Sibilla aleramo Fatta da Vita Santoli
Sibilla Aleramo è nata a Alessandria nel 14 agosto 1876,è stata un scrittrice e poetessa italiana. Era la maggiore di quattro fratelli, trascorse la sua infanzia a Milano quando per problemi di lavoro del suo papà dovette interrompere gli studi e seguire la sua famiglia.
L'adolescenza della giovane fu infelice: nel 1889 la madre, sofferente da tempo di depressione, tentò il suicidio gettandosi dal balcone di casa. La sua crisi si accentuò progressivamente negli anni, provocando tensioni inevitabili nei rapporti familiari: dopo pochi anni, la donna fu ricoverata nel manicomio di Macerata, dove si spense nel 1917. Nel 1891, a quindici anni, fu violentata da un impiegato della fabbrica, Ulderico Pierangeli: rimase incinta ma perdette il bambino, e tuttavia nel 1893 fu costretta dalla famiglia a un matrimonio «riparatore».
Prigioniera in una convivenza squallida con un marito non stimato e di una vita condotta in una cittadina della quale percepiva il gretto provincialismo, credette di trovare nella cura del suo primo figlio Walter, nato nel 1895, una fuga dall'oppressione della propria esistenza: la caduta di questa illusione la portò a un tentativo di suicidio, dal quale volle sollevarsi attraverso un personale impegno a realizzare aspirazioni umanitarie attraverso le letture e gli scritti di articoli che le furono pubblicati, a partire dal 1897, nella «Gazzetta letteraria», ne «L'Indipendente», nella rivista femminista «Vita moderna», e nel periodico, di ispirazione socialista, «Vita internazionale».Il suo impegno femminista non si limitò alla scrittura ma si concretizzò nel tentativo di costituire sezioni del movimento delle donne e nella partecipazione a manifestazioni per il diritto di voto e per la lotta contro la prostituzione.
I difficili rapporti familiari la convinsero ad abbandonare marito e figlio trasferendosi a Roma nel febbraio del 1902 e legandosi a Giovanni Cena, direttore della rivista «Nuova Antologia» alla quale la Faccio collaborò e iniziò a scrivere, su sollecitazione dello stesso Cena, il romanzo Una donna. Edito nel 1906 è la vicenda della sua stessa vita, dall'infanzia fino alla sofferta decisione di lasciare il marito e soprattutto il figlio, in nome dell'affermazione di una vita libera e consapevole e contro la costrizione e l'umiliazione dell'esistenza che un'ipocrita ideologia del sacrificio intende imporre alle donne.Una donna fu pubblicato sotto lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, suggerito da Giovanni Cena, che trasse il cognome Aleramo dalla poesia del Carducci Piemonte, e da allora divenne il suo nome nella letteratura e nella vita. Il libro ottenne subito un grande successo e fu presto tradotto in quasi tutti i paesi europei e negli Stati Uniti.
Durante la prima guerra mondiale conobbe Dino Campana Durante la prima guerra mondiale conobbe Dino Campana. . I due erano molto diversi: lei estremamente mondana e frequentatrice di salotti, lui schivo e appartato. Per Campana, poi, la relazione era essenzialmente di tipo fisico. Il rapporto fu quindi estremamente tormentato, e i due giunsero spesso a battersi. La Aleramo lo portò anche da un noto psichiatra dell'epoca, visita che segnerà la fine del rapporto.Nel 1919 pubblicò Il passaggio e nel 1921 la sua prima raccolta di poesie, Momenti. Nel 1920 è a Napoli, dove scrive Endimione, dedicato a D'Annunzio. L'opera, ispirata alla sua vicenda amorosa con il giovane atleta Tullio Bozza, finita tragicamente con la morte di lui,Femminista, pacifista, fascista ma subito dopo il 1945 convinta comunista, la scrittrice Sibilla Aleramo non si adeguò a ruoli o immagini femminili tradizionali. Ebbe anche alcune relazioni lesbiche, di cui la più nota è quella con l'attrice Eleonora Duse, anche lei di orientamento bisessuale. Ciò portò intellettuali come Giuseppe Prezzolini a definire la Aleramo "lavatoio sessuale della cultura italiana". Nel 1927 uscì il romanzo epistolare Amo dunque sono, raccolta di lettere, non spedite, a Giulio Parise. Sempre in quegli anni ebbe una breve ma intensa relazione con Julius Evola, come lei stessa riporta nel libro Amo dunque sono. Nel 1928, ormai ridotta in povertà, tornò a Roma. Del 1929 è la raccolta Poesie. Un anno dopo pubblicò un volume di prose, Gioie d'occasione. Tra il 1932 e il 1938 uscì un romanzo, Il frustino, e un'altra raccolta di poesie, Sì alla terra, ed una nuova serie di prose, Orsa minore.
Nel 1933 si iscrisse all'"Associazione nazionale fascista donne artiste e laureate". Nel 1936 si innamorò di Franco Matacotta, uno studente di quarant'anni più giovane di lei, a cui restò legata per 10 anni.Al termine della seconda guerra mondiale si iscrisse al PCI, impegnandosi intensamente in campo politico e sociale e collaborando con l'Unità. Morì a Roma a ottantatré anni nel 1960, dopo una lunga malattia. È sepolta presso il Cimitero del Verano di Roma.
Rose calpestava Rose calpestava nel suo delirio e il corpo bianco che amava. Ad ogni lividura più mi prostravo, oh singhiozzo invano di creatura. Rose calpestava, s'abbatteva il pugno e folle lo sputo sulla fronte che adorava. Feroce il suo male più di tutto il mio martirio. Ma, or che son fuggita, ch'io muoia, muoia del suo male.
Son tanto brava Son tanto brava lungo il giorno. Comprendo, accetto, non piango. Quasi imparo ad aver orgoglio quasi fossi un uomo. Ma, al primo brivido di viola in cielo ogni diurno sostegno dispare. Tu mi sospiri lontano: <Sera, sera dolce e mia!> Sembrami d'aver fra le dita la stanchezza di tutta la terra. Non son più che sguardo, sguardo sperduto, e vene.