CAPITALE UMANO: benessere fisico e istruzione

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CAPITALE UMANO: benessere fisico e istruzione Laurea Magistrale in Sociologia Negrelli 10/2009

Il capitale umano secondo il “modello” economico Le disparità di reddito spiegate dalle differenti qualità dei lavoratori, ovvero dalle qualità del loro “capitale umano”: capacità umane “produttive”; qualità umane “prodotte” (spesa/investimento); “return to education”, o ritorni del capitale investito: paghe migliori (ma: con presenza del proprietario!); deprezzamento del capitale umano… “Crescita economica” e “capitale umano”: a) benessere fisico; b) istruzione (Weil, 2005) 1/2008 negrelli

Capitale umano di benessere fisico La migliore alimentazione contribuisce alla crescita economica: ingresso nelle “forze di lavoro”; incremento capacità fisica di lavoro Es. Regno Unito 1780-1980: calorie giornaliere per adulto da 2.944 a 3.701. Secondo Fogel (1997), in UK nel 1780 il 20% più povero degli adulti così malnutrito da essere privo dell’energia necessaria ad un’ora giornaliera di lavoro manuale: la migliore alimentazione in 200 anni avrebbe prodotto poco meno di un terzo della crescita complessiva del reddito. 1/2008 negrelli

Capitale umano di benessere fisico correlazione tra pil pro-capite e calorie giornaliere: paesi più ricchi con 3/3.500 calorie; paesi più poveri con meno di 2.000 (considera anche differenze interne ai paesi!); nel mondo 774 milioni malnutriti; (Faostat); 1/2008 negrelli

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Capitale umano di benessere fisico correlazione tra salute e pil pro-capite: l’aspettativa di vita nei paesi più poveri meno di 60 anni, nei paesi più ricchi 75-80. 1/2008 negrelli

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Capitale umano di benessere fisico La migliore alimentazione contribuisce a, ma è anche il prodotto di, un reddito più elevato: paesi più ricchi con maggiori investimenti in vaccini, igiene, sicurezza sul lavoro...: 2,2 dottori in media ogni mille persone nei paesi Ocse contro 0,8 nei paesi in via di sviluppo e 0,3 nell’Africa sub-sahariana; Salute e reddito sono “variabili endogene” interattive del modello economico: 1/2008 negrelli

La curva y(h) mostra l’impatto della salute sul livello di reddito pro-capite: al crescere di h, i lavoratori producono più output: verso l’alto inclinata. La seconda curva h(y) mostra l’impatto del reddito pro-capite sulla salute, è anch’essa verso l’alto tende ad appiattirsi a livelli più alti di reddito poiché gli effetti benefici del reddito sulla salute si hanno maggiormente ai più bassi livelli di reddito. L’intersezione delle due curve determina i livelli di “equilibrio” di reddito e salute 1/2008 negrelli

Per fattori esogeni, ad esempio innovazione tecnologica, i lavoratori per ogni livello dato di salute, possono produrre più output (differenza A-B). La crescita di output migliora quindi la salute dei lavoratori che a sua volta contribuisce a produrre una crescita addizionale di output (differenza B-C= “effetto moltiplicatore”). Ecco come funziona il “modello economico” di interazione tra salute e reddito! Si può ugualmente far ricorso a tale modello per gli effetti di miglioramenti “esogeni” relativi alla salute, che comportano uno spostamento in alto della curva h(y): ad esempio, controllo malaria con pesticida DDT, etc. 1/2008 negrelli

Quale è la fonte primaria delle differenze sia nella salute che nel reddito tra i paesi poveri e ricchi? Ovvero, le principali forze guida di tali differenze provengono dalla salute o dal reddito? Si considerino due paesi, A e B, e A più ricco sia in salute che in reddito rispetto a B. Non si possono osservare direttamente le funzioni h(y) e y(h) che determinano tali punti nel grafico. Essi individuano: il primo l’ipotesi che la maggior ricchezza di A è basata principalmente sulla salute (ad esempio assenza di malattie tropicali) poiché la funzione di hA(y) è superiore alla funzione hB(y); il secondo la base della maggior ricchezza di A negli elementi produttivi (ad esempio accumulazione capitalistica o di tecnologia): yA(h) superiore a yB(h). Si tratta di due estremi: per una scuola, la malnutrizione è causata dall’essere poveri; per l’altra scuola, la malnutrizione è una delle cause della povertà. Nel mondo reale, però, le differenze di reddito tra i paesi sono spiegate dalle differenze sia nella salute che nel reddito. 1/2008 negrelli

Le nozioni di equilibrio economico e di equilibrio sociale Per punto di equilibrio si intende uno stato in cui: i progetti delle persone sono tra loro coerenti; non si producono conseguenze non intenzionali. Nel punto di equilibrio, ciascuna persona ritiene che, considerato come si sono comportate le altre, non avrebbe potuto fare di meglio agendo in modo diverso. 1/2008 negrelli

Perchè l'equilibrio è importante? L'equilibrio è importante per due ordini di ragioni: 1. per una ragione d'ordine teorico: se un sistema tende all'equilibrio siamo in grado di prevedere i suoi comportamenti; 2. per una ragione d'ordine pratico: se un sistema è in o tende all'equilibrio, esso ci appare "ordi-nato", dotato di senso, tale da garantire coeren-za tra i comportamenti individuali e quelli collettivi. 1/2008 negrelli

È importante avere una regola ma non quale sia: guidare a destra; EQUILIBRI DI CONVENZIONE: NORME SOCIALI ORDINE SOCIALE È importante avere una regola ma non quale sia: guidare a destra; chi richiama se cade la linea telefonica; norme giuridiche e norme sociali (motivazione che può non essere ricondotta alla scelta razionale). 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (1) (Elster “Il cemento della società”) Homo oeconomicus (A. Smith): azione guidata dalla razionalità strumentale; attore sociale in sé autonomo. Homo sociologicus (Durkheim): azione guidata dalle norme sociali; attore sociale esecutore di modelli ereditati. Tesi eclettica, superiore al riduzionismo dei due paradigmi dell’attore ipo- o iper-socializzato (Granovetter): tra le determinanti della maggior parte delle azioni rientrano sia la razionalità sia le norme; 1/2008 negrelli

L'azione razionale: Le norme sociali: LE NORME SOCIALI (2) "se vuoi raggiungere Y, fai X” (orientata ai risultati; condizionale e orientata al futuro). Le norme sociali: "fai X" o "non fare X"; "se fai Y, allora fai X” (condizionale, ma non orientata al futuro); "se gli altri fanno Y, allora fai X"; "fai X se è bene che lo facciano tutti". 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (3) Perchè siano sociali, le norme devono essere: a) condivise da alcuni (es. norme su cannibalismo e incesto condivise da tutti; norme riguardanti gruppi particolari: es., differente visione di “equa retribuzione” tra imprese e lavoratori); b) sostenute dalla loro approvazione e disapprovazione (punizioni, codici d'onore, ostracismo). Le norme sociali hanno una forte presa sul modo di pensare della gente proprio perché la loro violazione può innescare violente emozioni. L'aspetto emotivo delle norme è centrale, ancora più importante degli aspetti cognitivi. 1/2008 negrelli

Le norme sociali si distinguono dalle: 1) norme morali le norme sociali sono interdizioni e obbligazioni non consequenzialistiche (es. il “kantismo di ogni giorno”), da cui è possibile derivare i permessi. Alcune teorie morali, come l'utilitarismo, sono basate su obbligazioni e interdizioni consequenzialiste. Il libertarismo si basa su permessi non consequenzialistici, da cui derivano interdizioni assolute. Attribuiscono diritti agli individui e ingiungono agli altri di non violarli. 1/2008 negrelli

Devo andare o no all'appuntamento? Mi interessa? SI Ma viola qualche mio principio? Forse sì Cosa diranno gli altri (genitori,amici)? Che non è appropriato Posso giustificarlo o sono disposto a passare sopra? NO 1/2008 negrelli

Azione consequenziale o azione appropriata? 1. Che alternative ho? 2. Che desideri o obiettivi ho? 3. Le alternative di cui dispongo che conseguenze hanno sui miei desideri o obiettivi? 4. Scegli l'alternativa che presenta le conseguenze migliori. 1. Che tipo di situazione è questa? 2. Chi sono io? 3. In questa situazione quanto sono appropriate per me le diverse azioni? 4. Fa ciò che è più appropriato. Le nostre decisioni tengono quasi sempre conto di entrambe queste prospettive: esse sono inestricabilmente intrecciate anche se possono avere un peso diverso a seconda del tipo di decisione e del contesto sociale. 1/2008 negrelli

Le norme sociali si distinguono dalle: 2) norme giuridiche (a) l'obbedienza alla legge è razionale, su basi puramente orientate al risultato: la pena è come il “cartellino del prezzo attaccato al reato”; (b) l'ordinamento giuridico prevede sanzioni formali ; (c) per le persone incaricate di fare rispettare la legge, applicare le punizioni è razionale: perderebbero il posto se non lo facessero. 1/2008 negrelli

4. equilibri di convenzione LE NORME SOCIALI (6) Le norme sociali si distinguono dalle: 3. norme professionali regolano i rapporti tra avvocato e assistito o tra medico e paziente. 4. equilibri di convenzione le norme previste dal codice della strada (differenti dal modo di vestire, dall’etichetta, dall’educazione). 1/2008 negrelli

Le norme sociali si distinguono dalle: 5. norme private le regole che le persone elaborano e si autoimpongono per superare la debolezza della volontà. Non sono condivise dagli altri e non ricevono appoggio da approvazione/disapprovazione. 6. abitudini o nevrosi compulsiva (abitudine di lavarsi le mani dopo cena v. bisogno nevrotico di farlo mille volte al giorno), comunque private. 1/2008 negrelli

8. fenomeni cognitivi o psicologici LE NORME SOCIALI (8) Le norme sociali si distinguono da: 7. tradizione ripetizione o imitazione in modo irriflesso di ciò che i propri antenati hanno fatto negli anni passati: distinto dal tradizionalismo (deliberata imitazione di qualche modello originale). 8. fenomeni cognitivi o psicologici quando ci perdiamo in una città sconosciuta, nessuna norma ci impone di trovarci all’albergo, ma ci sembra ovvio 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (9) osservazioni metodologiche 1. la distinzione tra razionalità e norme sociali non coincide con quella tra individualismo metodologico e approcci olistici (es., una norma rappresenta la propensione a provare vergogna e a prevedere punizioni da parte degli altri al pensiero di comportarsi in un certo modo vietato; tale atteggiamento diventa una norma sociale quando è condiviso da altre persone); 2. le norme sociali possono operare a livello inconscio (es., norme sulla distanza minima da tenere nelle conversazioni informali); 3. norme e interesse personale possono coesistere; il secondo può porre un limite all’invadenza delle prime. 1/2008 negrelli

Le norme servono ad un qualche scopo? Prescrizioni sociali che sembrano non avere nessuno scopo ulteriore, utile per l'individuo o la società. Prescrizioni superate, che non corrispondono più alle esigenze della interazione sociale Prescrizioni frutto di effetti non-intenzionali selezionati socialmente 1/2008 negrelli

Le norme possono essere usate strumentalmente? Norme e i princìpi possono essere usati come mezzi di manipolazione di una relazione, impiegati cioè per giustificare (o razionalizzare a sè stessi) azioni ispirate dal puro egoismo. Purtuttavia: 1. L'affermazione di un princìpio ci vincola ad essere coerenti per non perdere di credibilità; 2. I princìpi non solo ci vincola-no verso gli altri ma anche verso noi stessi (costituiscono la nostra identità). 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (10) Che cosa sono? Esempi: 1. NORME CHE REGOLANO IL CONSUMO Tra regole prescrittive (il modo adeguato di stare a tavola; snob: andare sempre controcorrente; la duchessa di Guermantes “fissa” le norme, altri le seguono; Bourdieu: La distinzione, norme di consumo estese al comportamento culturale) e preferenze individuali. 2. NORME CHE DEFINISCONO IL COMPORTAMENTO "CONTRO NATURA" Contro il cannibalismo (eccezione incidente aereo sulle Ande nel 1972), l’incesto, l’omosessualità nell’Inghilterra vittoriana (vicende di O. Wilde e ipocrisia sociale). 3. NORME CHE REGOLANO L'USO DEL DENARO “Non sta bene" tagliare l'erba del prato del vicino per soldi; oppure acquistare il posto della persona davanti nella coda. 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (11) esempi 4. NORME DI RECIPROCITA' Ricambiare i favori ricevuti (ma potlach, “dono avvelenato”, altruismo ambiguo) 5. DEONTOLOGIA MEDICA I casi più gravi curati prima di quelli più lievi, ma in contrasto con criteri razionali orientati ai risultati 6. CODICI D'ONORE Dignitas dei romani (vendetta approvata); accordo verbale; i banchieri City; i mafiosi. 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (12) esempi 7. NORME CHE REGOLANO LA PUNIZIONE Atti di vendetta e faide. 8. NORME CHE REGOLANO IL LAVORO Il ruolo delle norme sociali sul posto di lavoro e nella contrattazione salariale; le norme informali (es., Hawthorne). 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (13) esempi 9. NORME CHE REGOLANO LA COOPERAZIONE Utilitarista: "coopera se e solo se il tuo contributo aumenta l'utilità media dei membri del gruppo ". E' attento ai risultati e alle circostanze. "Kantiano di ogni giorno": "coopera se e solo se sarebbe meglio per tutti che ognuno lo facesse rispetto al caso in cui non cooperasse nessuno". Trascura risultati e circostanze. "Imparziale": "coopera se e solo se lo fa la maggior parte degli altri". Attento alle circostanze ( i comportamenti altrui), ma non ai risultati. 10. NORME CHE REGOLANO LA DISTRIBUZIONE "Regole di giustizia", eguaglianza ed equità. Tocqueville 1/2008 negrelli

Motivazioni non egoistiche all'azione collettiva Numero partecipanti Utilitaristi Imparziali Utilitaristi Imparziali Kantiani Tempo 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (14) REALI Hanno un potere motivazionale indipendente, sono fonti dell'azione ex ante (non sono razionalizzazioni dell’interesse personale); domanda per l’analisi delle norme sociali: in quale misura hanno efficacia realmente indipendente e fino a che punto non si riducano a semplici razionalizzazioni dell’interesse personale? AUTONOME Non sono riducibili alla ottimizzazione: non esiste sempre un fine in grado di spiegarle. 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (15) La questione dell’autonomia delle norme sociali: approccio sociologico e approccio economico. A) Norme riconducibili direttamente alla razionalità individuale? (incentivo ad evitare le punizioni per i trasgressori) Ma le norme non hanno bisogno di punizioni esterne per essere efficaci: il meccanismo della interiorizzazione, alla base di una maggiore “flessibilità” nel comportamento (quando sono “interiorizzate”, le norme sono seguite anche se la loro violazione non sarebbe osservata o punita: non butto i rifiuti nel parco anche se nessuno mi vede…); 1/2008 negrelli

LE NORME SOCIALI (16) B) Norme riconducibili alla razionalità in modo indiretto? perché sono individualmente vantaggiose (non bere alcolici, non mangiare troppo; aiutano ad economizzare sui costi della decisione; accrescono la credibilità di promesse e minacce) o perché sono “collettivamente vantaggiose” (“socialmente utili” in quanto consentono ad esempio di “compensare gli insuccessi del mercato”: Arrow, 1971, “accordi volti ad aumentare l’efficienza del sistema economico, fornendo beni per i quali il sistema dei prezzi è inapplicabile”. Ma non tutte le norme offrono “miglioramenti paretiani” (anzi possono dare svantaggi a tutti); a volte norme vantaggiose per tutti non sono realmente seguite; e anche se la norma migliora la situazione di tutti, ciò non spiega perché esista. 1/2008 negrelli

Princìpi, norme e istituzioni I princìpi sono l'interpretazione per-sonale delle norme, consuetudini o modelli di comportamento che ca-ratterizzano una società. I princìpi che regolano le nostre decisioni servono a dare conti-nuità e prevedibilità ai nostri corsi di azione. Le istituzioni sono l'insieme delle norme che regolano un sotto-insieme della società e ne raffor-zano l'applicazione. 1/2008 negrelli

Le istituzioni e la cooperazione sociale Incendio in un teatro affollato Paura Razionalità individuale Corsa verso l'uscita Panico Trasferimento del controllo Uscita ordinata 1/2008 negrelli

Le "risorse" istituzionali Le istituzioni intervengono rendendo una attività social-mente indesiderabile più penalizzante per coloro che potrebbero essere tentati di intraprenderla. Per fare ciò ricorrono a: 1. minaccia di sanzioni 2. promessa di incentivi 3. rafforzamento di accordi vincolanti 4. modifica del contesto negoziale 5. definizione di consuetudini di azione 1/2008 negrelli

La "ruggine" delle istituzioni Vincoli alle azioni individuali per pro- durre beni collettivi Istituzioni Individui Ma le istituzioni sono a loro volta il prodotto dell'azione collettiva 1/2008 negrelli

Istituzioni e modello della scelta razionale Se l'unanimità si dà eccezionalmente, non si può pensare che possa essere il voto della maggioranza a costituire la volontà collettiva che opera nelle istituzioni? Uomini d'affari Lavoratori Professionisti Campo da golf Orchestra Piscina 1 2 3 2 3 1 3 1 2 1/2008 negrelli

Istituzioni e modello della razionalità limitata Abitudini e routine di azione codificate Effetti dell'azione Azione Abitudini idiosincratiche e/o capacità critiche Istituzioni o procedure organizzative 1/2008 negrelli

Istituzioni e significato dell'azione Le istituzioni allora non sono semplicemente il risultato dell'azione di individui i cui desideri e credenze vengono prima e non hanno nulla a che fare con le istituzioni me-desime. 1/2008 negrelli

Desideri, opportunità, credenze e istituzioni Azione individuale Effetti aggregati Credenze e principi codificati Opportunità Sanzioni, incentivi Definizione della realtà Istituzioni Aspettative insoddisfatte 1/2008 negrelli

Gli equilibri stabili Esistono degli equilibri, detti equilibri delle convenzioni, che risultano particolarmente stabili perchè in situazioni siffatte il soggetto: 1. non ha nessun interesse ad agire diversamente; 2. nè vorrebbe che qualcun altro lo facesse. Giochi di coordinamento semplici: basta l'informazione o un qualche indizio del comportamento altrui. 1/2008 negrelli

Capitale umano di istruzione nei principali paesi Ocse La spesa per istruzione: 5,7% Pil dei principali paesi Ocse; ma 4,5% Irlanda e 6,7% Danimarca e Svezia; spesa privata 13,5% di quella pubblica, ma Usa 32%, Finlandia 1,8% (fig. 2.1); I livelli di istruzione: 65% popolazione in età di lavoro con diploma scuola superiore (fig. 2.2); 27% con livelli più alti (fig. 2.3); La durata dell’istruzione: tra 6,5 e 9,5 anni; ma Usa 12,5 mentre Portogallo 4,9 (fig. 2.4); I risultati sul mercato del lavoro: i salari crescono al crescere del livello di istruzione in tutti i paesi (fig. 2.5); il salario di un lavoratore senza diploma è l’80% di chi ha un diploma; tasso medio di disoccupazione di chi ha istruzione più alta 2,9%, contro il 7,5% per chi non ha almeno un diploma (fig. 2.6). 1/2008 negrelli

Livelli di istruzione molto differenti tra i paesi (tab. 6.1); Capitale umano di istruzione Livelli di istruzione molto differenti tra i paesi (tab. 6.1); Dati i livelli iniziali più bassi nei paesi in via di sviluppo, maggior crescita nel periodo recente; Un investimento costoso, come per il capitale fisico: nel 2000, negli Usa, 443 miliardi di dollari la spesa pubblica e 164 spesa privata (6,2% del Pil); se si considera anche gli “opportunity cost” (che gli studenti pagano sotto forma di salario non guadagnato), il costo totale dell’investimento era doppio: il 12,4% del Pil. 1/2008 negrelli

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Istruzione e salari Capitale umano come capitale fisico: ad investimenti per crearlo corrispondono ritorni economici; Difficoltà maggiori di misurazione dei ritorni, in quanto il capitale umano è attaccato al suo proprietario: come si fa a tenere distinta la parte relativa all’istruzione dal resto della persona nel considerare la rendita? Gli economisti risolvono questo problema, calcolando i ritorni del capitale umano in base solo ai dati dei salari. Il fatto che chi possiede livelli più elevati di istruzione guadagni salari più alti costituisce l’evidenza del valore di mercato assegnato al capitale umano: il “ritorno dell’istruzione” è definito quindi come la crescita di salario che un lavoratore riceverebbe da un anno in più di istruzione; Es.Fig. 6.6.: i ritorni dell’istruzione sono il 13,4% per anno nei primi 4 anni di scuola (1-4); 10,1% per anno per i successivi 4 anni (5-8); e 6,8% per anno dopo l’ottavo anno (Hall, Jones, 1999) 1/2008 negrelli

1/2008 negrelli Es per un singolo lavoratore: Se il lavoratore senza istruzione guadagna 1 dollaro, e il lavoratore con 5 anni di istruzione guadagna 1,82 dollari, si può ritenere che la parte di salario dovuta al capitale umano è di o,82 dollari, mentre il restante 1 dollaro è la parte dovuta al lavoro senza istruzione. La quota di salari attribuita al capitale umano sarebbe quindi 0,82/1,82 = 45%; mentre il restante 55% del salario è la quota del lavoro senza istruzione. 1/2008 negrelli

La quota salariale del capitale umano 2/3 del Pil non vanno al capitale fisico, ma al lavoro; Quanto di questa quota va al capitale umano in possesso del lavoratore e quanto al lavoro “senza istruzione”? Tab.6.2 come base dati di calcolo per due gruppi di paesi e 7 livelli di istruzione; Fig. 6.9 (paesi in via di sviluppo) e fig. 6.10 (paesi avanzati) illustrano come da tale calcolo si possa stimare la quota di salario che costituisce il “ritorno del capitale umano”: 49% per i primi; 65% per i secondi. 1/2008 negrelli

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Dividendo la parte dei salari dovuta al capitale umano per il totale del monte salari si ha la quota di salari pagati al capitale umano che nei paesi in via di sviluppo è il 49%, mentre in quelli avanzati è il 65% 1/2008 negrelli

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Lavoratori capitalisti? Si può calcolare quindi la quota di reddito nazionale del capitale umano sulla base della quota salariale del capitale umano: moltiplicando i 2/3 del reddito nazionale dato ai salari per la quota salariale del capitale umano derivano il 33% per i paesi in via di sviluppo (49%x2/3) e il 43% (65%x2/3) per i paesi avanzati; Ciò significa che nei paesi in via di sviluppo, la quota del reddito nazionale che va al capitale umano è uguale a quella data al capitale fisico; mentre nei paesi più avanzati, tale quota è addirittura superiore: “i lavoratori sono realmente capitalisti”; Anzi per alcuni economisti, questo mixing tra “lavoratori” e “capitalisti” derivante dalla crescita di importanza del capitale umano sarebbe all’origine del declino delle classi sociali e della lotta di classe a livello globale (Galor, Moav, 2000). 1/2008 negrelli

Quanto delle variazioni di reddito tra paesi è spiegato dal capitale umano? La correlazione tra anni medi di scuola e livelli di reddito pro capite è forte (fig. 6.11); Ma si potrebbe anche sostenere che i paesi più ricchi possono investire di più nell’istruzione; 1/2008 negrelli

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Una spiegazione solo parziale … Fig. 6.12: i differenti livelli di istruzione contribuiscono a spiegare in parte, ma non del tutto, i differenti livelli di reddito delle nazioni (il caso di Singapore più ricco del previsto in base all’istruzione; i casi di Nuova Zelanda, Corea del Sud e Polonia più potenzialmente che realmente ricchi!); Meglio considerare in maniera combinata sia il capitale umano che il capitale fisico nel determinare la ricchezza di un paese. 1/2008 negrelli

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Elementi trascurati che complicano il calcolo del capitale umano … qualità dell’istruzione: i paesi più ricchi possono più bassi rapporti tra studenti/docenti, insegnanti più preparati, testi migliori, minor problemi di salute. I paesi ricchi non solo hanno “maggiore” ma anche “migliore” istruzione (con eccezioni: Usa-Cina test score fig. 6.13); 1/2008 negrelli

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Elementi trascurati che complicano il calcolo del capitale umano … esternalità: l’istruzione di una persona accresce non solo la sua produttività ma anche quella di chi gli sta attorno (ad esempio gli agricoltori istruiti sono i primi ad adottare tecnologie innovative a livello locale, ma queste innovazioni sono adottate anche dai loro amici o dai vicini; nei paesi più avanzati, è probabile che a cittadini più istruiti corrisponda un sistema politico e di governo più onesto ed efficiente …) 1/2008 negrelli

ESTERNALITA’ ORDINE SOCIALE Generate dall’azione del singolo. Atti di cooperazione individuali: ripulire il prato dai rifiuti; ridurre la produzione negli accordi di cartello; votare; pagare le tasse; donare il sangue; ISTRUIRSI. Ciascun atto di cooperazione produce un piccolo vantaggio per tutti, incluso il cooperatore. E’ meglio per tutti se tutti (o almeno alcuni) cooperano, piuttosto che nessuno lo faccia. 1/2008 negrelli

Il concetto di "esternalità" Vantaggio primario intenzionale Ego Azione Esternalità Alter 1/2008 negrelli