del 1332).

L'Annunciazione  di Lorenzetti