L’IMPUTABILITÀ E I CODICI Nei codici europei tre diverse varianti dall’unica matrice francese
Codice penale di Napoleone Art. 64: «Non vi ha né crimine né delitto, allorché l'imputato trovavasi in istato di pazzia quando commise l'azione, ovvero se vi fu tratto da una forza alla quale non poté resistere». La follia non è una lesione della volontà, né è il risultato di un pervertimento delle passioni. La follia è una crepa dell’intelletto. Non c’è differenza tra follia generale e follia parziale. Lungo questa linea si pongono il Codice penale del Regno d’Italia (art. 63), il Codice penale del Regno delle due Sicilie (art. 61 e 62) e il Codice penale Sardo (art. 99 e 100), che utilizzano una nomenclatura classica: demenza, furore, morboso furore.
Il Codice penale toscano (1853) L’unico a lasciare spazio alle nuove dottrine: «le violazioni della legge penale non sono imputabili quando chi le commise non ebbe la coscienza dei suoi atti e libertà di elezione» (art. 34). I legislatori qui sono consapevoli dell’idea di follia morale elaborata dalla psichiatria per descrivere la catastrofe della volontà, quella sorta di collasso delle facoltà intellettuali che è tipica dei monomaniaci. Il Codice penale austriaco (1852) in maniera più sfumata distingue tra follia parziale e follia totale, una distinzione su cui la nascente psichiatria ha potuto costruire il suo edificio teorico.
Il Codice penale sardo (1859) Art. 94: Non vi è reato se l’imputato trovavasi in istato di assoluta imbecillità, di pazzia, o di morboso furore quando commise l’azione, ovvero se vi fu tratto da una forza alla quale non potè resistere
Codice Zanardelli Art. 46: Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità mentale da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti. Il giudice, nondimeno, ove stimi pericolosa la liberazione dell'imputato prosciolto, ne ordina la consegna,all'Autorità competente per i provvedimenti di legge.
RD 6509, 1.12.1889 Disposizioni per l’attuazione del CP Art. 13: Nel caso preveduto nel capoverso dell'art. 46 del Codice penale, la Corte d'assise provvede, con ordinanza motivata, alla consegna dell'accusato prosciolto all'autorità di pubblica sicurezza, che lo fa ricoverare provvisoriamente in un manicomio, in istato di osservazione, sino a che non sia pronunziata la decisione preveduta nell'articolo seguente. Art. 14: Il presidente del tribunale civile… ordina il ricovero definitivo o la liberazione dell’accusato o imputato prosciolto e provvisoriamente ricoverato in un manicomio, secondo l’articolo precedente. Il giudice, nondimeno, ove stimi pericolosa la liberazione dell'imputato prosciolto, ne ordina la consegna,all'Autorità competente per i provvedimenti di legge.
Regolamento generale per gli stabilimenti carcerari (1891) L’internamento in un manicomio giudiziario i condannati, colpiti da alienazione mentale, che devono scontare una pena maggiore di un anno gli accusati o imputati prosciolti per i quali il presidente del tribunale civile pronunzia l’internamento definitivo gli accusati o gli inquisiti in stato di osservazione
IL PROBLEMA DEI PROSCIOLTI F. Saporito, (1913): «La legge, infatti, assegnando a questi istituti i prosciolti, ai sensi dell’articolo 46 del Codice penale, vi riversò tutta quella categoria di soggetti che segnano una zona intermedia tra la normalità e la pazzia, e donde esce la schiera dei perenni perturbatori della quiete sociale». B. Franchi, (1906), si richiama letteralmente ad un libretto scritto da Lombroso nel 1875 per proporre l’internamento manicomiale obbligatorio «tanto ne’ casi d’assoluzione per infermità di mente, quanto in tutti i casi in cui l’imputabilità sia dubbia, e fino alla completa guarigione della tendenza a delinquere».
Codice Rocco Art. 88 Vizio totale di mente:Non è imputabile chi,nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere e di volere.
Codice Rocco Art. 222 Ricovero in un manicomio giudiziario: Nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell’imputato in un manicomio giudiziario, per un tempo non inferiore a due anni… La durata minima del ricovero nel manicomio giudiziario è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte o l’ergastolo, ovvero di cinque se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni. Nel caso in cui la persona ricoverata in un Manicomio giudiziario debba scontare una pena restrittiva della libertà personale, l’esecuzione di questa è differita fino a che perduri il ricovero nel manicomio
Codice Rocco Art. 148 Infermità psichica sopravvenuta al condannato: Se, prima dell’esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l’esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l’infermità sia tale da impedire l’esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa o che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario ovvero in una casa di cura e di custodia.
Bonifica umana Solo così si può aspirare a creare una vera clinica della criminalità. Può tollerarsi questo continuo attentato alla razza, a tutto danno dell’eugenica? Se, come non si può dubitare, il potenziamento della razza sta nel numero e nella qualità dei suoi elementi, è nell’interesse della razza l’avvisare ai mezzi affinché la triste genìa degli autori dei delitti cessi dal rappresentare un fattore di decadenza, anche al di là delle offese materiali in cui si concretano le loro azioni criminose. Il problema penitenziario diviene pertanto, un problema di bonificazione umana, non meno necessario e urgente del problema della bonificazione della terra. A questa conclusione ineluttabile si perviene non in forza di sentimentalismi, ma in forza di un concetto di economia, di preservazione sociale, pel sacro egoismo della razza (Filippo Saporito)
Bonifica umana Biologia politica è la scienza che, fondata sullo studio, scientifico ed empirico al tempo stesso, degli uomini, considerati come cellule del grande organismo sociale, deve, in un’epoca realistica e naturalistica come la nostra, guidare gli uomini di governo. Per formare i cittadini occorrono i principi della biologia e della psicologia umana, e non la parte più astratta di tali scienze, ma quella parte modernissima ed applicatrice che studia le attitudini, le capacità, le efficienze e le deficienze fisiche e spirituali che distinguono i vari individui in modo che l’uomo politico possa e sappia trarre le norme per applicazioni numerose di questa biopsicologia differenziale alla organizzazione sociale e politica degli individui e dei gruppi di individui, che devono agire come le ruote della macchina statale (Nicola Pende)